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Il lato oscuro delle live streaming in Cina

Uno streamer cinese è morto a causa del troppo lavoro. Il mercato cinese dello streaming rappresenta un faro per il resto del mondo: che lezioni possiamo trarre?

Il lato oscuro delle live streaming in Cina
SPECIALE di Lorenzo Mancosu   —   17/12/2023

Il 10 novembre del 2023 a Zhengzhou, in Cina, lo studente Li Hao è stato trovato morto in casa sua da un gruppo di amici: vano è stato l'immediato trasferimento in ospedale, perché apparentemente il ragazzo era già deceduto a causa dello sfinimento dovuto alle cinque precedenti nottate di lavoro svoltesi senza sosta. La particolarità della vicenda sta nel fatto che Li Hao lavorava come streamer per la Henan Qinyi Culture and Media Company, che gli aveva da poco assegnato il turno di notte impegnandolo in sessioni di trasmissione di Genshin Impact della durata di nove ore ciascuna, alle quali il ragazzo alternava la frequentazione del Ping Ding Shan Vocational and Technical College.

Il contratto di stage che legava Li Hao alla compagnia prevedeva un minimo di 240 ore di streaming ogni 26 giorni, ovvero circa 9 ore al giorno, oltre alla registrazione e al montaggio di 15 contenuti video originali, per un corrispettivo netto di 3.100 Yuan, ovvero 400 euro. In seguito alla tragedia - sempre che di tragedia si possa parlare - la società ha negato ogni genere di responsabilità: Mr Zhang, rappresentante legale, ha affermato che "si trattava di una semplice collaborazione", sostenendo che "molti streamer hanno problemi nella gestione del proprio tempo in diretta", prima di offrire alla famiglia una compensazione di 5.000 Yuan che a suo dire non sarebbe neppure dovuta.

Il mercato delle dirette in streaming cinese, grazie alla penetrazione dell'e-commerce, vale 300 miliardi
Il mercato delle dirette in streaming cinese, grazie alla penetrazione dell'e-commerce, vale 300 miliardi

L'anno scorso, durante il capodanno cinese, il moderatore della piattaforma streaming Bilibili "Muse Muxin" era morto in seguito a un'emorragia cerebrale dopo aver trascorso l'intera giornata festiva a monitorare le trasmissioni, riaccendendo per l'ennesima volta la discussione attorno ai carichi di lavoro delle compagnie tech del paese: in quell'occasione, pare che BiliBili denunciò i giornalisti che riportarono la questione sul social network Weibo. Nel corso degli ultimi anni è addirittura stata coniata una nuova parola, ovvero "Guolaosi" - un equivalente del ben più noto "Karoshi" giapponese - nientemeno che la morte dovuta all'eccesso di lavoro. Si stima, infatti, che questo genere di morte colpisca ormai 600.000 persone all'anno nel solo territorio cinese.

Il Vaso di Pandora delle live streaming cinesi, d'altro canto, non si esaurisce con vicende come quella di Li Hao: lo scorso giugno, Zhong Yuan Huang Ge è diventato il secondo streamer a morire in seguito a una "challenge" in cui avrebbe dovuto consumare alcolici, mentre nel 2021 Luo Xiao Mao Mao Zi - dopo aver parlato velatamente della depressione che l'affliggeva, in quanto tabù - è stata invitata dal pubblico a bere del pesticida in diretta, cosa che ha condotto anche lei alla morte. Ma queste sono solo alcune delle storie che orbitano attorno al complesso mondo del live streaming in un paese in cui stanno nascendo vere e proprie 'fattorie' in cui si allevano gli influencer di domani. Il lato oscuro dello streaming cinese pianta radici in un'industria dal successo planetario: può servire da monito per il panorama occidentale?

Si va in diretta: la Internet Celebrity Economy

Zhang Dayi è la 'Chiara Ferragni cinese', ma la maggior parte del suo successo deriva dallo streaming
Zhang Dayi è la "Chiara Ferragni cinese", ma la maggior parte del suo successo deriva dallo streaming

