Nel mito greco, Orfeo si reca all'inferno per salvare sua moglie, l'amata ninfa Euridice, morta per il morso di un serpente. Il suo dolore è così straziante che riesce a convincere Ade e Persefone a uno scambio insperato: sua moglie, in cambio di una promessa. Nella lunga risalita verso la luce non dovrà mai voltarsi indietro. Come in un simbolico viaggio di rinascita, non dovrà mai guardare alle sue spalle, al suo passato. Altrimenti l'incantesimo si spezzerà ed Euridice sarà destinata per sempre al regno dei morti.
In fin dei conti, Silent Hill 2 racconta una storia simile: James Sunderland arriva a Silent Hill per recuperare sua moglie, Mary. La donna gli ha scritto una lettera. Lo aspetta in città, nel loro posto speciale. Di mezzo c'è anche qui una promessa che non è mai stata mantenuta. Ma Mary è morta tre anni prima per colpa di una malattia. Cos'è che tiene in piedi l'incantesimo allora?
Le somiglianze tra il mito e il videogioco non si fermano qui. Proprio come la storia di Orfeo, anche quella di James è sopravvissuta al marchio del tempo, affascinando generazioni di videogiocatori, abituali e occasionali, che sono stati in grado di leggerci dentro tutta la forza di una narrazione epica. Ed è per questo motivo che anche Silent Hill 2 deve essere raccontato nuovamente, messo a disposizione delle nuove generazioni, per comprendere perché sia stato così centrale, così fondante per un genere. Il tutto cercando di modernizzare gli aspetti che oggi sono più spigolosi, più difficilmente accettabili. È un'operazione rischiosa, per certi versi profana, dato lo status a cui è assurto il secondo titolo del Team Silent nel corso degli anni. Ma necessaria.
Ecco da dove parte la recensione di Silent Hill 2, remake in mano a Bloober Team, ma con una stretta supervisione da parte di Konami e di due dei creatori originali del videogioco del 2001: Masahiro Ito e Akira Yamaoka.
Il nostro posto speciale…
A volerla ridurre ai minimi termini, Silent Hill 2 è la storia di James e Mary Sunderland, marito e moglie, separati tre anni fa dalla brutta malattia di lei che l'ha portata lentamente alla morte. Ma la morte non è la fine e, quando James riceve una lettera da sua moglie che lo invita a raggiungerla nel loro "posto speciale" a Silent Hill, lui non si fa molte domande. Prende la sua Pontiac Ventura e attraversa il New England. C'è qualcosa in lui, un turbamento, che lo spinge a ignorare le leggi stesse della vita e della morte, dell'amore e della comprensione umana. Eros e Thanatos, i due impulsi che muovono l'essere umano, sono i vettori che lo portano a cercare una risposta: da dove viene quella lettera? Dov'è veramente Mary? Una storia d'amore e una storia di morte, una formula che ha sempre funzionato e che sempre funzionerà.
L'incipit di Silent Hill 2 avviene davanti a uno specchio, all'interno di un bagno scalcinato che dà sul belvedere che sovrasta la città. James si guarda le mani, poi incrocia il suo sguardo nel vetro. Le ombre gli disegnano due cerchi scuri attorno agli occhi. In quello sguardo c'è già la risposta che sta cercando, ma ancora non può farci i conti.
Mentre vaga per le strade nebbiose di Silent Hill, alla ricerca di qualsiasi cosa che possa suggerirgli la presenza di sua moglie, James si rende conto di non essere solo. In effetti Silent Hill 2 non è unicamente la storia dei coniugi Sunderland, ma di altri quattro personaggi che ne condividono il destino tormentato. Angela Orosco è alla ricerca di sua madre e di suo fratello; Eddie Dombrowski è afflitto da un trauma che non gli dà pace; Laura è una bambina dispettosa che sembra saperla lunga sul rapporto tra James e sua moglie. Infine c'è Maria, che è Mary, ma non è Mary. È quello che James avrebbe sempre voluto che Mary fosse: sensuale ma dolce, provocante ma indifesa, capace di amarlo da subito, senza alcun perché.
Ed ecco che il mito si frammenta, si spezza in tante storie che, a differenza della narrazione classica, non hanno una morale da insegnare. Sono una nuotata profonda nella mente e nell'anima compromessa degli esseri umani.
Esplorando Silent Hill
Silent Hill è un posto di mezzo, un non luogo, una non città. Uno squarcio aperto su un mondo insondabile, fuori dai confini geografici del nostro. È lo spazio mentale dove si svolge il film Strade Perdute, ed è l'abisso morale dove si affrontano le conseguenze nel romanzo Delitto e Castigo. Queste due opere sono i due riferimenti dichiarati alla base del canovaccio di Silent Hill 2, che all'epoca Takayoshi Sato, Masashi Tsuboyama, Masahiro Ito e gli altri utilizzarono per dar forma alla storia.
