C'è stato un momento, nella ventennale storia di Call of Duty, in cui la campagna single player ha seriamente rischiato di scomparire una volta per tutte, inghiottita dall'enorme popolarità del comparto multigiocatore. Non è chiaro cosa sia cambiato da allora nell'agenda dei vertici Activision, ma è dallo scorso anno che il publisher statunitense ha applicato un deciso cambio di rotta, scegliendo volontariamente di concentrare tutti i riflettori proprio sulla componente a giocatore singolo, mettendola al centro di un accesso anticipato disponibile a chiunque effettui il preacquisto del nuovo Call of Duty in uscita.
Lo scorso anno, la scelta dell'accesso anticipato ritagliato sulla campagna era stata tutto sommato giustificata da un impianto single player poderoso, che però non aveva avuto il coraggio necessario per capitalizzare la straordinaria eredità narrativa lasciata in dote dai capitoli originali. La storia affrontava, infatti, degli eventi totalmente inediti, che avevano poco o niente a che fare con tutto quello che avevamo vissuto a cavallo tra il 2007 e il 2011, quando nei panni della Task Force 141 avevamo trascorso un arco di quattro anni a dare la caccia a Vladimir Makarov.
Come anticipato da un filmato nascosto alla fine dei titoli di coda di Modern Warfare II, la linea narrativa che unisce i capitoli reboot è però finalmente pronta a prendersi le sue responsabilità e ad affrontare il passato, ecco perché ci siamo avvicinati alla campagna single player di Call of Duty: Modern Warfare 3 con un carico di aspettative difficilmente quantificabile, stemperate unicamente dalla consapevolezza che il gioco, nei piani di Activision, fosse stato originariamente concepito come semplice DLC del precedente. Questo aspetto, purtroppo, deve avere inciso fatalmente nei processi di sviluppo di Sledgehammer Games, dal momento che quella di cui vi stiamo per parlare è in assoluto una delle campagne più deludenti mai incontrate in un Call of Duty.
Una campagna dimenticabile
Ci sarebbe piaciuto inaugurare quest'analisi dedicata alla campagna di Call of Duty: Modern Warfare 3 parlando di come questa cominci esattamente da dove l'avevamo lasciata nel novembre del 2022, eppure fin dalle sue primissime battute questa si espone in realtà ad una discreta serie di incongruenze, causate per lo più dal fatto che, ormai da quattro anni, gli sviluppatori hanno la pessima abitudine di portare avanti la linea narrativa dell'intero ciclo dei reboot attraverso gli eventi che scandiscono l'alternarsi delle stagioni di Warzone.
Se quindi ci eravamo lasciati con il generale Shepard e tutta la Shadow Company guidata da Phillip Graves come i principali antagonisti di Price e della sua squadra, le prime missioni delineano un contesto in cui entrambi sono tornati a rappresentare, seppure con una buona dose di diffidenza reciproca, dei preziosi alleati per la Task Force 141, impegnata con tutti i suoi effettivi a dare la caccia a Vladimir Makarov, fuggito di recente da un gulag e pronto a dare alle fiamme il mondo. Da questo complicato mosaico narrativo si sviluppa forse la più breve campagna di sempre nella storia dei Call of Duty, poco più di quattro ore che si esauriscono proprio quando il racconto, a causa di un inaspettato colpo di scena, avrebbe tutte le potenzialità per decollare una volta per tutte.
Purtroppo, non è tanto la durata raggiunta dalle 14 missioni della campagna a rappresentare il suo più grande problema. Avevamo infatti enormi aspettative sulla storia al centro di Call of Duty: Modern Warfare 3, del resto Makarov è un cattivo con alle spalle un'eredità eccezionale e immaginavamo che Sledgehammer Games non avrebbe avuto alcuna difficoltà ad attingere dal patrimonio narrativo dei capitoli originali per mettere in scena una campagna memorabile, finalmente allacciata alle vicende rappresentate in quei meravigliosi capolavori. Vaporizzando in un istante tutti i nostri migliori auspici, quella che però abbiamo trovato ad attenderci è stata una storia del tutto incapace, in qualsiasi momento, di ricostruire anche in parte quel clima di gravità e tensione che all'epoca avvolgeva il giocatore, mentre diventava testimone impotente degli orribili delitti compiuti da Makarov e i suoi alleati.