Il mondo del live streaming cinese ha una storia molto più antica rispetto alla controparte occidentale popolarizzata da Justin.tv - piattaforma dalla cui costola nacque Twitch - pertanto rappresenta una fotografia raramente accurata del possibile futuro che ci attende all'orizzonte. Oggi, il mercato dello streaming in Cina vale più di 300 miliardi l'anno e no, non si tratta di un errore di battitura. Nei primi dei 2000, il fenomeno orbitava per lo più attorno alla pura e semplice spettacolarizzazione del gaming: esattamente come accaduto dalle nostre parti, i contenuti che andavano per la maggiore erano quelli dei gamer, dei let's player, dei giocatori professionisti che si esibivano di fronte a folle sempre crescenti d'appassionati, e servirono circa una decina d'anni prima che gli streamer più in vista arrivassero a incassare cifre interessanti. Poi, esattamente come accaduto dalle nostre parti, la deriva del cosiddetto "Just Chatting" ha letteralmente preso il sopravvento: la nascita di nuove piattaforme come YY e l'emersione di figure quali MC Tianyou e Big Li - che per prime sfondarono il muro degli 11 milioni di dollari l'anno di ricavi - spianarono la strada alla moderna corrente non dissimile dalla radio o da un qualunque talk show.

Nel paese si è discusso spesso della questione economica relativa allo streaming, specialmente dalle parti di colossi del calibro di MC Tianyou e Big Li. La principale fonte di guadagno degli streamer cinesi è sempre derivata dalle donazioni degli utenti anziché dagli investimenti dei brand, e questo fattore ha portato alla nascita della figura artificiale del "Diaosi": si tratta di un termine auto-dispregiativo che incarna sostanzialmente una connotazione bonaria del "perdente", il tipico cittadino medio che affronta le difficoltà del quotidiano, una sorta di Fantozzi all'orientale. Lo streamer, nonostante l'enorme gap di natura sociale ed economica che lo separa dal suo pubblico, deve presentarsi come un "Diaosi", ossia un'immagine speculare dell'utenza che lo mantiene, la maggior parte della quale appartiene alla classe operaia. In tale contesto ha preso forma la cosiddetta "relazione parasociale" che matura fra consumatore e influencer, spesso indicata dagli studiosi come la chiave di volta dell'intero modello di business dello streaming: quel rapporto d'amicizia, di vicinanza, addirittura d'amore a senso unico e mai ricambiato, che siede alla base della rilevanza mediatica delle figure digitali. Il documentario "People's Republic of Desire", pubblicato nel 2018 e disponibile a noleggio su diverse piattaforme, segue le vite di due giovani cinesi che si muovono all'interno del grande marchingegno del live streaming, spiegando nel dettaglio la maggior parte delle dinamiche economiche e d'ingegneria sociale che regolano tale universo, dalla questione "Diaosi" fino a quella dei "Tuhao", le 'balene' che alimentano l'industria.

Il documentario del 2018 People's Republic of Desire racconta il dietro le quinte del mondo dello streaming in Cina
Il documentario del 2018 People's Republic of Desire racconta il dietro le quinte del mondo dello streaming in Cina

Non c'è bisogno di dire che le analisi del pubblico - non solo di quello cinese - hanno portato all'emersione di numerose criticità che stanno iniziando a presentarsi anche sul fronte occidentale: l'utenza dello streaming spende spesso somme che non si può permettere con l'obiettivo di alimentare il rapporto illusorio, considera lo streamer il suo migliore amico in una vita altrimenti solitaria, nei casi peggiori arriva a inquadrarlo come un compagno di vita a tutti gli effetti anche sul piano sentimentale. In ogni caso, è stato fra il 2015 e il 2017 che la Internet Celebrity Economy si è imposta come un colosso, circa quattro anni prima che la medesima esplosione toccasse le sponde occidentali, stravolgendo completamente la percezione di tali figure: Zhang Dayi - che per semplicità d'informazione potremmo definire la Chiara Ferragni orientale - ha sfruttato la sua popolarità sulla piattaforma Sina Weibo riuscendo a garantirsi entrate annuali che sono stimate nell'ordine dei 46 milioni di dollari, una cifra enorme se paragonata ai redditi delle attrici più in vista del paese; un percorso simile a quello seguito da Papi Jiang - nome d'arte della comica Jian Yiley - che attraverso un singolo video è riuscita ad affermarsi come la regina delle "wanghong" attirando l'attenzione di un grosso investitore. Il termine "wanghong" è un'estensione dei vocaboli inglesi "streamer" e "influencer": letteralmente significa "fama su internet", ma nel corso degli anni è arrivato ad abbracciare tutte le sfaccettature delle moderne professioni digitali, in particolar modo la figura del "presentatore virtuale".

