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The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered, la recensione di una remaster squisitamente autentica

Il cuore di Bethesda Softworks batte nel nuovo corpo costruito da Virtuos in Unreal Engine 5. Nella recensione di The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered si torna dritti a Cyrodiil.

RECENSIONE di Lorenzo Mancosu   —   24/04/2025
La cover art di Oblivion Remastered
The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered
The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered
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Riportare in vita un videogioco del calibro di The Elder Scrolls IV: Oblivion significa immergere le mani in acque decisamente diverse da quelle dell'industria contemporanea: all'alba della settima generazione di console non era mai capitato di confrontarsi con un un mondo tanto impressionante, specialmente nella cornice di un gioco di ruolo interamente ricamato attorno al concetto di immersività. Allora si verificò una sorta di allineamento degli astri che lo rese il titolo perfetto nel momento perfetto, lo portò a intercettare nuove correnti di pubblico pur tendendo la mano alle vecchie, lo spinse a sfruttare al massimo il recentissimo balzo tecnologico, a cavalcare con maestria la nuova marea del marketing, dunque a diventare il predatore alfa in un ecosistema che sembrava creato su misura per lui.

In questo senso Oblivion è senza dubbio un'opera figlia dei suoi tempi, nel bene e nel male: proprio come accade a molte pietre miliari del passato, lo scorrere degli anni rischia di trasformare in difetti quelli che allora si tendevano a considerare come pregi e viceversa, rendendo estremamente delicata l'operazione di trapianto nel mercato contemporaneo. Bisognerebbe contestualizzarlo nel suo originario recinto temporale o approcciarlo come fosse un nuovo videogioco? Bisognerebbe focalizzarsi sull'operazione di restauro o mettere sotto la lente d'ingrandimento il tessuto delle meccaniche?

Bethesda Softworks e Virtuos hanno scelto di percorrere una strada di mezzo, trasformando l'antico motore Gamebryo 2.6 nella "mente" per poi innestarla all'interno del "corpo" di Unreal Engine 5, mantenendo invariato il cuore pulsante dell'esperienza e limando qualche minuto aspetto del gameplay, sfruttando giusto un paio di giochi di prestigio grafici per innestare un'aura di modernità sull'anima autentica. La dicitura "Remastered", in questo senso, risulta piuttosto riduttiva, perché l'operazione trova forse il termine di paragone più azzeccato in quel "Remake" di Demon's Souls che fu scelto per accompagnare il lancio di PlayStation 5.

Non rimane che tornare a Cyrodiil nella recensione di The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered, mettendo sui piatti della bilancia la carrozzeria e il motore che si nasconde sotto al cofano, effettuando un tuffo nei ricordi per capire quanto la crisi dell'Oblivion abbia sentito lo scorrere del tempo.

Cyrodiil 2.0

Si comincia come se non fosse trascorso nemmeno un giorno dal 2006, nelle segrete della città imperiale, in una piccola cella fatiscente all'interno della quale il cammino del protagonista - ovviamente da creare nei minimi dettagli attraverso un editor totalmente rinnovato - s'intreccia con quello dell'imperatore Uriel Septim, scortato dalle sue fedelissime Blade in un disperato tentativo di fuga attraverso i condotti sotterranei. La Mitica Alba, l'ordine devoto al principe daedrico Mehrunes Dagon che mira all'invasione del piano materiale di Nirn, è infatti riuscita a dargli scacco matto, lasciandone l'eredità nelle nostre mani, o meglio, in quelle dell'avatar che si consegnerà alla storia come l'Eroe di Kvatch.

Il primo panorama di Oblivion Remastered
Il primo panorama di Oblivion Remastered

Fin dalla creazione del personaggio e dai primi passi che si muovono nel tutorial sotterraneo si prende coscienza che quest'operazione non è una Remastered secondo la classica accezione del termine: l'interfaccia utente e i menù sono stati ricreati da zero, la traduzione italiana è stata corretta, alcuni personaggi sono stati ridoppiati, inoltre sono stati effettuati dei ritocchi che intaccano - molto lievemente, come scopriremo presto - il gameplay e il sistema di progressione. Ciò detto, a prendersi il centro del palcoscenico nei primi battiti dell'avventura è inevitabilmente la cura riservata all'estetica dell'opera.

