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The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, la recensione del capolavoro per Nintendo Switch

È arrivato un nuovo Zelda e, ancora una volta, cambia completamente i videogiochi: vi diciamo perché nella recensione di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom.

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, la recensione del capolavoro per Nintendo Switch
RECENSIONE di Lorenzo Mancosu   —   11/05/2023

Circa sessant'anni fa, nelle campagne attorno al piccolo paese di Sonobe, un giovane che si spingeva spesso nelle profondità dei boschi di bambù s'imbatté nell'ingresso di una caverna che aveva incrociato diverse volte durante il suo peregrinare. La leggenda narra che quel giorno raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo, decise di calarsi all'interno ed ebbe un'epifania, la visione di un mondo fantastico e interamente votato alla grande avventura. Quel ragazzo si chiamava Shigeru Miyamoto, quella visione si sarebbe trasformata nell'universo di The Legend of Zelda, mentre quel mondo immaginario oggi è arrivato ad accogliere verdi praterie, montagne di fuoco e oceani sterminati, fino a puntare oltre l'azzurro del cielo. Da allora, ogni volta che il mosaico della saga di Link sta per arricchirsi di una nuova tessera si può percepire una sorta di tremito nella forza, come se un vecchio e rispettato maestro stesse per tornare in cattedra al fine di svelare un'importante scoperta. E questa è proprio l'aria che si respira nei cieli del Regno di Hyrule, attorno a The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom: sono in molti a sperare che il nuovo capitolo - sfuggendo all'accezione negativa di "more of the same" - riesca nel difficile compito di stringere tutti i grandi assoli del passato in un'unica grande sinfonia, per comunicare ai videogiocatori proprio quello che hanno bisogno di sentirsi dire.

In tempi recenti abbiamo infatti vissuto momenti difficili, qualcosa di più preoccupante rispetto alla volontà di scoprire se il sequel diretto si sarebbe rivelato all'altezza di un capolavoro come Breath of the Wild, o alle voci che hanno provato ad accostarlo a un banale contenuto scaricabile. L'eco della pandemia globale risuona ancora con estrema forza nel mondo dei videogiochi, come se quegli anni di vuoto avessero spalancato una frattura insanabile nell'industria, trasformando l'emersione di nuove idee e opere d'eccellenza - specialmente nel sottobosco delle produzioni AAA - in un evento più unico che raro. Ed ecco che anche questa responsabilità ha finito per calarsi sulle spalle di Nintendo EPD, fucina chiamata non solo a mettere in scena quello che secondo molti potrebbe rappresentare il canto del cigno di Switch, ma a dimostrare al mondo intero che là fuori c'è ancora la volontà di sognare, di donare una forma concreta a semplici quanto potenti fantasie infantili, proprio come quelle che hanno dato i natali alla saga in una grotta sperduta nelle campagne giapponesi. A rispondere all'appello è stato Eiji Aonuma, un capitano trepidante di mostrare le idee partorite dallo studio nel corso dei sei anni di sviluppo, svelando solo il minimo indispensabile e lasciando invece - nel pieno rispetto della tradizione - che a parlare sia il prodotto finito.

Un prodotto che, dal canto suo, sa parlare meglio di qualsiasi trasmissione in diretta: The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è semplicemente un'opera che va oltre ogni possibile aspettativa. Sintetizzando tutte le anime che hanno guidato la saga all'interno di un unico ricettacolo, si rivolge in uguale misura ai vecchi e ai nuovi appassionati, mettendo sul piatto un'impressionante mole di contenuti per poi ricamare la propria identità attorno all'evoluzione delle fondamenta della serie: l'avventura e la meraviglia. Molto Breath of the Wild e un po' Ocarina of Time, con una forte spolverata di The Wind Waker e una lieve passata di Skyward Sword, l'ultimo viaggio di Link vuole fare un metaforico inchino alle lezioni delle opere del passato, rubandone parte dei segreti prima di innestare la sua grandissima mole di originalità, trasformando ancora una volta l'approccio alle regole della serie e, per certi versi, anche quello al videogioco stesso.

Ma è davvero possibile oltrepassare una rivoluzione dirompente come quella portata dal suo predecessore? Questa è proprio la grande domanda che siede alla base della recensione di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom.

