Il 2015 è forse stato il primo anno in cui PS4 e Xbox One hanno iniziato a mostrare di cosa fossero capaci, con il lancio di una serie di giochi di grande calibro, destinati a rimanere dei paradigmi per l'intero ciclo vitale delle due piattaforme in questione. Poche le novità in ambito hardware, al di là del lancio del New Nintendo 3DS che rimarrà poi più che altro un abbozzo, visto lo scarso sfruttamento del potenziale aggiuntivo, mentre per il resto abbiamo assistito soprattutto alla definitiva esplosione delle nuove piattaforme e l'abbandono progressivo delle console precedenti. Dopo il lancio del 2013 e il rodaggio del 2014, il 2015 entrò sostanzialmente nel vivo della generazione PS4 e Xbox One, con una quantità di giochi di grosso calibro veramente impressionante.
In effetti, potrebbe essere considerato uno dei migliori anni in assoluto nella decade passata, in termini di uscite: nell'arco dei 12 mesi abbiamo assistito all'arrivo di The Witcher 3: Wild Hunt, Bloodborne, Metal Gear Solid 5, Halo 5, Fallout 4, Ori and the Blind Forest oltre all'uscita di Grand Theft Auto V in versione PC e vari altri titoli che sono poi rimasti impressi nell'immaginario videoludico come alcuni dei giochi migliori della generazione e del panorama recente in generale. È stata dunque una fase di massima espressione degli hardware, ancora piuttosto lontana dal rilancio delle mid-gen e dal declino che sarebbe poi iniziato solo più avanti, in prossimità del ricambio generazionale del 2020.
L'E3 dei sogni e delle trasformazioni
Il momento emblematico del 2015 è stato l'E3, che ha portato parecchie novità su Xbox One ma soprattutto su PS4, passando alla storia come l'E3 dei sogni, in cui sono stati annunciati alcuni progetti a lungo desiderati dagli utenti e che sembravano finalmente realizzarsi, anche se tutti sarebbero arrivati comunque solo parecchio tempo dopo. Sul fronte Microsoft, la nuova gestione di Phil Spencer cominciava a ingranare, dopo l'inizio disastroso per le scelte ben poco apprezzate (ma anche non capite, all'epoca) di Don Mattrick: con un gap ormai importante rispetto a PS4, Spencer inizio una sorta di rivoluzione interna che avrebbe poi portato di lì a poco all'unificazione dell'ambiente Xbox e PC, con l'uscita di Windows 10 avvenuta proprio nel 2015. Tra gli altri temi di rilievo ricordiamo il rilancio della retrocompatibilità su Xbox, con la visione di piattaforma unica che iniziava a prendere forma in quel di Redmond.
Sul fronte Sony, l'E3 2015 è stato forse uno dei più memorabili in assoluto: nella stessa nottata sono stati presentati The Last Guardian, redivivo dopo un'odissea di sviluppo, oltre alla vera e propria realizzazione di due sogni dei giocatori come Final Fantasy 7 Remake e Shenmue 3. All'epoca era difficile immaginare che entrambi i giochi sarebbero arrivati in verità solo dopo un lustro, ma tanto bastò a incrementare ulteriormente la posizione dominante di Sony come compagnia in grado di rispondere perfettamente ai desideri dei giocatori, anche se dal punto di vista delle uscite effettive il 2015 fu comunque un altro anno all'insegna dei multipiattaforma, come giochi di grande rilievo, al di là del caso di Bloodborne.
The Witcher 3: Wild Hunt, una consacrazione
Il titolo di maggior impatto del 2015 è stato probabilmente The Witcher 3: Wild Hunt, arrivato a maggio su PC, PS4 e Xbox One, decretando il passaggio di CD Projekt RED da team dedicato all'ambito PC (con allargamento parziale a Xbox) a etichetta multipiattaforma di primo livello. Contrariamente a quanto accaduto con Cyberpunk 2077 di recente, The Witcher 3 conquistò tutti fin dall'inizio, nonostante alcuni problemi tecnici comunque presenti e un lungo processo di ottimizzazione post-lancio. La potenza del mondo messo in scena dal team polacco, grazie anche al sostrato ben definito dai libri di Andrzej Sapkowski, oltre all'ampiezza della mappa, alla quantità di contenuti e alla qualità della scrittura e della costruzione delle quest, riuscirono a colpire nel segno determinando anche una certa evoluzione dei giochi open world in generale.
