È un periodo... strano, per i picchiaduro. Dopo un'impennata di popolarità e una lunga lista di uscite importantissime, la crescita sembra essersi improvvisamente fermata, accompagnata da un po' di pessimismo eccessivo per il futuro. Il motivo è probabilmente da ricercarsi nei passi falsi fatti da alcune grandi serie... Sì, Street Fighter tiene botta, con una community incredibile in Giappone e una scena competitiva ancora seguitissima, ma Mortal Kombat sembra già crollato nonostante vendite iniziali mostruose. Aggiungete a questo un Tekken 8 che si è schiantato contro un muro dopo l'ultimo update, nuove promesse che non hanno chiaramente trovato la chiave di volta per confrontarsi coi giganti del genere, e una scena indie che pare morta, sepolta e desecrata, e non otterrete un bel quadretto. Il motivo per questa crisi generale sembra uno e uno soltanto: tutti sembrano voler reinventare la ruota, trovare una formula capace di rendere uno dei generi più profondi e competitivi in circolazione popolare anche tra chi non lo ha mai seguito, eppure nessuno sembra riuscire a farlo senza spezzare le fondamenta di ciò che ha reso i giochi precedenti fantastici; il risultato sono una serie di cambiamenti mal calcolati, sistemi mal pensati alla base e troppo casuali, e spezzate con le fanbase storiche che non fanno affatto bene all'ecosistema.
In tutto questo delirio, SNK (team storico il cui nome è legato ad alcuni dei migliori picchiaduro mai creati) pare voler approcciare le cose con una strategia a metà tra quella di una saggia tartaruga e quella di un furetto sotto stupefacenti, e il risultato di questa improbabile fusione si chiama Fatal Fury: City of the Wolves. Ma come può questo titolo (seguito diretto di quel Garou: Mark of the Wolves che secondo molti è stato il "canto del cigno" della vecchia SNK) esser nato da strategie tanto diverse tra loro? Beh, semplice: da una parte il marketing e la comunicazione sono quanto di più assurdo e mainstream si possa immaginare, tanto che recentemente lo si è visto apparire persino durante Wrestlemania, e che nel suo roster di combattenti si trovano un dj di fama internazionale e Cristiano Ronaldo; dall'altra invece SNK ha deciso di dar forma a un gioco che di "semplificato e accessibile" ha davvero poco, al di fuori di una trovata che ricorda da vicino quanto fatto da Capcom con l'ultimo Street Fighter. Noi abbiamo analizzato questo matto e interessantissimo titolo, cercando di capire quanto del Garou originale possa ancora trasmettere oggi. La risposta? Più del previsto.
Struttura e narrativa: tour della città
Prima di parlare del gameplay vero e proprio è il caso di descrivere i contenuti di City of the Wolves e anche un pizzico della sua narrativa, perché il gioco parte direttamente da dove si era concluso il suo predecessore. Anche in questo caso, infatti, Rock Howard può venir visto come il principale protagonista, e buona parte delle vicende ruotano attorno a lui, alle sue connessioni con il padre Geese (ucciso da Terry) e a una storia fin troppo classica di scoperta di sé e ricerca della forza. Insomma, per farla breve, non giocherete questo titolo per la trama, perché si tratta del classico picchiaduro con un'accozzaglia di avvenimenti ed eventi piuttosto banali, che difficilmente cattureranno chiunque non sia un fan sfegatato della serie Fatal Fury. Per rendere le cose un po' più stuzzicanti, però, SNK ha cercato se non altro di mettere in campo un paio di modalità single player solide; l'immancabile Arcade Mode e la più elaborata Episodi di South Town.
