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Google Stadia: dalla rivoluzione alla chiusura

Ripercorriamo la storia di Google Stadia, il servizio di cloud gaming che sembrava destinato a rivoluzionare il mercato e che invece si è arreso dopo tre anni.

SPECIALE di Giorgio Melani   —   07/10/2022

Google non è propriamente una compagnia nuova agli abbandoni drastici dei propri progetti, basti vedere iniziative come Google Cemetery o KilledByGoogle per capire quante vittime la compagnia di Mountain View abbia fatto nel corso della sua storia, ma l'aggiunta di Stadia all'elenco dei caduti rappresenta un duro colpo per i videogiocatori. Non una sorpresa totale, a dirla tutta: la chiusura dei team interni, avvenuta all'improvviso a febbraio del 2021, a poco più di un anno dal lancio del servizio, ha rappresentato già un notevole segnale di incertezza, dimostrando come la progettualità a lungo termine fosse piuttosto in crisi. In queste condizioni era difficile pensare a nuovi investimenti e crescita sostanziale del servizio, eppure nessuno si aspettava una chiusura completa in una finestra temporale così ristretta: il 18 gennaio 2023, Google Stadia cesserà di esistere.

La notizia ha colto tutti all'improvviso, non solo stampa e giocatori, ma pare anche gli stessi dipendenti di Stadia e gli sviluppatori che stavano lavorando a progetti legati alla piattaforma di cloud gaming in questione.

L'idea che deriva anche da questo modo di gestire la chiusura è che ci sia stata fin dall'inizio una scarsa volontà di inserirsi con decisione nel mercato videoludico, tanto più che la tecnologia alla base del servizio resta solida e perfettamente funzionante, forse la migliore esperienza di cloud gaming provata finora. I problemi sono stati tutti legati alla gestione e alla progettualità, anche se l'inizio era stato promettente, al di là di qualche legittimo dubbio. Ripercorriamo dunque la storia di Google Stadia, dalla rivoluzione alla chiusura.

GDC 2019: viene presentato il futuro del gaming

Google Stadia, una delle immagini promozionali
Google Stadia, una delle immagini promozionali

Google Stadia venne annunciata alla GDC 2019, ma già da quasi un anno si attendeva il lancio ufficiale del servizio: a ottobre 2018 venne infatti aperta la versione beta del cloud gaming di Google, all'epoca noto come Project Stream e limitato a pochi titoli (essenzialmente Assassin's Creed Odyssey di Ubisoft), ma ancora prima si parlava del misterioso Project Yeti già dal lontano 2016. Rispetto alle proposte di cloud gaming precedenti come OnLive, GeForce Now e PlayStation Now, la nuova piattaforma prometteva una maggiore facilità di accesso, potendo essere utilizzata attraverso un semplice browser Chrome su qualsiasi dispositivo, con periodi di alpha e beta che andarono avanti per diversi mesi. Nel frattempo, Phil Harrison entrava a far parte del team dedicato, iniziando peraltro una campagna di reclutamento di sviluppatori già a partire dagli eventi pubblici del 2018 e dimostrando una notevole decisione da parte di Google sul voler puntare al mercato dei videogiochi.

La presentazione in pompa magna avvenne poi con un keynote dedicato durante la Game Developers Conference a marzo 2019, un evento in cui vennero illustrate le caratteristiche tecniche della piattaforma ma anche le prime informazioni sull'organizzazione della divisione Stadia Games, recentemente costituita da Google. Dal punto di vista tecnologico, la proposta rappresenta una notevole evoluzione rispetto a quanto visto in precedenza: sfruttando l'infrastruttura proprietaria dei server Google, Stadia offre la possibilità di giocare con una latenza molto bassa anche con connessioni non eccessivamente avanzate (un minimo di 10 Mbps è la richiesta fondamentale), mentre i computer in rete consentivano fin da subito l'accesso a configurazioni da oltre 10 TeraFLOPS di potenza, in netto anticipo su quella che sarebbe stata la next gen di PS5 e Xbox Series X.

Stadia Games

Jade Raymond al keynote di Stadia
Jade Raymond al keynote di Stadia

Uno degli aspetti distintivi di Google Stadia rispetto ai servizi di cloud gaming precedenti era l'intenzione di proporre giochi esclusivi, o comunque di puntare su una produzione interna di titoli provenienti da collaborazioni con third party o veri e propri titoli first party attraverso la costituzione della divisione Stadia Games e dei team interni. A capo della sezione era stata messa Jade Raymond, diventata una sorta di celebrità nel mondo dello sviluppo videoludico, visti i lavori precedenti presso Ubisoft su Assassin's Creed e Watch Dogs, aver aiutato a fondare Ubisoft Toronto e poi Motive Studios presso EA. Insomma, un nome altisonante che avrebbe dovuto infondere una certa fiducia nel progetto, anche se in molti notarono, all'epoca del keynote di presentazione, come la Raymond avesse assunto il ruolo praticamente da pochi giorni e ci fosse una certa fumosità ancora intorno ai progetti interni.