I primi due capitoli hanno avuto un ottimo successo ma sono rimasti relegati soprattutto all'ambito degli appassionati di RPG, in particolare su PC e in parte su Xbox 360 con il secondo, ma nulla a che fare con le dimensioni del fenomeno raggiunte con il terzo capitolo. The Witcher 3: Wild Hunt ha sdoganato il personaggio di Geralt di Rivia, con tutto il suo particolare contorno da fantasy folkloristico dell'Europa dell'est, al pubblico massa, in maniera anche piuttosto sorprendente rispetto alle premesse, che pure parlavano di un videogioco di grosso calibro. Con il suo successo, il gioco ha trascinato dietro anche i libri ed è stato probabilmente l'elemento chiave che ha portato alla creazione della serie TV su Netflix, decretando la consacrazione definitiva di The Witcher e CD Projekt RED.
Bloodborne, la summa del soulslike
L'altro evento di massimo rilievo è stato il lancio di Bloodborne su PS4, importante per diversi motivi: ha rappresentato probabilmente la prima esclusiva di alto profilo sulla console Sony, concludendo il lungo periodo di mancanza di titoli imprescindibili sulla macchina in questione - che comunque non aveva affatto scalfito il suo successo, anzi - e ha raffinato ulteriormente l'evoluzione di quel sotto-genere dell'action RPG che si stava definendo come soulslike. La collaborazione tra Sony e From Software era iniziata già con il capostipite della serie, ovvero Demon's Souls ed era giusto che proseguisse con un nuovo gioco che, per molti appassionati, rappresenta un po' la summa di questo particolare sotto-genere. Con un deciso scarto verso l'horror gotico e sotto certi aspetti vicino a Lovecraft, rispetto al dark fantasy medievale caratteristico dei Souls veri e propri, Bloodborne rimane ancora oggi un'interpretazione piuttosto unica del canone stabilito da From Software, di cui in molti attendono un seguito.
Non è un caso che proprio Demon's Souls abbia accompagnato, cinque anni più tardi, il lancio di PS5: si tratta di recuperare quel legame particolarmente proficuo tra Sony e From Software (anche se il titolo non è del team nipponico, in questo caso) che ha rappresentato una tappa importante dell'evoluzione di PlayStation. Bloodborne è rimasto un caso a sé stante, essendo ancora senza seguiti e avendo provato ad esplorare territori alquanto diversi dai Souls standard, ma è considerato da molti la migliore espressione della filosofia di gioco introdotta da Hidetaka Miyazaki e compagni, contribuendo a caratterizzare l'intero 2015 come anno chiave per la produzione videoludica in generale.
Metal Gear Solid 5, il gran finale di Kojima e Konami
Un paragrafo a parte va dedicato a Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, considerabile forse l'opera più ampia e completa portata a termine da Hideo Kojima, nonché la mega-produzione che ha condotto alla rottura definitiva con Konami e alla clamorosa chiusura del rapporto tra il game designer e il publisher, dopo decenni di collaborazione. Preceduto dal già ottimo, ma ovviamente limitato, prologo giocabile rappresentato da Ground Zeroes, The Phantom Pain venne introdotto con una vera e propria kojimata d'altri tempi come la presentazione occulta nel corso dei Game Awards precedenti, cosa che stabiliva già il tono di un gioco destinato ad essere una produzione ricca di stile. A dire il vero per alcuni puristi della serie risultò fin troppo diverso dallo standard, ma l'apertura netta verso l'open world più libero possibile ha rappresentato uno dei più affascinanti cambi di rotta visti in una serie ben stabilita nei tempi recenti.
Il gusto per il cinematografico, le fasi scriptate, i dialoghi e gli strani personaggi non mancavano, ma Metal Gear Solid 5 sembrò fin da subito un videogioco ben più completo e profondo di quanto visto mai nei capitoli precedenti, dal punto di vista del puro gameplay e un'evoluzione importante nel modo di costruire i giochi da parte di Kojima. L'apertura della mappa verrà poi estremizzata in Death Stranding, a dimostrazione di come il quinto capitolo della serie sia stato importante anche per lo stile del game designer, ma Metal Gear Solid 5: The Phantom Pain rimane probabilmente uno dei giochi più grossi e mitici della produzione nipponica degli ultimi anni, nonché praticamente l'ultimo videogioco di rilievo venuto fuori da Konami.
Halo 5 e Fallout 4, seguiti sottotono?
