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Linci, virus e avventurieri: la storia di Sony Bend

SIE Bend Studio, più semplicemente conosciuta come Sony Bend, è stato uno fra i primi team di sviluppo interni a Sony, e uno di quelli più in forte ascesa: scopriamone insieme la storia

SPECIALE di Massimo Reina   —   20/01/2017

L'universo dei videogiochi è costellato dalle storie di piccole società, spesso composte da due o tre sviluppatori, entrate nel giro di poco tempo o dopo qualche produzione azzeccata, nell'Olimpo di quelle aziende che già solo a sentirne il nome, suscitano nel videogiocatore un senso di fiducia e interesse verso le loro produzioni. Sony Bend (SIE Bend Studio), uno fra i primi studi first party di Sony, in tal senso non è ancora arrivata a questi livelli, ma il passo da compiere per raggiungere la meta è decisamente molto vicino ormai. Da Syphon Filter ad Uncharted, il curriculum di questa casa di produzione con sede in Oregon è ricco e destinato ad aumentare in numero e qualità. Basti pensare al loro prossimo, ambizioso progetto intitolato Days Gone, di cui parleremo un po' più approfonditamente alla fine.

Ripercorriamo la storia di uno dei team interni a Sony più importanti: Sony Bend (SIE Bend Studio)

Da Bubsy a Gabe Logan

Le origini di Sony Bend, per certi versi, sono davvero lontane nel tempo, visto che sono legate in un certo senso al mitico studio Infocom. Quest'ultimo era una casa produttrice di videogiochi con sede a Cambridge specializzata nelle avventure testuali, fondata il 22 giugno del 1979 da un gruppo di studenti del MIT capeggiato da Dave Lebling, Marc Blank, Albert Vezza, Michael Berlyn e Joel Berez. Furono proprio due di loro, Blank e Berlyn, che dopo aver lasciato lo studio ne fondarono uno loro chiamato Blank, Berlyn and Co. per lavorare con Apple. In particolare su Newton, il primo esperimento della Mela sui computer palmari, dedicandosi inizialmente allo sviluppo di app. Dopo anni di lavoro principalmente su computer, il gruppo decise di espandere la sua produzione, rivolgendo le sue attenzioni al mercato delle console, che stava crescendo sempre di più.

Linci, virus e avventurieri: la storia di Sony Bend
Linci, virus e avventurieri: la storia di Sony Bend

Nel 1993 i fondatori dell'azienda decisero di dare una svolta alla loro produzione, assunsero Chris Reese, proveniente da Dynamix, società del gruppo Sierra Entertainment, e cambiarono nome in Eidetic. In quel periodo spopolavano i platform avventurosi in 3D, così Eidetic pensò che il modo migliore per mettersi in mostra e iniziare il nuovo corso potesse essere proprio quello di sfruttare l'ultima moda, creando un titolo su quel genere. Il primo gioco del gruppo fu quindi Bubsy 3D, quarto capitolo, primo con grafica tridimensionale, di una serie nata come platform a scorrimento laterale nell'era dei 16-bit che vedeva per protagonista una lince rossa antropomorfa impegnata in una serie di bizzarre avventure. Il prodotto, pubblicato da Accolade e Telstar nel 1996 su PlayStation, si rivelò però un flop clamoroso, al punto che ancora oggi viene considerato come uno dei peggiori giochi di tutti i tempi. Non che all'epoca avesse raccolto giudizi migliori, anzi: messo a confronto con i mostri sacri del periodo come Mario 64 di Nintendo e Crash Bandicoot di Naughty Dog venne letteralmente massacrato dalla critica. Le principali testate giornalistiche del settore lo giudicarono negativamente per la sua brutta grafica, per i pessimi controlli e per la personalità di Bubsy, definita "odiosa". Non c'è che dire: fu proprio un bell'esordio! Col rischio che Bubsy 3D potesse segnare la loro fine, i ragazzi di Eidetic si presero qualche giorno di riflessione, ma non ebbero nemmeno il tempo di ritrovarsi, di capire bene le ragioni di quel fallimento, che subito all'orizzonte si stagliò quello che avrebbe segnato la svolta positiva della loro carriera: Syphon Filter. L'idea di Syphon Filter era venuta ad un produttore di 989 Studios, una divisione di Sony Computer Entertainment America (SCEA), che scrisse una breve sinossi su un progetto che a livello di meccaniche sarebbe stata la risposta al successo di Goldeneye per Nintendo 64. Ma tale progetto non aveva nessun vero plot, nessun personaggio protagonista o un'idea di base su come dovesse essere strutturato. Fu solo verso la fine del 1997 che venne buttata giù qualche riga in proposito. La paginetta contenente una sinossi scarna, ma leggermente più completa della prima, venne poi girata a Eidetic da 989 Studios e dal produttore Connie Booth. Motivo? Ci sono diverse teorie in proposito: dalla presunta amicizia tra Booth e i ragazzi del team di sviluppo dell'Oregon, al fatto che altri gruppi interni a Sony fossero impegnati su altri progetti ritenuti più importanti all'epoca. Ma quella più accreditata, almeno dai diretti interessati, è quella secondo la quale Eidetic avesse già acquisito comunque una discreta esperienza a sviluppare su PlayStation e in 3D; inoltre possedeva un motore su cui far girare un titolo proprio con quel tipo di grafica.