Il lago Rumare che abbraccia la Città Imperiale riflette la luce del tramonto, le fronde degli alberi sono cariche di fogliame mosso dal vento, sulla costa opposta si possono scorgere le rovine Ayelid di Vilvarin che, esattamente come ogni singolo asset del progetto, sono state interamente rimodellate. È quasi impossibile sfidare l'impulso di raggiungere la base delle Colovian Highlands per osservare la regione dall'alto, passando accanto alla Locanda Roxey, al villaggio di Aleswell, trovandosi di fronte a un panorama mozzafiato dal quale traspare tutto lo straordinario lavoro svolto dal team di Virtuos. Puntando verso nord si scorge la Gola del Mondo di Skyrim, mentre tutto ciò che un tempo era un vuoto colmato dall'immaginazione ha assunto una forma concreta.

Al di sotto della nuova facciata si cela ancora la vecchia anima dell'opera di Bethesda: quello di The Elder Scrolls IV è rimasto un universo ricchissimo e costellato di ambientazioni già di per sé favolose - dalle vette innevate che sovrastano Bruma fino alle coste dorate di Anvil - sorretto da centinaia di migliaia di linee di dialogo, da una quantità di attività e storie secondarie tale da garantire centinaia di ore di avventure anche se si scegliesse d'ignorare completamente la crisi dell'Oblivion. Fra le altre cose, nel pacchetto base sono stati inclusi anche i DLC Knights of the Nine e Shivering Isles, quest'ultimo considerato fra le migliori espansioni di tutti i tempi e legato a un'introduzione leggendaria che è stata a sua volta reinterpretata a dovere.

Si tratta di un'esagerata mole di contenuto che stava rischiando di diventare difficilmente fruibile per le nuove generazioni: certo, chi ha avuto la fortuna di vivere il momento del lancio originale si è confrontato con un'esperienza estremamente vicina al limite tecnologico dell'epoca, ma i grandi classici di Bethesda Softworks hanno l'enorme difetto di invecchiare con una velocità impressionante. Questa versione riesce a invertire il processo per lo meno sul fronte dell'estetica, plasmando goblin, folletti e altre creature secondo gli standard contemporanei, riuscendo addirittura a compiere il miracolo di rendere quasi gradevoli i primi piani sui personaggi, e limitandosi infine ad attualizzare quelli che già allora erano scorci splendidi.

Lucien Lachance, questa volta in tutto il suo splendore
Lucien Lachance, questa volta in tutto il suo splendore

Insomma, The Elder Scrolls: Oblivion Remastered è uno strano golem nel quale convivono due anime, quella scolpita da Bethesda attraverso le logiche del Gamebryo e quella costruita da Virtuos tramite Unreal Engine 5. Sebbene si muovano in concerto con un unico scopo, ovvero la realizzazione di una Cyrodiil che sia più vicina possibile al ricordo della prima volta, portano all'emersione delle stesse domande che molto probabilmente stanno serpeggiando nei corridoi dello studio di Todd Howard: i vecchi titoli della casa erano davvero migliori di quelli moderni? Serie come The Elder Scrolls e Fallout dovrebbero cambiare guardando al futuro o cercare risposte nel passato? Il problema di Bethesda sta davvero nell'arretratezza tecnica e grafica?

Audio e Musica (e che musica!)

La musica di The Elder Scrolls: Oblivion contribuì tantissimo al raggiungimento del suo status leggendario: composta dall'artista Jeremy Soule, ridefinì gli standard degli RPG fantasy occidentali attraverso brani come il celebre tema principale, Harvest Dawn, Wings of Kynareth e Aurel's Ascension, riuscendo a donare un gusto unico a ogni singola camminata nei boschi. Sembra che Jeremy Soule non farà più parte della serie di The Elder Scrolls e dell'industria videoludica a tutto tondo, perché si è ritirato in seguito alle gravi accuse che ricevette durante il movimento #MeToo del 2019.