Gettando nel cestino tutto il fascino di uno dei nemici più iconici nella storia degli sparatutto, Sledgehammer dipinge un Makarov semplicemente irriconoscibile, impegnato ad organizzare una manciata di attentati improvvisati e apparentemente slegati tra loro, che la Task Force 141 sgomina senza alcun affanno, un po' come se la sceneggiatura l'avessero scritta i fratelli Russo per un qualsiasi film degli Avengers. Non c'è un filo conduttore, non c'è pathos, ma soprattutto manca qualsiasi tipo di pressione a pesare sulle spalle del giocatore, che sfila verso i titoli di coda senza mai sentirsi sufficientemente coinvolto nella trama. A dire il vero, ci sarebbero pure un paio di missioni capaci d'eguagliare l'intensità dei capitoli originali, ma queste durano lo spazio di un battito di ciglia e, immerse nell'anonimato di tutti gli altri livelli, non riescono purtroppo ad elevare il bilancio di una campagna dimenticabile sotto tutti i punti di vista.
Il design delle missioni
Se una trama piatta e inconsistente non fosse già sufficiente a rendere del tutto opaca la campagna single player di Call of Duty: Modern Warfare 3, interviene anche una struttura delle missioni capace secondo noi di far emergere con estrema chiarezza il cambio di rotta imposto da Activision nel corso dello sviluppo del gioco. Che questo terzo capitolo della serie reboot fosse stato inizialmente concepito come un DLC lo certificano l'assenza di mappe inedite e l'integrazione di armi e operatori tra i due videogiochi, ma osservando attentamente le missioni, si ha la netta sensazione che queste fossero state inizialmente pensate per essere inserite all'interno di una mini-campagna, oppure pubblicate a cadenza regolare in concomitanza con le stagioni di Warzone.
La cosa ci è sembrata alquanto evidente non solo perché quasi la metà dei livelli sono stati direttamente riciclati dalle mappe del battle royale di Activision - quattro da Verdansk e almeno due dall'Urzikstan, quella in arrivo a dicembre - ma anche guardando al design delle cosiddette missioni di combattimento aperto, una delle grandi novità di Call of Duty: Modern Warfare 3. Nelle intenzioni degli sviluppatori, queste avrebbero dovuto espandere considerevolmente la libertà del giocatore nell'approccio a una missione, offrendogli la possibilità di decidere come affrontarla in totale autonomia.
A conti fatti, nelle missioni di combattimento aperto tutte queste premesse vengono mantenute, anche se giocandole non si ha minimamente la percezione di trovarsi nella campagna di un Call of Duty. I giocatori vengono infatti inseriti in un'ampia area colma di obiettivi da raggiungere e devono recuperare equipaggiamenti, accessori, piastre corazzate e serie d'uccisioni scovando le casse nascoste nell'ambientazione, un po' come accade in una partita di DMZ, la modalità incentrata su dinamiche PvPvE che ha fatto il suo esordio con Warzone 2.0.
Se da un lato è innegabile che questa formula regali una libertà senza precedenti al giocatore, dall'altro non possiamo far altro che riconoscere che, per come sono state progettate, le missioni di combattimento aperto semplicemente non funzionino, nell'economia di una campagna single player. Depurate infatti da ogni genere di regia, e prive di quell'elemento cinematografico che rende Call of Duty lo sparatutto che conosciamo, rimangono insipide e poco avvincenti per tutta la loro breve durata, ecco perché completata la prima nei panni di Farah Karim non abbiamo fatto i salti di gioia, ogni volta che ne abbiamo incontrata una nel corso della campagna.
Una campagna d'impatto, almeno dal punto di vista grafico
Non ci dilungheremo più di tanto nel parlarvi delle caratteristiche di gameplay che identificano il nuovo capitolo - potete trovare un'ampia analisi sull'argomento nell'articolo dedicato alla beta multigiocatore di Call of Duty: Modern Warfare 3 - tuttavia ci sembra doveroso soffermarci un istante sull'ottimo comparto tecnico posto a corredo della campagna, che merita in definitiva più di qualche lode.
È dal 2019 che abbiamo modo di apprezzare l'impatto visivo raggiunto dai nuovi Modern Warfare, e dal momento che tutta l'infrastruttura tecnica del terzo capitolo si appoggia anch'essa sulla stessa versione dell'IW Engine, ci aspettavamo di incontrare anche questa volta modelli e ambientazioni di altissima qualità, così come un comparto sonoro di ottima fattura. In ultimo, ci sentiamo di spendere una nota di merito per i progressi raggiunti dall'intelligenza artificiale: dobbiamo ammettere che durante la campagna, in più di un'occasione, ci siamo trovati ad apprezzare la furbizia dei nemici, che hanno la costante tendenza ad esibirsi in manovre inaspettatamente complesse, anche se non siamo ancora ai livelli di uno sparatutto tattico o simulativo.
Che opinione vi siete fatti della campagna single player di Call of Duty: Modern Warfare 3? L'avete giocata? Quanto state aspettando il comparto multigiocatore?