La fine dell'estate coincide solitamente con l'inizio della scuola e dei principali campionati professionistici mondiali. E con la nuova stagione sportiva arrivano anche le simulazioni videoludiche, desiderose di offrire anche a chi non ha i mezzi fisici adatti la possibilità di rivivere, almeno in parte, le emozioni e gesta dei propri idoli.
Tra queste NBA 2K è tra quelle più apprezzate, grazie a un gameplay in grado di replicare sempre più fedelmente le gesta di LeBron e soci, un po' per la sua capacità di sintetizzare la "cultura NBA", ovvero tutto quell'insieme di moda, personaggi e musica che circonda le superstar a stelle e strisce.
Col passare delle stagioni, però, diventa sempre più difficile trovare il modo di stupire i fan, per via di tecnologie sempre più complesse che progressivamente erodono le differenze tra virtuale e reale e modalità ormai standardizzate. Come convincere, quindi, i giocatori ad investire i propri risparmi per acquistare il nuovo capitolo?
Pro Play, ancora tu
Quello che sta facendo la differenza nei giochi sportivi, in NBA 2K e EA FC in particolare, negli ultimi anni è l'emergere di tecnologie di machine learning capaci di tradurre in dati di gioco dei semplici filmati d'archivio. Questo ha consentito di imprimere un'accelerazione notevole allo sviluppo tecnologico di questo genere di videogiochi: quello che prima richiedeva settimane se non mesi per essere creato, tra sessioni di motion capture e animazioni disegnate al computer, adesso viene fatto in automatico da una macchina, che prende i movimenti delle superstar in una partita reale e li integrata direttamente nel gioco. Questo si traduce da una parte in un parco di animazioni più vasto, realistico e preciso, dall'altra in movimenti personalizzati per un numero davvero vasto di atleti, anche del passato.
È il secondo anno di Pro Play, questo il nome della tecnologia utilizzata da Visual Concepts, e si vede. Quanto di buono si è cominciato a intravedere nella scorsa edizione, adesso trova un'applicazione costante, pervasiva. I corpi sono più solidi, i contatti più duri, i passi misurati, tanto che i piedi sono quasi sempre ancorati al terreno. La corsa di Wemby è differente da quella di Jokic, così come il rilascio di Curry è differente da quello di Giannis e tutto questo si vede e si sente. Sfuggire ai blocchi è difficile, così come tagliare fuori un rimbalzista è il modo migliore per accalappiare la palla. Quando però un giocatore come Shai Gilgeous-Alexander trova mezzo centimetro di campo libero davanti a sé è possibile puntare dritto a canestro, esattamente come nella realtà.
Da questo punto di vista NBA 2K26 si fa valere e i passi in avanti fatti sono evidenti. Il videogiocatore ha la sensazione di avere il controllo quasi totale del proprio alter ego, grazie a una curva di apprendimento che consente sia di giocare in maniera molto rilassata, con difese lasche e percentuali al tiro bulgare, sia di alzare il livello e vedere i cestisti in campo diventare dei veri e propri mastini in difesa e cecchini in attacco. A quel punto usare la levetta destra del gamepad diventa altamente consigliato (nonostante ci sia una combinazione di tasti per tutto, come è possibile apprendere nell'esaustiva 2K University), in modo da diventare sia fantasiosi al palleggio, sia imprevedibili alla conclusione.
Il parco mosse a disposizione, infatti, è vastissimo e con la giusta perizia si può davvero provare a replicare lo stile di tutte le stelle NBA scegliendo di volta in volta la mano da usare, o il tipo di movimento da eseguire: basterà inclinare la leva analogica destra in un modo o in un altro, a breve o fino in fondo, e si otterranno risultati profondamente differenti. Poi starà al giocatore indovinare il giusto tempismo per segnare, che sarà determinato da un mix di cose, come l'abilità del cestista, il tipo di movimento, la distanza dal canestro e la presenza o meno di un difensore.
Anche il sistema di intelligenza artificiale è stato potenziato: i difensori sono ora più reattivi e si adattano meglio alla tattica del giocatore, mentre gli attaccanti possono sfruttare nuove opzioni per aggirare la difesa. Le dinamiche di squadra sono più fluide, con i compagni che sembrano reagire in modo più intuitivo alle scelte tattiche del giocatore, facendo blocchi o aprendosi per un tiro. La fisica della palla è anch'essa migliorata, risultando più naturale, nonostante emergano ancora i momenti nei quali il rimbalzo al ferro viene "pilotato" dall'esito del tiro (ovvero se si sbaglia il tempismo del rilascio la palla a volte uscirà dal ferro anche se sembra destinata ad andare dentro), così come alcuni passaggi lunghi vengono aggiustati per essere intercettati. Si tratta di difetti storici che sono ancora presenti, ma va notato come la loro incidenza sia sempre più marginale.