Nota di merito anche per il doppiaggio, al quale presero parte attori a dir poco straordinari, come Patrick Stewart nel ruolo di Uriel Septim, Sean Bean per Martin Septim, Terrence Stamp per Markan, ma anche Lynda Carter e, ovviamente, Todd Howard nelle vesti di Clavicus Vile. In questa versione Remastered tanto le musiche quanto le altre tracce audio sono state semplicemente rimasterizzate.

Le novità di Oblivion Remastered

Viene da sé che le novità più ingombranti sono quelle che hanno a che vedere con l'estetica e lo sfruttamento di Unreal Engine 5 al di sopra del motore originale: come accennato, ogni singolo modello è stato ricostruito a partire dalle fondamenta originarie, secondo un'operazione simile a quelle che hanno caratterizzato lavori di Vicarious Visions e Bluepoint come Crash Bandicoot e Demon's Souls. Tutti quanti gli asset, nessuno escluso, sono stati rinnovati, a partire dalla vegetazione e dalle superfici, passando per i materiali e gli interni, per arrivare anche e soprattutto ai personaggi, ai nemici, alle armi e alle armature.

Davanti al lavoro estetico svolto da Virtuos si può solo togliersi il cappello
Davanti al lavoro estetico svolto da Virtuos si può solo togliersi il cappello

A brillare sopra tutto il resto è il sistema d'illuminazione in tempo reale: quella di Oblivion è sempre stata un'avventura molto buia, legata a doppio filo con l'utilizzo di una torcia, dunque l'impiego di Unreal Engine 5 - nonostante la pesantezza che si porta appresso, anche come semplice "abito", e che si manifesta soprattutto nella versione console - ha portato enormi benefici nella costruzione delle atmosfere, specialmente quando ci si muove al di sotto della superficie di Cyrodiil o nel cuore delle foreste della regione.

Mettendo da parte l'impatto dei panorami, Virtuos ha utilizzato con sapienza qualche trucchetto di magia per trasmettere l'illusione di un miglioramento del gameplay: dal momento che le animazioni dei nemici sono state ricreate praticamente da zero, gli sviluppatori hanno colto l'occasione per utilizzare le loro movenze al fine di giocare con le sensazioni dell'impatto dei colpi, per poi aggiungere anche nuovi effetti visivi a determinati attacchi e incantesimi. Se, quindi, il sistema di combattimento è rimasto totalmente invariato e si trascina dietro tutte le sue grosse limitazioni, questi piccoli inganni hanno portato conseguenze gradevoli; per esempio, oltre ad aver beneficiato di un mirino migliorato, la visuale in terza persona risulta enormemente meno legnosa grazie alla pura e semplice cura riservata alle animazioni.

Tutta l'esperienza è un grande gioco di prestigio in cui l'estetica trasmette l'illusione della modernità
Tutta l'esperienza è un grande gioco di prestigio in cui l'estetica trasmette l'illusione della modernità

L'unica novità "reale" in termini di azione risiede nell'aggiunta dello scatto, che affianca il salto e l'attacco nel nuovo trittico di interazioni che sfruttano la stamina e che, come prevedibile, non snatura assolutamente l'esperienza. L'intervento più invasivo è quello che ha toccato il sistema di progressione, avvicinandolo alle moderne ispirazioni di Bethesda: anzitutto il meccanismo con cui si sale di livello è stato modificato consentendo di scegliere in totale libertà dove allocare 12 punti attributo fissi (Virtù) dopo il consueto sonnellino in un letto. Inoltre, adesso anche le abilità minori contribuiscono alla crescita del livello, mentre alcuni attributi sono stati revisionati: su tutti la Costituzione, che è diventata retroattiva, in modo tale da ridurre tantissimo la necessità di svilupparsi in maniera efficiente. Ciò detto, il sistema di scaling continua a presentare diversi spigoli, dal momento che gli equipaggiamenti unici rimangono ancora legati al livello dell'ottenimento, mentre banditi e goblin non esiteranno a far rapidamente sfoggio di armature incantate.