A breve distanza dalla presentazione, Stadia acquisì Typhoon Studio, a cui si aggiunse poi un secondo team interno di Stadia Games, guidato da Shannon Studstill, altro veterano ex-capo di Sony Santa Monica. Difficile sapere cosa fosse stato realmente avviato negli studi di Stadia Games and Entertainment, visto che la chiusura della divisione è arrivata poco più di un anno dopo, senza praticamente aver lanciato alcun gioco, al di là di qualche esclusiva third party che si è poi rivelata in gran parte temporale. Tuttavia, nel 2019 l'entusiasmo era notevole e il concetto stesso del cloud gaming, fino a lì ancora piuttosto avversato dal pubblico dei videogiochi, sembrava iniziare a fare breccia anche presso la community più tradizionalista.

La proposta di Google Stadia

Google Stadia: controller e Chromecast
Google Stadia: controller e Chromecast

La versatilità e l'accessibilità sono i punti forti di Google Stadia, oltre alla qualità dell'esperienza di gioco in streaming. Di fatto, si è trattato di una delle piattaforme più semplici da utilizzare per poter utilizzare i videogiochi, con la possibilità di accedervi usando un Google Chromecast e il controller Stadia (e una TV, ovviamente), un computer di qualsiasi tipo con browser internet, un tablet con Chrome OS o uno smartphone Android, in questi ultimi tre casi con un qualsiasi controller compatibile. La richiesta minima in termini di connessione è di 10 Mbps (per raggiungere i 720p a 60 fps), ma per salire con le specifiche è necessario avere infrastrutture migliori, fino a 35 Mbps o più per ottenere i 4K con HDR e 60 fps.

Il sistema di abbonamento presenta aspetti interessanti, ma anche piuttosto discutibili: l'accesso gratuito consente di giocare con una risoluzione massima di 1080p a 60 fps (audio stereo), mentre l'abbonamento a Stadia Pro, al prezzo di 9,99 euro al mese, sbloccare il 4K a 60 fps e audio surround 5.1, oltre alla possibilità di accedere a un catalogo di giochi gratis in espansione mensile.

Il punto più alto raggiunto da Stadia è stato forse durante l'inverno del 2020. Cyberpunk 2077, uno dei giochi di maggior peso ad essere arrivati su Stadia in contemporanea con le altre piattaforme, su console è un disastro che scatena polemiche a non finire. La versione Stadia, venduta in un convenientissimo bundle con controller e Chromecast Ultra, garantisce, invece, la stessa qualità di quella PC. Per una volta la piattaforma di Google era il miglior posto nel quale giocare un blockbuster. La pubblicità negativa che ha travolto l'opera di CD Projekt RED, però, ha affossato le vendite a livello globale, nonostante in streaming fosse sin dal lancio moto godibile. Un disastro economico, viste le altissime previsioni di vendita iniziali.

Google Stadia, immagine promozionale con la server farm
Google Stadia, immagine promozionale con la server farm

La possibilità di provarlo gratis è molto interessante, ma il sistema su abbonamento risulta decisamente meno conveniente di altre offerte simili, primo fra tutti Xbox Game Pass che consente l'accesso a un catalogo sconfinato rispetto ai pochi giochi di Stadia Pro, che ha comunque dalla sua una latenza più bassa e una maggiore qualità dello streaming.

Il fatto di dover acquistare i giochi a prezzi praticamente identici a quelli praticati per il mercato retail o per gli store digitali ha rappresentato subito un elemento di forte dubbio, considerando che nel caso di Stadia si acquista solo la possibilità di giocare in streaming ai giochi, senza di fatto possedere nulla in locale.

