Un misterioso omicidio in una cittadina del Northwest statunitense, strane sette che operano nei boschi, personaggi ambigui, due detective dell'FBI che arrivano in città per indagare, portando la razionalità della grande città in una piccola comunità dove tutti si conoscono, ombre inquietanti, un male oscuro che si annida in quel ristretto luogo lontano da tutto e da tutti. E caffè, tanto caffè. Così, su due piedi, pare di star leggendo una descrizione frammentaria del serial televisivo Twin Peaks. E, invece, ci stiamo riferendo a quanto accade nell'ultima fatica di Remedy, Alan Wake 2. Perché il gioco è così simile all'opera e all'universo immaginario e iperconnesso di David Lynch? È una domanda che ci siamo posti da subito e che, man mano che proseguivamo nell'avventura, tornava a proporsi con maggiore insistenza. Per questo, abbiamo deciso di immergerci più a fondo nella questione, andando a trovare i punti di incontro tra le due opere e a comprendere come il mondo cinematografico e quello televisivo convergano all'interno di una produzione videoludica.
Saremo costretti a fare spoiler in questo speciale dedicato ad Alan Wake 2 e David Lynch. Siete stati avvisati.
In una selva oscura
Partiamo dal legame più evidente tra Alan Wake 2 e Twin Peaks: la cornice narrativa. In entrambe le opere troviamo dei detective dell'FBI mandati a risolvere un misterioso caso di omicidio nei dintorni di una sperduta cittadina americana del nord ovest. Strane sparizioni si susseguono, portando il caso a intricarsi ancora di più, fino a che non sembra più possibile sbrogliarlo attraverso vie razionali. Ed è qui che entra in campo il surreale.
A seguire le orme dei suoi predecessori (da Buñuel a Dalì, per passare anche attraverso figure meno conosciute come Cocteau e Jodorowsky), Lynch ha sempre proposto una visione del reale sfumata, distorta, che pare un sogno lucido più che la corretta e lineare cronologia di uno o più eventi. Attraverso il suo stile distintivo, il regista si è sempre destreggiato anche con una messa in scena capace di richiamare le più grandi voci dell'avanguardia europea d'inizio XX secolo (come l'iconica "teiera" che appare nella terza stagione, figlia di artisti come Man Ray e Vladimir Tatlin).
La ricerca dell'astratto rimane un grande perno dello stile di Alan Wake 2, come ci suggeriscono i momenti visivamente più stravaganti. Tra i tanti, il passaggio dalla realtà di Saga a quella di Alan (che nei suoi momenti iniziali utilizza, tra l'altro, un famoso movimento di camera divenuto marchio di fabbrica di Lynch, il "travelling"), rappresentato da un vorticoso fluire di materia oscura tagliato con l'accetta (grazie anche al sonoro) e puntellato da lampi di luce che evocano le futuristiche vedute "da laboratorio" che hanno stregato il pubblico dei primi anni del Novecento grazie a registi come Fritz Lang e Robert Wiene.
Ma possiamo citare anche i momenti in cui la Presenza Oscura si impossessa dei personaggi, montati a velocità doppia, saltando fotogrammi per rendere il tutto ancora più soprannaturale di quanto già non sia di suo. Attraverso correnti e pietre miliari del passato, sia Lynch che Lake adattano alla loro generazione un linguaggio astratto, sfruttando la tecnologia del presente per dare vita a visioni del passato.
I segreti di Twin Peaks
Creata dalla mente di David Lynch e di un veterano della narrazione episodica come Mark Frost, Twin Peaks arrivava in televisione nel 1990, cambiando radicalmente il modo di vedere un programma televisivo di fiction. Prima di questo, Hill Street Giorno e Notte (creata sempre da Frost) aveva posto le basi per una narrazione episodica che si evolveva con il passare delle puntate, lasciando eventi importanti in sospeso, seguendo il filo della soap opera, ma "elevandolo" a standard più alti e facendolo diventare uno dei primi esempi di "quality television". Non si assisteva più a episodi autoconclusivi, ma a un'estensione della storia sull'arco di un'intera stagione. La serie diveniva serial, a cavallo tra identità industriale e autoriale.
Non è un loop, è una spirale
La particolarità di un serial televisivo come Twin Peaks è la sua scomposizione in tanti piccoli elementi che, il più delle volte, non trovano conclusione alcuna. Un mare di personaggi che si inseriscono, chi più, chi meno, in questa tela di eventi, sviando lo spettatore e portandolo a seguire piste che si rivelano fredde o, addirittura, inesistenti.