Un videogioco in cui si gioca sempre

Bastano trenta secondi per capire che non c'è limite a ciò che si può fare in The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom
Bastano trenta secondi per capire che non c'è limite a ciò che si può fare in The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom

In The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, più d'ogni altra cosa, si gioca. Questa potrebbe sembrare una considerazione semplicistica, ma riesce a condensare tutta l'essenza dell'epopea di Link, l'ingrediente segreto capace di differenziarla da tutte le altre. Hyrule è una tela bianca, i numerosi strumenti a disposizione diventano una tavolozza, e ciascun giocatore è completamente libero di dipingere il proprio personale capolavoro; non esiste un modo giusto di giocare, non ne esiste uno sbagliato, l'unica costante è che Link si trova sempre nel posto giusto al momento giusto, nonostante l'immensità del mondo che lo circonda. Non passa istante senza che una sagoma all'orizzonte catturi l'attenzione, e nel momento stesso in cui ci si mette in viaggio l'abbraccio dell'ambientazione si fa sempre più stretto, alzando il sipario ogni venti passi su una nuova interazione, su un passante che non vede l'ora di condividere un segreto, su un elemento che porta a deviare ancora una volta dai sentieri battuti. E forse è proprio questa la formula magica che sorregge l'incantesimo della più recente Hyrule, che risponde in modo unico a ogni stimolo del giocatore e non manca mai di fornirne di propri, consentendo agli eroi di scrivere una storia originale semplicemente scherzando con la fantasia.

Il regno dialoga con il giocatore, gli ammicca di continuo, lo spinge a domandarsi: "possibile che questa cosa funzioni?". E, sorpresa, quell'interazione funziona sempre, trasformando qualsiasi gesto che si compie nel mondo virtuale in una sorta di gioco all'interno del gioco, prendendo le pennellate sandbox che coloravano Breath of the Wild per trasformarle nell'elemento protagonista del quadro. Se i videogiochi contemporanei vivono di compartimenti ben definiti, ad esempio le traversate, le attività secondarie oppure i sistemi di creazione, Tears of the Kingdom è un'esperienza che scorre liscia e coesa come l'acqua, in cui tutto accade in modo naturale: la curiosità spinge verso l'esplorazione, l'immaginazione apre a dozzine di soluzioni non previste, a guidare ciascuna azione è la voglia di continuare a sperimentare. E gli esperimenti da fare sono pressoché illimitati, mescolando le nuove abilità di Link e gli strumenti della specie Zonau che colorano l'ambientazione, creando armi e macchinari d'ogni genere, personalizzando l'equipaggiamento nei minimi dettagli, il tutto senza sacrificare l'esperienza avventurosa alla base di Breath of the Wild e anzi arricchendola di nuovi elementi, proprio quelli che gli appassionati storici speravano di trovare sotto i cieli della nuova Hyrule.

Una sinfonia di Zelda

Il nuovo The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è una sintesi di tutte le grandi lezioni della saga
Il nuovo The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è una sintesi di tutte le grandi lezioni della saga

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, al tempo stesso, è l'eccezionale sintesi dell'intera saga di The Legend of Zelda. Se ciascuna ispirazione che ha guidato i vari episodi della serie si può intendere come un singolo strumento musicale, questa iterazione rappresenta l'orchestra intera; la selvaggia libertà di Breath of the Wild, i claustrofobici fondali di Ocarina of Time, un pizzico dell'oscurità di Majora's Mask, il focus sulla narrativa di Skyward Sword: tutte queste declinazioni sono salite sullo stesso palcoscenico al fine di realizzare una sorta di manuale definitivo dell'essenza della leggenda di Zelda.

Il risultato è una melodia che ha inizio con l'esplorazione, meno guidata che mai, legata unicamente alla bussola mentale che trascina inconsciamente il giocatore dalle isole nel cielo fino alle viscere della terra. Dopodiché entra in scena la discesa - e talvolta la salita - nel cuore dei dungeon, tra arcipelaghi fluttuanti, labirinti sotterranei e templi veri e propri che mettono alla prova l'ingegno e la memoria, evolvendo un'antica deriva che si pensava smarrita per sempre. È allora che esplode nelle battaglie contro i boss, questa volta uniche, scenografiche e sfidanti, perfettamente musicate e coreografate a meraviglia. Per chiudere il cerchio interviene il racconto, sempre presente ma mai invadente, volenteroso di incorniciare il gameplay in alcuni momenti di grande impatto, osando più del solito senza tuttavia cercare di prendersi responsabilità fuori dalla portata della saga.

