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Il rivoluzionario dispositivo IA senza schermo di OpenAI e Jony Ive sta avendo diversi problemi

Il progetto di OpenAI e Jony Ive per un dispositivo IA "screenless" incontra ritardi legati a privacy, infrastruttura e interazione.

NOTIZIA di Raffaele Staccini   —   06/10/2025
Jony Ive e Sam Altman

OpenAI e il designer Jony Ive, noto per il suo ruolo storico in Apple, stanno affrontando difficoltà tecniche significative nello sviluppo del loro nuovo dispositivo basato sull'intelligenza artificiale privo di schermo. Secondo quanto riportato dal Financial Times, il progetto punta a ridefinire il modo in cui si interagisce con la tecnologia, ma la complessità delle funzioni previste e i dubbi sulla gestione dei dati rischiano di rallentarne l'uscita.

L'iniziativa è nata a maggio, quando OpenAI ha acquisito io, la startup fondata dallo stesso Ive insieme al CEO di OpenAI, Sam Altman, per un valore di circa 6,5 miliardi di dollari. L'accordo aveva attirato l'attenzione del settore, anche per la promessa di creare una "nuova generazione di computer basati sull'intelligenza artificiale". Secondo le prime indiscrezioni, i primi dispositivi risultanti dalla collaborazione sarebbero dovuti arrivare sul mercato nel 2026. Ma le cose potrebbero essere più complesse del previsto.

I problemi del nuovo dispositivo IA

Le nuove informazioni diffuse dal Financial Times delineano un progetto ambizioso: un dispositivo di dimensioni ridotte, pensato per stare nel palmo di una mano, in grado di percepire segnali visivi e sonori dall'ambiente circostante e rispondere alle richieste vocali degli utenti. L'obiettivo sarebbe realizzare una forma di interazione più naturale, in cui l'IA possa comprendere il contesto fisico senza la mediazione di uno schermo o di un'interfaccia tradizionale.

Jony Ive
Jony Ive

Tuttavia, il percorso si starebbe rivelando più complesso del previsto. Uno dei principali nodi riguarderebbe la "personalità" del dispositivo, ovvero il modo in cui l'IA si presenta e comunica con le persone. Definire un equilibrio tra un assistente conversazionale troppo invadente e uno eccessivamente passivo rappresenta una sfida tecnica e concettuale. Alcune fonti citate dal Financial Times spiegano che il team ha valutato un approccio "always on", cioè costantemente in ascolto dell'ambiente, ma la difficoltà consiste nel far sì che l'assistente intervenga solo quando necessario e concluda le conversazioni in modo appropriato.

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Anche la gestione della privacy è un punto critico. Un dispositivo capace di ascoltare e osservare l'ambiente solleva interrogativi sull'uso dei dati raccolti e sulle modalità di elaborazione. OpenAI, che già con ChatGPT si trova al centro del dibattito globale sulla sicurezza dei dati, dovrà garantire che il nuovo hardware rispetti gli standard di riservatezza richiesti dagli utenti e dalle normative internazionali.

Un altro aspetto ancora in fase di definizione riguarda l'infrastruttura computazionale necessaria a far funzionare un dispositivo di questo tipo. L'idea di un assistente "discreto" e contestuale presuppone una potenza di calcolo distribuita, capace di gestire in tempo reale input audio e visivi senza ricorrere costantemente al cloud, per evitare ritardi o rischi di tracciamento.

Se l'obiettivo dichiarato da Altman e Ive è creare una nuova categoria di computer "invisibili", la riuscita dipenderà dalla capacità di coniugare design, etica e tecnologia. Voi che cosa ne pensate? Riusciranno nell'impresa?