Febbraio 2021: il grande ridimensionamento

Phil Harrison alla presentazione di Stadia
Phil Harrison alla presentazione di Stadia

Le prime grandi crepe nel progetto Stadia emersero il primo febbraio 2021, quando Google decise di chiudere Stadia Games e Typhoon Studios, portando al licenziamento di 150 persone incluso l'abbandono di Jade Raymond e di fatto alla chiusura di tutti i progetti interni e in esclusiva per la piattaforma. Qualche avvisaglia sul fatto che le cose non stessero andando benissimo era emersa già in precedenza, vista l'evidente impossibilità di raggiungere alcuni degli obiettivi che erano stati posti inizialmente in termini di diffusione e ricavi, mentre per alcune fonti anche il flop al lancio di Cyberpunk 2077, titolo su cui la compagnia puntava molto per spingere la piattaforma, potrebbe aver giocato un ruolo importante. Di fatto, è come se in tale data si fossero concretizzati tutti i dubbi latenti su Stadia e in particolare sull'effettiva volontà e capacità di Google di sostenere gli investimenti e i rischi di un impegno reale e sostanzioso nel mercato dei videogiochi.

Per dare un'idea del bagno di realtà che devono essersi fatti in Stadia all'epoca, secondo alcune testimonianze anche l'acquisizione di Bethesda da parte di Microsoft nel settembre 2020 contribuì a convincere Google ad abbandonare il settore. A dire il vero, la questione può essere vista come una conseguenza logica del modus operandi della compagnia di Mountain View: concentrata storicamente sulla costruzione di tecnologia e sviluppo di servizi, ha solitamente demandato ad altri la creazione dei contenuti e questa visione del business sembrò infine prendere il sopravvento anche in Stadia, fino alla soluzione drastica di cancellare qualsiasi progetto interno e l'intera organizzazione dei first party.

Non sappiamo di preciso l'entità di queste cancellazioni e quali titoli siano stati definitivamente eliminati o recuperati sotto altre forme, ma le voci di corridoio parlano di progetti con grandi nomi dell'industria come Hideo Kojima e Yu Suzuki, un gioco multiplayer con l'ex-sviluppatore di Assassin's Creed, Francois Pelland, e un titolo di Harmonix, oltre a Journey to the Savage Planet 2. Sembra che anche The Quarry di Supermassive Games fosse previsto inizialmente come esclusiva Stadia, così come l'interessante High on Life, riemerso invece su Xbox Game Pass.

Tentativi di rilancio

Google Stadia, altra immagine del controller
Google Stadia, altra immagine del controller

Dal febbraio 2021, la visione di Stadia ha continuato a peggiorare in maniera repentina, con la convinzione che il forte ridimensionamento mettesse a rischio l'esistenza stessa del servizio. Report su alte spese per assicurarsi la presenza di titoli di rilievo e gli investimenti iniziali nella costituzione di Stadia Games sono iniziati a emergere, mostrando il netto contrasto con la scarsa quantità di utenti rispetto alle previsioni della compagnia. In ogni caso, Google ha continuato a cercare di rilanciare il servizio sul fronte degli sviluppatori e degli utenti con alcune iniziative interessanti.

Nello stesso anno è stata lanciata l'app ufficiale per i televisori LG, che di fatto eliminava anche la necessità di un Chromecast per giocare, inoltre alcuni Chromebook sono stati fatti uscire con l'app preinstallata in modo da essere subito utilizzabile. Sul fronte degli sviluppatori, molto interessante è stato l'abbassamento del corrispettivo da versare alla compagnia per l'inserimento dei propri titoli in catalogo. Lo split nei ricavi tra Stadia e team di sviluppo non è stato reso pubblico, ma l'idea è che si trattasse del classico 30/70, con un forte abbassamento a 15/85 come nuove percentuali in seguito a questa iniziativa, fino al raggiungimento di 3 milioni di dollari. Ulteriori vantaggi erano assicurati a sviluppatori che ponevano i propri titoli nel catalogo Stadia Pro o che portavano alla registrazione di nuovi abbonati attraverso i propri canali. Ma probabilmente era ormai troppo tardi.

Chiusura definitiva e rimborsi per tutti

Google Stadia: gli utenti riceveranno rimborsi totali per quanto speso
Google Stadia: gli utenti riceveranno rimborsi totali per quanto speso

Il 29 settembre 2022 Google ha infine confermato la chiusura di Stadia, che avverrà precisamente il 18 gennaio 2023 con lo spegnimento dei server per il servizio. È stato anche confermato il fatto che tutti gli utenti riceveranno dei rimborsi, cosa che rappresenta un primo eclatante caso in questo senso: non era infatti mai accaduto in precedenza che una piattaforma da gioco chiudesse dopo tre anni e consentisse a tutti gli utenti di riottenere i soldi spesi per tutto, dall'eventuale hardware dedicato a tutti i giochi acquistati nel periodo di attività del servizio. Si tratta, se non altro, di una decisione davvero molto positiva per i consumatori, addirittura sorprendente, ma è probabilmente legata al particolare modello di business su cui si basa Stadia, che richiede acquisti standard per prodotti che non esistono in locale per gli utenti e possono essere fruiti solo attraverso l'attività del servizio.

