L’interfaccia
Il sistema di gioco è semplice ed intuitivo, a prescindere dalla fazione che decideremo di controllare. Per prima cosa dovremo scegliere quale missione svolgere tra quelle proposte (al massimo due, ma in molti casi la scelta è obbligata), selezionando il relativo quartiere di Chicago. Ogni quartiere contiene una o due caratteristiche speciali che consentono l’accesso a determinate risorse, quali altri uomini tra cui scegliere i membri della squadra e armi migliori, ma anche vantaggi come una maggiore popolarità (che a me comunque è sembrato inutile), una riduzione della pena in caso di arresto, o una palestra i cui insegnare nuove abilità ai propri uomini.
A questo punto bisogna selezionare i quattro membri della squadra da affiancare al nostro alter-ego (Beretto per la mafia e Nash per l’FBI) tra quelli disponibili e decidere l’equipaggiamento. Queste fasi sono molto importante ai fini del buon esito della missione, dato il limitato numero di uomini e l’esiguo spazio dell’inventario. Infatti, ogni uomo ha cinque abilità (tiro, lancio, corpo a corpo, pronto soccorso e carisma), quindi è importante scegliere gli uomini giusti ed assegnare a ciascuno i compiti che sa svolgere meglio.
Una volta in missione, la visuale ed il sistema di gioco sono gli stessi già visti e collaudati in quasi tutti gli RTS, cioè la solita visuale isometrica in 2D con interfaccia seleziona-punta-clicca.
Il modo di approcciare i vari incarichi è una via di mezzo tra Commandos e Syndicate (due titoli più diversi non li potevo trovare), nel senso che nel gioco sono presenti numerosi scontri a fuoco, soprattutto nelle ultime missioni di ciascuna campagna, e i nemici sono spesso piazzati in posizioni strategiche o per lo meno favorevoli (tipo in tre ad un metro dalla porta con il mitra spianato, pronti a crivellare chiunque entri). Quindi l’attacco a testa bassa risulta il 90% delle volte un suicidio, mentre conviene molto di più aggirarli, analizzare bene come sono disposti e colpire dove sono più vulnerabili; allo stesso tempo però una volta in mezzo ad una sparatoria bisogna muoversi e dare i giusti ordini in fretta. Sorge quindi il problema del tempo: un PC può fare miliardi di calcoli in un secondo, mentre il tempo di reazione di un essere umano ad una situazione inaspettata è di 1,5 secondi (CSI docet…), inoltre bisogna tenere conto che dobbiamo dirigere 5 uomini, non uno. Per ovviare a questo handicap, senza però inserire la pausa già vista in fin troppi giochi, i programmatori del team Wanadoo hanno optato per un effetto slow-motion, che consente di dare gli ordini con relativa calma, ma obbliga comunque a stare attenti e non lascia poi tanto tempo per pensare. L’effetto è molto coinvolgente, in perfetto stile Matrix, con le immagini residue che seguono i personaggi e gli effetti sonori distorti, inoltre durante lo slow-motion è possibile assegnare ad ogni uomo un bersaglio, a cui continueranno a sparare fino alla sua morte o al termine dei proiettili, mentre normalmente è necessario premere il pulsante per ogni singolo colpo. Va da sé che in questo modo la gran parte delle sparatorie verranno affrontate con l’uso dello slow-motion, l’importante però è non abusarne, visto che ha un limite di tempo, dopodiché si disattiverà automaticamente e bisognerà attendere che si “ricarichi” prima di utilizzarlo di nuovo.
Mafia vs FBI
Se da un punto di vista tecnico tra le due campagne non ci sono differenze, ce ne sono invece, e in abbondanza, dal punto di vista pratico. Tra le due campagne infatti il modo di gestire le missioni cambia radicalmente.
A parte le ovvietà, i mafiosi potranno fare il bello e il cattivo tempo dovendosi preoccupare solo dei testimoni (e se ci sono o li si corrompe o li si fa fuori), mentre gli agenti dovranno essere certi della colpevolezza di qualcuno prima di usare le maniere forti, ci sono certe situazioni che rasentano il paradosso. Mi spiego meglio: per poter arrestare qualcuno è necessario che ci sia sopra la sua testa il simbolo delle manette, e per sparargli quello del mirino, altrimenti ci si becca degli “avvertimenti dell’FBI” e al decimo l’agente viene arrestato. Incredibilmente però, mentre è logico che per un criminale uccidere un poliziotto costi più che un civile (5 avvertimenti contro 1), perché se un agente uccide un mafioso prima che sia apparso il simbolo del mirino gliene vengono conteggiati 5? La vita di un tizio armato vale di più di quella di passante inerme?
