Mike Rose e il suo piccolo team, RageSquid, negli ultimi tempi hanno ottenuto un certo riscontro nel mondo dello sviluppo dei giochi su PC: prima con il successo Action Henk, capace di vendere quasi 100.000 copie, ora con Descenders, recente simulazione di downhill che si rivolge ad una nicchia certamente più contenuta ma che sembra aver raccolto buoni consensi. Oltre ad aver imparato come immettere sul mercato prodotti di qualità, i ragazzi britannici hanno anche accumulato parecchia esperienza sulla piattaforma che raccoglie la stragrande parte delle uscite e delle vendite, Steam. In particolare Mike si è appassionato all'idea di capire quanto la marea di giochi in uscita su base quotidiana riescano a vendere e quanto sostenibile sia questo modello di business per tutti quei team che non riescono a sfondare guadagnandosi i primissimi posti delle classifiche di vendita. Il sistema che ha elaborato mette assieme alcuni strumenti disponibili online, come siti di terze parti, ma anche interni a Steam, come le recensioni pubblicate dagli utenti. Il risultato è una ricerca che lascia intravedere una realtà distante dalle poche ma rumorosissime storie di successo come PUBG e soci.
Una torta per pochi
Nel corso di febbraio 2018 sono usciti in media 40 giochi al giorno su Steam, con una proiezione mensile che tra poco, tenendo conto anche dei weekend, supererà le mille release mensili. Nell'agosto del 2017 erano solo, per modo di dire, 25 le pubblicazioni giornaliere, con un aumento vertiginoso che rende sempre più complesso navigare il negozio virtuale di Valve e porta a numeri (tristemente) ridicoli. Nel 2017, tanto per capirci, ciascuna di queste infinite uscite nel primo mese sul mercato vendeva in media 500 pezzi a un prezzo di 7 dollari; oggi siamo scesi a 50 pezzi a 5 dollari. Togliendo dall'equazione tutti quei giochi qualitativamente infimi, fatti ad esempio riciclando gli asset già presenti all'interno di Unity, Mike ha calcolato che oggi una nuova release vende nel primo mese di vita una media di 2000 copie a 6 dollari e ricava, al lordo della percentuale di Valve, 12'000 dollari. Non male in un mese, si potrebbe pensare. Usando però la formula elaborata da James Birket, solitamente ritenuta corretta, che prevede i ricavi annuali pari a due volte e mezzo quelli del primo mese, arriviamo a 30'000 dollari totali dopo 365 giorni sul mercato. Sempre al lordo di tutto, Valve e tasse escluse insomma. Le cose vanno un po' meglio per i titoli rilasciati in Accesso Anticipato (3'000 pezzi in media) e per quelli che vengono distribuiti attraverso un publisher (6'000 pezzi in media) ma nel secondo caso la percentuale che resta nelle tasche del team di sviluppo è solo una frazione di quella che si osserva sul cartellino del prezzo. Se si paragonano le copie vendute al prezzo di vendita, si nota inoltre che il numero di pezzi registrati da quei giochi che costano 15 o più dollari, sono cinque volte superiori a quelli delle uscite nella fascia di prezzo tra gli 8 e i 14 dollari. Questo non vuol dire che basta aumentare la cifra richiesta per vendere di più, ovviamente, ma che gli acquirenti premiano i prodotti di qualità e che forse si potrebbe fare a meno di tantissime release poco valide che finiscono per intasare una homepage inadatta ad ospitare questa mole di videogame.
Ancora due percentuali che però dicono molto, tutto: l'82% dei giochi non incassa nel mese del lancio abbastanza da raggiungere lo stipendio minimo che negli USA determina la soglia di povertà (e spesso non si parla nemmeno di team composti da una sola persona) mentre solo il 7% degli sviluppatori pubblica un secondo gioco dopo quello d'esordio. Questo scenario, se da una parte lascia indifferente Valve a cui tutto sommato poco interessa come vengono distribuite le vendite e si giova ugualmente di pochi titoli che cannibalizzano il mercato, dall'altra non aiuta chi ha buone idee e prodotti validi ma resta soffocato in una morsa dalla quale è davvero complesso emergere. In difesa del colosso americano bisogna dire che questo risultato è anche frutto di un'apertura tempo addietro molto richiesta, un'evoluzione feedback diretto dei desideri di utenti e sviluppatori. Il punto è che se vediamo un enorme dinamismo nell'offerta e nella varietà di giochi disponibili, lo stesso non si può dire per quanto riguarda le piattaforme di vendita, con un monopolio e un modello che forse ha fatto il suo tempo. E solo parzialmente sembra aver aiutato la recente crescita di Steam in Cina, mercato enorme ma che non sembra muoversi in maniera molto diversa da quelli occidentali, premiando un numero limitatissimo di giochi e snobbando tutti gli altri. Servirebbe qualche alternativa, magari uno sforzo ben orchestrato ed eseguito da parte di Microsoft che però da anni non sembra riuscire a trovare una quadra, con tante iniziative interessanti ma l'incapacità di metterle assieme e dare una valida ragione agli utenti per considerare il suo store un'alternativa plausibile. Per il momento ci teniamo questa situazione e tutte le sue contraddizioni, consapevoli che questo genere di orizzonte porterà prima o dopo a qualche necessaria miglioria oppure a un punto di rottura che possa rimescolare le carte.