Nelle scorse settimane il mondo della "cultura pop" è stato travolto da un annuncio che ha scatenato le reazioni più disparate: Robert Downey Jr tornerà a prestare i suoi servizi al Marvel Cinematic Universe, ma appenderà al chiodo l'armatura di Iron Man per misurarsi con la maschera del Dr Doom. Al di là del modo in cui ciascuno ha deciso di accogliere questa specifica operazione, Disney ha scelto ancora una volta di investire decine di milioni su un volto familiare nel tentativo di riprodurre i successi del passato, gettando al pubblico quella confortevole esca della nostalgia che, sempre più spesso, è considerata dai colossi dell'industria come l'unica chiave in grado di forzarne il cuore.
Si tratta, del resto, di un fenomeno che ha ormai da tempo contagiato il mondo dell'intrattenimento, le cui nuove idee finiscono spesso per navigare alla deriva convincendo gli investitori, ma soprattutto i direttori creativi, a cercare un futuro che passa quasi esclusivamente attraverso il passato. Basti pensare al settore dei videogiochi, che in un periodo di grande tumulto sta riuscendo a generare le maggiori scariche d'adrenalina attraverso l'annuncio dei grandi ritorni dei franchise scomparsi e le edizioni remake, tratteggiando i contorni di fiere e presentazioni durante le quali le novità, per quanto rarefatte, vengono accolte con diffidenza o peggio con indifferenza, mentre i nomi noti sono sostenuti dagli applausi.
Le folle esultano per il ritorno di Metal Gear Solid, per le riproposizioni di Resident Evil, ripongono le speranze nel futuro capitolo della saga di Darksiders o in quello di Perfect Dark, mentre guardano sospettosi verso delle novità che, dal canto loro, non sembrano in grado di avviare il motore di una nuova età dell'oro. Il che, ovviamente, è un riflesso della crisi delle idee che sta caratterizzando l'industria contemporanea, per certi versi un cane che si morde la coda: gli investimenti vengono condensati nelle ispirazioni dal sicuro successo, lasciando pochissimo spazio per la ricerca e sviluppo di produzioni originali che, anche quando vengono foraggiate, sembrano incapaci di far breccia nel mercato.
Quando è stata l'ultima volta che un nuovo videogioco ha ottenuto un successo tale da gettare le radici di una nuova saga di blockbuster? In passato accadeva di continuo, nei soli 2000 per esempio abbiamo assistito alle genesi di Halo, di Gears of War, di Uncharted, di Mass Effect, di Assassin's Creed, di Bioshock e di decine di altri universi. Oggi, invece, la strada per la sostenibilità dell'industria AAA risiede nell'investimento certo, nella spremitura dei frutti germogliati dai semi del passato: la nostalgia sta funzionando nel mondo dei videogiochi?
Come stanno i remake?
Lo strumento più banale che emerso nel corso degli ultimi quindici anni e che si è ritagliato una posizione di assoluta preminenza - vista anche la facilità nella messa in scena rispetto ad altri media - è senza ombra di dubbio quello del remake, in sé una creatura caleidoscopica che si è presentata attraverso dozzine di forme differenti.
Il benchmark è stato fissato da Capcom con il suo approccio alla serie Resident Evil, centro di gravità attorno al quale è stata costruita una riproposizione dell'intera saga in chiave contemporanea frutto di un lavoro particolarmente invasivo. Il gioiello della corona, Resident Evil 2 Remake, è riuscito a piazzare oltre 14 milioni di copie, rivelandosi il capitolo più venduto in assoluto nella storia del franchise nonché una potenza capace di oltrepassare in scioltezza i risultati degli episodi moderni. Se da una parte la straordinaria qualità di questi progetti e la mole di cambiamenti apportati alla formula - capaci tuttavia di rispettare l'originale al millimetro - hanno tracciato un successo dorato, dall'altra tale successo è un'ulteriore testimonianza della difficoltà nella maturazione di idee originali.
Più delicata la situazione di un'altra operazione remake, una che al momento dell'annuncio era stata in grado di scuotere le fondamenta del settore, scatenando il boato più forte mai registrato nella storia dell'E3: quella di Final Fantasy VII Remake. In questo caso, tuttavia, le cose sono andate molto diversamente rispetto ai lidi di Resident Evil: il primo episodio ha infatti registrato un calo netto delle vendite rispetto al precedente capitolo numerato del franchise, mentre nel caso di Rebirth - nonostante la qualità dell'opera - si è arrivati a toccare il minimo storico di copie vendute per un capitolo moderno della saga. Ovviamente questi dati, già di per sé incompleti, sono viziati dall'esclusività temporale PlayStation 5, ma negli ingranaggi c'è qualcosa che non ha funzionato: la scelta di frammentare l'operazione in tre capitoli, unitamente a quella di intervenire sulla trama, sembra aver macchiato irrimediabilmente l'iniziativa potenzialmente più redditizia di casa Square Enix. Sembra molto difficile che, per eventuali remake futuri, la compagnia possa scegliere una struttura simile.