Inoltre, quando puntate un’arma contro un criminale c’è la possibilità che questo alzi le mani, e sarà possibile perquisirlo. Il paradosso nasce però quando si trova addosso al picciotto di turno un arsenale (mitra, fucili a pompa, coltelli ecc…) e nonostante questo il simbolo non appare e non lo si può arrestare. Lo stesso avviene quando si incontra qualcuno con già l’arma spianata, non lo si può colpire fino a quando non intraprende qualche azione ostile (e che ci voleva fare con quel mitra, il tiro al piattello con le mosche?). L’unico modo per risolvere questi stalli è rinfoderare la propria arma in modo da invogliare il nemico a puntarvi contro la sua (compiendo quindi un’azione che lo identifica come criminale), quindi sfoderarla rapidamente e colpirlo prima che lo faccia lui.
Davvero inconcepibile, oltre che rischioso.
Commento finale
E’ difficile definire un titolo come Chicago 1930. Le ambientazioni sono ricchissime di dettagli e l’interazione con l’ambiente è quasi totale, tanto che sparando contro piante o giornali si vedranno volare foglie e frammenti di carta, inoltre si può sfruttare efficacemente la copertura di tavoli, pareti, oggetti o addirittura altre persone per ridurre la possibilità di venire colpiti. L’idea dello slow-motion poi è ottima, così come l’effetto ottenuto, e la trama è intrigante fino al colpo di scena finale.
Rimangono però alcuni difetti di non poco conto, come quelli che ho elencato nel paragrafo precedente o l’eccessiva limitatezza della portata delle armi (8m per un mitra, 10 per una pistola e 12 per un fucile sono un po’ pochi) o dello stesso raggio visivo (a meno di 10m e senza ostacoli in mezzo una sentinella rimaneva ferma come un baccalà).
Anche tenendo conto di tutto questo, Chicago 1930 rimane un buon gioco e, se si fosse disposti a chiudere un occhio su alcune imperfezioni, lo si può davvero considerare un ottimo titolo, consigliato per tutti gli amanti del genere.
- Pro:
- Strategia e azione ottimamente mescolate
- Slow-motion efficace e coinvolgente
- Ambientazioni estremamente dettagliate e con incredibile livello di interattività
- Contro:
- Raggio visivo e delle armi davvero troppo ridotto
- “Solo” 20 missioni tra le due campagne lo rendono un po’ troppo breve
- Lacune nel sistema di riconoscimento dei criminali nella campagna dell’FBI
La “Città della Corruzione”
Il gioco inizia nel momento di massimo sviluppo delle attività criminali, il 1928, quando si scatenò una guerra a tutto campo tra la banda dell’irlandese Hank O’Neil che deteneva al momento il controllo della città e quella dell’emergente Don Falcone, boss ambizioso e spietato, che non aveva alcuna intenzione di lasciarsi scappare la “gallina dalle uova d’oro” che Chicago era diventata dopo l’avvento del proibizionismo. Una guerra che le autorità non erano né pronte, né in grado di affrontare, sia per la scarsità di mezzi che per la corruzione che dilagava ovunque.
Terminato il breve, ma evocativo filmato introduttivo, dovremo scegliere tra due possibili campagne: quella della mafia ambientata nel 1928 e quella dell’FBI che si svolge nel 1930. Se decideremo di seguire la trama (è comunque possibile giocarle indipendentemente), ci troveremo a dirigere un manipolo di picciotti di Don Falcone, guidati sul campo da Jack Beretto, conosciuto come “il Boia”, braccio destro del boss e chiamato in città per fare il lavoro sporco. Il nostro compito sarà quello di conquistare l’intera città, quartiere per quartiere, strappandola dalle mani degli irlandesi e della polizia attraverso dieci missioni.
Terminata la prima campagna, avremo sotto il nostro controllo un piccolo gruppo di agenti federali di indubbia lealtà, comandati da Edward Nash, con il compito di riconquistare il controllo della città, dalle grinfie di Don Falcone, che nel frattempo ne ha assunto il completo controllo.