194

Il limite (non) è il cielo

Abbiamo provato per la prima volta No Man's Sky, volando da un grattacielo di Londra fino a un inospitale pianeta ghiacciato

PROVATO di Vincenzo Lettera   —   03/03/2016

In uno dei momenti più significativi di The Truman Show, Jim Carrey scopre di vivere una falsa realtà dopo aver creato una breccia nel cielo. È grazie a questo strappo nell'orizzonte di cartongesso che realizza di trovarsi all'interno di una gabbia in cui tutto è prestabilito e recitato allo scopo di intrattenere lo spettatore. La sensazione è esattamente la stessa quando si gioca a un videogioco. Dalla volta stellata di Azeroth agli affascinanti tramonti di Tamriel, passando per i cirrostrati che macchiano l'azzurro soffitto di Hyrule: per quanto ben disegnato e ricco di dettagli, il cielo nei videogiochi resta pur sempre una skybox, una bella carta da parati che non è possibile raggiungere e attraversare. Eppure, mentre teniamo il naso all'insù in No Man's Sky, proviamo una sensazione molto diversa: le stelle e i pianeti che vediamo nel cielo non sono dipinti su una manciata di texture, ma sono luoghi che possiamo raggiungere, a cui dare un nome e su cui eventualmente possiamo atterrare. Sembra assolutamente appropriato che per la presentazione alla stampa di No Man's Sky, Sony abbia scelto come location lo Skyloft di Londra, un lussuoso spazio al ventottesimo piano di una torre da cui è possibile vedere l'intera capitale britannica.

No Man's Sky promette un lungo viaggio interstellare... e noi ne abbiamo avuto un assaggio

C'è vita nello spazio

"Abbiamo dovuto trovare un pianeta che fosse adatto alla presentazione alla stampa", ci ha raccontato Sean Murray, fondatore di Hello Games. Con altri giochi sarebbe stato molto più semplice per gli sviluppatori preparare una demo, prendere una sequenza specifica o realizzare un'ambientazione ad-hoc, ma con No Man's Sky è diverso. "Ho personalmente viaggiato in lungo e in largo nello spazio, in cerca di un pianeta che avesse tutte le caratteristiche che ci servivano e che volevamo mostrare", continua Sean.

Il limite (non) è il cielo

Alla fine la scelta è ricaduta sul pianeta ghiacciato Balari V. Pensiamo che, se lo avessimo scoperto noi per primi, lo avremmo probabilmente chiamato Hoth. Una piccola creatura aliena si confonde con la neve, ci passa vicino e sparisce dietro uno dei tanti alberi che punteggiano l'ambiente. Con la sua temperatura di -162°C, Balari V è perfetto per prendere dimestichezza con le meccaniche survival di No Man's Sky. La resistenza termica della nostra tuta comincia rapidamente a diminuire, e un segnale d'avvertimento al centro dello schermo ci suggerisce di cercare un riparo dal freddo. Prendiamo in considerazione diverse soluzioni: potremmo ad esempio potenziare la nostra pistola (chiamata Multi-tool) e scavare nel terreno in cerca di una grotta nascosta, ma non abbiamo né le risorse, né il tempo a disposizione per farlo. Decidiamo così di fare una scansione dell'ambiente circostante, notando delle strutture nascoste dietro una collina. Che sui pianeti di No Man's Sky ci fossero anche fabbriche, stazioni spaziali e piccoli villaggi non era una novità, ma l'evento londinese ci ha dato la prima occasione per entrare all'interno di uno di questi edifici. Ed è proprio attraversando l'ingresso di un piccolo centro ricerche che veniamo accolti da una sorpresa: in piedi davanti a noi c'è un alieno umanoide, con due braccia e due gambe, ma con addosso una tuta termica e una maschera che gli fa assomigliare la testa a quella di un moscone.

Il limite (non) è il cielo

L'interfaccia ci segnala che si tratta di uno scienziato Korvax, una delle innumerevoli razze che, esattamente come la fauna che popola il pianeta, vengono generate proceduralmente mescolando una serie di tratti creati dagli sviluppatori. Per poter dialogare con personaggi non giocanti è però necessario apprendere prima la loro lingua, magari facendosi insegnare qualche parola da un alieno bendisposto, oppure studiando dei misteriosi monoliti neri sparsi in giro per il loro pianeta. "È la prima volta che mostriamo i personaggi non giocanti di No Man's Sky", ci spiega Sean. "Possono essere utili per scambiare risorse, ottenere nuove tecnologie oppure dare informazioni sul pianeta, e più si migliorano i rapporti con una razza aliena, maggiori sono i benefici che si traggono". Tra i benefici in questione ci sono scambi commerciali più vantaggiosi, segreti importanti sull'ambiente oppure un aiuto nelle battaglie spaziali. In qualche modo riusciamo a interagire con lo scienziato Korvax: non capiamo tutto quello che dice, ma evidentemente dobbiamo essergli stati simpatici, perché ci segnala alcuni punti di interesse nella mappa. Noi, però, visto che abbiamo pochi minuti a disposizione, decidiamo di avviarci verso la piattaforma d'atterraggio, prendere la nostra nave e dare un'occhiata a un altro pianeta.

