Mike Shinoda dei Linkin Park ha deciso di intervenire sulla questione NFT nei videogiochi, affermando che apriranno a molte possibilità. Insomma, dal suo punto di vista c'è da essere entusiasti di questa tecnologia.
Shinoda: "Ah! Ecco qualcosa che la gente non spiega: gli NFT non devono essere necessariamente JPG.
Immaginate di prendere la vostra skin preferita di Valorant e di usarla in Fortnite. Senza pagare extra, perché è vostra. Quindi potete usarla in COD, Minecraft e anche su Twitter e su Instagram."
Un sogno, vero? In realtà il post di Shinoda ha subito scatenato delle reazioni piccate, perché da quello che ha scritto semplicemente ha dimostrato di non conoscere nulla sullo sviluppo di un videogioco, ma di volerne parlare lo stesso, come fattogli notare dallo sviluppatore indipendente Rami Ismail: "Mike, rispetto moltissimo il tuo lavoro, ma per uno sviluppatore di videogiochi è come se io ti avessi detto "puoi comprare una singola nota di un mio brano e usarla per controllare una stazione spaziale." Non è c0sì che funzionano le cose. L'interoperabilità può funzionare giusto in una singola serie di un singolo sviluppatore e sarebbe comunque complessa.
Vedila così: se la gente potesse comprare l'NFT di una parola, questo non gli frutterebbe uno sconto su una tua canzone, se la stessa fosse nel testo, perché non avrebbe senso. Inoltre immagina in futuro di dover fare del lavoro extra per garantire la compatibilità di quella parola."
In effetti Ismail ha toccato un punto molto sentito dagli sviluppatori, che gli ottimisti degli NFT videoludici si guardano bene dallo spiegare.
Ancora più specifica e puntuale è arrivata la risposta di Xavier Coelho-Kostolny, grafico di Insomniac Games, famoso per aver scolpito i capezzoli di Spider-Man in Marvel's Spider-Man, come da lui stesso vantato, oltre che per aver lavorato a una tonnellata di tripla A di grande successo.
Per Xavier l'interoperabilità creerebbe grossi problemi a livello visivo, per via del diverso stile artistico dei molti giochi (immaginate di usare una skin di COD in Minecraft); sarebbe un problema a livello tecnico, perché la risorsa usata andrebbe ricostruita ogni volta che fosse usata in un nuovo gioco, richiedendo uno sforzo di design immenso; sarebbe una dramma per i tempi di attesa, perché la verifica di ogni oggetto da parte di una blockchain renderebbe le file per accedere ai server infinitamente più lunghe di quelle di ora; richiederebbe inoltre l'adozione di singoli standard da parte di tutti gli sviluppatori e comporterebbe tutta una serie di altre grane che non sono semplicemente superabili. Ci sarebbero anche problemi di copyright, soprattutto per gli oggetti brandizzati che, come fa notare Xavier, sono un incubo a livello legale da inserire in un singolo gioco.
Insomma, quella degli oggetti acquistati come NFT che si potranno portare da un gioco all'altro appare sempre più come una fandonia spacciata da chi vuole vendere a tutti i costi questa tecnologia, senza considerare tutte le problematiche che comporta, come fatto rilevare da gente che i giochi li sviluppa.