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Iron Harvest, la recensione

Lo strategico tanto atteso è arrivato sul mercato forse un po' troppo presto: la nostra recensione di Iron Harvest.

RECENSIONE di Luca Olivato   —   01/09/2020

A pochissimi giorni dall'ultimo provato, siamo già pronti per sfornare la recensione di Iron Harvest, promettente nuova produzione di KING Art. Si tratta di un esponente dell'ormai decadente genere degli strategici in tempo reale, ambientato in un mondo distopico, dove la geografia prodotta dalla fine della Prima guerra mondiale è profondamente diversa da quella che conosciamo. L'attenzione è spostata in particolare nella zona dell'Europa centro orientale, dove si sono formate le regioni della Sassonia, della Polania (non è un errore di battitura) e quella russo-sovietica denominata appunto Rusviet, in continua tensione tra loro.

La trama è ricavata dall'universo immaginato da Jakub Rozalski, l'ideatore polacco del mondo 1920+ e di Scythe, passato dall'essere una promettente idea (arrivata a raccogliere quasi due milioni di dollari su Kickstarter) a uno dei giochi da tavolo più chiacchierati del momento, quantomeno tra gli appassionati. Le medesime fortunate orme sono state percorse anche da Iron Harvest, finanziato per quasi un milione e mezzo anche se non tutte le caratteristiche promesse sono ancora disponibili (come, ad esempio, la modalità cooperativa per la campagna single player). E allora perché rilasciarlo a prezzo pieno e come prodotto finito, nonostante sia evidente che ci sia ancora molto lavoro da fare? I programmatori si giustificano sostenendo che non si tratta che della prima stagione e che, in futuro, continueranno gli aggiornamenti così come accaduto per altri titoli. Cercheremo di capire se vale la pena diventare "early adopter" nelle righe che seguono.

Trama e ambientazione

Non ci addentreremo nella storia del single player, nonostante rappresenti, al momento, il piatto forte del menù di Iron Harvest: sia sufficiente sapere che è divisa in tre campagne (una per fazione) da affrontare non necessariamente in ordine sequenziale e che viene raccontata sia tramite dialoghi in-game che con dei filmati in computer grafica di discreta qualità; per portarla a termine a livello medio serviranno all'incirca una quindicina d'ore. Le missioni sono molto strutturate e offrono una buona varietà di situazioni (ovviamente non replicabili nelle partite in multiplayer), come la scorta di un treno nelle fasi finali dell'avventura della polaniana Anna Kos.

Nonostante sia possibile impostare il livello di difficoltà, ci è parso che alcune fossero eccessivamente sbilanciate in favore della CPU, in grado di produrre unità con maggiore frequenza rispetto al giocatore. Merita comunque una lode lo sforzo dei creativi di KING Art, capaci di arricchire l'esperienza con dei tocchi di classe inediti per il genere degli RTS, anche se si sarebbe potuto fare qualcosa di più in termini di differenziazione degli eserciti, che condividono medesime strutture e alberi di aggiornamento e buona parte delle unità terrestri. Il futuro immaginato da Rozalski vede assoluta protagonista la fanteria meccanizzata, rappresentata da robot vagamente antropomorfi mossi dall'energia del diesel. Questo sviluppo nelle dimensioni non è però stato accompagnato dalla riduzione del peso, con la conseguenza che gli scontri a fuoco sono contraddistinti dalla lentezza dei movimenti e dai lunghi tempi di ricarica tipici dei mezzi di un secolo fa.

Iron Harvest 1920 06

Multiplayer acerbo

Tutto questo farebbe pensare a ritmi di gioco cadenzati e ragionati, cosa che effettivamente accade nelle mappe per giocatore singolo, ma all'atto pratico le partite in multiplayer si riducono spesso con l'essere molto veloci e premianti per le cosiddette tattiche "rush", ossia quelle in cui si attacca quanto prima la base nemica con la fanteria di base, senza attendere che le unità più grosse e potenti siano disponibili. In questi casi, si capisce, conta più la coordinazione col mouse che la strategia bellica vera e propria. Si tratta di problemi dovuti a un bilanciamento non ancora ottimale e che sono ben mascherati nel single player dove vengono in aiuto le sequenze scriptate, ma che mostrano dei limiti sia negli scontri con altri giocatori, sia in quelli contro l'intelligenza artificiale. L'offerta in multiplayer è al momento limitata a poche mappe e prevede soltanto lo scontro tra due squadre composte da una, due o tre persone; c'è tuttavia un processo di crescita dell'avatar che viene stimolato da delle sfide settimanali. L'offerta è poi completata da delle missioni speciali (al momento sono solo tre), in cui si deve resistere alle ondate nemiche perdendo il minor numero di uomini o raccogliendo quante più risorse prima dell'arrivo dei rinforzi.

Iron Harvest, la recensione

Gameplay

A prima vista la struttura di gioco di Iron Harvest ricorda quella di Company Of Heroes, pietra miliare a cui si sono dichiaratamente ispirati gli sviluppatori. Ci sono diversi elementi che accomunano i due strategici, tra cui la selezione delle truppe, che vengono trattate come singole unità e acquisiscono esperienza con le uccisioni e la presenza di eroi, dotati di abilità specifiche. Quel che balza maggiormente all'occhio è la gestione delle zone d'attacco: le mappe sono dotate di coperture dietro (o dentro) cui riparare i propri uomini; tutte le difese artificiali, come case e trincee, sono distruttibili; i cannoni sono completamente inermi se colpiti da dietro e anche la fanteria meccanizzata è più sensibile ai colpi alle spalle. Una tale complessità, è ovvio, premia il posizionamento: una singola falange di mitraglieri ben appostati è in grado di eliminare schiere avversarie senza subire grosse perdite. Considerando la difficoltà nell'arruolare nuove unità e, come scritto sopra, la preziosa esperienza guadagnata sul campo da quelle esistenti, che diventano man mano più letali, il focus dell'azione è spostato sul continuo movimento degli uomini che dovrebbe scongiurare il famoso attacco massivo frontale con tutte le unità più potenti dell'esercito.