Nella lunga prova che abbiamo avuto a Tokyo, un singolo aspetto non ci aveva convinti molto: l'immaginario ci sembrava troppo pulito. Colpa, se così vogliamo dire, dell'effetto granuloso, grezzo, che permeava il gioco originale, ma in generale anche di un approccio più onirico, sospeso, che si rifletteva anche nella geografia della città. Nel remake avevamo avuto l'impressione che si fosse voluto razionalizzare questo tipo di orrore, per rendere Silent Hill una città più facilmente navigabile.
Fortunatamente, quando la natura feroce dell'otherworld, la vera faccia della città, prende il sopravvento, il nuovo Silent Hill 2 sa graffiare con unghie affilate come quelle dell'originale. Non è inesatto dire che la città sia a tutti gli effetti uno dei protagonisti della vicenda e che cambi nel corso della narrazione, scivolando verso l'incubo: nella progressione del gioco, Silent Hill 2 sa metterti a disagio con le sue ambientazioni strappate via, consumate fino allo scheletro. Sanguinose, quasi come se la realtà fosse stata lacerata.
C'è un momento di transizione all'otherworld che è una straordinaria citazione ad Allucinazione Perversa, il film che prima di qualunque altro ha ispirato il capostipite della serie, e ha dato questo aspetto a Silent Hill. È simile a com'era nell'originale, ma qui è ancora più vicina alla pellicola. Forse questa è la vittoria più grande del remake: di essersi riappropriato di un'estetica che non segue più il film Silent Hill di Christophe Gans, ma di aver scavato per recuperare la visione originale.
È anche grazie a questa ricerca di autenticità che Silent Hill fa di nuovo paura. Fa paura con il suo buio, con il suo immaginario inspiegabile, con le geometrie impossibili e con l'angosciosa decadenza dei suoi spazi fisici, ormai privi di vita. Ormai privi di quotidianità. James ha una sola luce guida: Mary. In senso figurato, ma anche letterale, dal momento che trova la torcia su un manichino vestito come lei, poco dopo l'inizio del gioco.
Ma a far paura sono anche le vertigini morali. Il dubbio e la domanda che si insinua nella mente e nel cuore del videogiocatore. Il modo strisciante che ha di provocarti continuamente. Il buio, sì, ma quello dell'anima.
Benvenuti all’inferno
Un videogioco come Silent Hill 2 può risultare poco convenzionale per i videogiocatori che si aspettano un horror simile alla formula proposta da Capcom nei suoi Resident Evil. Fin dagli albori della saga, la volontà di Keiichiro Toyama e soci è stata quella di distanziarsi da quel canone, per proporre qualcosa di diverso, e questo remake non fa differenza. Sebbene gli scontri con le creature che abitano la città siano parte fondamentale della progressione, non è in quello che risiede il cuore del videogioco, e soprattutto non sono quelli a dettarne il ritmo.
Silent Hill 2 remake ha un'impostazione capace di ricordare i titoli horror dei primi anni duemila. L'esplorazione dei suoi ambienti resta il perno centrale lungo tutto il videogioco, solitamente allo scopo di ritrovare oggetti da utilizzare per risolvere un puzzle che permetta a James di continuare la sua discesa negli inferi alla ricerca di Mary. Quasi tutta l'avventura è organizzata in questo modo. Ci si sposta, di volta in volta, all'interno di edifici simbolo della città, come l'ospedale, la prigione, o gli appartamenti, per poi cercare di intrufolarsi in profondità, aprendo stanze, risolvendo enigmi, collezionando oggetti e chiavi allo scopo di accedere a sezioni dapprima inaccessibili.
Da questo punto di vista, Silent Hill 2 potrebbe ricordare quasi la struttura di un'enorme escape room, che richiede diversi passaggi per essere risolta e per avanzare poi all'iterazione successiva. Se in Resident Evil è lo scontro la chiave che molto spesso permette di procedere, qui è la risoluzione delle stanze, l'esplorazione, la percorrenza di geografie intrecciate, a volte difficili da decifrare. E questo fa molta differenza a livello di ritmo.
Gli scontri però ci sono, e sono stati totalmente ripensati rispetto all'originale, soprattutto in seguito a una scelta che ha necessariamente spinto Bloober Team a ridisegnare l'intero sistema di combattimento: il passaggio da una telecamera fissa a una classica visuale in terza persona. Questa differenza ha significato pensare a nuovi modi di far crescere la tensione nel videogiocatore, e immaginare nuove sfide per nascondere le creature nello scenario. In quest'ottica, il nuovo sistema di combattimento funziona più che bene: è fisico, accessibile ma conserva ancora quella traccia di goffaggine che contraddistingue una persona come James che non è addestrato allo scontro.
