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Retrogaming, Nintendo e la differenza tra preservazione dei videogiochi e disponibilità

La questione della preservazione dei videogiochi continua ad essere complicata e forse anche il suo stesso concetto andrebbe un po' elaborato.

NOTIZIA di Giorgio Melani   —   18/02/2022

"Quello dovrebbe stare in un museo!" Ce lo immaginiamo così Shuntaro Furukawa, fedora in testa sotto una pioggia battente, mentre i predoni gli sfilano via le rom dei giochi per SNES. Scherzi a parte, la discussione emersa sulla considerazione della Video Game History Foundation che vede Nintendo "distruttiva per la storia dei videogiochi" e la successiva risposta dell'ex-direttore dell'Archivio Videoludico di Bologna fanno pensare al fatto che forse non sia stato centrato precisamente il problema della preservazione dei videogiochi. O meglio, viene evidenziata la differenza tra preservazione e disponibilità/accessibilità ma il punto è che forse questa differenza non dovrebbe avere grande importanza, in un medium di questo tipo. Quanto senso avrebbe mantenere sotto chiave dei prodotti costruiti apposta per essere fruiti da una massa di persone, impedendone attivamente la fruizione o forzandola a una modalità diversa da quella pensata originariamente?

Non stiamo dicendo che Nintendo sbagli a far valere i propri diritti: ha tutte le ragioni per ribadire con forza il proprio controllo assoluto sulle proprietà intellettuali che le appartengono, ma la distinzione tra preservazione e accessibilità che è stata portata avanti anche per difendere l'operato della casa di Kyoto (che si appresta a chiudere gli eShop di WiiU e Nintendo 3DS, oltre ad aver dimostrato un approccio alquanto "protezionistico", per usare un eufemismo, su ROM e software vecchi) presenta degli aspetti problematici. Non solo il videogioco è fatto per essere fruito da una quantità ampia di persone, ma la sua stessa sostanza favorirebbe la distribuzione su larga scala, anche a distanza di anni e senza timore di perdite in termini di qualità dell'esperienza.

Il videogioco è, di per sé, un'opera che dev'essere riprodotta tecnicamente
Il videogioco è, di per sé, un'opera che dev'essere riprodotta tecnicamente

Il codice binario può essere immagazzinato, riprodotto e distribuito praticamente all'infinito e non c'è motivo di impedirne la distribuzione, inoltre ha senso solo se viene effettivamente fruito, non rappresentando un'opera d'arte nel senso più stretto del termine.

Già all'inizio del ventesimo secolo, Walter Benjamin propugnava una democratizzazione dell'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, ma qui si va ben oltre: non si tratta tanto di dibattere il supposto valore auratico di un'opera fruita esclusivamente hic et nunc, perché l'essenza stessa del videogioco - la cui corrispondenza all'opera d'arte in generale è peraltro ancora da discutere - è il suo essere utilizzato da una grande quantità di utenti e il fatto di impedirne la distribuzione, laddove non vi siano effettivi impedimenti tecnici o compromissione della qualità dell'opera, sembra quasi innaturale. Uno degli aspetti affascinanti del videogioco è proprio il suo essere riproducibile tecnicamente all'infinito, specialmente su supporto digitale, senza praticamente perdere il proprio valore, cosa che rende la semplice preservazione fine a sé stessa, separata dall'accessibilità al pubblico, una sorta di forzatura.

Con questo non vogliamo dire che si dovrebbe passare a una liberalizzazione totale del software "antico" imponendo lo status di abandonware automaticamente dopo una certa quantità di anni (anche se non sarebbe una cattiva idea), ma sarebbe auspicabile uno sforzo, da parte dell'industria o dei suoi maggiori attori, nel togliere il più possibile qualsiasi barriera d'accesso agli archivi storici dei videogiochi, anche attraverso servizi su abbonamento o la possibilità di acquistare i titoli attraverso un qualche canale in grado di raccoglierli. Data la loro natura tecnica e i mezzi a disposizione per poterli utilizzare (tenendo conto anche dell'emulazione FPGA, per i puristi), non avrebbe senso il fatto di mantenerli chiusi in banche dati o continuare a renderli fruibili solo attraverso difficili e costose peregrinazioni tra mercati secondari, considerando peraltro come il retrogaming stia raggiungendo prezzi assolutamente folli, con l'aumento della richiesta.

Parliamone è una rubrica d'opinione quotidiana che propone uno spunto di discussione attorno alla notizia del giorno, un piccolo editoriale scritto da un membro della redazione ma che non è necessariamente rappresentativo della linea editoriale di Multiplayer.it.