Gita tra i pianeti

È evidente come No Man's Sky voglia replicare il fascino dei viaggi tra le stelle e dell'esplorazione spaziale tipica di Elite: Dangerous, scremando l'esperienza del gioco di Frontier da tutte quelle complicazioni e barriere che lo rendono sì profondo e simulativo, ma anche così complesso da intimidire chi cerca un'esperienza leggera. Una volta in orbita diamo un'occhiata alla mappa di bordo, scegliendo come prossima destinazione il pianeta più vicino, Yavil.

Il limite (non) è il cielo

Mentre cerchiamo un posto adatto per atterrare, notiamo che, a differenza del gelido Balari V, Yavil è un mondo ospitale, con verdi prati sconfinati e ricco di megafauna. "Sarebbe una perfetta copertina per un libro di fantascienza", commenta Sean. Facciamo una rapida scansione del luogo, scopriamo un grosso animale simile a un triceratopo e decidiamo di dargli un nome (chissà, magari qualcuno di voi si imbatterà nel Pianesauro). Non passa molto prima di incontrare un altro alieno, un commerciante Gek dall'aspetto antropomorfo, con un testone a metà tra quello di un rettile e di un uccello. Dopo che abbiamo compreso la sua lingua, il commerciante ci indica una piccola fabbrica poco distante, al cui interno si dovrebbero trovare enormi quantità di risorse da rubare. Quello che il buffo alieno non ci ha detto è però che l'entrata della fabbrica è presidiata da un gruppo di droni-sentinella, pronti ad attaccare chiunque fosse intenzionato a portare scompiglio su Yavil. Uccidere innocui animali, raccogliere troppe risorse o sfondare la porta di una fabbrica vorrebbe dire attirare l'attenzione delle Sentinelle e ritrovarsi coinvolti in uno scontro a fuoco. Dal momento che le nostre armi non sono abbastanza potenti, decidiamo quindi di tornare alla nave e partire per un ultimo e fugace volo tra le stelle.

Incontri ravvicinati

Durante il nostro viaggio interplanetario passiamo accanto a una stazione spaziale appartenente a chissà quale fazione. Gli sviluppatori ci spiegano che potremmo atterrare al suo interno, visitarne i corridoi e le stanze, e talvolta incontrare altri personaggi così come avviene sui pianeti. Vediamo una formazione di navi uscire dalla velocità luce, e siamo solleticati dall'idea di attaccarle. Il combattimento spaziale in No Man's Sky è, così come tutto il resto, estremamente semplificato: si spara ai punti deboli di una nave fino a farli esplodere, dopodiché si cerca di avvicinarsi abbastanza da rubarne le risorse.

Il limite (non) è il cielo
Il limite (non) è il cielo

I nostri pensieri vengono però interrotti da un improvviso schianto. I sensori della nave indicano un'anomalia, le spie si illuminano e gli scudi crepitano sotto i colpi di una nave pirata apparsa dal nulla. Distogliendo gli occhi dallo schermo e guardandoci attorno, ci domandiamo se quella nave non appartenga a un altro dei giornalisti presenti all'evento. "In questa versione non è possibile incontrare altri giocatori", ci spiegano gli sviluppatori. Eppure, anche se le dimensioni della galassia renderanno un incontro assai improbabile, non è escluso che il primo contatto tra due persone reali possa avvenire proprio in una battaglia spaziale. A meno di ripensamenti dell'ultimo secondo, una nave pilotata da un altro giocatore non avrà alcun tratto distintivo, ed è forse questo uno dei dettagli più interessanti nella componente multiplayer di No Man's Sky: siamo proprio sicuri che quel pirata sia controllato dall'intelligenza artificiale? Oppure è qualcuno in carne e ossa? E in quel caso, come possiamo fargli capire che siamo anche noi dei giocatori? Sono tutte domande che prima o poi stuzzicheranno chi gioca, specialmente considerato che le probabilità di incontrare qualcuno aumenteranno man mano che ci si avvicinerà al centro della galassia. Resta però da vedere quante persone decideranno di intraprendere questo viaggio quando No Man's Sky uscirà il 22 giugno. Aver provato a Londra il gioco ci ha confermato l'impressione che abbiamo avuto nel corso dell'ultimo paio d'anni: a Guildford stanno realizzando un'esperienza raffinata, elegante e ricca di fascino, un gioco originale e ambizioso, ma che sarà anche molto divisorio. "Cosa si fa in No Man's Sky?", continuano a chiedersi in molti, sperando probabilmente in un'esperienza più strutturata, in un sistema di missioni, in una trama da seguire, in boss da sconfiggere e in ricompense immediate. Niente di tutto questo, ormai dovrebbe essere chiaro. Quello che ci aspetta è un tour spaziale all'insegna dell'esplorazione di pianeti, della raccolta di risorse e della sopravvivenza in mondi sempre più alieni e inospitali, un'esperienza che ha il potenziale di durare centinaia di ore, ma che allo stesso tempo rischia di annoiare in tempi brevissimi. Insomma, in No Man's Sky il limite non è il cielo, ma potrebbe esserlo la varietà del viaggio.

CERTEZZE

  • Immenso, elegante e ricco di fascino
  • Spostarsi da un pianeta all'altro è una goduria
  • Le interazioni coi personaggi alieni hanno del potenziale...

DUBBI

  • ...ma come tutto il resto, la loro varietà resta un incognita
  • La dispersività dell'esperienza potrebbe essere un'arma a doppio taglio