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è un sequel direttissimo: struttura e narrativa

Si apre così The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, con una sequenza in tempo reale
Si apre così The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, con una sequenza in tempo reale

Link cammina accanto a Zelda nei sotterranei del castello di Hyrule, decifrando lungo il percorso i bassorilievi che mettono in scena la misteriosa Guerra dell'Esilio, antico conflitto scatenato dalla venuta del Re dei Demoni. È così che si apre The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom, con una sequenza in tempo reale che sembra voler suggerire una ritrovata importanza per la componente narrativa, una trama riguardo la quale non faremo alcun genere di spoiler. Cavaliere e principessa si trovano coinvolti in una nuova catastrofe, risvegliando un male antico rimasto sepolto a lungo sotto il castello di Hyrule, costrutto che s'innalza minaccioso nel cielo proiettando un'ombra inquietante sui quattro angoli del regno. Tempo dopo, Link riprende i sensi su un'isola che riposa fra le nubi, spogliato di tutti i poteri e guarito grazie all'innesto di un misterioso braccio protesico: non passerà molto prima che si renda conto che della principessa Zelda non c'è più traccia, ma soprattutto che il mondo - ormai stretto nella morsa dell'entità maligna - ha più che mai bisogno del suo intervento.

Anche se è già capitato che l'immaginario della serie si sviluppasse in seguiti diretti, non era mai successo che la continuità fosse tanto marcata, al punto tale che l'approccio risulta molto difficile per chiunque non abbia vissuto gli eventi di Breath of the Wild. Nintendo EPD ha rispolverato l'idea che decenni fa portò gli appassionati di Pokémon a rivisitare la regione di Kanto nelle versioni Oro e Argento, mettendo in scena una Hyrule che è uguale e diversa al tempo stesso, tanto familiare quanto straniante. Tornano tutti i personaggi noti, dalla geniale Pruna fino ai giovani campioni dei diversi popoli, con l'importante differenza che ora sono cresciuti, che il mondo attorno a loro è andato avanti, trasformando ciascuna visita a luoghi già noti in una sorpresa spesso più impattante di una semplice novità.

I personaggi secondari seguono Link direttamente in battaglia
I personaggi secondari seguono Link direttamente in battaglia

Anziché procedere unicamente lungo la strada del flashback - espediente che per necessità rimane marcatamente sfruttato - la trama si srotola anche attorno a fatti che stanno accadendo qui e ora, portando i comprimari a viaggiare insieme a Link, a seguirlo direttamente in battaglia per combattere in prima linea l'esercito dell'entità demoniaca, lungo fondali talvolta più oscuri rispetto agli standard cui la serie ci ha abituato. Il tessuto della narrativa imbocca diverse direzioni, non solo adottando la medesima struttura radiale già incorporata nel capitolo precedente - spingendo i giocatori a esplorare il mondo nell'ordine che preferiscono - ma dando vita a diverse ramificazioni della missione principale. Che fine ha fatto la principessa Zelda? Cosa sta succedendo nei principali poli del regno? Quale segreto si cela sotto la superficie del reame? Sono queste le scie di briciole che guidano il cammino dell'eroe, che domandano al giocatore di indagare in modo attivo, di leggere, di ragionare, quasi sempre evitando di affidarsi a fredde puntine sulla mappa e preferendo invece un approccio esperienziale. Se inizialmente questi percorsi profumano di già visto e di già sentito, pian piano svelano una mole di risvolti impossibili da prevedere persino per gli appassionati più fantasiosi.

Un nuovo regno di Hyrule: l'ambientazione

Il colpo d'occhio della nuova Hyrule è di grande effetto
Il colpo d'occhio della nuova Hyrule è di grande effetto

Il primo impatto con Hyrule è strano, disorientante, di difficile lettura. Non appena si prende il controllo di Link - in particolar modo quando si raggiunge la superficie del regno - l'atmosfera è quella del più classico dei sequel, di un progetto saldamente ancorato alla grande rivoluzione portata dal suo predecessore. All'orizzonte si possono immediatamente scorgere dei Sacrari, sollevando un masso sbuca l'immancabile Korok pronto a ricompensare Link per averlo trovato, guardandosi attorno per qualche istante si notano immediatamente le tradizionali torri topografiche. Bastano tuttavia una manciata di minuti per scoprire che The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom adotta una struttura simile a quella di una cipolla: inizialmente si impatta con una dura scorza che rende impossibile cogliere cosa si nasconda all'interno, finché - strato dopo strato - vengono presentate decine di novità capaci di cambiare il volto dell'esperienza, rovesciando del tutto l'approccio all'ambientazione e migliorando ogni singolo elemento introdotto sei anni fa.