Quest'anno debutta inoltre la filosofia "se è verde, è canestro", ovvero un aiuto visivo che garantisce un canestro se si è in grado di fermare il cursore nella zona verde dell'indicatore. Sembrerebbe un aiuto davvero prezioso, soprattutto per coloro che non hanno sufficiente dimestichezza per riconoscere da un'animazione quanto effettuare il rilascio perfetto, peccato che questo sistema ci abbia convinto a metà: è vero che quando si azzecca il tempismo perfetto il risultato è garantito, ma troppo spesso capita che l'area verde cambi in corsa, spingendoci a commettere un errore. In altre parole, durante l'esecuzione di un tiro, ci è capitato spesso di rilasciare il tasto in quello che sembrava essere il "momento giusto" per poi scoprire troppo tardi che non lo era più, facendoci sbagliare un apparentemente comodo layup o un tiro da tre. È vero che questo succede perché nel frattempo sono cambiate le condizioni dell'esecuzione, ovvero un difensore che era distante si è fatto sotto, ma a nostro avviso sarebbe meno ingannevole dare un'indicazione unica, che magari già tenga in conto l'intervento avversario. O al massimo che si resetti solo in caso di cambio di movimento.
Grafica: realismo ai massimi livelli
Se dal punto di vista della fisica e delle animazioni è difficile avere qualcosa da ridire, nonostante ci siano ancora margini di miglioramento, da quello prettamente grafico il risultato è leggermente meno convincente. Siamo sempre dalle parti dell'eccellenza, ma alcune espressioni e soprattutto alcune proporzioni degli atleti non sono particolarmente convincenti, con un ventaglio di "tipi di corpo" non vastissimo e non in grado di rappresentare perfettamente atleti molto longilinei come Holmgren o Wembanyama. La cosa è più evidente nel MyPlayer dove le decisioni dell'utente possono creare combinazioni particolari, che il sistema non è agilissimo a gestire.
Stiamo facendo, comunque, le pulci a un prodotto che fa del colpo d'occhio uno dei suoi punti di forza, grazie alla capacità di replicare lo stile televisivo dell'NBA non solo di questa generazione, ma anche di quelle passate, dagli anni '80 in avanti, con filtri in grado di restituire le "emozioni" del tubo catodico, grafiche d'epoca e anche una telecronaca personalizzata. Grazie ai nuovi shader i corpi hanno una maggiore tridimensionalità, oltre a essere in grado di raccontare meglio la partita, dato che sarà possibile vedere il sudore nei momenti salienti dell'incontro.
Quest'anno Visual Concepts ha dedicato molte attenzioni ai palazzetti, con nuove luci e dettagli per renderli ancora più fedeli alle controparti reali, e al pubblico, finalmente più vario e dettagliato, tanto da sembrare reale.
In questo lavoro certosino emergono alcune scelte incomprensibili, come quella di rendere standard una telecamera che, se il pallone è sulla linea da tre, non mostra quello che succede sotto canestro (a meno di tenere l'orribile rotazione che a sua volta rende impossibile i contropiedi e diventa una maledizione online), o l'impossibilità di godersi la partita in maniera continua senza dover saltare interminabili schermate di intermezzo. Tra replay, primi piani e show di metà tempo che la interrompono ogni due per tre, prima di passare al quarto successivo o saltare un timeout passeranno svariate decine di secondi e dovrete premere più volte X/A.
MyCareer
Come da tradizione, NBA 2K26 offre una vasta gamma di modalità di gioco, pensate per soddisfare ogni tipo di giocatore e ormai divenute uno standard non solo per la produzione 2K, ma per gli sportivi in generale. Non potevano mancare novità nella modalità MyCareer, il cuore pulsante del gioco, ovvero quella che permette di creare il proprio personaggio e di intraprendere una carriera NBA. Quest'anno la storia parla di un ragazzo che, essendo arrivato tardi alla ribalta, sceglie l'Europa come vetrina per approdare in NBA. Sarebbe una storia moderna e originale, in grado sia di raccontare la crescente importanza del Vecchio Continente come fucina di nuovi talenti, sia la crisi del sistema universitario USA, schiacciato tra leghe parallele e campionati stranieri che offrono ai migliori talenti un trattamento economico spesso più vantaggioso.
