Goro Majima ha sempre avuto un lato nascosto: dietro gli eccessi, la follia e la violenza indiscriminata del "cane pazzo" si cela un'indole diversa, profondamente umana, che tuttavia emerge solo di rado. Ebbene, cosa accadrebbe se il leggendario guerriero si ritrovasse con la memoria improvvisamente cancellata, ricominciando da zero e finendo per diventare il capitano di una... ciurma di pirati?
È appunto questa l'idea alla base di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii, che fin dalle prime battute si pone senza dubbio come il capitolo più folle della serie SEGA, ennesima conferma (nel bene e nel male) di un approccio che gli sviluppatori del Ryu Ga Gotoku Studio stanno portando avanti ormai da alcuni anni, divertendosi un sacco ma correndo anche qualche rischio.
Pirati alle Hawaii: la trama e i personaggi
Nelle sequenze iniziali di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii ritroviamo Majima disteso sulla spiaggia di una minuscola isola tropicale, apparentemente vittima di un terribile naufragio che, in qualche modo, gli ha causato un'amnesia. Quando viene soccorso dal piccolo Noah e dal suo cucciolo di tigre, l'uomo non ricorda il proprio nome né il proprio passato, ma l'arrivo di un gruppo di scontrosi pirati fa subito riemergere la sua natura combattiva.
L'ex Yakuza scopre così che fra le isole delle Hawaii è tornato di moda indossare camicie con maniche a sbuffo, stivali e bandana, brandire sciabole e navigare a bordo di velieri impiegati spesso e volentieri per compiere razzie. A innescare questo trend sono stati i signori di Madlantis, un enorme covo nascosto che nel tempo si è trasformato in un vero e proprio regno, fornendo un rifugio a chi sentiva di non avere più un posto nel mondo esterno.
Il ragazzino che lo ha salvato vive a Rich Island insieme al padre Jason e alla sorella Moana, ma il suo sogno sarebbe quello di partire e scoprire cosa c'è oltre i confini del piccolo isolotto, mettendo per una volta da parte le preoccupazioni legate al suo stato di salute cagionevole. Magari proprio Majima riuscirà a realizzare questo desiderio, mettendo insieme una ciurma e procurandosi una nave con cui andare alla ricerca di un tesoro leggendario.
Durante la campagna di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii (che è composta da soli cinque capitoli e che abbiamo completato in circa diciassette ore, lasciandoci però alle spalle un gran numero di contenuti secondari che possono anche triplicare questa durata), avremo modo di visitare la già citata Rich Island, l'ancora più minuta Nele Island (già vista in Infinite Wealth), il variopinto covo di Madlantis e l'intera mappa di Honolulu (anche questa già vista in Infinite Wealth), incontrando come al solito un gran numero di personaggi.
Molti di essi si pongono inizialmente come avversari, ma diventano poi alleati di Goro, unendosi alla sua squadra: un espediente narrativo che in alcuni casi appare decisamente fuori luogo, a maggior ragione alla luce dell'iniziale spietatezza dimostrata da determinati nemici, e che risulta purtroppo ridondante nel corso dell'avventura, di pari passo con un "buonismo" che, associato all'immagine che abbiamo sempre avuto di Majima, diventa addirittura sfiancante.
A ben vedere, il problema principale di Pirate Yakuza in Hawaii è che la serie ci ha sempre abituato a personaggi straordinari e intrighi complessi, che tuttavia esprimevano la propria forza all'interno di un contesto narrativo e scenografico ben preciso: tolte le atmosfere di una serata fra le insegne al neon di Kamurocho, il racconto risulta inevitabilmente depotenziato e vengono a galla tutti i limiti, anche tecnici e artistici, di una formula che così si ritrova data in pasto agli squali, per restare in tema.
Il gameplay action è tornato
Sebbene la svolta RPG che vi abbiamo raccontato ai tempi della recensione di Yakuza: Like a Dragon sia stata sorprendentemente ben accolta dagli utenti e abbia aperto le porte della serie a tanti nuovi giocatori, per tutta una serie di motivi, sapete bene che chi scrive ha sempre identificato Ryu Ga Gotoku con il suo strepitoso impianto action da picchiaduro a scorrimento, pur consapevole dei suoi ormai evidenti limiti.
Ebbene, Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii ripropone quello stesso approccio, confermando ancora una volta la scelta di alternare le due impostazioni fra un episodio e l'altro, e prova a rinfrescarlo attraverso una serie di novità che però non appaiono sempre brillanti, anzi. L'introduzione del salto, ad esempio, non siamo riusciti a digerirla: a nostro avviso aggiunge ben poco al sistema di combattimento, finendo però per sporcarlo con imprecisione e macchinosità.