In principio si respira l'aria del caro vecchio regno di Hyrule, bello come lo si era lasciato e arricchito di nuovi punti d'interesse, pieno zeppo di caverne e pozzi pronti a spalancarsi su piccoli e grandi labirinti sotterranei, punteggiato di animali e come sempre gremito di nemici. Sopra la testa del protagonista si estendono a perdita d'occhio vasti arcipelaghi fluttuanti la cui struttura recupera l'ispirazione dell'oceano di The Wind Waker: esistono isole più massicce e altre che si riducono a meri Sacrari fra le nuvole, giganteschi costrutti volanti e minute strutture votate alla singola interazione. Per navigare sulle ali del vento ci sono dozzine di metodi differenti, ma il più comune risiede nello sfruttamento delle torri topografiche, che ora funzionano come dei cannoni capaci di sparare Link a centinaia di metri d'altezza; poi, una volta messo piede su un'isola, si scopre che l'unico limite all'esplorazione risiede nella fantasia del giocatore. Mongolfiere, droni, addirittura caccia bombardieri perfettamente funzionanti: sfruttando le nuove doti del protagonista e le dozzine di tecnologie Zonau, è possibile animare dispositivi che rendono il movimento l'ultimo dei problemi di Link, al punto che le innovazioni pensate per solcare i cieli finiscono per avere un peso enorme anche sulla terraferma. Lanciandosi dalle isole è infatti possibile raggiungere in un battito di ciglia qualsiasi punto d'interesse che catturi l'attenzione, trasformando le lunghe traversate di Breath of the Wild in un rapido e piacevole intermezzo fra le attività, relegando le interminabili scalate al semplice retaggio di un passato scomparso... o perlomeno questo è quanto accade all'aria aperta.

Il sottosuolo di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è rimasto un segreto fino a questo momento
Il sottosuolo di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è rimasto un segreto fino a questo momento

Ci si è infatti domandati se fosse tutto qui, se la ventata di freschezza portata dalla nuova opera si sarebbe fermata a una manciata di isole nel cielo, oppure se si nascondesse altro oltre i fondali familiari, magari proprio al di sotto della superficie. Ebbene, gettandosi nei misteriosi baratri che costellano le regioni si scopre che sotto la crosta terrestre non c'è semplicemente qualche piccolo labirinto, ma si cela un segreto ben più imponente. Si tratta di una parentesi di gioco immensa, difficile, sfidante e faticosa, caratterizzata da avversari dedicati, da catene di missioni, ricompense e punti d'interesse che s'incontrano esclusivamente nei suoi confini, quelli di un ecosistema che richiede un approccio del tutto originale e postula dozzine di regole inedite. Se sotto i cieli di Hyrule ci si sente sempre padroni della situazione, quasi si fosse ormai dominata la furia degli elementi naturali, è qui che si torna al punto zero della moderna formula d'esplorazione.

Ma non è neppure nell'oscurità che si esaurisce la nuova architettura. In alto nel cielo, nelle viscere della terra, nascosti in bella vista nelle piane di Hyrule: i dungeon tematici che fin dal primo capitolo hanno caratterizzato la struttura della serie sono finalmente tornati. E si tratta di un ritorno per certi versi geniale, perché i nuovi templi non hanno paura di abbracciare una coraggiosa dose di modernità, alzando il sipario su scorci mozzafiato, mettendo in scena qualche enigma degno dei fasti del passato ed evolvendone la formula, dosando con cura l'equilibrio fra la libertà del nuovo approccio sandbox e la più classica soluzione a senso unico. L'ottima resa estetica s'intreccia con le abilità che regolano le interazioni con i personaggi secondari, dando vita a segmenti di gioco dinamici e originali che culminano in splendide battaglie contro i boss, anch'essi finalmente riconoscibili e ben caratterizzati.