Altrettando discussa è stata la recente deviazione di Sony Interactive Entertainment, che ha scelto di riproporre i capitoli di The Last of Us con una cadenza anomala rispetto alla classica emersione di remake e remastered, fra l'altro senza diffondere alcun dato relativo alle vendite. La compagnia, dal canto suo, ha dimostrato da tempo l'interesse per il recupero di antiche ispirazioni, e lo ha fatto prevalentemente attraverso Bluepoint Games, studio che ha riportato in vita Shadow of the Colossus e Demon's Souls, con il secondo che ha rappresentato un perno fondamentale nella line-up di lancio di PS5, tagliando nel corso dell'anno il traguardo degli 1.4 milioni di copie vendute; in linea generale, la sensazione è che l'esclusività non paghi più di tanto quando si tratta di rifacimenti.
Nel frattempo, l'industria si è costellata di grandi ritorni, da quelli della Crash Bandicoot N'Sane Trilogy e Crash Team Racing: Nitro Fueled fino alla Spyro Reignited Trilogy, passando per due colossi giganteschi come Pokémon Let's Go Pikachu e Eevee - fra gli ultimi arrivati nella sfilza di rifacimenti targati Pokémon - per arrivare infine a dozzine di altri franchise che sono riemersi dalle botteghe di piccoli e grandi publisher.
E come stanno, oggi, i remake? Analizzando le pubblicazioni di maggior successo ci si trova di fronte a una fetta di mercato che raramente riesce a eguagliare i risultati a breve termine dei nuovi fenomeni di massa - leggasi produzioni enormi come Elden Ring, Baldur's Gate 3 o Hogwarts Legacy - ma capace di mettere mediamente in imbarazzo i risultati delle nuove pubblicazioni. Si tratta, quindi, di un terreno di mezzo che colma la distanza fra i tripla A maggiori - la cui frequenza di uscita si sta abbassando di anno in anno - e la media delle nuove IP, facendo affidamento su una struttura estremamente più semplice da costruire e soprattutto su una potenziale base installata a dir poco enorme.
Il futuro delle riedizioni, fra remake, remastered e lanci speciali
Al momento, la marea di riedizioni di videogiochi del passato - fra remake, remastered e pubblicazioni "speciali" - non accenna minimamente a frenare la sua corsa: solo questo mese ha visto luce Tombi! Special Edition, il titolo più atteso sulle nostre pagine rimane da qualche tempo Age of Mythology: Retold, mentre gli occhi del mondo rimangono puntati sui grandi ritorni targati Konami. Nel corso degli ultimi giorni il remake di Gothic si è finalmente mostrato, abbiamo un Prince of Persia: The Sands of Time in ballo ormai da qualche tempo, mentre si è alzato il sipario sulla trilogia originale di Dragon Quest.
Se da una parte persino CD Projekt si trova al lavoro su un remake del primo The Witcher, dall'altra c'è una Nintendo che sta lentamente donando nuova linfa vitale a tonnellate delle sue produzioni più amate, avendo trovato nelle varianti HD una vera e propria vena d'oro inesauribile. Al momento ci sono tonnellate di versioni remake e reprise già annunciate: vediamo giusto le più importanti.
- Age of Mythology: Retold
- Disney's Epic Mickey: Rebrushed
- Silent Hill 2
- Romancing SaGa 2: Revenge of the Seven
- Romance of the Three Kingdoms 8 Remake
- Dragon Quest I & II HD-2D Remake
- Dragon Quest III: HD-2D Remake
- Beyond Good and Evil 20th Anniversary Edition
- Broken Sword - Shadow of the Templars: Reforged
- Clock Tower: Rewind
- Front Mission 3
- Gothic
- Lollipop Chainsaw: RePOP
- Max Payne 1 & 2 Remake
- Metal Gear Solid Delta: Snake Eater
- Prince of Persia: The Sands of Time
- Shadows of the Damned Hella Remastered
- Sonic X Shadow Generations
- Splinter Cell
- Star Wars: Knights of the Old Republic Remake
- Suikoden I&II HD Remaster Gate Rune and Dunan Unification Wars
- The Witcher
- Until Dawn
Grandi brand e nostalgia: la ricetta funziona?
