Una delle più liete sorprese dello scorso E3 di Los Angeles è stato senza ombra di dubbio l'annuncio di Days Gone, l'avventura survival horror con visuale in terza persona targata Sony Bend Studio, team che come i nostri lettori ricorderanno è stato legato al franchise di Syphon Filter. Di primo acchito in molti hanno pensato a un clone di The Last of Us di Naughty Dog, ma gli sviluppatori si sono affrettati a dire che le similitudini tra i due giochi si fermeranno all'ambientazione e a qualche situazione. Ma già a livello di meccaniche, giurano che Days Gone sarà differente, molto più incentrato sull'azione, sui combattimenti contro orde di creature e su situazioni spettacolari, pur concedendo una certa libertà d'azione al videogiocatore, che potrà adottare vari approcci in ogni scenario, compreso quello più accorto tipico di certi giochi stealth. Insomma, più azione non vuol dire che il gioco sarà uno spara e corri, o che la trama avrà un ruolo marginale, privata per giunta di quella componente emozionale che ha fatto la fortuna di molti giochi drammatici recenti. D'altronde quello in cui verranno immersi i videogiocatori sarà un mondo in declino, finito, ostile, e di certo non mancheranno gli spunti per una storia drammatica.
Abbiamo fatto un salto nel mondo di Days Gone per conoscerne scenari, creature e sopravvissuti
La Terra dopo l’uomo
Il videogiocatore verrà catapultato in un mondo ormai in rovina, due anni dopo una terribile pandemia che ha decimato la popolazione mondiale trasformando molti dei sopravvissuti in creature estremamente aggressive e violente. La parte di pianeta dove sarà costretto a muovesi in maniera silenziosa fra le rovine di quelle che una volta erano le dimore di milioni di esseri umani sarà nel cosiddetto Pacific Northwest, molto probabilmente in un'ampia zona di quell'area che comprende Oregon, Washington e la provincia canadese della British Columbia. Spostandosi di casa in casa, di negozio in negozio o nei pochi insediamenti umani ancora abitati, l'utente si ritroverà a dover ricercare viveri ancora commestibili e beni di prima necessità, con gli occhi vigili, sempre attenti a non lasciarsi sfuggire nessun oggetto o movimento sospetto, e a fare il minimo rumore che possa attrarre dei potenziali pericoli.
Days Gone sarà un gioco di sopravvivenza, ed è fra i resti di una civiltà scomparsa che il protagonista dovrà raccogliere le risorse che gli serviranno per andare avanti, recuperando materiale appartenuto ai tanti sfortunati individui morti prima, durante e dopo l'infezione iniziale. Medicinali, batterie, contenitori per l'acqua, proiettili, benzina e pezzi di ricambio per la moto. Come i protagonisti di una moderna favola nera, gli utenti verranno letteralmente inghiottiti di volta in volta nelle viscere di bestie di cemento ed acciaio come le città, o in quelle più cupe e oscure di boschi e montagne, ma sempre con il rischio concreto di incappare in qualche insidia. Pezzi di cemento che si staccano dai tetti degli edifici in rovina e che precipitano sulla strada come grossi frammenti di una grandine innaturale, cavi d'acciaio attorcigliati sotto ai detriti pronti a schioccare in aria una volta sfiorato erroneamente il masso che li tiene bloccati per terra. E ancora, branchi di cani incattiviti da mesi di abbandono, gruppi di sopravvissuti violenti pronti a uccidere per un tozzo di pane o una pila. In un mondo del genere ogni cosa avrà un suo valore, e questa in ogni caso varrà più della vita umana. La violenza sarà la compagna di vita di ogni sopravvissuto all'olocausto, ma essa, salvo rare eccezioni come nel caso di individui dall'indole sadica, non sarà mai gratuita: come in The Last of Us, la morte non sarà "divertente", non tornerà utile per ottenere un punteggio, ma si rivelerà una scelta dolorosa, funzionale e cruda, ma quasi sempre giustificata dagli eventi. Fino a quando col passare dei giorni, eliminare un'altra vita diventerà qualcosa di automatico e naturale. La spontaneità del gesto dipenderà a quel punto da un complesso insieme di situazioni anomale, e anche dalla sinergia di vari fattori quali la perdita dei valori che regolano le società civili moderne, la fame, l'istinto primordiale di sopravvivenza. Un istinto che verrà messo a dura prova soprattutto da loro, le vittime del misterioso virus che secondo gli scienziati (nel gioco) non era pericoloso per l'uomo, e che invece si trasformò ben presto nella più terribile minaccia che l'umanità avesse mai conosciuto, fino al punto da provocarne la quasi estinzione.
Gli infetti
Anche se scrivere "quasi" potrebbe sembrare un eufemismo. Allo stato dei fatti narrati nel nuovo progetto di Sony Bend, la razza umana pare destinata a sparire, e il problema probabilmente non è capire "se" ciò accadrà, ma "quando" questo avverrà. Forse sarà solo questione di settimane, forse mesi, chi lo sa. Gli infetti, dicevamo. Esseri umani o morti viventi, all'inizio dell'epidemia non era ancora chiaro, nessuno lo aveva capito con certezza cosa fossero per davvero. Le ultime informazioni riportate dai media, prima del crollo delle agenzie di stampa mondiale e dell'interruzione di ogni tipo di comunicazione, dicevano che fossero esseri umani vivi, ma trasformati in non si sa bene cosa da un virus patogeno.