Dungeon tematici e boss dedicati fanno in The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom un ritorno tanto atteso
Dungeon tematici e boss dedicati fanno in The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom un ritorno tanto atteso

Se già di per sé la grezza mole di contenuti riesce a oltrepassare anche le più rosee aspettative, l'elemento più sorprendente risiede nel modo in cui tutti questi strati del regno di Hyrule si intersecano e dialogano fra loro. Esistono luoghi della superficie che si possono raggiungere unicamente passando dal sottosuolo e viceversa, le isole fluttuanti nascondono mappe di tesori dimenticati negli angoli più oscuri del mondo sotterraneo, il lungo cammino che conduce di fronte ai cancelli dei dungeon è un'avventura che coinvolge in prima linea i personaggi secondari e l'elemento del racconto. Dal canto suo, l'ambientazione è più viva che mai, traboccante di lunghe missioni collaterali volte a caratterizzare anche il più piccolo degli insediamenti che colorano le colline e le vallate, volenterosa di rispondere ai cambiamenti portati da Link, impreziosita da nuovi elementi pensati appositamente per essere affrontati dopo la conclusione dell'avventura.

La vera rivoluzione: il gameplay

Gli enigmi si possono attaccare letteralmente in infiniti modi
Gli enigmi si possono attaccare letteralmente in infiniti modi

Dove The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom riesce a scardinare l'identità del predecessore e a tratti quella del videogioco stesso, è nel tessuto del gameplay. Si tratta di un costrutto impressionante, per certi versi anche spaventoso, come una sorta di gioco di prestigio fisicamente impossibile il cui segreto sembra stare nella vera magia. L'anima dell'avventura risiede nei nuovi poteri legati al braccio protesico di Link che, dopo aver ereditato le funzioni del predecessore, innesta una lunga serie di novità, ancorandosi a un selettore circolare che una volta padroneggiato rende impossibile tornare indietro. L'Ultramano - che non a caso prende il nome dal primo giocattolo disegnato da Gunpei Yokoi per Nintendo - consente di raccogliere, spostare e fondere fra loro gli oggetti dello scenario, ad esempio accostando diversi tronchi per dar vita a zattere, oppure una serie di lastre di pietra per costruire ponti improvvisati. Il Compositor, invece, serve per mescolare le armi, gli scudi e le frecce con ogni singolo oggetto presente nell'opera - con la sola esclusione degli animali - al fine di realizzare equipaggiamenti unici o strumenti dotati di effetti particolari; la commistione di semplici bastoni e pezzi rari sfocerà in lame speciali e scettri magici, mentre un comune Fiore Bomba incollato alla punta di una freccia sarà sufficiente per demolire una parete rocciosa.

L'Ascensus dona a Link la capacità di nuotare attraverso qualunque soffitto, a patto che non sia eccessivamente distante dal capo del protagonista; questa meccanica non permette solamente di raggiungere la cima delle montagne dalle profondità delle caverne, ma si rivela un elemento chiave per la risoluzione degli enigmi, presentandosi come un'idea concettualmente folle, che se integrata in qualsiasi altro videogioco contemporaneo porterebbe alla completa distruzione di sistemi e livelli. Il Reverto, infine, consiste nel potere di riavvolgere il tempo relativamente a un oggetto specifico, che sia al fine di rispedire un proiettile al mittente o più semplicemente di ricostruire un determinato status quo in fase di esplorazione.

Le combinazioni possibili in The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom sono talmente tante che ci sono strumenti dedicati per gestirle
Le combinazioni possibili in The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom sono talmente tante che ci sono strumenti dedicati per gestirle

Molto più complesso è lo Schematrix, praticamente un compendio di tutte le creazioni realizzate nel corso dell'avventura, un archivio in grado di immagazzinare progetti e ricostruire con una singola pressione le architetture più complesse, persino se non si dispone dei materiali necessari. Questo potere arriva a brillare quando si tratta dei congegni degli Zonau: l'opera è infatti costellata di piccoli marchingegni risalenti all'epoca antica, un lungo catalogo che si snoda fra ventole, raggi laser, alianti, palloni aerostatici, molle, e chi più ne ha più ne metta. Dal momento che esistono una trentina di congegni in totale - tutti caratterizzati da interazioni uniche - e che ciascuno di essi può essere fuso con ulteriori elementi sfruttando l'Ultramano, l'esperienza apre a un parco di soluzioni letteralmente infinito. C'è una sola regola d'oro: se è possibile immaginare qualcosa è sempre possibile realizzarlo, non importa che si tratti di un bulldozer, di un hovercraft, di un esoscheletro o di una nave a reazione armata di cannoni.