La struttura scelta da Mark Frost e David Lynch, co-creatori del serial, è quella della soap opera, ciclica, dove eventi e personaggi tendono a ripresentarsi con regolarità, potenzialmente all'infinito. Ma c'è una leggera differenza nella visione dei due autori: il cerchio si spezza e diventa una spirale. Non si torna indietro e i volti familiari che fanno ritorno servono solo ad alimentare il fuoco dell'intricata narrazione, nascondendone ancora di più nel fumo le effettive intenzioni. Il "già visto" torna a risuonare sotto forma di qualcosa di nuovo e inedito, che devia lo spettatore e lo fa dubitare delle sue convinzione, riportandolo in uno stato di confusione ai livelli di un sogno sul quale non si può avere alcun controllo.
Come scopriamo sul finale (o seguendo attentamente la storia e gli indizi che dissemina per tutto il mondo di gioco), il tracciato percorso da Alan Wake non è un loop: è una spirale. Sovrapposizioni spaziotemporali portano i protagonisti a interfacciarsi tra loro in una storia che pare ripetersi in modo ciclico, ma che, in realtà, segue una parabola discendente (o ascendente) che porterà alla conclusione dell'incubo, prima o poi.
Wake non è mai stato in trappola. Si è sempre trovato sullo stesso percorso, che si sovrapponeva al precedente e a quello prima ancora, creando un riproporsi di eventi e situazioni, ma sempre in una veste nuova, con variazioni sufficienti da permettergli di controllare il suo cammino verso il capolinea.
Il travelling
Il travelling è un movimento di macchina divenuto famoso grazie a David Lynch. La sua caratteristica sta nel far "immergere" la macchina da presa in un dettaglio particolare o in un ambiente, fino a riempire l'intera inquadratura con esso (il più delle volte perdendosi su sfondo nero e permettendo, così, un taglio meno invasivo). Lynch lo utilizza in quasi tutte le sue opere maggiori, dall'orecchio di Velluto Blu alla scatola di Mulholland Drive. In Alan Wake 2, il travelling si traduce in ambito videoludico, divenendo sì movimento di camera, ma anche punto di transizione e caricamento dalla realtà di Saga a quella di Alan. Passando dalla pozza d'acqua, attraverso il lago, o riemergendo da una tazzina di caffè, la camera si fonde alle necessità strutturali del videogioco, divenendo cappello stilistico a un processo meramente tecnico.
Vederci doppio
Il doppio regna sovrano in Twin Peaks, proponendo diverse versioni dello stesso personaggio, o personaggi differenti impersonati dallo stesso interprete. È il caso della cugina di Laura Palmer, interpretata sempre da Sheryl Lee. Non il ritorno della figlia morta, quindi (come sarebbe accaduto in una normale soap opera), bensì di una sua controparte capace di intricare il tessuto narrativo, sbloccando nuovi approcci alle interazioni tra i personaggi e sfumature che vanno a costruire il quadro generale di come ogni abitante della cittadina si relazionava alla giovane vittima; un elemento della rivelazione, che mette i personaggi a confronto con le proprie emozioni.
E l'espediente del doppio lo ritroviamo anche in Alan Wake 2: lo scrittore e Graffio, gli Old Gods of Asgard giovani e vecchi, Alex Casey tra personaggio e persona reale, i gemelli Koskela, anche la stessa Saga sul finale, con le sue insicurezze e paure che mettono in questione tutta l'avventura che abbiamo appena vissuto assieme a lei. Si creano queste correnti dicotomiche di difficile interpretazione, che lasciano il giocatore nell'ombra per diverso tempo, anche oltre la conclusione dell'avventura (chi ci dice che non è tutta una creazione mentale di Saga? O l'effettivo romanzo scritto da Wake? O uno degli esperimenti del Federal Bureau of Control?).
Alan Wake 2 rimane, comunque, solo un pezzo del puzzle. Non è il capitolo conclusivo di questa storia che spazia tra le opere di Remedy, unendole e creando una vera e propria mitologia alla base delle sue produzioni videoludiche. Però, è uno snodo fondamentale di questa costruzione, sottolineando come Alan Wake sia il principale punto di giunzione dell'universo creato dal team.
Commistione, citazione, omaggio
Una delle principali caratteristiche di qualsiasi opera audiovisiva firmata da David Lynch è il suo carattere ludico. Quella che mette in scena il regista (e tutto il suo gruppo di fedelissimi che da anni collaborano al suo fianco) è una partita a scacchi con il vuoto. Lynch chiama lo spettatore a sfidare il sogno e l'irrazionale, mettendolo davanti a scelte e decisioni che lo porteranno verso una delle infinite interpretazioni di uno dei suoi segmenti narrativi.
In questo vero e proprio gioco si susseguono anche citazioni dalle più svariate forme d'arte, in una commistione di generi che scavalca i media e le forme del comunicare. "Alto" e "basso" percorrono la stessa linea, mettendo in scena (anche qui) elementi dicotomici, che possono passare dalla violenza più smodata all'inquietante "leggerezza" di un numero musicale.