I vecchi problemi dello Scaling

L'originale The Elder Scrolls IV: Oblivion fu segnato da numerose criticità legate al sistema di progressione e alle interazioni con il meccanismo di scaling dei nemici: dal momento che mostri e banditi diventavano più forti e meglio equipaggiati sulla base del livello raggiunto dal giocatore, una gestione poco accurata del sistema di potenziamento - soprattutto per quel che concerne la Costituzione - portava ad affrontare varianti capaci di eliminare il protagonista con un colpo. Il problema era tale da portare i giocatori esperti ad adottare due soluzioni: o si sceglieva di non salire di livello per evitare di mettere in moto il sistema di scaling, oppure si pianificava la build del personaggio con un'efficienza tale da rendere il protagonista praticamente inarrestabile.

Il nuovo sistema di level up consente di allocare 12 punti attributo fissi a prescindere dalle abilità sviluppate
Il nuovo sistema di level up consente di allocare 12 punti attributo fissi a prescindere dalle abilità sviluppate

Come se non bastasse, al momento di ogni level up (che si poteva raggiungere solamente incrementando le "abilità maggiori" e non quelli minori) il sistema calcolava in cosa fosse migliorato il giocatore per poi assegnare i punti in maniera arbitraria e non libera, di fatto obbligandolo a studiare la build con largo anticipo e soprattutto a "farmare" le abilità minori secondo schemi rodati. Le modifiche integrate nel sistema di progressione sono riuscite a correggere parzialmente queste situazioni senza eradicare il problema alla radice, perché il sistema di scaling porta ancora qualche conseguenza negativa nel gameplay.

Restano da menzionare giusto una manciata di interventi, come una già citata ristrutturazione dei menù e delle interfacce che non si è limitata a toccare quelle più ingombranti come la mappa e l'inventario, ma ha rifatto il look anche allo strambo minigioco relativo alla persuasione e ovviamente a quello dedicato allo scasso, rimasti di converso immutati nel funzionamento.

Le sequenze principali sono quelle su cui Virtuos ha calcato la mano
Le sequenze principali sono quelle su cui Virtuos ha calcato la mano

Aggiungendo a questa torta un paio di ciliegine, come per esempio le manciate di insetti e di pesci che colorano l'ambientazione, le linee di doppiaggio inedite basate sulla razza degli NPC generici, o ancora il restauro della coordinazione busto-gambe degli stessi, gli sviluppatori di Virtuos sono effettivamente riusciti a trapiantare l'antico cervello in un corpo tutto nuovo. C'è però una criticità tangibile e risiede nelle classiche sbavature di Unreal Engine 5 nei confini dell'open world, che nella versione console - specialmente esplorando il mondo aperto - si risolvono in prestazioni davvero deludenti per un'edizione Remastered, con vistosi cali di framerate e stutter riscontrabili anche a occhio nudo e nel nostro caso, su Xbox Series X, anche qualche crash di troppo.

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Oblivion nel 2025

Oblivion è sempre stato una sorta di figlio di mezzo nella saga di The Elder Scrolls: guardato con sospetto dai veterani di Morrowind e Daggerfall, fu accolto a braccia aperte dalla nuova generazione di appassionati, quelli che a loro volta avrebbero in seguito percepito il netto stacco portato da Skyrim. La regione attorno alla Città Imperiale è rimasta ancora oggi uno scrigno ricolmo di storie diamantine, specialmente quelle relative alle fazioni, ma soprattutto una pietra miliare della costruzione del mondo secondo la vecchia filosofia di Bethesda Softworks: si tratta di un costrutto interamente votato all'immersione, all'esplorazione, alla volontà di caratterizzare profondamente ogni angolo di Tamriel per offrire una magica vita parallela oltre lo schermo.

Siamo di fronte a un esperimento per valutare il futuro di Bethesda?
Siamo di fronte a un esperimento per valutare il futuro di Bethesda?

