Prima che qualcuno fraintenda lo scopo dell'articolo, mettiamo le mani avanti: non è nostra intenzione trovare in questa sede giustificazioni alle politiche intraprese da Electronic Arts negli ultimi anni. A prescindere da come la si pensi, da consumatori la scelta di chiudere uno studio come Visceral Games lascia l'amaro in bocca e in un certo senso risulta mortificante per il mondo dei videogiochi nel suo complesso, a maggior ragione per chi attendeva con curiosità una nuova avventura di Star Wars incentrata sul single-player e magari sperava nel rilancio di Dead Space.
Le dichiarazioni del vice presidente esecutivo Patrick Soderlund sono generiche ma abbastanza inequivocabili. "Durante il processo di sviluppo abbiamo testato il concept di gioco con alcuni utenti, ascoltandone il feedback su cosa e come volevano giocare, nonché tenendo traccia di alcuni cambiamenti fondamentali nel mercato. È dunque diventato chiaro che per offrire un'esperienza su cui i giocatori vogliano tornare e continuare a supportare per un lungo tempo, serviva un cambiamento. Vogliamo rendere il gioco un'esperienza più ampia, che conceda ai giocatori maggior varietà sfruttando il nostro motore Frostbite".
Evidentemente il publisher americano intende mettersi il più possibile al riparo da rischi economici inutili e se questo significa tarpare definitivamente il fattore creativo mantenendosi su un sentiero sicuro, così sia. Il nuovo Star Wars non è stato cancellato, più precisamente è stato ricollocato altrove con l'obiettivo di riformularne la struttura e, presumibilmente, modificarne il target. Non viene esplicitato a chiare lettere, ma il mantra sembra quello ormai caro anche ad altre major del videogioco - da Microsoft a Square Enix - ovvero il concetto ormai sdoganato di "gioco come servizio". Nella fattispecie la domanda sorge spontanea, a che pro visto che sta per uscire Star Wars: Battlefront II, per l'appunto già incentrato sulla componente online?
Al di là del caso specifico, queste scelte sono peraltro dettate da un andamento sempre più palese del mercato. In questo senso lo strabordante successo di un titolo ancora in Early Access come Playerunknown's Battlegrounds non rappresenta senz'altro uno spot positivo agli occhi di chi continua a prediligere esperienze ludiche basate sulla narrazione. Il problema semmai è di carattere sostanziale: il videogioco è diventato quello che è oggi anche grazie alla rappresentazione accurata di mondi alternativi, con la loro mitologia, i personaggi carismatici, gli eventi che ricordiamo ancora con piacere anche a distanza di anni. Dal nostro punto di vista non si può prescindere dal raccontare storie o dal far vivere (anche) esperienze capaci di trasmettere un messaggio. È ciò per cui si è lottato negli anni e, come ci è già capitato di osservare in passato, è anche quello che ha reso il medium più maturo e apprezzato agli occhi di chi magari i videogiochi li ha scoperti solo nel passato recente.
In altre parole, la politica di Electronic Arts sembra lontana da chi, come il sottoscritto, continua ad avere in mente un'idea ben precisa di gaming. Quell'idea affonda le sue radici nei Portal, nei Bioshock, nei Deus Ex, nei Dishonored, negli Uncharted, nei The Witcher, insomma in tutte quelle opere che a loro modo hanno cercato di trasmettere qualcosa e hanno provato a sintetizzare in un unicum narrazione, interazione, design e qualità artistica per esaltare il videogame come mezzo espressivo a tutto tondo.
Per carità, la tendenza del mercato tripla A - o meglio di un suo segmento - appare evidente, pur destando sentimenti di mestizia in molti giocatori. Ciò nondimeno troviamo fuori luogo arrivare a conclusioni affrettate circa gli esiti che le suddette dinamiche potrebbe avere sull'offerta in senso lato. Dicendo questo dove vogliamo arrivare? È presto detto: il single-player non scomparirà. Molto probabilmente cambieranno alcuni rapporti di forza ed equilibri in seno all'industria. Molto probabilmente vedremo meno produzioni tripla A con queste caratteristiche e più titoli orientati verso il multiplayer.
Premesso che andrà valutata la capacità del mercato di sostenere un sistema in cui si pretende di continuare a supportare un singolo titolo per anni - con tutto ciò che ne consegue a livello di appiattimento dell'offerta, presenza di DLC e microtransazioni e uniformazione dei contenuti - è ragionevole pensare che le esperienze in solitaria (o in cooperativa) non siano affatto destinate a morire. Più realisticamente esse rimarranno prerogativa delle produzioni di proporzioni più ridotte, quindi nell'orizzonte dei titoli doppia A o degli indie.
La varietà è un fattore indispensabile a garantire il buono stato di salute di tutto l'ecosistema. Non si può vivere di solo online, non lo troviamo sensato e non è nemmeno qualcosa che valga la pena augurarsi per il futuro, con tutto il bene che si può volere per la crescita di determinati generi e l'evoluzione della macchina che muove i fili degli eSport. Quella è solo una porzione del mondo dei videogiochi, non può diventare il segmento totalizzante.
Come dicevamo, ci sembra più plausibile che avvenga un cambio di rotta per quanto riguarda le esperienze più massicce. Magari meno titoli open world con quintali di quest infilate a casaccio per fare numero e un ritorno più ragionato verso esperienze circoscritte in cui sia davvero possibile esaltare la parte narrativa attraverso l'interazione. Pensateci, potrebbero trarne giovamento tanto la capacità di raccontare nuove storie, quanto l'opportunità di concentrarsi su un target specifico senza rischi enormi e senza doversi preoccupare di snaturare l'esperienza per accontentare (o deludere) un po' tutti.
Poi è vero, ultimamente abbiamo dovuto raccontare le difficoltà vissute da serie di qualità come Deus Ex, Dishonored, lo stesso Hitman dopo l'interruzione dei rapporti tra IO Interactive e Square Enix. Spostandoci all'attualià si potrebbero citare anche i risultati di lancio molto deludenti ai quali sta andando incontro The Evil Within 2. Dispiace, questo è ovvio. Ma ragionando a mente fredda le esperienze single-player rimangono ben lungi dallo scomparire. Prendiamo solo il 2017: in una manciata di mesi è uscita roba del calibro di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, Nioh, Horizon Zero Dawn, Yakuza 0, Persona 5, Divinity: Original Sin 2, NieR: Automata, Mario + Rabbids: Kingdom Battle, La Terra di Mezzo: L'Ombra della Guerra, presto arriveranno Wolfenstein II: The New Colossus e il nuovo Assassin's Creed, Super Mario Odyssey e Xenoblade Chronicles 2. Dobbiamo andare avanti? Peraltro spostandoci verso i titoli più piccoli il panorama sembra essere ancora più delineato: il single-player gode tuttora di ottima salute.
Dopotutto crediamo che ancora in molti si aspettino di accendere il proprio PC o le proprie console per farsi strada in mondi alternativi strutturati. Mondi in cui farsi trasportare, mondi che sappiano emozionarci e coinvolgerci, facendoci ricordare perché tanti anni fa ci siamo avvicinati ai videogiochi e non li abbiamo più abbandonati.
E voi che ne pensate? Temete che le attuali evoluzioni del mercato possano portare alla deriva le esperienze narrative? Fatecelo sapere nei commenti!