"O muori da eroe o vivi abbastanza a lungo da diventare il cattivo", diceva l'Harvey Dent secondo Christopher Nolan, frase che potremmo parafrasare affermando che, dato un periodo di tempo abbastanza lungo, la maggior parte delle grandi saghe sembrano destinate a conoscere nel migliore dei casi una flessione e nel peggiore un crollo. Anziché tentare di gettare le fondamenta di una nuova era, i grandi publisher dei videogiochi sembrano sempre più determinati a rimettere in scena in scala uno a uno le loro rispettive età dell'oro, che si tratti dei remake di Final Fantasy, della versione Classic di World of Warcraft o della seconda giovinezza della serie di Resident Evil.
A margine, recenti dichiarazioni delle principali figure di peso dell'industria, fra cui spicca Phil Spencer, raccontano un settore AAA ormai costretto a scommettere su franchise affermati da anni o grosse produzioni su licenza al fine di mitigare la lievitazione dei costi; esaminando il fronte di Xbox, i più costosi e impegnativi progetti all'orizzonte sembrano il nuovo DOOM, un prequel di Gears of War, così come i grandi ritorni di Fable e Perfect Dark, ma si tratta per l'appunto di un singolo esempio che racconta un'industria intera, perché anche la rivale Sony ha da tempo imboccato una direzione molto simile, trovandosi sempre più ancorata ai suoi marchi di punta.
È evidente che la seconda metà della nona generazione sarà ulteriormente caratterizzata dalla produzione di nuovi capitoli di saghe storiche che, tuttavia, faticano sempre più spesso a replicare i fasti del passato. A stare attraversando fasi di mutamento non è solamente il mercato, ma anche la struttura degli studi e le stesse figure dei creativi, generando crisi così come evidenti oscillazioni nel gradimento da parte del pubblico, come quelle che hanno colpito 343 Industries e la serie Halo, oppure quella che sembra star per investire il prossimo Dragon Age di Bioware dopo un già dimenticabile Mass Effect Andromeda. Sarà interessante, a tal proposito, analizzare la risposta a un Assassin's Creed Shadows funestato dalle polemiche e parte di una serie che ciclicamente ha incontrato momenti di stanca.
Ovviamente ci sono anche delle eccezioni, come per esempio il God of War di Santa Monica Studio che è riuscito a innestare nuova linfa vitale in una serie ormai tramontata, ci sono saghe in piena salute come quelle di Atlus e del team Ryu ga gotogu, ma ci sono soprattutto autori che sembrano aver trovato la ricetta dell'immortalità, spesso nella formula dell'antologia. The Legend of Zelda, per esempio, ha individuato un modo per sopravvivere come saga per oltre trentacinque anni stravolgendo o innovando pesantemente ciascun capitolo, al tempo stesso incrementando esponenzialmente i numeri delle vendite, come accaduto anche al fratellone Mario, a Grand Theft Auto e a pochissimi altri eletti.
Ad andare in controtendenza rispetto ai grandi produttori sono giusto una manciata di mosche bianche come una FromSoftware che, al di là della trilogia di Dark Souls, ha avuto tantissime possibilità per avviare delle saghe affermate a partire dalle sue IP moderne ma ha scelto di non farlo. Un discorso simile si potrebbe fare per Larian Studios, che ha recentemente scioccato il mondo annunciando la scelta di abbandonare la licenza di Baldur's Gate per mettere in cantiere qualcosa di nuovo, anche se potrebbe rivelarsi un semplice ritorno alle atmosfere di Divinity: Original Sin.
La domanda più grande rimane ancora senza risposta: perché l'intero mondo dell'intrattenimento sta faticando così tanto a reinventarsi? Si può, come accade sempre più di frequente, ridurre ancora una volta il tutto all'incertezza economica che penalizza la ricerca e premia le ispirazioni dal sicuro successo? La questione sembra più complessa del solito per quanto riguarda il mondo dell'intrattenimento, perché le novità negli ultimi anni non sono mancate, ma al di fuori di pochissimi guizzi d'autore - tanto nel mercato di massa quanto nel sottobosco indipendente - la maggior parte delle ispirazioni sembrano destinate all'oblio, alimentando di conseguenza una nuova ondata di ritorni al passato.