Da Gabe a Nathan Drake

Ad ogni modo, Eidetic cominciò i lavori e grazie alla libertà concessa loro dal publisher, decise di impostare Syphon Filter come un ibrido stealth/action focalizzato sulle armi, i gadget e la mimetizzazione. Un'idea ambiziosa per un team che non aveva alcuna esperienza con le avventure in terza persona. Non a caso durante l'intera fase dei lavori e fino a poche settimane dalla consegna definitiva del gioco, il gruppo non riusciva a implementare nel progetto tutto quello che desiderava o che era stato pianificato sulla carta. Spesso era perfino costretto a cambiare in corsa situazioni, meccaniche e perfino la trama, che veniva modificata di pari passo con i cambiamenti alla giocabilità. In tal senso pare che la storia sia stata riscritta per ben tredici volte prima di trovarne la stesura definitiva, che coincise con l'assunzione di John Garvin Sierra Entertainment come art director.

Linci, virus e avventurieri: la storia di Sony Bend
Linci, virus e avventurieri: la storia di Sony Bend

Di fatto, solo l'idea di un protagonista super addestrato ma dal cuore d'oro, poi ribattezzato Gabriel Logan, che venne interpretato da John Chacon, un camionista della Bay Area californiana, era rimasta invariata sin dalle prime battute. Garvin immaginò che Syphon Filter fosse una parola in codice legata a un virus letale "programmabile", e su quella base suggerì diverse modifiche alla sceneggiatura e agli scenari, che pian piano diventarono quelli che poi si sarebbero visti nel prodotto finale. Il resto è storia: il gioco giunse nei negozi il 17 febbraio del 1999 e fu un autentico trionfo. Un successo importante, che convinse il publisher a investire sul marchio e Eidetic a sviluppare altri due Syphon Filter sulla prima PlayStation, fino a quando Sony non acquisiva lo studio ribattezzandolo col nome di SCE Bend Studio. Da quel momento e per diversi anni, Sony Bend lavorò solo su episodi di Syphon Filter, realizzandone ben sette su piattaforme differenti. Un impegno costante, continuo, ma forse anche per questo un po' "pesante" e ripetitivo. Capitò così che i membri del team cominciassero a manifestare un po' di stanchezza mentale, sensazione tipica di chi magari lavora sempre a una stessa cosa. Quando nell'ambiente si sparse la voce che Insomniac Games, impegnato nello sviluppo del primo Spyro the Dragon, cercava un gruppo di sviluppatori affidabili a cui assegnare un loro progetto, Resistance: Retribution per PlayStation Portable, per i ragazzi del gruppo Bend si presentò l'occasione per tentare di ricaricare le pile e cambiare soggetto per il loro "lavoro". Dopo aver convinto quindi Insomniac Games a farsi affidare l'incarico, e dopo un giusto periodo di sviluppo, gli ex Blank, Berlyn and Co rilasciarono Resistance: Retribution, che arrivò nei negozi a marzo del 2009, ottenendo ottimi giudizi da parte della critica. Commenti positivi che solo due anni dopo, nel febbraio del 2012, Sony Bend raccolse nuovamente, stavolta per un lavoro più importante e su PlayStation Vita, vale a dire Uncharted: L'abisso d'oro, uno spin-off della fortunata saga di videogiochi Uncharted, ambientato alcuni anni prima degli eventi narrati in Drake's Fortune. Il titolo piacque subito al pubblico, grazie anche al fatto che per profondità e dettaglio non aveva nulla da invidiare alle controparti casalinghe. Non a caso vinse perfino il premio come miglior gioco per una console portatile alla Gamescom 2011. Soddisfatti del lavoro, Naughty Dog affidò quindi loro Uncharted: Fight for Fortune, un particolare videogioco strategico di carte del 2012, che raccolse un discreto successo fra gli appassionati. Poi più nulla, almeno apparentemente. In realtà il gruppo stava ideando una serie di nuovi progetti da sottoporre all'attenzione di Sony. Uno di questi, una nuova proprietà intellettuale, la prima per il team dai tempi di Syphon Filter, ottenne il via libera, e a gennaio del 2015 Sony Bend cominciò a lavorarci in assoluta segretezza, con il solito John Garvin come direttore creativo e sceneggiatore, e Jeff Ross nelle vesti di game director.