La modalità Arcade non ha bisogno di spiegazioni, dato che è composta dalla solita serie di match che culmina in un incontro finale e un filmato conclusivo dedicato al personaggio usato; Episodi di South Town invece è più interessante, perché segue quanto fatto da altri titoli del genere (principalmente Street Fighter 6) e cerca di offrire al giocatore un discreto numero di missioni abbastanza diversificate tra loro, collegate a un semplice sistema di progressione del personaggio scelto e ad elementi narrativi più elaborati. C'è solo un problema: nella pratica, si tratta di una sorta di copia di bassa lega del World Tour di Street Fighter.
Sia chiaro, non vogliamo bastonare esageratamente quanto fatto da SNK, perché nel complesso la modalità resta più interessante rispetto alla media del genere; il problema è che Episodes of South Town non solo è meno stuzzicante nelle interazioni con i personaggi principali rispetto a Street Fighter, ma non ha nemmeno una briciola dei valori produttivi della modalità "rivale". Qui gli incontri vengono raramente introdotti da filmati di presentazione di qualità, la mappa è una sola e bidimensionale, le conversazioni sono semplici linee di testo piuttosto banali, e persino la varietà degli scontri lascia a desiderare, dato che, oltre agli altri membri del roster, si affronta generalmente sempre lo stesso mix di avversari extra. Dopo poco diventa tutto ripetitivo, e il fatto che, una volta conclusa la storia primaria di ogni personaggio, vi sia una versione più ardua e ricca della stessa modalità non basta certo ad innalzarne la qualità generale. Un'occasione sprecata e con cui si poteva sperimentare di più.
Il resto dei contenuti offre più o meno tutto ciò che ci si aspetta dal genere: un piacevole menu per ricolorare i combattenti a piacere, una solida modalità allenamento, e un buon mix di consigli e prove combo per i vari personaggi. Certo, non fa esplodere il cervello, ma nemmeno si tratta di una produzione al di sotto delle attese. A salvare il salvabile, comunque, ci pensa il sistema di combattimento, e se non altro il salvataggio avviene in grande stile.
Gameplay ad alta temperatura
Forse i valori produttivi non saranno i migliori del mondo, ma quando si parla di picchiaduro SNK è un nome che ancora merita di venir urlato a gran voce, e City of the Wolves ha ben poco da invidiare alla concorrenza in quanto a giocabilità. Il titolo è in pratica una diretta evoluzione del sistema di Garou, con una profondità comparabile e alcune aggiunte davvero interessanti che ne svecchiano l'esperienza. Per farla breve, si tratta di un picchiaduro 2D a quattro tasti d'attacco primari, con input complessi, requisiti non sottovalutabili in termini di esecuzione delle mosse e una discreta lista di tecnicismi. Nel mix ci sono la possibilità di eseguire Just Defense e Hyper Defense (parate perfette che permettono di difendersi in aria o di ottenere vantaggi a terra), di cancellare le animazioni di mosse normali e speciali, e persino di eseguire delle importanti finte che non solo confondono l'avversario, ma possono addirittura venir usate a metà di una combo per legare certe mosse che normalmente non si connetterebbero.
È, come potete immaginare, un discreto casino per un giocatore non particolarmente avvezzo al genere, ma viene se non altro reso più appetibile da due interessanti trovate: il tasto REV e il sistema Overheat. Il REV è un tasto multifunzione davvero ben implementato, perché non solo attiva una guardia speciale da fermi, ma può venir utilizzato con i tasti direzionali per uno scatto immediato (praticamente funge anche da dash macro) e durante una mossa speciale per attivare il Braking, ovvero la cancellazione dell'animazione descritta poco fa. Non è ovviamente una passeggiata imparare a utilizzare tutte le sue funzionalità, dato che viene persino usato in combinazione con altri tasti per finte, counter e super mosse potenziate, ma una volta capito l'andazzo usarlo diventa una seconda natura, e la sua presenza è abbastanza ben congegnata da rendere piuttosto naturale l'uso di tutte queste chicche a chi ha già un po' di esperienza.