Insomma, ci si trova improvvisamente disarmati? Bastano un ciocco di legno e un sasso per realizzare un martello da guerra. Bisogna attraversare una vallata? Un aliante e un paio di ventole possono combinarsi in un pratico aereo. I nemici sono troppo forti o troppo numerosi? È sufficiente inviare in battaglia dei droni lanciafiamme autonomi, o magari infondere una freccia con un fungo velenoso per confondere l'avversario più pericoloso, oppure optare per le centinaia di altre possibilità che di fatto trasformano l'avventura di Link nell'interpretazione definitiva della formula immersive sim. Ciò è ancor più vero nell'orbita dell'approccio all'esplorazione e soprattutto agli enigmi, dal momento che tutti quanti si possono tranquillamente "rompere" senza che il gioco faccia una piega, sposando una filosofia improntata alla libertà assoluta che sfida a testa alta i tradizionali giochi di ruolo carta e penna. Ogni volta che le cose vanno come pianificato sul volto si allarga un sorriso soddisfatto, ma è proprio quando si verifica qualche imprevisto che l'opera dà il meglio di sé, generando dozzine di interazioni non previste che portano ad assumere decisioni improvvise, sciocche, destinate a risolversi in sequenze tragicomiche.

L'unico limite di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom risiede in ognuno di noi: se si può immaginare, si può fare
L'unico limite di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom risiede in ognuno di noi: se si può immaginare, si può fare

Ciò non significa che l'anima di Breath of the Wild non sia sopravvissuta alla transizione, anzi, a ogni giocatore è riservata totale libertà nell'approccio: è un incontro fra vecchie meccaniche e nuovi risvolti pensato per accontentare chiunque, anche gli appassionati di vecchia data che non avessero apprezzato fino in fondo la deriva aperta e selvaggia del capitolo precedente, persino coloro che solitamente storcono il naso di fronte all'implementazione dei sistemi di crafting. The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è un videogioco d'azione e avventura, è una delle più avanzate esperienze sandbox in circolazione, è un classico capitolo della saga di Zelda, è uno dei più sorprendenti mondi aperti incontrati in epoca recente: tutte queste anime convivono in armonia l'una con l'altra, consentendo a ogni giocatore di avvicinare il regno dal percorso che preferisce.

Quella di Hyrule è un ambientazione viva e in costante mutamento, un mondo costruito artigianalmente che anche dopo cento e più ore di gioco non smette di svelare nuovi segreti, trasformandosi nell'ultimo pensiero prima di chiudere gli occhi e nel primo quando ci si alza dal letto. Tornano i Sacrari, ci sono centinaia di Semi di Korok da recuperare tramite piccoli enigmi ambientali, esistono dozzine di minigiochi, le praterie sono punteggiate da cinquantasei pozzi e altrettante caverne che si aprono su fitte reti di cunicoli sotterranei; capita di andare a caccia di pirati, di costruirsi una casa, di combattere accanto ad altri eroi e di affrontare gruppi di nemici che adottano strategie uniche. Ma queste si rivelano solamente grezze materie prime messe a disposizione dal reame, perché sta poi a ciascun giocatore disegnare la sua avventura nella grande scatola di sabbia. Le interazioni avvengono in modo talmente accessibile, naturale e immediato da render difficile prender coscienza di quanto sia effettivamente fuori dall'ordinario ciò che sta accadendo sullo schermo, finché non ci si sofferma a riflettere attentamente su quanto è appena accaduto nel mondo virtuale.