Peccato per la scrittura un po' banale, tra protagonisti incapaci di essere simpatici, costantemente impegnati in trash talking di livello infimo ("bro, sono più bravo io, ti distruggo in campo"), una visione dell'Europa davvero provinciale (pensare che chi vince l'Eurolega passando per campi caldi come Istanbul non sia in grado di gestire le emozioni della stagione regolare NBA rasenta il blasfemo. Senza considerare che questa parentesi è stata creata senza licenze ufficiali di squadre o tornei) e ideali davvero poco edificanti, come quello di fare soldi, comprare vestiti e avere una costante esposizione mediatica. Probabilmente sarà l'età a parlare, ma lo stile dei vari Perkins e Stephen A. Smith è davvero stucchevole.
Dal punto di vista della modalità in sé, invece, tutto scorre meglio, grazie a una Città sempre un po' confusionaria, ma più compatta, senza barriere architettoniche e finalmente navigabile a 60 fotogrammi al secondo su PC, PS5 e Xbox Series X. Le attività, i personaggi e i diversivi che è possibile trovare in questo metaverso sono più o meno sempre gli stessi, ma fanno da collante a tutto quello che il gioco sa offrire, dando uno spaccato della cultura NBA, tra moda, personaggi ed eventi dal vivo in grado di accompagnare per tutta la stagione. Manca sempre la possibilità di "teletrasportarsi" da una modalità all'altra, evitando i tediosi spostamenti da un lato all'altro della Città, ma perlomeno quest'anno gli spazi sono ristretti e tutto si muove fluidamente.
Abbiamo apprezzato anche la profondità del nuovo sistema di creazione del proprio alter ego: da quest'anno non solo si può scegliere di partire da zero, ma si possono selezionare anche dei modelli da imitare, in modo da capire che tipo di giocatore si vuole diventare. Meglio una stella esistente, come Mitchell o Curry o un atleta creato dalla community in grado di sfruttare le debolezze delle difese? Quest'anno il sistema di crescita è più chiaro, ha molte più opzioni e soprattutto si è già in grado di testare sul campo l'efficacia del proprio cestista sia adesso sia quando raggiungerà il massimo del potenziale, così da non accorgersi troppo tardi di aver sbagliato qualcosa.
MyTeam
MyTeam riveste anno dopo anno un'importanza maggiore. In poche parole si tratta del FUT di NBA 2K26, ovvero quella modalità nella quale i giocatori possono costruire il loro team dei sogni, pescando atleti da qualunque franchigia e soprattutto anche dal passato. Il tutto per avere il quintetto più competitivo possibile, col quale sfidare altri utenti in partite online o completando sfide particolari per guadagnare nuove carte.
Quindi, se da una parte l'utenza è attratta dalla possibilità di creare squadre inarrestabili con Kobe, Magic, Larry Legend, Shaq e Shai, dall'altra 2K vede davanti a sé l'infinito potenziale economico delle microtransazioni, e spinge in tutti i modi per avere più eventi, stipule, carte che si combinano e chi più ne ha più ne metta, l'importante è si spinga lo sbusto.
Con occhio meno cinico non possiamo non constatare lo sforzo per rendere MyTeam sempre più completo e attraente, con tante nuove carte dinamiche da abbinare a potenziamenti o altri giocatori in modo da alzare il loro valore, una pletora di modalità online e offline con le quali guadagnare pacchetti e denaro virtuale, e l'integrazione della WNBA nel gioco, così da attrarre i fan di Clark e Reese e ampliare ulteriormente il ventaglio di scelte e variabili a disposizione.
Se per le guardie non abbiamo notato problemi, è bastato "pareggiare" i valori tra uomini e donne, nel basket sotto canestro l'altezza e il peso sono comunque elementi fondamentali e un centro di valore 80 di 2 metri e 10 rischia di essere comunque più efficace di uno con un valore maggiore, ma 15 centimetri più basso.