Tra i titoli di massima importanza del 2015 figurano anche due giochetti da nulla chiamati Halo 5: Guardians e Fallout 4, tanto per rendere ulteriormente l'idea della straordinaria concentrazione di giochi di alto profilo emersi nel corso dell'anno. Anche questi sono stati titoli di enorme calibro, in grado di attirare l'attenzione di ampie fette di pubblico e accolti anche decisamente bene dalla critica, solo che entrambi non vengono generalmente ricordati come le massime espressioni delle rispettive serie, anzi. Halo 5: Guardians arrivava in seguito al mezzo disastro del lancio della Master Chief Collection e con una 343 Industries perennemente sulla graticola già da Halo 4, alle prese con l'enorme fardello dell'eredità di Bungie. Nonostante presentasse un approccio innovativo e un taglio alquanto diverso, la campagna non convinse più di tanto, mentre il multiplayer risollevò sul lungo termine il capitolo in questione ma solo dopo una lunga e lodevole lavorazione.
Fallout 4 venne mostrato pochi mesi prima del suo effettivo lancio avvenuto a novembre del 2015 e l'effetto sorpresa bastò a far parlare a lungo del nuovo capitolo della celebre serie Bethesda, che si presentava in effetti come evoluzione sostanziale del precedente in ogni ambito. Tuttavia, proseguendo praticamente sulla stessa struttura e impostazione di Fallout 3, non ha mai potuto contare su un impatto dirompente come quello che rese celebre quest'ultimo, né sulla scrittura e costruzione di quest che hanno reso storico Fallout: New Vegas. La valutazione resta positiva, ma ricordandolo anche a distanza di anni è chiaro come Fallout 4 si sia dimostrato infine una sorta di evoluzione incrementale del capitolo precedente, migliorato soprattutto sul fronte tecnico ma senza riuscire a lasciare il segno con la stessa incisività.
Tra i seguiti non possiamo evitare di menzionare Rise of the Tomb Raider, che invece viene ricordato come un ottimo prosieguo delle nuove avventure di Lara Croft avviate con il reboot del 2013. La polemica un po' folle scaturita dal famoso accordo di esclusiva temporale (diventato nel frattempo uno standard dell'industria) ha forse offuscato un po' la sua rilevanza nel 2015, ma il gioco di Crystal Dynamics rientra pienamente tra i giochi più riusciti dell'anno.
Nuove proprietà intellettuali nascono e si affermano
Lo straordinario fermento del 2015 è dimostrato anche dalla quantità di nuove proprietà intellettuali immesse sul mercato, alcune rimaste tutt'oggi casi singoli e altre in grado di diventare delle serie, ma in ogni caso indice di come l'industria videoludica sia stata particolarmente attiva nel corso di quell'annata storica. Tra le novità assolute destò grande interesse Evolve, nuovo gioco di Turtle Rock Studios (già autori di Left 4 Dead) che si presentava come una nuova soluzione per gli sparatutto multiplayer e sotto molti aspetti la promessa venne mantenuta, mettendo in scena uno dei primi esempi di multiplayer asimmetrico in grado di fondere elementi cooperativi e competitivi. Il gioco soffriva di vari problemi di bilanciamento e gameplay, ma la sua formula è stata poi ripresa a raffinata da molte altre produzioni successive.
Ben maggiore fortuna è capitata a Dying Light, survival horror Techland in grado di unire azione in prima persona, movimento in stile parkour e orde di zombie in un mondo aperto: la fusione degli elementi in questo caso ha funzionato alla perfezione e il gioco si è costruito col tempo una folta community pronta a lanciarsi peraltro sul seguito, Dying Light 2, di cui stiamo ancora aspettando una data di uscita precisa. Sempre nel 2015 abbiamo finalmente visto arrivare in forma completa lo splendido Ori and the Blind Forest di Moon Studios, in grado di elevare il metroidvania più impostato sul platform verso nuove vette e rappresentando anche una delle esclusive di maggior rilievo per le piattaforme Microsoft in assoluto. Tra le novità di successo del 2015 dobbiamo inserire anche Life is Strange, che lanciò Dontnod nel mondo delle avventure grafiche episodiche con enorme successo e Cities: Skylines, che è riuscito dal nulla a rilanciare il genere dei gestionali city builder con una simulazione di alta qualità.
Anche sul fronte indie, il 2015 è stato in grado di distinguersi per alcune uscite rimaste particolarmente impresse nella storia dei videogiochi. Risale a tale anno il lancio di Undertale, avventura che è considerata ancora oggi uno dei massimi esempi di scrittura, costruzione del mondo e meta-narrazione videoludica, per dirne uno, ma nel medesimo periodo abbiamo assistito anche all'arrivo del fenomenale Rocket League che continua ad essere un punto di riferimento del multiplayer competitivo, di Soma, altro magistrale esempio di horror da parte di Frictional Games e di Downwell di Ojiro "Moppin" Fumoto. A questi possiamo aggiungere una lunga lista che comprende anche Her Story, The Beginner's Guide, Darkest Dungeon e molti altri.