Quella del 2023 sarà ricordata come un'edizione particolare della BlizzCon e non solo perché si tratta della prima da quando Blizzard Entertainment è entrata a far parte della grande famiglia di Microsoft Xbox. Storicamente il convention center di Anaheim è stato infatti la culla dei maggiori annunci della casa di Irvine, dal debutto di Hearthstone fino a quello di Overwatch, dal trailer di Diablo 4 fino al boato che ha accolto World of Warcraft Classic. Questa volta, tuttavia, le cose sono andate diversamente: la fugace presenza di Phil Spencer e il roboante ritorno del leggendario Chris Metzen non sono infatti stati sufficienti per risvegliare definitivamente dal letargo la casa di Irvine, che per certi versi si trova ancora impantanata nel suo passato recente.
"Overwatch 2 continuerà a migliorare", "Stiamo lavorando per rendere più divertente la seconda stagione di Diablo IV", "Speriamo che i giocatori vogliano tornare su Hearthstone grazie alle Buste di Recupero". È stato sostanzialmente questo il mantra che ha trainato l'evento di presentazione, consolidando il difficile quadro che si era tratteggiato nel corso degli ultimi anni: anziché presentare grandi novità o graditi ritorni - fa riflettere ad esempio il fatto che Starcraft non sia nemmeno comparso sui materiali promozionali - Blizzard si trova costantemente impegnata a rilanciare i propri prodotti di bandiera, invitando gli appassionati a mettere alla prova le formule migliorate, a testare gli ultimi aggiornamenti o addirittura a tornare dopo anni di lontananza per dargli una nuova chance.
Tanti nuovi contenuti, tante modifiche e numerosi aggiornamenti, ma nessun grande annuncio di sostanza, neppure per quanto riguarda quel fantomatico videogioco originale - forse un survival nello stile di Valheim - del quale ormai si specula da secoli. Sono stati solamente due i progetti a scuotere le fondamenta del rispettivo franchise: il primo è World of Warcraft: The Worldsoul Saga, un ciclo di tre espansioni pensate per spingere la componente narrativa più in là di quanto si sia mai fatto in passato; il secondo, invece, è World of Warcraft Classic: Season of Discovery, un contenuto volenteroso d'infrangere il più grande tabù del progetto, quello di non portare alcun cambiamento nell'antica formula del 2004.
Se gli appassionati di World of Warcraft hanno avuto di che festeggiare, la BlizzCon 2023 ha appena calato il sipario sulla prima edizione maturata sotto l'ala protettrice di Microsoft e Xbox, scrivendo per sempre la parola fine in fondo alla discussa gestione di Robert Kotick e soprattutto allo spettro della dirigenza di Activision. La Blizzard Entertainment di Microsoft sarà davvero così diversa rispetto a quella attuale? Nel corso degli anni, molti inciampi della casa di Irvine sono stati attribuiti alle incursioni dei burocrati, alle scelte degli investitori, a una misteriosa "cupola" di Activision che impediva a Blizzard di essere sé stessa: da ora in avanti non ci saranno più scuse. Facciamo il punto della situazione direttamente da Anaheim, riassumendo una BlizzCon 2023 che non brilla certo fra le più ispirate degli ultimi anni.
Il passato e il futuro: Chris Metzen e Phil Spencer
Prima di trattare quanto accaduto sul fronte dei videogiochi, è necessario parlare dell'atmosfera: la BlizzCon non è solamente una convention, ma è un termometro perfetto per comprendere i sentimenti degli appassionati e lo stato di salute della compagnia. Sono infatti trascorsi quattro anni dall'ultima edizione "in presenza", e in tale occasione la casa fu presa di mira dal pubblico tanto per l'operazione Diablo Immortal quanto per lo scandalo della delicata questione relativa a Hong Kong. Lo scorrere del tempo non ha semplicemente disteso gli animi, ma ha portato il pubblico a stringersi attorno agli sviluppatori: la mala gestione e le ingiustizie emerse dall'indagine delle autorità della California hanno mutato profondamente la percezione degli appassionati. La visita di Phil Spencer, in tal senso, ha assunto un significato molto preciso: il nuovo padrone di casa si è preso il palcoscenico per informare il mondo che da ora in avanti ha inizio una nuova era, una nella quale gli sviluppatori possono sentirsi al sicuro ed esprimere al massimo la propria creatività.
Se da una parte il cambio al vertice ha rappresentato un'iniezione di speranza nel cuore dei fan - che hanno reagito con calore alla presenza di Spencer - dall'altra è evidente che sul piano creativo Blizzard Entertainment sia ormai molto diversa dall'entità che ha fatto la storia dei videogiochi. Non c'è più Jeff Kaplan, il papà di Overwatch, non c'è più Ben Brode, il creatore di Hearthstone, non ci sono più tantissimi dei volti che hanno trainato per decenni le IP di bandiera, ed è una mancanza che si fa sentire molto forte sopra il palco principale. Si percepisce ancora di più quando a entrare in scena è Chris Metzen - storico artefice della narrazione di Warcraft - che dopo un paio di anni sabbatici è tornato a casa più carico che mai, mostrando al mondo intero una passione bruciante che mancava da anni dalle parti di Blizzard Entertainment. Certo, nelle file della compagnia si muovono ancora veterani di straordinario talento e tantissime nuove promesse, ma a differenza dei grandi esuli del passato hanno ancora tantissimo da dimostrare. È dall'istante della pubblicazione di Overwatch che la compagnia fatica a replicare il medesimo successo: ora, con piena libertà creativa e una struttura societaria rinnovata, diventa imperativo non commettere errori.