Ma come si è arrivati a configurare un mercato da centinaia di miliardi di euro? La risposta risiede nell'ultima corrente ad aver segnato il mondo dello streaming cinese, che dopo il gaming e il "Just Chatting" ha trovato un punto d'arrivo nella cosiddetta industria "e-commerce live streaming". Si tratta di un modello di e-commerce che consente all'utenza di acquistare prodotti mentre questi vengono presentati in diretta da uno o più wanghong. Piattaforme come Taobao, Douyin e Kuaishou ospitano le live sponsorizzate dai brand che aderiscono al modello, per un corrispettivo medio tendenzialmente superiore ai $60.000 l'ora più una commissione del 20% su ciascuno degli articoli venduti dal presentatore. La succitata Zhang Dayi, già nel 2017, guadagnava mediamente 3 milioni di dollari l'ora attraverso collaborazioni di questo genere, mentre all'epoca società come KPMG e Ali Research sostennero che tale mercato avrebbe superato i 300 miliardi entro il 2021, avvicinandosi molto alla verità. Questi risultati, d'altra parte, hanno mutato profondamente la cultura dello streaming, generando pesanti conseguenze sulle fette più piccole della torta: milioni di giovani del paese sognano oggi di diventare dei wanghong e ovviamente sono sorte società pronte a esaudire tale desiderio.

Le incubatrici di streamer, il problema sociale e parasociale

Dei Key Opinion Leader promuovono prodotti sulle piattaforme di streaming
Dei Key Opinion Leader promuovono prodotti sulle piattaforme di streaming

L'aspirante wanghong Li Hao, deceduto in seguito a una serie di live streaming notturne, lavorava per Henan Qinyi Culture and Media Company trasmettendo dirette prevalentemente dedicate al Genshin Impact di Hoyoverse. Si tratta di una fra le migliaia di appendici che sono germogliate attorno all'enorme industria degli wanghong: il fenomeno ha infatti portato alla nascita di accademie per formare tali figure, di società di influencer management specializzate, talvolta di grossi investitori che scommettono milioni di dollari su un singolo personaggio, come successo alla sopracitata Papi Jiang. La maggior parte di queste società attirano i giovani promettendo un percorso di formazione e il costante supporto tecnico e artistico necessari per raggiungere nell'arco di pochi mesi uno stipendio medio di 10.000 Remnibi, ovvero circa 1290 euro, con la promessa che all'ipotetico raggiungimento di un milione di follower ci si riesca facilmente ad assestare su somme superiori ai 12.000 euro di reddito mensile. Ovviamente tali proiezioni non corrispondono quasi mai alla realtà: ci sono testimonianze documentate, come quella della diciannovenne Er Xuan che si è presa le prime pagine del South China Morning Post, che raccontano la dura realtà che si nasconde dietro questa facciata, spesso denunciandola in maniera inconsapevole e senza intenti denigratori.

Oltre a imporre regimi di vita insostenibili e una quantità di regole fuori dal comune - non dissimili da quelle che regolano il panorama asiatico degli 'Idol' - queste società di influencer training e management offrono un salario medio di 5.000 Yuan al mese per 720 ore di dirette su base trimestrale, considerate il minimo necessario per diventare "rilevanti". Spesso vengono messe a disposizione di questi ragazzi delle stanze di sei metri per sei nelle quale è fornito solamente il materiale necessario per effettuare le dirette e montare i video, ovvero un computer, una scrivania, una sedia e uno sfondo costruito ad arte. Er Xuan racconta che, avviando le trasmissioni, gli streamer possono trattenere parte delle donazioni per un totale che non sia superiore ai 3.000 Yuan mensili, dal momento che tutto l'eccesso deve finire nelle tasche delle società di management. Di incubatrici votate alla produzione in massa di wanghong ne esistono ormai a migliaia, e la maggior parte di esse nascono con l'obiettivo di produrre enormi batterie di piccoli influencer da vendere ai grandi brand. Capitalizzando sull'illusione e la speranza di diventare la nuova Zhang Dayi, oggi sono fiorite gigantesche "farm" di KOL - ovvero Key Opinion Leader - come l'immensa Ruhnn, che raduna i giovani in grossi edifici stipati di studi prima di costruirgli attorno catene di produzione e di distribuzione. In tale contesto maturano anche le storie di ragazzi come Li Hao, che studiano al college e tentano di sfondare nel mondo dello streaming di videogiochi, riducendo ai minimi termini la propria vita e la propria salute.