Arte e tecnica di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom

I limiti di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom sono quelli imposti da Switch, ma la direzione artistica ci mette sempre la zampata
I limiti di The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom sono quelli imposti da Switch, ma la direzione artistica ci mette sempre la zampata

The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom impressiona, dato che regge sorprendentemente bene la mole di interazioni che trascina sulle spalle, consentendo di fondere dozzine di oggetti senza ripercussioni sul fronte delle prestazioni, e in certi casi è un mistero come la macchina riesca a gestire una tale quantità di calcoli. La situazione generale è visibilmente migliorata rispetto all'epoca della pubblicazione del capitolo precedente, specialmente a seguito di una patch correttiva rilasciata proprio in fase di recensione che ha fortemente ridotto i rari ma pesanti cali di framerate che accompagnavano determinati segmenti in modalità TV, limitando le incertezze più evidenti ai fenomeni di pop in. Ciò detto, qualche inciampo nelle prestazioni quando la console siede nella base è sopravvissuto, in particolar modo quando gli effetti particellari - su tutti la pioggia - si fanno più invadenti. La speranza è che l'ultima avventura di Link si riveli effettivamente come il canto del cigno di Nintendo Switch, una macchina che in tempi recenti sta faticando per far brillare fino in fondo le eccellenti produzioni che ospita - da Bayonetta 3 fino a questo episodio della saga di Zelda - spingendo inevitabilmente a pensare come avrebbero potuto presentarsi su un hardware che fosse più al passo coi tempi.

Anche perché Hyrule mette in scena diverse prodezze di natura tecnica, dalla fantascientifica gestione del motore fisico, passando per un sistema di routine e reazioni sorprendente, per arrivare infine a una serie di meccaniche che sembrano tutt'ora fuori dalla portata degli altri produttori, forse perché ancora ingabbiati nell'inseguimento della grafica fotorealistica. Dove non arriva la forza bruta la zampata ce la mette la direzione artistica, disegnando personaggi e avversari convincenti, aprendo scorci su panorami mozzafiato, sfruttando l'illuminazione per accarezzare strutture e paesaggi che sembrano usciti da un film d'animazione di Hayao Miyazaki. All'inizio è lecito nutrire qualche dubbio, la presentazione non è assolutamente scioccante come fu all'esordio di Breath of the Wild, l'effetto deja-vu c'è e si sente. Poi capita che interi dungeon si trasformino nelle arene protagoniste dello scontro con un boss - mentre le note reinterpretate di una classica colonna sonora del passato tuonano in sottofondo - ed è allora che ci si rende conto che The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è il perfetto equivalente di ciò che Super Mario Galaxy 2 ha rappresentato per il suo predecessore. È un inno alla filosofia della casa di Kyoto nonché un crogiolo di idee destinate a rimanere insuperate a lungo, ma è soprattutto il coronamento di un percorso creativo diverso, quasi opposto rispetto al lume inseguito dagli altri esponenti dell'industria.

Conclusioni

Versione testata Nintendo Switch
Digital Delivery Nintendo eShop
Prezzo 69,99 €
Multiplayer.it
10
Lettori (375)
9.2
Il tuo voto

Tears of the Kingdom parte dalle fondamenta della saga di Zelda e punta dritto verso il cielo, incastrando tutte le tessere che hanno mosso l'anima della serie in un unico, grande mosaico. La tradizione del passato incontra una libertà aliena ai videogiochi contemporanei, mettendo sul piatto una quantità letteralmente infinita di possibilità per interagire con un regno vivo e traboccante di contenuti; in poche parole, è un'opera che risponde costantemente a ogni stimolo ricevuto dal giocatore e che al tempo stesso non smette mai di fornire nuovi stimoli. Il ritorno dei dungeon, il mondo nascosto sotto la superficie di Hyrule e gli arcipelaghi di isole fluttuanti sono piacevoli pennellate di novità, ma è l'esperienza di gioco - che impone un nuovo standard privo di comparativi - a segnare la vera rivoluzione. Alcuni critici usano affermare in tono sprezzante che quelli di Nintendo sono videogiochi destinati solo ai più giovani; la verità è che The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom è una produzione capace di far tornare bambini, ma soprattutto di risvegliare la voglia di giocare.

PRO

  • Quantità di contenuti originali oltre ogni possibile aspettativa
  • Approccio sandbox rivoluzionario, con illimitate possibilità di gameplay
  • Tornano i dungeon, in versione moderna ed esteticamente mozzafiato
  • Ogni elemento di Breath of the Wild è stato potenziato o migliorato
  • Meccaniche così accessibili che è difficile realizzare quanto siano straordinarie
  • Colonna sonora, regia e direzione artistica allo stato dell'arte

CONTRO

  • Mette i futuri capitoli della saga in una posizione molto scomoda
  • Switch è spremuta veramente al limite ed è impossibile fare di più