Tanti aggiornamenti, poche novità
Se c'è una caratteristica unica che è propria di Blizzard Entertainment, quella è la capacità di creare IP destinate a lottare costantemente per il gradino più alto del podio. World of Warcraft? Semplicemente il più grande MMORPG mai realizzato. Hearthstone? Il re dei giochi di carte digitali. Overwatch? Uno sparatutto capace di vincere il Game of the Year. Ogni volta che le fucine della casa si sono messe all'opera - con la sola eccezione di Heroes of the Storm - hanno portato una rivoluzione tangibile nel mercato dei videogiochi, creando nuovi generi e rivoluzionandone di esistenti, forgiando mondi e tratteggiando i contorni di personaggi iconici.
La BlizzCon 2023 è stata una fiera fatta di grandi promesse: basti pensare all'esempio di Diablo IV, titolo che ha conosciuto un esordio straordinario ma che in seguito agli inciampi della prima stagione ha vissuto uno svuotamento dei server. La seconda stagione, già disponibile, ha fatto irruzione nella cerimonia d'apertura annunciando nuove ondate di cambiamenti pensate per migliorare l'esperienza, promettendo un futuro radioso pronto a culminare - a fine 2024 - nell'espansione Vessel of Hatred. Il problema è che una situazione molto simile si è verificata dalle parti di Hearthstone, dove le Buste di Recupero e Resa dei Conti nelle Maleterre mirano a riagguantare una comunità ormai latitante, così come nel caso di Overwatch 2, sulle cui sponde l'annuncio di un nuovo eroe e di una modalità non sono stati affatto sufficienti per nascondere la polvere sotto il tappeto. Tutti i titoli della casa si trovano ad attraversare momenti complessi, a tentare di riconquistare le proprie community smarrite, a cercare di raggiungere un'altra volta lo splendore del passato.
Al tempo stesso, fa male al cuore scoprire che Starcraft non sia quasi più considerato una IP esistente dalla casa di Irvine. Nei padiglioni non c'è nemmeno un riferimento a Sarah Kerrigan, ad Artanis o a Zeratul, le silhouette dei protagonisti non campeggiano neppure sui materiali ufficiali dell'evento, e in linea generale sembra quasi che si voglia fingere che il brand non sia mai esistito. Non fosse stato per i brani della colonna sonora che ogni tanto facevano capolino dalle casse, ma soprattutto per Phil Spencer che ha deciso di nominarlo durante la cerimonia d'apertura, l'RTS sarebbe risultato un fantasma che aleggiava lungo i corridoi del convention center. Esisterà mai uno Starcraft 3? Magari un World of Starcraft? Forse un titolo in stile Destiny, ma ambientato nell'universo scritto da Chris Metzen e James Phinney?
La verità è che Blizzard Entertainment si trova in una posizione delicata: se molti artisti chiave hanno lasciato la compagnia, alcuni dei marchi più redditizi stanno iniziando a sentire il peso del tempo, mentre quasi tutti i giochi come servizi hanno affrontato nel tempo emorragie di giocatori. Mettere altra carne al fuoco significherebbe aggiungere righe alla lista dei problemi da risolvere?
I top e i flop della BlizzCon 2023
A presentarsi in uno stato di grazia è stato il solo World of Warcraft, che d'altra parte rappresenta cuore pulsante e anima della manifestazione: delle migliaia di giocatori che affollano i saloni di Anaheim, la fetta più grande proviene senza ombra di dubbio dalle sponde di Azeroth. La presenza di Chris Metzen non è stata affatto un caso: l'MMORPG sta per spegnere la ventesima candelina e lo storico narrative designer ha pensato bene di introdurre la Worldsoul Saga, cambiando completamente l'approccio all'esposizione della storia, avvicinando la struttura di Final Fantasy XIV. Per la prima volta sono state introdotte non una, non due, bensì tre intere espansioni di World of Warcraft determinate a replicare l'impatto della saga di Thanos nel Marvel Cinematic Universe: ciascun contenuto preparerà il terreno per lo scontro finale nel cuore di Azeroth, a partire proprio dal contenuto The War Within che vedrà luce nel corso del prossimo anno.