Dopo l’apocalisse

Il titolo del progetto è stato svelato solo questa estate in occasione dell'E3 di Los Angeles: si tratta di Days Gone, un gioco che di primo acchito sembrerebbe un clone di The Last of Us di Naughty Dog, ma che gli sviluppatori si sono affrettati a chiarire che le similitudini tra i due giochi si fermeranno all'ambientazione e a qualche situazione. Già a livello di meccaniche, Days Gone giurano che sarà differente, molto più incentrato sull'azione, sui combattimenti contro orde di creature e su situazioni spettacolari, pur concedendo una certa libertà d'azione al videogiocatore, che potrà adottare vari approcci in ogni scenario, compreso quello più accorto tipico di certi giochi stealth.

Linci, virus e avventurieri: la storia di Sony Bend

Insomma, più azione non vuol dire che il gioco sarà uno spara e corri, o che la trama avrà un ruolo marginale, privata per giunta di quella componente emozionale che ha fatto la fortuna di molti giochi drammatici recenti. D'altronde quello in cui verranno immersi i videogiocatori sarà un mondo ostile, e di certo non mancheranno gli spunti per una storia drammatica.Il videogiocatore verrà catapultato in un pianeta Terra ormai in rovina, due anni dopo una terribile pandemia che ha decimato la popolazione mondiale trasformando molti dei sopravvissuti in creature estremamente aggressive e violente. La parte di pianeta dove sarà costretto a muovesi in maniera silenziosa fra le rovine di quelle che una volta erano le dimore di milioni di esseri umani sarà nel cosiddetto Pacific Northwest, molto probabilmente in un'ampia zona di quell'area che comprende Oregon, Washington e la provincia canadese della British Columbia. Spostandosi di casa in casa, di negozio in negozio o nei pochi insediamenti umani ancora abitati, l'utente si ritroverà a dover ricercare viveri ancora commestibili e beni di prima necessità, con gli occhi vigili, sempre attenti a non lasciarsi sfuggire nessun oggetto o movimento sospetto, e a fare il minimo rumore che possa attrarre dei potenziali pericoli. Days Gone sarà un gioco di sopravvivenza, ed è fra i resti di una civiltà scomparsa che il protagonista dovrà raccogliere le risorse che gli serviranno per andare avanti, recuperando materiale appartenuto ai tanti sfortunati individui morti prima, durante e dopo l'infezione iniziale. Medicinali, batterie, contenitori per l'acqua, proiettili, benzina e pezzi di ricambio per la moto. Insomma, un titolo dalle grandi potenzialità, che siamo certi Sony Bend saprà sfruttare adeguatamente, per continuare a dare lustro alla sua storia e entrare così definitivamente nell'Olimpo degli sviluppatori il cui nome è sinonimo di garanzia di qualità.