Ed ecco che, in Alan Wake 2, esce allo scoperto l'iconica sequenza di Herald of Darkness, dove il musical entra a gamba tesa nel videogioco, proponendo uno strano amalgama tra interazione e filmato. Di simile natura è anche il cortometraggio Yötön Yö, che il giocatore può guardare nella sua interezza (circa venti minuti) al Poet's Cinema del Luogo Buio, dopo aver trovato la Sovrapposizione. Il mondo cinematografico si fonde a quello videoludico, portando il giocatore a divenire spettatore in uno spazio interattivo, nel quale ci si può spostare e muovere a seconda di come si preferisce assistere alla proiezione o, semplicemente, andarsene prima della fine.
Arrivati fino a questo punto, pare che Sam Lake abbia dilapidato le spoglie del lavoro di Lynch per creare una narrazione intricata e avvincente. Ma, più che un plagio, quello di Remedy pare un tentativo di traslare in ambito videoludico la rivoluzione portata avanti dal cineasta. E ce lo dimostrano proprio la pletora di omaggi e citazioni ai mondi surreali creati dal regista (e non solo).
Return
Per quanto Alan Wake 2 condivida molta della poetica generale di Lynch, il suo legame più forte e palpabile è quello con la terza stagione di Twin Peaks. Non pare casuale il fatto che il romanzo conclusivo della trilogia di Alan Wake, Return, riecheggi il titolo di quest'ultima (in inglese, la serie è andata in onda con il titolo "Twin Peaks: The Return"), anche se deve esserlo, dato che il riferimento a "Return" in Alan Wake fa la sua apparizione già nel primo capitolo, distribuito sul mercato ben prima del ritorno di Twin Peaks in televisione.
Entrambi sono viaggi in un universo che abbiamo abbandonato tempo addietro e che ora tornano a tormentarci con le loro vicende contorte, dove il concetto del "tornare" risuona costantemente. Come Alan, l'agente Cooper è bloccato in un'altra realtà, prigioniero della Loggia Nera, mentre altre due parti di lui girano liberamente, creando più o meno scompiglio. L'obiettivo, per entrambi, è il ritorno; liberarsi dalle grinfie dell'oscurità per tornare alla luce.
Altro elemento che condividono è l'utilizzo degli intermezzi musicali. Ogni puntata della terza stagione di Twin Peaks si chiude con l'esibizione di veri musicisti nell'iconico Roadhouse Bar. Allo stesso modo, alla fine di ogni capitolo, Remedy ha posizionato delle canzoni create appositamente per il gioco (a parte quella presente nei titoli di coda, proveniente dal pur nuovo album di PJ Harvey).
Inoltre, a fare da contraltare alle esibizioni apparentemente senza filo logico troviamo, in Twin Peaks, una soap opera, Invitation to Love, le cui vicende si evolvono in secondo piano, negli schermi televisivi, man mano che la serie prosegue.
Se vogliamo, la soap opera diventa l'unica componente narrativa che si evolve in maniera lineare, portando verso una risoluzione che il serial vero e proprio non raggiunge mai, neanche alla sua definitiva conclusione. Allo stesso modo, in Alan Wake, viene spesso citata una serie televisiva poliziesca, Night Springs. Un chiaro rimando ad "Ai confini della realtà", la serie funziona anche in questo caso da sottofondo alla narrazione principale, servendo solo in parte i fini della storia.
Prima della rivoluzione?
Si potrebbe continuare e andare a scavare nelle miriadi di citazioni e omaggi visivi, dalla pervasività del caffè, utilizzato come luogo di transizione da e verso il Luogo Buio, come punto di salvataggio e come "mascotte" di un folle parco a tema, alla tavola calda Oh Dear, simile alla serie in moltissimi dettagli (a partire dal diorama paesaggistico appeso alle pareti), all'hotel in cui soggiornano i due detective dell'FBI, fino agli spot fuori di testa dei fratelli Koskela. L'influenza che ha avuto David Lynch su Sam Lake e il suo team è evidente e costantemente messa in gioco. Ma i rimandi vanno anche a Stanley Kubrick, Stephen King e tutta una sequela di autori che hanno fatto breccia nel bagaglio culturale degli artisti di Remedy.
Per questo Alan Wake non ci pare essere una mera sequela di idee prese qua e là da opere che hanno fatto la storia dell'arte. È piuttosto, come accennavamo poc'anzi, la sfida di tentare di rivoluzionare il settore esattamente come avevano fatto altri artisti (giustamente omaggiati) in altri spazi mediali, sfociando nell'intermedialità, ibridando generi e forme del linguaggio, facendo dialogare varie forme d'arte all'unisono, in una sinfonia postmediale, dove i confini paiono sempre meno marcati. Siamo a un punto di svolta per il videogioco? O rimane solo una prova d'autore isolata? Sarà il tempo a dircelo. Per il momento, aspettiamo la rivoluzione, se non è già in atto.