L'Overheat è un po' più complesso da gestire, e sembra a sua volta ispirato parzialmente da quanto visto in Street Fighter 6. In pratica anche qui, se si viene colpiti troppo o si abusa eccessivamente delle mosse EX (quelle potenziate, appunto) il proprio personaggio riempie una barra Overheat che una volta arrivata al limite impedisce di usare sia le suddette mosse che buona parte delle manovre sopra descritte. Non solo, il gioco mantiene il sistema S.P.G. dell'originale: una zona "potenziata" della barra dei punti vita che offre una mossa extra corazzata e altre chicche, e se si è surriscaldati ci si priva pure di queste opzioni; ad alti livelli l'uso delle proprie risorse diventa quindi critico, proprio come accade per la barra Drive del picchiaduro di Capcom. SNK però non ci è andata altrettanto pesante e, nonostante il surriscaldamento sia un malus notevole, sembra essere meno devastante rispetto a quanto visto nel rivale. Non bastasse, finché la propria barra è vuota o parzialmente piena, in City of the Wolves i vantaggi offensivi sono enormi, perché è possibile legare ogni mossa EX a un'altra mossa speciale, con effetti spesso devastanti o combo sicure in attacco estremamente utili.
Insomma, è un sistema davvero brillante: il numero di manovre offre una miriade di approcci offensivi e difensivi, ogni personaggio vanta opzioni multiple e tecnicismi avanzati davvero stuzzicanti, e ci aspettiamo partite di altissimo livello per quanto riguarda il competitivo. Era difficile prendere il sistema di Garou e rimaneggiarlo meglio, ma SNK sembra avercela fatta; semplicemente l'ultima creatura del team non è un gioco facilmente approcciabile da qualcuno che non ha mai bazzicato col genere. Attenzione però, perché SNK non si è dimenticata del tutto dei novellini e, continuando la tendenza a emulare quanto fatto da Capcom, ha messo in campo un sistema di controlli semplificati che ricorda da vicino il Modern di Street Fighter, chiamato in questo caso Smart Style. Lo stile "smart" fa più o meno le stesse cose, permettendo di eseguire combo automatizzate di normal, di eseguire ogni mossa speciale senza bisogno di input elaborati, e di fare più o meno tutto il resto con una mancanza non di poco conto: le finte e i cancel. È una buona soluzione, per carità, considerando che a livelli medio bassi sono manovre poco utilizzate e lo Smart Style renderà nettamente più godibile il gioco per chi non vuole crampi alle dita; ad alti livelli, però, le manovre avanzate sono fondamentali, dunque l'applicazione è meno funzionale rispetto a quella dei controlli Modern.
Online, roster e comparto tecnico
Il gameplay, dunque, è promosso alla grande, al punto da rendere City of the Wolves un degno successore di Garou quasi da solo. Ma il roster di combattenti? E l'online? Beh, quelle sono discussioni più complicate.
Partiamo dal roster: il fatto che la lista di guerrieri del gioco sia tra le più discusse mai viste nel genere non dovrebbe sorprendere, considerando che tra i 17 personaggi disponibili due sono scelte chiaramente dettate dai finanziatori sauditi di SNK più che dalla fanbase. Salvatore Ganacci è un dj molto popolare, vero, ma certo non al punto da meritare spontaneamente un posto nella serie Fatal Fury, e pensare che insieme a lui nel roster c'è pure Cristiano Ronaldo è sinceramente assurdo, soprattutto quando si considera che queste scelte privano il gioco di una miriade di possibili ottime alternative collegate alla storia della saga o altre saghe "limitrofe". Eppure, nonostante il numero di combattenti non elevato e queste due sorprese abbastanza folli, è difficile criticare tale aspetto per due principali motivi: questi due ospiti sono ben inseriti nel mix e l'intera prima stagione di DLC è del tutto gratuita.
