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Le difficoltà endemiche dei giochi single-player tripla-A porteranno a un riassetto degli equilibri interni all'industria?

Amy Hennig non ha dubbi: così non si può più andare avanti

NOTIZIA di Davide Spotti   —   22/01/2018

Lo scorso anno lo stato di salute dei titoli single-player è stato uno degli argomenti più dibattuti dagli appassionati e non ha mancato di generare una buona dose di polemiche. La crescita delle esperienze multiplayer online, sulla scorta del recente successo di titoli come Playerunknown's Battlegrounds, ha portato una ventata di sfiducia sul futuro del videogioco basato sulla narrazione, schiacciato tra il disinteresse di alcune fette di pubblico e le difficoltà degli studi nel fronteggiare i costi di produzione sempre più elevati dei tripla A.

Il dibattito è tornato alla ribalta dopo l'ultima, estesa intervista rilasciata da Amy Hennig, volto particolarmente noto dell'industry ed ex creative director della serie Uncharted. Se vi è capitato di seguire le ultime disavventure della sviluppatrice americana, vi ricorderete senz'altro della chiusura di Visceral Games annunciata lo scorso autunno, che ha combaciato con il repentino cambio di rotta impartito da Electronic Arts al nuovo gioco di Star Wars su cui la Hennig si trovava al lavoro da più di tre anni.

Riprendiamo allora l'estratto completo dell'intervista in cui la sviluppatrice prova ad analizzare la condizione attuale del mercato:

"Credo che troviamo in un momento di flessione. Ovviamente quello che è accaduto con il nostro progetto di Star Wars non è avvenuto di punto in bianco. Sono stati scritti molti articoli eccessivamente drammatici al riguardo - la morte dei giochi con una storia lineare e altre cose di questo tipo - ma io vi dico che c'è un problema concreto: la strada che abbiamo percorso per molti anni, ovvero la crescita dei costi di sviluppo, i desideri - talvolta persino le pretese - dei giocatori in termini di ore di gameplay, fedeltà, valori di produzione, modalità aggiuntive e tutto il resto.

Questo tipo di pressioni hanno finito per diventare davvero reali internamente agli studi di sviluppo. Se ad esempio servono 100 milioni di dollari o anche oltre per la creazione di un gioco, come si può cercare di avere un rientro di quel denaro e rendere il lavoro profittevole?", si domanda la Hennig.

"Il prezzo fissato a 60 dollari non può cambiare, dico bene? Ci sono un sacco di articoli negativi della stampa sul tema della monetizzazione, delle casse premio, dei giochi come servizio e via discorrendo. Ma queste cose al momento rappresentano un trend nell'industria, specialmente per i publisher più grandi, e sono di fatto una risposta al problema dell'innalzamento dei costi di sviluppo. I budget continuano a salire, il livello si innalza sempre di più, ed ecco perché ha sempre meno senso realizzare questo tipo di titoli".

"Adesso c'è anche un altro trend, dato che sempre più gente protesta e dice 'perché state cancellando un gioco single-player lineare? Questo è il tipo di gioco che vogliamo', ma poi in realtà la gente non li compra necessariamente. Preferiscono guardare qualcun altro giocarli online", ha concluso la Hennig senza nascondere la propria amarezza per gli atteggiamenti diffusi nel pubblico mainstream.

Effettivamente troviamo che sia stato centrato il nodo della questione: da un lato abbiamo una categoria di utenti che, pur lamentandosi in continuazione, mantiene un comportamento evidentemente deleterio verso un certo tipo di prodotti. Dall'altro permangono le discutibili politiche commerciali intraprese da alcune major del settore. Abitudini che, come prova a spiegare con lucidità la Hennig, stanno facendo semplicemente perdere il senso delle cose anche da un punto di vista prettamente imprenditoriale.

Se guardato in quest'ottica, il quadro che ne emerge non sembra lasciare molto spazio per l'ottimismo. Ciò nondimeno, bisogna pur sempre considerare che quando un problema assume proporzioni eccessive, probabilmente è arrivato il momento di provare a voltare pagina. Ripartire da titoli narrativi di dimensioni più contenute sarebbe un buon punto di (ri)partenza.

Voi che ne pensate? Il mondo dei videogiochi è arrivato a un bivio? Fatecelo sapere nei commenti!