Ottime notizie anche per gli appassionati di World of Warcraft Classic, che dopo anni di preghiere stanno per vedere esaudito uno dei sogni più antichi a manifestarsi sulle sponde del franchise: quattordici anni fa un gruppo di giocatori nostalgici si è chiesto per la prima volta come sarebbe stata l'originale versione di World of Warcraft se bilanciata e limata a dovere. Ebbene, a partire dal 30 novembre i server dedicati alla Season of Discovery mirano a rendere quel sogno realtà, stravolgendo la struttura delle classi e la natura del mondo di gioco, ricamando un'avventura fresca e al tempo stesso familiare sulla variante "Vanilla". Lavoro eccellente anche dalle parti di Warcraft Rumble, esperienza mobile che vuole attaccare il dominio di Clash Royale trasformando gli eroi e le creature di Azeroth nei minuti protagonisti di un gioco molto meno "piccolo" di quanto potrebbe sembrare. Di fronte alle 70 missioni per il giocatore singolo, all'offerta multigiocatore e all'idea delle costanti iniezioni di contenuti, vien da chiedersi se Blizzard non abbia un talento speciale per le esperienze mobile, perlomeno nei casi in cui riesce a regalargli una dignità artistica distante dall'avida filosofia alla base di Diablo Immortal.
Arrancante, stanco, privo di una direzione univoca: Overwatch 2 rappresenta invece la giuntura più fragile dell'intera line-up. Presentare un nuovo personaggio significa davvero poco quando hai appena sacrificato una modalità in giocatore singolo promessa per anni, fra l'altro dopo aver rivoluzionato l'architettura del gameplay fino ad aprire una faglia insanabile nel pubblico. Sono milioni i giocatori a rimpiangere l'originale Overwatch, così come sono milioni quelli che hanno inondato di recensioni negative il secondo episodio per i motivi più disparati: la mancanza della modalità storia, il nuovo sistema di monetizzazione, i prezzi proibitivi dei cosmetici, l'evidente lentezza con cui vengono pubblicati i contenuti. Quello di presentare il nuovo eroe Mauga era un atto dovuto, ma il concerto kpop de Le Sserafim - ovviamente legate a relative skin a tempo limitato - così come la promessa di un ulteriore rinnovamento del roster e una nuova modalità, non sembrano assolutamente bastare a garantire un futuro dorato al brand.
Nel corso dell'evento si sono inoltre tenute le finali della Overwatch World Cup: una festa malinconica, perché i tifosi alzavano le mani al cielo consapevoli di non poter più assistere a tale spettacolo dal momento che la Overwatch League ha definitivamente chiuso i battenti. A questo proposito, fa riflettere che la coppa del mondo sia stato l'unico grande evento esport della kermesse: anni fa il medesimo palco era colorato dalle finali di Hearthstone, dalle competizioni di Starcraft e dall'Arena di World of Warcraft, tutti grandi assenti di questa edizione. Ancora diversa è la situazione di Diablo IV: se da una parte la stagione 2 ha migliorato notevolmente la qualità della vita integrando parecchie richieste degli appassionati, l'annuncio della nuova espansione Vessel of Hatred - ricamata attorno al personaggio di Mephisto e al Kehjistan del secondo capitolo - ha rimandato molto nel futuro l'iniezione di nuovi contenuti d'impatto. In poche parole, gli sviluppatori dovranno inventarsi qualcosa di miracoloso per riuscire a tenere incollati i giocatori nell'arco di un anno intero, dal momento che per mettere mano sulla nuova classe inedita bisognerà attendere fino alla fine del 2024.
La Blizzard di Microsoft ha bisogno di un nuovo inizio?
L'odierno volto di Blizzard Entertainment è quello di una compagnia che ormai vive intrecciata ai suoi giochi come servizi, consumando una sorta di rapporto simbiotico che li costringe a condividere il medesimo destino. Ogni prodotto, da Overwatch a Diablo, da Hearthstone a World of Warcraft, deve tentare di migliorarsi costantemente, di soddisfare le crescenti aspettative del pubblico, reinventandosi stagione dopo stagione nella speranza di toccare ancora una volta le vette sfiorate in passato. I giochi come servizi tendono a sbiadire nel tempo, gli appassionati inevitabilmente finiscono per stancarsi e a invecchiare, tratteggiando i contorni di una sfiancante maratona eterna, una che per alcune opere - come per esempio World of Warcraft - perdura da quasi vent'anni e si prepara ad affacciarsi sui prossimi venti.
A uscire penalizzati dal perseguimento di questa routine sono i grandi universi firmati Blizzard, talvolta destinati a risolversi pigramente, come accaduto nel caso di Overwatch, e in altre occasioni a svanire nel silenzio, esattamente come capitato a Starcraft in seguito al 2015 di Legacy of the Void. Senza contare che, l'anno prossimo, saranno trascorsi dieci anni esatti dall'ultima IP originale, cementando i marchi di bandiera ma ponendo sulle loro spalle un fardello fuori dal comune. Adesso, tuttavia, alle spalle della compagnia c'è la Xbox secondo Phil Spencer: nel corso degli anni, la casa di Redmond ha sempre garantito una totale libertà creativa alle proprie subordinate, consentendogli di inseguire qualsiasi sogno avessero, dando spazio ai Pentiment quanto agli Hi-Fi Rush, spesso ignorando del tutto l'andamento del mercato. Sarà molto interessante, con queste premesse, scoprire cosa sia in grado di fare una rinnovata Blizzard Entertainment: se la medesima libertà sarà garantita a una delle più grandi innovatrici del medium, senza dubbio ne vedremo delle belle.