Anche se il titolo presenta dei passaggi che ti obbligano al faccia a faccia con alcune creature, è quasi sempre preferibile evitare gli scontri. Già a livello di difficoltà normale, Silent Hill 2 è impegnativo e ogni conflitto diventa potenzialmente letale. Le risorse non sono poche, ma sono comunque limitate, e soprattutto bisogna imparare a conoscere gli avversari per anticiparne le mosse. Ogni creatura va idealmente affrontata in maniera diversa. Per esempio, è fondamentale controllare ogni angolo morto, per verificare che non vi si nasconda un mannequin. Le infermiere vanno invece approcciate sulla distanza, e le lying figure hanno il brutto vizio di strisciarti alle spalle, silenziosissime. A tal proposito ci viene in aiuto l'altoparlante del DualSense, che è in grado di segnalarci, attraverso i disturbi della radiolina, la presenza di nemici. Uno strumento utilissimo che fa il paio con l'ottima gestione della mappa di gioco, sulla quale James segna di volta in volta enigmi non ancora risolti, punti di interesse, porte chiuse, e indicazioni utili per proseguire.
Le aspre vibrazioni della radio vanno a completare un tappeto sonoro che è francamente perfetto. Martellante, meccanico, industriale, Silent Hill 2 sa gettarti in una dimensione in cui macchine, esseri umani e mostri sono la stessa cosa. Sa incantarti con suoni eterei, soprannaturali, che sembrano usciti da Twin Peaks, come il vento che passa tra le fronde dei sicomori, e poi darti i brividi con tutta una serie di sussurri, voci e presenze invisibili. Come spettri che abitano al di là del velo. Ancora un ultimo inchino a Yamaoka: tutta la colonna sonora rimasterizzata è straordinaria. Partiva da una base già amata dal pubblico di affezionati, ma qui è stato in grado di riprendere e replicare le sonorità dell'originale, con pezzi ora malinconici, ora brutali, e siamo contenti che anche le nuove generazioni possano conoscere brani storici come Promise.
Nei miei sogni tormentati
Come si diceva all'inizio, il remake di un mostro sacro come Silent Hill 2 porta con sé delle sfide complesse, soprattutto per quanto riguarda la modernizzazione delle meccaniche e di alcune sfumature dei personaggi. Una questione che è una vera e propria chimera, perché ha a che fare solo in parte con il videogioco in sé, mentre a volte riguarda piuttosto la nostalgia e il ricordo che ne hanno i videogiocatori. In tal senso Bloober Team ha lavorato per espandere e stratificare ciò che era già presente nell'originale.
Nonostante il risultato sia più che buono, sono presenti soluzioni che a volte ci sono sembrate poco eleganti. Per esempio la trovata di segnalare il percorso all'interno delle mappe utilizzando oggetti di colore bianco, come panni, stracci o impalcature, si rifà alla deriva che molti videogiochi hanno sposato negli ultimi anni (solitamente utilizzando il giallo). Così come non ci ha fatto impazzire la meccanica dei soliti cassonetti da spostare per accedere ai punti più alti della mappa. Anche alcune transizioni da gioco a filmati sono poco moderne, con lo schermo che sfuma l'immagine prima di passare alla fase successiva.
Il discorso della modernizzazione si applica anche ai personaggi. In generale, sin da quando questo Silent Hill 2 è stato mostrato per la prima volta, è stato bersaglio di critiche a proposito dell'aspetto che James, Maria, Angela e gli altri hanno assunto, specialmente in confronto all'opera originale. Il design di Silent Hill 2 del 2001 era molto spigoloso, graffiante, più rarefatto, merito dello stile di Takayoshi Sato. In quel caso i personaggi sembravano usciti fuori da un sogno, e molte delle stranezze che facevano o dicevano venivano assorbite da questa atmosfera onirica.
In questo remake, invece, la scelta degli attori si rifà sicuramente a un look più realistico. Il che ha portato, da una parte, a una fase di scrittura dei dialoghi più consapevole e naturale, merito anche di una recitazione senz'altro migliore dell'originale, dall'altra parte, a una fisionomia più anonima dei volti e in generale a personaggi meno caratterizzati.
Passato e futuro della vecchia Silent Hill
Nelle prime fasi, scendendo dal belvedere, fendendo i boschi fino ad arrivare alla città, ci siamo più volte chiesti quanto fosse lecito aspettarsi del vecchio Silent Hill 2 dentro questo remake.
