Apple è finita nel mirino a causa delle app di controllo parentale gestite dalle terze parti. A darne notizia è il New York Times, secondo cui negli ultimi mesi molte di queste applicazioni sono state rimosse dall'App Store mentre altre rischiano di fare la stessa fine in assenza di modifiche importanti.
Gli addetti ai lavori colpiti da questi provvedimenti lamentano poco supporto e scarsa comunicazione da parte dell'azienda di Cupertino, insinuando l'ipotesi della concorrenza sleale perché con iOS 12 ha debuttato il servizio proprietario Tempo di utilizzo.
"Nell'ultimo anno, Apple ha rimosso o limitato almeno 11 delle 17 app di controllo parentale e controllo del tempo di utilizzo più scaricate, secondo un'analisi del NYT e di Sensor Tower. Apple è anche intervenuta contro diverse app meno conosciute", scrive il quotidiano.
In tutta risposta Apple ha pubblicato una lettera nella quale spiega che le app colpite violavano le linee guida dell'App Store sfruttando impropriamente la tecnologia MDM (Mobile Device Management). MDM fornisca ampio accesso alle risorse del sistema e a molte informazioni sensibili, tra cui "posizione dell'utente, uso delle app, account email, fotocamera e cronologia internet".
L'azienda evidenzia dunque i rischi di sicurezza nel permettere a una società privata di controllare il dispositivo di un consumatore attraverso MDM. Le indagini per uso improprio di questo strumento sono state iniziate nel 2017 e il regolamento dell'App Store è stato adeguato pochi mesi più tardi.
"Apple ha sempre supportato app di terze parti sull'App Store che permettano ai genitori di gestire i dispositivi dei loro figli", si legge nel documento diffuso da Apple. "A differenza di quanto riportato dal New York Times nel corso del weekend, non è una questione di concorrenza. È una questione di sicurezza".