La satira è spietata, altrimenti non è satira. L'oggetto della satira non è lo sbeffeggio di questo o quel personaggio, o di questo o quel costume, ma una forma di critica feroce mirata contro il potere, qualsiasi forma esso abbia. La satira dovrebbe avere come unico limite la realtà e come unico fine la verità. La battuta ammiccante non è satira, così come non lo sono tutte quelle forme di comicità che sfociano facilmente nella piaggeria verso l'oggetto che, pretendendo di distorcere, vanno a esaltare. Difendere la libertà di satira è difficile, perché capita spesso di trovarsi di fronte a rappresentazioni esasperate, che travalicano quelli che consideriamo dei valori intoccabili. Sono molti i difensori della libertà di espressione che di fronte alla satira fanno decisi passi indietro, attardandosi in distinguo e stabilendo principi che teoricamente dovrebbero giustificare atti di censura. La politica italiana ha sempre avuto grossi problemi con la satira. Non per niente tra i personaggi pubblici più censurati negli ultimi decenni ci sono moltissimi comici. Da Daniele Luttazzi a Sabina Guzzanti, passando per Paolo Rossi, Roberto Benigni e molti altri, la mannaia della censura non ha mai risparmiato chi ha preteso di affermare il diritto di libertà di satira e, soprattutto, chi lo ha incarnato. Un intero movimento politico italiano è nato da un comico che fu censurato per una battuta satirica contro l'allora Partito Socialista... Come vedete gli effetti delle censure possono produrre onde molto lunghe. Ma non è questo ciò di cui vogliamo parlarvi, perché qui in fondo si parla di videogiochi.
Satira e videogiochi, un binomio possibile? Scopriamolo con questo speciale dedicato a Call of Salveenee
Call of Salveenee
L'introduzione deve servirci a comprendere la natura dell'ennesimo atto intimidatorio della politica contro un videogioco, ma in modo molto peculiare, questa volta. I fatti raccontano di uno sviluppatore indipendente di Pisa, Marco Alfiero (Marco Guzzo all'anagrafe), che ha realizzato un titolo satirico su Matteo Salvini, infilandoci dentro anche la storia dei Marò.
"Call of Salveenee" mette nei panni del segretario leghista o, meglio, nella sua caricatura videoludica, che si è dato la missione di andare a salvare i due marò tenuti prigionieri in India. Sulla sua strada nemici come lo "zingherello", i "terroni" e gli "azziz". La descrizione del trailer ufficiale del gioco, che trovate da qualche parte in queste pagine, non lascia molti dubbi sui suoi intenti satirici:
"I Marò attendono di essere salvati. Sei proprio tu l'eroe padano che riuscirà a portarli a casa. Lo scopo del gioco è salvare i Marò. Per fare ciò è necessario lanciare le ruspe sugli avversari, fare propaganda populista, e di tanto in tanto curarsi con Emily Rattatajkowski."
È un trailer di gameplay, anch'esso messo a corredo dell'articolo, a farci capire meglio com'è strutturata la satira di Call of Salveenee e svelarci come lo sviluppatore abbia preso dei brani di discorsi pubblici del segretario della Lega Nord per usarli come colonna sonora dell'azione. Tra ruspe e volantini di propaganda, non ci sono molti dubbi sugli intenti della rappresentazione, che in modo abbastanza classico usa le icone legate alla personalità pubblica del soggetto protagonista, ribaltandone il senso. Non siamo qui per discutere la qualità del gioco, di cui ci interessa davvero poco, ma per capire come mai il leghista Gianluca Buonanno abbia deciso di sporgere querela contro il suo autore (per ora in realtà ha solo minacciato di farlo), come riportato per primo da Il Fatto quotidiano. Nei giorni il caso è cresciuto ed è finito anche in televisione, ripreso da trasmissioni di attualità come Agorà o In Onda. Cosa c'è di così disturbante in questo videogioco?