Tutti i pregi e i difetti dell'esperienza originale si sono riversati in scala uno a uno nei confini dell'edizione Remastered, offrendo tanto ai veterani quanto ai nuovi arrivati un'esperienza oltremodo autentica, così autentica da scegliere consapevolmente di evitare la dicitura "Remake" nonostante il calibro del lavoro di restauro. Del resto s'incontrano ancora tutte le incertezze insite nei sistemi di progressione e di ricompense radicati nell'allora innovativo sistema di scaling, emerge ancora tutta la ripetitività dei dungeon e della formula legata a doppio filo con i Portali dell'Oblivion, c'è ancora il medesimo sistema di combattimento spigoloso e grezzo, infine sono sopravvissuti quasi tutti gli immancabili bug e le sbavature che sporcarono il momento del debutto, rendendo a tratti disorientante il contrasto con la nuova estetica.

D'altra parte, le altissime vette toccate nell'ambito della costruzione del mondo e nell'incarnazione quasi perfetta di un certo tipo di formula da gioco di ruolo hanno conservato tutta la propria potenza, mettendo indirettamente i Bethesda Game Studios in una posizione piuttosto scomoda. Giocare a Oblivion nel 2025, infatti, significa più d'ogni altra cosa mettere a nudo il costante processo di semplificazione e per certi versi d'involuzione che ha caratterizzato l'anima delle produzioni della compagnia nel corso degli ultimi quindici anni; è molto bello tornare a Cyrodiil, ma la mente non può fare a meno di viaggiare fino al futuro The Elder Scrolls VI e domandarsi come si posizionerà nello spettro della saga, magari anche a chiedersi se il lavoro di Virtuos sia da intendere come una sorta di grande esperimento tecnico.

Fa un certo effetto vedere il Gamebryo muoversi al di sotto dell'Unreal, ma potrebbe essere il futuro della compagnia e del Creation Engine
Fa un certo effetto vedere il Gamebryo muoversi al di sotto dell'Unreal, ma potrebbe essere il futuro della compagnia e del Creation Engine

Avviando The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered si è accompagnati dalle leggendarie melodie composte da Jeremy Soule, che non saranno presenti nel prossimo capitolo, ci si affaccia su un mondo costruito artigianalmente nei minimi dettagli, molto diverso da quelli delle opere più recenti, e si finisce per vivere un RPG di una caratura che dalle parti del Maryland manca ormai dal 2011. Forse un domani Unreal Engine 5 diventerà il volto della serie lasciando al Creation il compito di muoverne i fili, ma è davvero questo il "problema" di Bethesda Softworks? Al momento la Città Imperiale ha nuovamente aperto i battenti, invertendo per qualche tempo i processi d'invecchiamento, mettendosi a completa disposizione di nuovi aspiranti appassionati e dei nostalgici Eroi di Kvatch. Forse si tratta della versione migliore di Oblivion, ma quello di replicare l'impatto che ebbe nel 2006 è un compito che spetterà unicamente al suo erede.

Conclusioni

Versione testata Xbox Series X
Multiplayer.it
8.5
Lettori (33)
9.1
Il tuo voto

The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered indossa l'abito dell'Unreal Engine 5 sopra lo scheletro logico del motore Gamebryo, proiettando sullo schermo una sorta di vivido ricordo in movimento di Cyrodiil, dando forma al videogioco così come si era portati a immaginarlo all'epoca del lancio originale. Le effettive limature al gameplay si riducono solo all'aggiunta dello scatto e alla revisione del sistema di progressione, mentre tutto il resto è un massiccio gioco di prestigio estetico che sfrutta nuovi modelli, interfacce, illuminazione e animazioni per trasmettere l'illusione della modernità. Ha poco senso interrogarsi sui tanti pregi e sui tanti difetti nelle fondamenta di Oblivion: siamo di fronte a una riedizione autentica di una pietra miliare del 2006, con tutte le inevitabili conseguenze del caso.

PRO

  • Rinnovamento estetico straordinario e dettagliatissimo
  • Tira a lucido le centinaia di ore di contenuti dell'originale
  • Ambientazioni, colonna sonora e storie da antologia
  • Per gli appassionati è un tuffo nella nostalgia imperdibile
  • Per i nuovi arrivati è l'occasione di scoprire un mondo immenso

CONTRO

  • Più si prosegue e più il gioco del 2006 prende il sopravvento
  • Il contrasto tra la nuova estetica e le vecchie meccaniche è strano
  • La versione testata su console è instabile e crasha spesso