I due stili a disposizione di Majima, Mad Dog e Sea Dog, sono invece interessanti e ben diversificati: il primo riprende le manovre tradizionali del personaggio, che combatte con calci, pugni e il suo iconico coltello, con anche la possibilità di "sdoppiarsi"; mentre il secondo lo vede indossare l'uniforme da capitano e alternare attacchi portati con due sciabole e una pistola, nonché eventualmente scatenare la forza di quattro terribili "maledizioni".
Come al solito, spendendo denaro e punti esperienza è possibile acquistare potenziamenti per la salute e l'attacco di Majima, nonché sbloccare nuove mosse che vanno ad arricchire il suo repertorio, incluse le iconiche "essenze": le dolorosissime finisher che i fan di Yakuza conoscono bene, anche qui folli e spettacolari ma meno accessibili del solito a causa di spazi di attivazione ridotti e di un impiego più rarefatto di prese e oggetti.
Ad ogni modo, in Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii non ci troveremo a combattere unicamente a mani nude, visto che una delle grandi novità del gioco è rappresentata dalle battaglie navali: sezioni palesemente ispirate ad Assassin's Creed: Black Flag e Skull and Bones ma caratterizzate da un impianto molto più semplice e banale, sia per quanto concerne il controllo del veliero che i suoi strumenti offensivi, vedi i cannoni di babordo e tribordo ad aggancio automatico. Con i boss, inoltre, c'è anche una fase di arrembaggio.
Naturalmente la nave può essere potenziata in vari modi e utilizzata per dar vita a divertenti scontri nel Coliseum di Madlantis oltre che in mare aperto, dove ci troveremo a condurre una navigazione spesso velocizzata tramite alcuni espedienti al fine di evitare qualsiasi rischio di annoiarsi. Il reclutamento della ciurma si rivela peraltro essere un aspetto centrale del gioco, finendo per ricollegarsi all'esito delle immancabili missioni secondarie.
Scenari e attività: riutilizzo virtuoso oppure no?
Come accennato in precedenza, la serie Yakuza ha costruito il proprio successo sulla base di un impianto ben preciso che miscela narrazione, personaggi, atmosfere e gameplay, aggiungendo un ricco contorno di contenuti facoltativi che vanno spesso a smorzare la drammaticità del racconto, proponendo situazioni assurdamente giapponesi e attività collaterali come i coin-op degli ormai scomparsi Club SEGA, batting center, karaoke, biliardo, Mahjong e altro ancora.
La componente di turismo virtuale è insomma sempre stata prepotente all'interno della saga, e da questo punto di vista anche la riproposizione degli stessi scenari, ispirati a luoghi reali come Kabukicho e Dotonbori, o più recentemente Hiroshima e Yokohama, si è posta come un elemento giustificato dai legami di appartenenza al territorio, prima che conveniente sul piano prettamente produttivo.
Ebbene, anche sul fronte delle ambientazioni Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii scopre un po' le carte e si impegna ben poco, visto che Rich Island e Nele Island sono posti puramente di passaggio, dalle dimensioni oltremodo ridotte, mentre Madlantis non è che l'ennesima reinterpretazione del Purgatorio o del Castello di cui vi abbiamo parlato nella recensione di Like a Dragon Gaiden, affascinante ma messa insieme con elementi di qualità spesso modesta.
Al di là delle zone marittime, che tuttavia non risultano suggestive da navigare come nei giochi di Ubisoft e presentano soluzioni basate spesso sul viaggio rapido per sbarcare su questa o quell'isola, alla fine dei conti lo scenario più ampio e articolato è quello di Honolulu, che però abbiamo appena girato in lungo e in largo nella campagna di Like a Dragon: Infinite Wealth e non possiede né il fascino né la tradizione delle città giapponesi.
Le attività extra
L'ambientazione alternativa di Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii ha consentito e in alcuni casi imposto la creazione di minigiochi alternativi, con cui è possibile cimentarsi nel corso della campagna. Oltre a creare un piccolo rifugio per animali su Rich Island, Majima può coltivare verdure e procurarsi carne e pesce con cui preparare succulenti piatti tramite un'apposita sfida di abilità.