Sì, non scherziamo, Ganacci e Ronaldo sono degli ottimi personaggi pad alla mano: il primo funziona straordinariamente bene come "joke character", data la natura stravagante delle sue mosse (fortemente ispirate ai videoclip del deejay), laddove il calciatore offre uno stile di combattimento davvero unico e strettamente legato alla possibilità di evocare dei palloni energetici poi utilizzabili offensivamente in svariati modi. Insomma, non sono inserimenti campati per aria e, seppure esteticamente stonino con il resto del gruppo, è impossibile non ritenerli perlomeno divertenti da usare. Inoltre, la scelta di avere una prima stagione di personaggi extra a costo zero per qualunque versione acquistata del gioco non fa che appianare ulteriormente la situazione, garantendo a breve l'arrivo non solo di grandi ospiti da Street Fighter (Ken e Chun Li, per l'esattezza), ma anche di nomi pesanti come Andy e Joe.
E l'online? Beh, qui purtroppo dobbiamo basarci per lo più sulla nostra prova delle beta, perché durante la fase review è stato difficile trovare partite in rete con altri utenti per via del numero limitato di giocatori. Durante i test, l'ultimo lavoro di SNK aveva dimostrato un ottimo rollback netcode, e l'ultima beta sembrava aver risolto molti dei problemi della prima prova, legati prevalentemente al matchmaking difficoltoso; solo quando il gioco sarà ufficialmente pubblicato, e nelle mani di un pubblico molto più ampio, capiremo se tutti i problemi sono stati effettivamente risolti. Non male se non altro la gestione delle lobby e delle modalità, dato che anche qui si è tentato di creare dei "cloni dei giocatori" guidati dall'intelligenza artificiale, il cui livello è però impossibile da quantificare al momento.
Insomma, tutto positivo, seppur con riserva; l'unico elemento davvero mediocre, ancora una volta, è purtroppo quello tecnico, che dimostra un'evoluzione solo marginale dello sviluppatore nel campo della grafica 3D. Fatal Fury: City of the Wolves non è un gioco particolarmente brillante dal punto di vista estetico, per via di modelli 3D dal dettaglio limitato e arene scialbe, che non basta qualche animazione di qualità a far arrivare al livello della concorrenza. Il paragone diretto risulta particolarmente doloroso se si considera che il Garou originale è ancora oggi considerato una meraviglia nel campo della pixel art, e che il suo look ha contribuito a renderlo un classico tra gli appassionati. Certo, è un elemento marginale rispetto agli altri descritti, ma dispiace vedere come SNK non sembri in grado di evolvere in modo sensibile in tale aspetto, perché i suoi personaggi rimangono incredibilmente iconici e un titolo così solido dal punto di vista meccanico meriterebbe di più.
Conclusioni
Fatal Fury: City of the Wolves è ancora una volta una cristallina dimostrazione dello stato attuale di SNK. Il team giapponese ha chiaramente ancora dei designer di altissimo livello, in grado di creare picchiaduro dal gameplay sopraffino con ben poco da invidiare ai diretti concorrenti. Al contempo si tratta però di una squadra con delle chiare limitazioni, che non è ancora in grado di raggiungere lo stesso picco dal punto di vista tecnico e contenutistico. Certo, pur con i suoi difetti, il ritorno di Garou resta un grandissimo picchiaduro, e il suo arrivo fa specialmente rumore ora che il genere sembra avere una crisi d'identità. Semplicemente non crediamo che la carica innovativa e la qualità generale siano tali da poter rappresentare oggi ciò che il predecessore fu al tempo. Se siete in crisi d'astinenza da botte virtuali e volete un sistema di combattimento di gran qualità, comunque, ve lo consigliamo senza remore.
PRO
- Meccanicamente solidissimo e una degna evoluzione del suo predecessore
- Il roster è ricco e diversificato, e la prima stagione di DLC è gratuita
CONTRO
- Episodes of South Town è una modalità storia piuttosto ripetitiva, che poteva essere sicuramente meglio
- Tecnicamente lascia a desiderare rispetto alla concorrenza