Se l'aspetto monetario degli utenti è stato dunque salvaguardato, grazie all'ottima iniziativa dei rimborsi, la chiusura comporta comunque diversi inconvenienti sia per i giocatori che per gli sviluppatori. Per quanto riguarda i primi, l'impossibilità di accedere al servizio determina ovviamente la necessità di ricorrere a un'altra piattaforma per poter continuare a giocare, dovendo riprendere in considerazione l'acquisto di hardware e il recupero dei giochi desiderati. Il rimborso ovviamente assorbe il danno per quanto riguarda il recupero del software, ma resta il fatto che i progressi e i salvataggi potrebbero venire persi per sempre con la chiusura di Stadia, motivo per il quale vari publisher come Ubisoft e Bungie stanno cercando di trovare il modo di trasferire account e dati ad altre piattaforme.

Per quanto riguarda gli sviluppatori, la chiusura sempre aver colto di sorpresa, paradossalmente, anche questi. Su Twitter e vari social media sono visibili i commenti stupiti e sconvolti di molti addetti ai lavori impegnati su giochi che sarebbero dovuti uscire su Stadia, cosa che può dare un'idea di come la chiusura del cloud gaming Google rappresenti una sorta di terremoto anche nella sfera dello sviluppo videoludico. D'altra parte, sembra che anche molti degli stessi dipendenti di Stadia abbiano saputo della decisione solo pochi minuti prima che questa diventasse pubblica, a dimostrazione di come la scelta sia avvenuta in maniera improvvisa.

Cos'è andato storto?

Google Stadia: la tecnologia di base resta il suo punto di forza
Google Stadia: la tecnologia di base resta il suo punto di forza

Senza avere dati precisi sulla quantità di utenti di Google Stadia - e la compagnia non sembra intenzionata a diffondere tali informazioni - è difficile anche dire precisamente come siano andate le cose e cosa sia andato decisamente storto. Secondo alcune stime, nel 2022 il servizio conterebbe su circa 2 milioni di utenti attivi, una quota effettivamente molto bassa se paragonata all'utenza di console o PC, ma non eccessivamente negativa nell'ambito specifico del cloud gaming. Tuttavia, è chiaro come Google probabilmente avesse intenzione di ottenere risultati ben diversi, trattando Stadia come una vera e propria piattaforma a parte in grado di competere con i grandi attori dell'industria. Anche per questo motivo emerge chiaramente un certo scollamento tra l'organizzazione generale di Google e il modo in cui è stata gestita Stadia Games e la divisione relativa al servizio in streaming: di fatto si può dire che l'unica cosa che abbia veramente funzionato a dovere sia stata la pura e semplice tecnologia alla base di Stadia.

Non è poco, trattandosi della base fondamentale di un servizio del genere, ma non abbastanza per garantire un apporto costante di utenti. Il punto più critico dell'intera organizzazione è rappresentato probabilmente dal fatto di richiedere un abbonamento per il solo accesso al servizio, con la necessità di acquistare la possibilità di fruire dei singoli giochi (senza di fatto possederli) a prezzi che si sono rivelati in linea con il mercato standard. Un'idea che potrebbe risultare del tutto accettabile nel prossimo futuro (e uno spostamento del paradigma verso la "spesa per fruizione" lo vediamo già con vari altri servizi su abbonamento), ma evidentemente ancora poco comprensibile da buona parte degli utenti.

La chiusura dei team interni ha di fatto eliminato qualsiasi possibilità di caratterizzare l'offerta con una produzione originale interna, portando alla costruzione di un catalogo limitato e con uscite spesso in netto ritardo rispetto alla concorrenza. Se a questo si aggiunge l'evidente scarsa convinzione con cui Google ha gestito tutto il progetto, è facile notare quanti elementi abbiano puntato verso il fallimento dell'impresa, anche senza ricorrere alle battute sul curriculum di Phil Harrison (che ovviamente non sono mancate).

Resta la speranza che la tecnologia di Stadia non vada del tutto persa e il recente approccio in stile servizio white label potrebbe essere positivo in questo senso: Google ha iniziato a concedere l'uso dei propri server per iniziative specifiche da parte di terze parti, come abbiamo visto con l'accordo con AT&T per offrire Batman: Arkham Knight agli utenti, o con la demo giocabile in streaming di Resident Evil Village. L'ideale sarebbe offrire la tecnologia in accordo con i publisher per fornire la possibilità di giocare in cloud gaming a singoli titoli, in modo da non disperdere totalmente quanto di ottimo resta nell'esperienza di Google Stadia.