Due anni fa il New York Times ha pubblicato il documentario Inside the Daily Life of a Live Streaming Star in China - che potete trovare proprio qui sopra - e che esplora le vicende di due diverse agenzie, analizzando la quotidianità di wanghong come la giovane Jin He, all'epoca il fiore all'occhiello della casa. Oltre a squarciare il velo sul dietro le quinte del sistema streaming e il regime di vita dei KOL, il servizio alza il sipario sulle diverse campane della relazione parasociale: da una parte ci sono le società di management cinesi, che formano le proprie batterie di ragazze wanghong come "puro primo amore" da presentare al pubblico spendente, mentre dall'altra ci sono i fan, i grossi committenti, le abbienti "persone sole" che arrivano a spendere cifre superiori ai 70.000 dollari nel tentativo di conquistare l'attenzione di chi si trova dall'altra parte dello schermo senza neppure sapere che esistano. Jin He, la protagonista del documentario, è fra le altre cose un'aspirante cantante la cui vita viene controllata fino al più piccolo dei dettagli, secondo una sorta di sfruttamento dell'anima che, alla fine, le ha domandato anche di rinunciare alla sua più grande passione.

La cementazione dell'industria ha portato milioni e milioni di giovani a sognare una carriera nel mondo del live streaming, per quanto si tratti in realtà di uno fra i settori più difficili nei quali trovare una stabilità economica e sociale: uno studio di Tencent Research ha appurato che il 54% degli studenti cinesi aspira a un futuro da celebrità di internet. Conseguenza naturale di tale quadro, brevemente trattato in apertura, è il compimento di atti estremi in diretta su piattaforme come Douyin - null'altro che la versione cinese di TikTok, decisamente più sviluppata rispetto a quella internazionale - allo scopo di trattenere il pubblico, atti che in più d'un occasione hanno portato i broadcaster alla morte. A margine, capita con una certa frequenza che persino alcuni fra i volti più in vista delle piattaforme si volatilizzino all'improvviso senza lasciar traccia né fornire alcuna spiegazione: è il caso di Huang Wei e Li Jiaqi - in arte Viya e Austin Li - che nonostante le decine di milioni di follower accumulati sono apparentemente svaniti nel nulla in seguito ad alcune controversie che li hanno coinvolti.

C'è un monito per l'occidente?

Quanto è siderale la distanza che separa il mercato orientale da quello occidentale?
Quanto è siderale la distanza che separa il mercato orientale da quello occidentale?

Molto probabilmente gli immensi guadagni dell'e-commerce in live streaming non sono il frutto di una formula riproducibile nel tessuto culturale occidentale, ma osservando da vicino la maturazione del fenomeno in Cina si ottiene un quadro molto simile all'evoluzione delle nostre piattaforme. La nascita della figura embrionale dello streamer di videogiochi, il primo grande boom del segmento gaming, l'espansione dei contenuti Just Chatting, e l'emersione di vere e proprie celebrità che valgono milioni, sono pietre miliari comuni a entrambi i mosaici, come lo sono anche molte delle criticità di natura sociale che stanno maturando assieme a questo nuovo medium. Anche se non esistono statistiche comprovate e il massimo su cui si può fare affidamento sono sondaggi su scala ristretta, si stima per esempio che oltre il 70% degli streamer attivi su Twitch non abbiano alcun genere di entrata, circa il 15% fra i $15 e $100 mensili, mentre solo lo 0,015% possa contare su entrate superiori al salario minimo statunitense. Allo stesso modo, ci sono ormai diversi studi - sull'argomento ne esistono oltre 30.000 - che trattano il rapporto di tipo parasociale e le conseguenze inattese sulla sfera economica e sociale dei soggetti più a rischio, che incidentalmente costituiscono anche la spina dorsale della Internet Celebrity Economy.

Si tratta di un quadro in costante mutamento e soprattutto estremamente variopinto: un contenitore come quello delle dirette in streaming ospita ormai produzioni e personalità d'ogni genere, vede la partecipazione di decine di business differenti, risponde alle esigenze di diversi mercati e brand, pertanto è molto facile cadere in errate generalizzazioni. La nascita di un'industria mai vista prima, in un paese fatto di complessità e grandi contraddizioni come la Cina, genera inevitabilmente sistemi disfunzionali che diventano terreno fertile per casi come quello che ha recentemente toccato Li Hao ed estremizzazioni delle problematiche comuni. D'altra parte, in occidente, si tratta tutt'ora di un mercato fondato sul tabù, su dozzine di elementi sui quali si sceglie di tacere, su informazioni che non devono essere diffuse, come per esempio i guadagni degli operatori del settore, la questione relativa alle finanze dei donatori, il monte ore dalle piattaforme contrattualizzanti, le criticità del rapporto di tipo parasociale, il crescente fenomeno del burnout e l'enorme tassa psicologica cui è soggetto ogni broadcaster.