Marò Slug
I videogiochi vanno assumendo sempre più importanza nella società italiana e anche la politica, a modo suo, se ne sta accorgendo. Se seguite un po' l'attualità, ricorderete che il presidente del consiglio Matteo Renzi aspettò i risultati dell'ultima tornata elettorale insieme al presidente del Partito Democratico Matteo Orfini giocando a Pro Evolution Soccer, facendosi fotografare per l'occasione con il joypad in mano. A prescindere da quello che se ne possa pensare, si tratta di un modo diverso di utilizzare il medium videoludico nella comunicazione pubblica rispetto a quanto fatto negli anni precedenti. Sicuramente è una presa di coscienza della mutata visione che ne hanno le nuove generazioni, cioè che non è più possibile demonizzarlo facilmente, come hanno provato a fare con scarso successo a inizio anno esponenti politici di area cattolica con il polverone mediatico alzato contro Grand Theft Auto V, che si è risolto in un nulla di fatto nonostante la ben orchestrata campagna mediatica. Non si tratta di un aspetto secondario per capire la denuncia all'autore di Call of Salveenee.
Anzi, se vogliamo è un'altra conferma dell'importanza che anche la politica inizia ad attribuire ai videogiochi come strumenti di comunicazione, al punto da volerli sfruttare alla bisogna e, soprattutto, da temerli. Non per niente la minaccia di denuncia è stata seguita da una proposta che non lascia adito a molti dubbi. Buonanno la ritirerà a condizione che: "per par condicio vorrei che si realizzasse un gioco in cui i cittadini tirano martellate in testa a Renzi ogni volta che dice cazzate del tipo 'ho abbassato le tasse'. Se il programmatore lo realizza sono anche pronto a comprarne una copia". Facile capire che in questo caso l'attacco non è rivolto ai videogiochi, ma proprio alla rappresentazione di quel videogioco specifico che va a toccare un certo partito. Non lasciamoci poi ingannare dal riferimento alla difesa dei marò e dei loro familiari fatta dal politico, anche perché crediamo che non sia stato quello il contenuto scatenante la volontà censoria. Da cosa lo deduciamo? Be', è facile affermare che ormai fare battute contro i due militari italiani sia diventato una specie di sport sui social network, il classico tormentone su cui ci si esercita per dimostrare quanto si è cattivi e brillanti, e da cui è facile ottenere qualche sghignazzo. Niente a che vedere con la satira, ovviamente. Anzi, magari l'intento iniziale era satirico, visto che voleva andare a stigmatizzare l'atteggiamento di quelli che tirano in ballo il caso anche quando non c'entra niente, tanto per fomentare un facile nazionalismo, ma come spesso accade il fenomeno è sfuggito di mano ai suoi creatori ed è diventato ben altro. Comunque dicevamo che è improbabile che Buonanno abbia denunciato Call of Salveenee per il riferimento ai marò. Se così fosse avrebbe già denunciato mezza Rete italiana, compresi altri celebri videogiochi satirici come Marò Slug. Ovviamente ad averlo infastidito è stato l'aver scelto Salvini come protagonista e l'aver messo alla berlina i simboli leghisti, cui poi ha legato il resto per dare maggiore forza alle accuse e motivare l'intervento censorio.
Diritto di satira
Ovviamente il nostro auspicio è che Buonanno ritiri questa assurda denuncia, che non tutela proprio nessuno e che, anzi, rende ancora più forti le tesi della satira di Call of Salveenee, dimostrando che in qualche modo ha colpito nel segno. Le richieste di censura sono una medaglia per la satira, non una bocciatura; certo, poi è il sistema che deve tutelarla facendo in modo che non abbiano corso. Sinceramente speriamo anche di vedere altri titoli del genere che vadano ad alimentare il dibattito pubblico. In fondo sono la dimostrazione di come i videogiochi possano essere usati per veicolare contenuti molto più vari di quelli cui ci ha abituati l'industria tradizionale. È una via come un'altra per cercare di crescere.