Iron Harvest 1920 03

Questa impostazione tattica è rinforzata dalla possibilità di recuperare le armi lasciate cadere sul campo di battaglia che possono trasformare i genieri in fucilieri o in granatieri. A differenza di Company Of Heroes mancano le aree di influenza: da questo punto di vista Iron Harvest si comporta in modo molto più tradizionale e richiede il controllo di punti strategici per la raccolta di acciaio e petrolio, le due risorse necessarie per costruire edifici e produrre unità. Quello che non ci ha convinto del tutto riguarda proprio la gestione della base. Le strutture principali, infatti, sono troppo poche (soltanto due, escludendo il quartier generale) e nessuna di queste è destinata al potenziamento delle armi o dell'armatura. Un'assenza che pesa soprattutto considerando quanto scritto sopra (ossia che le unità possono trasformarsi a seconda degli oggetti raccolti sul campo) e che spinge a portare l'attacco alla base avversaria quanto prima, mettendo in secondo piano il controllo e la difesa di miniere e strategic point; per fortuna questa tentazione è rintuzzata nel single player dove la CPU sfrutta un appostamento preventivo decisamente efficace. Ci sono poi delle lacune che andrebbero sistemate, come l'impossibilità di orientare il posizionamento dei bunker difensivi e alcuni comportamenti dell'intelligenza artificiale che tende a dare priorità agli ingaggi ravvicinati e a volta sembra non essere reattiva, soprattutto nelle fasi di difesa all'interno degli edifici.

Requisiti di Sistema PC

Configurazione di Prova

  • Sistema operativo: Windows 10 Pro
  • CPU: AMD Ryzen 9 3950X
  • RAM: 32 GB
  • Scheda video: NVIDIA GeForce RTX 2080

Requisiti minimi

  • Sistema Operativo: Windows 10
  • CPU: Intel Core i5
  • RAM: 8 GB
  • Scheda video: NVIDIA GeForce GTX 960
  • Spazio su disco: 20 GB

Tecnica

Analizzando l'aspetto tecnico non c'è molto da aggiungere rispetto a quanto abbiamo già scritto nel nostro provato. Il design dei mech, i veri protagonisti del titolo, è davvero ispirato e le loro colossali dimensioni, ben proporzionate con l'ambiente, riescono a trasmettere un senso di potenza e inarrestabilità, grazie anche a delle convincenti animazioni volutamente "scattose". Belle anche le location tipiche delle regioni dell'Europa centrale, con una discreta varietà di scenari che spaziano dalle pianure innevate alle stradine di montagna. Tecnicamente Iron Harvest fa fatica a reggere il confronto con altri esponenti del genere, per quanto datati. Il paragone corre inevitabile a Company Of Heroes 2: sebbene tra i due titoli sia passata una decina d'anni, il confronto mette in luce un taglio più pulito e cinematografico dello strategico di Relic. Nel gioco di KING Art pesano soprattutto le texture poco definite e effetti ambientali molto spartani che restituiscono un non gradevole effetto cheap. C'è comunque da notare che rispetto alle prime versioni sono stati effettuati degli aggiornamenti grafici e non è escluso che in futuro se ne possano aggiungere ulteriori. La colonna sonora è stata affidata ad Adam Skorupa, lo stesso compositore delle serie di The Witcher e Painkiller, e il risultato è di ottimo livello. Ci ha convinto un po' meno il doppiaggio in inglese, più per la scelta delle voci, eccessivamente stereotipate, che per la recitazione vera e propria. Volendo si possono scegliere anche le voci in lingua originale; sono presenti i sottotitoli in italiano.

Conclusioni

Versione testata PC Windows
Digital Delivery Steam
Prezzo 49,99 €
Multiplayer.it
7.0
Lettori (8)
7.0
Il tuo voto

Iron Harvest, pur avendo delle basi tecniche e artistiche molto interessanti, si presenta come titolo in fase di crescita. L'eventuale acquisto va fatto con la consapevolezza che, attualmente, la campagna per giocatore singolo è la modalità di gioco principale: è longeva, presenta delle situazioni originali e maschera certe limitazioni che devono ancora essere superate. La storia non sarà il massimo dell'originalità, ma riesce a coinvolgere dalla prima all'ultima missione. Dall'altro lato, serve un po' di pazienza per arrivare ad multiplayer più rifinito e gratificante; un'attesa che potrebbe rivelarsi edificante, visto che gli sviluppatori hanno dimostrato, nel corso delle varie release che si sono succedute, di aver intrapreso la strada giusta.

PRO

  • L'ambientazione "dieselpunk" è convincente
  • Campagna in single player ben strutturata e longeva
  • Le meccaniche delle coperture sono molto interessanti

CONTRO

  • La gestione della base è approssimativa
  • L'albero degli aggiornamenti e le dimensioni delle mappe favoriscono un approccio poco tattico
  • Diversi bug e problemi di bilanciamento a favore delle unità terrestri