In giro per gli scenari non mancano i soliti bar e ristoranti presso cui rifocillarsi, nonché luoghi dove fare una partita ai classici SEGA (in questo caso Virtua Fighter 3, Fighting Vipers 2, The Ocean Hunter, SpikeOut, SEGA Racing Classic 2 e diversi giochi per Master System). È inoltre possibile cimentarsi con karaoke, Dragon Kart e Crazy Delivery, variazioni sul tema del batting center, quiz scolastici e gare di fotografia.
Infine non manca la componente cabaret bar, rappresentata in questo caso dalle Minato Girls, che ribadiscono il destabilizzante approccio con attrici dal vivo già sperimentato in Like a Dragon Gaiden: riusciremo a conquistare queste ragazze di alta classe per realizzare il sogno del nostro amico Masaru?
Realizzazione tecnica e versione PC
Quello relativo al Dragon Engine è un tema che accompagna ormai da tempo la serie SEGA: il motore grafico "è un po' vecchio" per stessa ammissione degli sviluppatori, ben consapevoli delle sue difficoltà con le sequenze in diurna, ma propensi a continuare a utilizzarlo anche per via della natura cross-gen dei titoli realizzati finora, che bisognerebbe abbandonare a fronte di un eventuale passaggio a Unreal Engine 5.
Ci sono stati indubbiamente dei miglioramenti nel rendering e Honolulu lo dimostra con l'ampiezza dei suoi scorci, ma essendo Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii un'avventura che si svolge principalmente sotto il sole delle Hawaii, alcuni elementi saltano inevitabilmente all'occhio e le sgangherate atmosfere notturne di Madlantis, come detto, non bastano a garantire quegli elementi stilistici a cui la saga ci ha abituato nel corso degli anni.
Sul piano grafico il gioco si muove insomma fra alti e bassi, ponendosi alla stregua di uno spin-off puro laddove si considerino le ambientazioni disponibili (sebbene di fatto sia un capitolo nuovo, che si ricollega agli eventi di Infinite Wealth), ma facendo il solito ottimo lavoro per quanto concerne le sequenze di intermezzo e le animazioni dei combattimenti, accompagnati anche stavolta da una colonna sonora solida e avvincente.
I dialoghi sono parlati in giapponese, inglese o cinese, mentre i sottotitoli sono disponibili anche in italiano e ciò rende decisamente più semplice seguire i risvolti della trama, per quanto meno interessante rispetto agli standard di Ryu Ga Gotoku. La versione PC gira bene, com'era lecito attendersi, e sebbene le opzioni grafiche siano pochette è possibile disporre di tutte le tecnologie di upscaling e ottenere i 4K a 60 fps stabili con tutto al massimo e DLSS su qualità con una RTX 4070.
Requisiti di Sistema PC
Configurazione di Prova
- Processore: Intel Core i5 13500
- Scheda video: NVIDIA RTX 4070
- Memoria: 32 GB di RAM
- Storage: SSD SATA 3
- Sistema operativo: Windows 11
Requisiti minimi
- Processore: Intel Core i5 3470, AMD Ryzen 3 1200
- Scheda video: NVIDIA GTX 1650, AMD RX 560, Intel A380
- Memoria: 8 GB di RAM
- Storage: 56 GB di spazio richiesto
- Sistema operativo: Windows 10
Requisiti consigliati
- Processore: Intel Core i7 4790, AMD Ryzen 5 1600
- Scheda video: NVIDIA RTX 2060, AMD RX 5700, Intel A750
- Memoria: 16 GB di RAM
- Storage: 56 GB di spazio richiesto
- Sistema operativo: Windows 10
Conclusioni
Dal punto di vista commerciale, Like a Dragon: Pirate Yakuza in Hawaii potrebbe essere un clamoroso passo falso per la serie SEGA oppure un altro grande successo dopo l'inaspettata rivoluzione in stile RPG: difficile prevedere come andranno le cose. Da un lato il tema dei pirati è sempre molto popolare, il personaggio di Majima sembra perfetto per interpretarlo e non c'è dubbio che le tante attività che il gioco mette a disposizione, soprattutto collaterali, possano conquistare il pubblico. Tuttavia in termini di trama, personaggi e atmosfere siamo davvero parecchio distanti dagli standard a cui Ryu Ga Gotoku ci ha abituato.
PRO
- L'impianto action è divertente, per quanto imperfetto
- Battaglie navali semplici, ma la progressione le rende interessanti
- Il contorno di attività e missioni secondarie è ricco come al solito
CONTRO
- Trama deludente, personaggi spesso abbozzati
- Scenari poco interessanti, torna Honolulu ma è troppo presto
- Alcune modifiche al sistema di combattimento non le abbiamo apprezzate