Le modalità da boomer
Anche chi ama giocare offline o perdersi all'interno della gestione delle franchigie o della lega, troverà pane per i suoi denti. The W è una versione della modalità carriera senza tutti i fronzoli e declinata al femminile. MyLeague e MyGM tornano con nuove opzioni di gestione, permettendo ai giocatori di assumere il controllo di una lega o una singola franchigia NBA e di prenderne le redini sia dal punto di vista gestionale che tattico. L'aggiunta di opzioni di personalizzazione ancora più profonde per la gestione del roster e delle finanze, oltre che degli obiettivi dinamici da raggiungere tra una stagione e la successiva rendono visibile il tentativo di creare una maggiore "narrazione" all'interno di una formula ferma da ormai troppo tempo.
Torna, ovviamente, la possibilità di giocare le Ere, ovvero di rivivere i campionati passati con le opzioni e il gameplay di NBA 2K26. Si parte dall'era di Magic e Bird, per arrivare a quella moderna, passando per MJ, Kobe, LeBron e Curry. Come sempre parte del fascino non è solo quella di rivivere partite storiche e utilizzare vere e proprie leggende del basket, ma anche quella di creare veri e propri universi alternativi nei quali è possibile cambiare le regole di ingaggio o "barare" andando a pescare al draft quegli atleti che nessuno avrebbe immaginato sarebbero diventati così forti, come Jokic o Ginobili.
La modalità PlayNow è la scelta ideale per chi vuole un'esperienza di gioco rapida e diretta, senza dover entrare nelle complessità delle modalità più elaborate. In questo contesto, NBA 2K26 dimostra la sua versatilità, riuscendo a soddisfare sia chi cerca partite veloci sia chi preferisce un approccio più riflessivo e strategico.
Multiplayer e Online
Ovviamente anche coloro che amano sfidare le altre persone potranno trovare tantissime opzioni con le quali mettersi alla prova. Si parte dalla Città, dove è possibile sfidare gli altri giocatori in parchetti virtuali, alle modalità pensate per MyTeam, dove poter scendere in campo al comando di trezetti, quintetti o una squadra completa di riserve. Sarà possibile anche giocare la modalità All Star, un 5 contro 5 dove ognuno controllerà una delle superstar pre selezionate della propria squadra.
Durante i nostri test non abbiamo mai incontrato grossi problemi di disconnessione o tecnici, nonostante l'estrema precisione nel rilascio del tiro o certi comportamenti online, non sempre rendano l'esperienza adatta a tutti.
Microtransazioni: Un Dubbio Pervasivo
Come per i precedenti capitoli della serie, NBA 2K26 non è esente da microtransazioni, soprattutto nelle modalità più competitive come MyTeam e MyCareer. Sebbene il gioco base sia ampiamente giocabile senza spendere denaro reale, anche grazie ad una maggiore "generosità" delle varie modalità, il sistema di acquisto di valuta in-game per velocizzare il progresso o ottenere oggetti esclusivi resta un tema controverso. I giocatori possono comunque proseguire senza spendere soldi, ma le microtransazioni potrebbero disincentivare coloro che cercano un'esperienza completamente scevra da acquisti extra.
Molti fan della serie hanno sollevato critiche riguardo alla pressione che tali meccaniche esercitano sui giocatori, spingendo in alcuni casi a un'adozione quasi obbligatoria di queste pratiche per non sentirsi penalizzati rispetto a chi investe denaro reale. Nonostante ciò, NBA 2K26 non obbliga il giocatore a spendere, e l'esperienza rimane comunque piacevole anche senza ricorrere a microtransazioni.
Conclusioni
NBA 2K26 si conferma uno dei giochi di basket più completi mai realizzati. Le migliorie grafiche, il gameplay perfezionato e la varietà delle modalità di gioco lo rendono un titolo che può soddisfare ogni tipo di giocatore, dai più casual ai più hardcore. La modalità MyCareer e MyTeam sono ancora una volta le colonne portanti, ma anche le opzioni di multiplayer e le modalità di gestione offrono esperienze profonde e stimolanti. Le microtransazioni restano un punto dolente, ma nonostante ciò, NBA 2K26 rappresenta una delle esperienze sportive più raffinate in assoluto. è vero che manca una vera e propria concorrenza, ma anche quest'anno Visual Concepts ha confezionato un pacchetto di qualità.
PRO
- Comparto animazioni migliorato sensibilmente
- La Città è finalmente più fluida e funzionale
- Solita pletora di modalità, opzioni, e possibilità
- La WNBA ha sempre più spazio, come nella realtà
CONTRO
- Non tutti i corpi sono ben realizzati
- La storia di MyCareer, per un europeo, è spiazzante
- Ancora qualche sbavatura tecnica del passato