Nel 1999 usciva Outcast, titolo che molti di voi probabilmente nemmeno ricorderanno, ma dall'importanza immensa visto che era a tutti gli effetti uno dei primissimi open world incentrati sull'azione pura e sulla libertà assoluta. Il fatto di essere un gioco di quasi vent'anni fa, rende Outcast una produzione dalla trama sì interessante ma anche influenzata dall'immaginario di quel periodo, fortemente ispirata ai viaggi interdimensionali e alle realtà parallele. Anche il nostro protagonista è il classico americano "figaccione" tipico degli anni '90: un Navy Seal fisicato, addestrato e pronto a tutto pur di salvare il mondo dopo che un enorme buco nero ha messo a repentaglio la terra. Viaggiando attraverso un'infinità di mondi interconnessi sfruttando alcuni portali sarà nostro compito scoprire cosa si nasconde dietro a tutto questo e, possibilmente metterci una pezza. Big Ben sembra voler credere ancora in questo progetto e visto il buon risultato di altre remaster di questo tipo è lecito immaginare un futuro roseo anche per Outcast. Per sincerarci di come sia invecchiato il titolo siamo volati a Parigi per dare uno sguardo da vicino ai lavori di riammodernamento: basteranno nuove texture a rendere fresco un prodotto con così tanti anni sulle spalle?
Il peso dell'età
Vent'anni sono un periodo lunghissimo per un videogioco, soprattutto quando si parla di un titolo in terza persona costruito con mondi spaziali che i nostri ricordi vogliono immensi e bellissimi ma che, a conti fatti, non erano altro che un ammasso di pochi poligoni e di texture verdi e marroni in bassa risoluzione. Studio Appeal ha però lavorato tantissimo da questo punto di vista riuscendo a dare un'ottima impronta al nuovo corso di Outcast che, quantomeno dal punto di vista grafico, giova dei nuovi colori luminosi e vibranti con panorami tutto sommato più che piacevoli da ammirare. C'è stato un gran lavoro sui dettagli, sulla vegetazione ma pure sul sistema di illuminazione e ci aspettiamo quindi una gran varietà di ambientazioni e di un eccellente lavoro anche sulla rifrazione della luce sulle superfici liquide, uno dei punti di forza della primissima versione. Outcast era un titolo immenso, fatti di molteplici personaggi secondari, di combattimenti ma anche di dialoghi interminabili e il tutto era condito da un rigoglioso arsenale di armi e da un'intelligenza artificiale per quegli anni davvero avanzata. Rimetterci mano oggi, purtroppo, non restituisce le stesse piacevoli sensazioni come era immaginabile, ed è per questo che un semplice remaster dopo così tanti anni suona come una nota stonata che rischia di vanificare quanto di buono è stato fatto visivamente. Vedere Cutter Slade muoversi in maniera goffa rovina sensibilmente l'immedesimazione con i salti e le schivate laterali soprattutto scomposte e legnose. Studio Appeal ha infatti deciso unicamente di lavorare sul titolo perfezionando l'atmosfera, guardandosi bene dal rimaneggiare anche animazioni e mole poligonale o aggiungere nuovi contenuti, un lavoro che sarebbe servito tantissimo alla produzione per fare breccia sul nuovo pubblico. È una scelta forzata data la forza lavoro coinvolta ma a conti fatti ad Outcast sarebbe servito un remake piuttosto che questa superflua remaster per poter sperare in un successo di vendite, almeno questa è l'idea che ci siamo fatti.
D'altronde a riportare in auge la produzione ci aveva già pensato qualche anno fa il corposo aggiornamento 1.1 che però non era riuscito a scalfire i giocatori, una situazione che potrebbe ripetersi anche con questa release. Il ritmo di gioco è ovviamente rallentato rispetto a quanto siamo abituati a vedere oggigiorno e pure la narrazione, che avviene sostanzialmente solo attraverso i dialoghi con le decine e decine di personaggi presenti, è un tuffo nel passato, incapace di suscitare del sano interesse nostalgico e che al contrario mostra inflessibile l'enorme progresso tecnologico avvenuto in questo lasso di tempo. Anche le indicazioni su dove andare, sull'organizzazione delle quest, la gestione della mappa e tutta l'interfaccia in generale non riescono a essere freschi come avremmo voluto. Studio Appeal ha insomma cercato di portare Outcast sul nuovo mercato ma facendo fatica a centrare il target giusto: i vecchi sostenitori potrebbero rigiocarlo con piacere ma per tutte le nuove leve il gameplay potrebbe risultare davvero troppo arretrato. Ma allora perché accanirsi in questo modo? Il discorso alla base è piuttosto semplice: a Studio Appeal servono i fondi per dare vita al reboot che tutti vogliono, servono investimenti per poter rilanciare quello che è stato un titolo all'avanguardia nel '99 caduto poi nel dimenticatoio e l'ultima strada da percorrere sembra essere questa. Il fallimento della campagna Kickstarter, tuttavia, che non ha fatto registrare nemmeno il trenta percento degli introiti necessari a chiudere il progetto, sarebbe già dovuto servire da campanello d'allarme. Incrociamo le dita per lo studio ma l'accoglienza potrebbe essere ancora più fredda del previsto.
Outcast: Second Contact è una produzione di difficile gestione. Se da una parte è vero che ci troviamo per le mani uno dei migliori open world degli anni '90, dall'altra è altresì vero che il tempo non è stato clemente con il titolo e alcune animazioni e meccaniche risultano oggi davvero troppo datate. Per parlare di disastro forse è ancora presto ma dopo quanto visto un remake integrale sarebbe stata forse la scelta saggia.
CERTEZZE
- Uno dei migliori open world anni '90
- Completa libertà lasciata al giocatore
- Rivoluzionario per i tempi
DUBBI
- Animazioni e meccaniche di gioco molto arretrate
- La forza del marchio non ha più alcun peso
- Manca completamente di nuovi contenuti