Chiaramente sapevamo che l'originale è figlio di un'epoca e di un humus culturale irreplicabile, e nasceva anche da una situazione parecchio diversa. Dentro al Team Silent c'erano molte delle persone che avevano inventato la serie, e se anche l'abbandono di Toyama li aveva in un certo senso messi nei guai, Tsuboyama e i suoi avevano tutto il diritto di mettere in discussione la creatura che avevano creato. Soprattutto perché non esisteva ancora una versione storicizzata della città, con la sua mitologia scolpita nella pietra. C'è poco, in effetti, di Silent Hill dentro Silent Hill 2.
La situazione di Bloober Team è profondamente diversa: si confrontano con un gigante e si trovano un percorso scritto, dal quale ogni deviazione potrebbe condurli all'insurrezione di milioni di fan. Fan tra i quali figurano anche loro, dal momento che ogni passo che si muove all'interno del loro remake mette in chiaro l'amore incondizionato che provano per l'opera originale.
La risposta alla domanda di cui sopra è arrivata in fretta: no, non è lecito aspettarsi che dentro Silent Hill 2 remake abiti in tutto e per tutto il Silent Hill 2 originale. Perché sono due opere diverse, che provengono da situazioni diverse e che arrivano a vent'anni di distanza l'una dall'altra. È lecito però aspettarsi che l'epos, l'epica del racconto, sia intatta. E su questo versante la nuova versione di Silent Hill 2 non delude. C'è un enorme rispetto per il materiale d'origine e, anche se qualche sfumatura è cambiata, specialmente negli scambi di battute tra i personaggi, nel modo in cui sono disposti gli oggetti, negli scontri con i boss e perfino nella psicologia di James, il cuore dell'opera è intatto. In particolare c'è una situazione verso la conclusione che sorvola su una allegoria molto suggestiva dell'originale, e anche uno dei finali è scritto in maniera differente. Ma sono sfumature, appunto. Importanti, senz'altro, ma non al punto da compromettere l'ottimo lavoro svolto con il resto della narrazione.
Silent Hill 2 vince un campionato che gioca quasi da solo, quello tra i migliori capitoli della saga sviluppati in occidente. Certo, in questo caso si tratta di un ibrido, dal momento che la produzione è in parte anche giapponese, ma a nostro avviso è sicuramente il miglior Silent Hill classico dai tempi di quelli firmati dal Team Silent. Eccezion fatta per il singolare e bellissimo Silent Hill: Shattered Memories, che però aveva un'identità tutta sua. A questo punto viene naturale domandarsi quale sarà il futuro della saga. Se voglia continuare a guardare al passato, ripercorrendo e cantando una mitologia collaudata, o se voglia fare il salto e addentrarsi nella densa nebbia che avvolge quella città del Maine, New England, proponendo qualcosa di nuovo. D'altronde è proprio qui, a Silent Hill, che la gente viene a patti con il suo passato e spesso, quand'è fortunata, riesce a fare ammenda e a proiettarsi verso un futuro di speranza.
Una traduzione che rivela troppo
La traduzione italiana, pur essendo generalmente ottima, nella versione ricevuta per la recensione commetteva un errore madornale: durante le prime fasi del gioco, quando James entra in possesso della radio, sente provenire da essa la voce di Mary che gli dice qualcosa. La trasmissione è disturbata e la frase quindi è mozzata, ma nei sottotitoli italiani si era deciso di inserire una traduzione troppo rivelatoria che permetteva di capire uno dei colpi di scena più grandi di Silent Hill 2. Abbiamo prontamente segnalato questo problema a Konami che per fortuna lo ha corretto in tempo con la patch del day one: assicuratevi di installarla prima di iniziare l'avventura, ma se per qualsiasi motivo non potete, cercate almeno di non attivare i sottotitoli finché non avrete superato quel momento, dopodiché potete tornare ai sottotitoli in italiano e stare al sicuro dallo spoiler.
Conclusioni
Silent Hill 2 è ancora quel videogioco capace di turbare e di affascinare ogni tipo di persona grazie ai suoi chiaroscuri morali, alla tragica storia d'amore e all'indagine sulle profondità dell'animo umano. Bloober Team è riuscita a confezionare un'opera fedele all'originale, lavorando per espansione e stratificazione, proponendo una visione moderna del mito che sa guardare alle stesse fonti d'ispirazione che vent'anni fa guidarono il Team Silent. L'antica, sensuale, magia nera che permeava il viaggio all'inferno di James Sunderland è ancora potente. Da qui, se Konami avrà il coraggio di mantenere la promessa, la serie può rinascere.
PRO
- Grande lavoro sull'atmosfera, finalmente un horror che fa paura
- Molto fedele al gioco originale, pur modificando alcune sfumature
- Dal punto di vista sonoro è magistrale, le musiche sono straordinarie
CONTRO
- Non tutti i modelli dei personaggi ci hanno convinti allo stesso modo
- In generale l'aspetto tecnico alterna cose molto belle ad altre meno riuscite
- Alcune meccaniche esplorative poco eleganti