E questo provocò una serie di problematiche, soprattutto morali, se fosse cioè giusto o meno uccidere queste creature o se era più etico provare invece a catturarle, curarle o segregarle in attesa di un vaccino, semmai ne fosse stato ideato uno.
In molti si chiedevano: capiscono? Hanno dei sentimenti? Si ricordano chi erano o cosa facevano prima della loro mutazione? Sono coscienti oppure non lo sono affatto? Non si è mai saputo, tutto è crollato prima che si potesse dare una risposta a questi quesiti. Di certo la loro struttura e il loro modo di agire ricordano palesemente quello delle creature del film World War Z, dove sciami di morti viventi agivano quasi come un'unica entità collettiva: come innumerevoli insetti si accatastavano, calpestavano l'un l'altro pur di raggiungere un determinato obiettivo. L'idea degli sviluppatori sembra essere stata quella di ricreare quanto visto nella pellicola con Brad Pitt, quasi un'onda, un flusso di "acqua" che scorre inarrestabile e tutto travolge. L'unico modo per ucciderli definitivamente, nel film, era quello di sparargli alla testa o di danneggiargli il cranio. Ma questa regola non varrà nel mondo di Days Gone. Perché in realtà questi "freaker", non solo non sono zombi, ma sono pure in costante mutamento, pronti ad evolversi in qualcosa di più terrificante. Ne esistono di vari tipi, e ciascuno di loro avrà comportamenti ed esigenze differenti che varieranno a seconda del tempo, della posizione e perfino, sembra, dell'ora del giorno e della notte. Per ora se ne conoscono solo due varianti: quelli che compongono l'Orda, cioè i classici infetti che agiscono di solito in gruppi numerosi, e i Newt, una versione adolescenziale più infida, che agisce di soppiatto e attacca alle spalle, aggrappandosi perfino alla schiena della loro vittima. Alle origini dell'apocalisse, la diffusione dell'infezione fu molto rapida, anche a causa delle implicazioni morali di cui parlavamo prima, ragion per cui non c'è stato tempo o modo di capirne l 'origine, che rimane sconosciuta ai più, o di avere un quadro più completo dei comportamenti e delle tipologie di "mostri". Ma non è da escludere che governi come quello statunitense, nel caso esistano ancora nascosti in qualche base militare super protetta o in qualche inaccessibile bunker sotterraneo, stiano ancora lavorando per comprendere la genesi del fenomeno, magari dopo aver catturato un possibile paziente zero. Ad ogni modo, ogni volta che il videogiocatore se ne troverà davanti uno, dieci, cento, l'unica cosa a cui dovrà pensare sarà solo a come poterli abbattere prima di esser egli stesso ucciso.
Il protagonista
Così la pensa almeno Deacon St. John, professione cacciatore di taglie, biker, mercenario. Ma soprattutto un uomo che cerca giornalmente una ragione per continuare a vivere. Deacon non ritiene di essere fortunato perché è ancora vivo, ma pensa di esserlo solo per non essersi trasformato in uno di "quei cosi" inferociti. In fondo tipi come lui restano convinti che quando arriva la fine dei tempi forse è meglio morire subito ed evitarsi la tortura di dover sopravvivere ancora un altro giorno fra stenti e dolori. E tra i ricordi. I terribili ricordi di chi non ce l'ha fatta e non c'è più.
E che magari esplodono prepotentemente nella testa nei momenti più disparati, nel silenzio della notte, mentre si cerca di riposare accanto al fuoco di un bivacco improvvisato, o davanti a un oggetto che ne ricorda l'esistenza passata. Come il poster di un vecchio film visto tempo addietro insieme a "lei", o un bracciale fisso ancora al polso mummificato di un cadavere che emerge parzialmente da sotto un cumulo di detriti, uguale a quello che le aveva regalato. Là, dove un tempo sorgeva un quartiere brulicante di attività commerciali, e dove ora si sentono solo i lamenti lontani di creature che non sono più umane, che come bestie affamate si aggirano tra le ombre in cerca delle loro vittime. In tal senso John Garvin, scrittore e creative director del progetto che in passato ha lavorato a serie di successo come Syphon Filter o in giochi come Uncharted: L'abisso d'oro, sembra la garanzia per lo sviluppo di una storia complessa e articolata, dove ci sarà spazio per l'introspezione psicologica dei personaggi e per una rappresentazione della condizione umana in un mondo post-apocallitico. Certo che l'azione, come detto all'inizio dell'articolo, non mancherà e avrà un ruolo maggiore rispetto a titoli come The Last of Us. Quando dalle aree più selvagge all'aperto, dalle fattorie o segherie, dai vicoli bui delle cittadine di provincia dove sono ancora visibili i segni di battaglie combattute anni prima per la sopravvivenza,fra le carcasse di auto esplose, carri armati abbandonati e i resti di edifici crollati, si leveranno sinistri i gemiti di migliaia di infetti, o le grida di disperazione di qualche sopravvissuto caduto in trappola, allora sarà l'azione a farla da padrona. Per difendersi dai nemici bisognerà sfruttare le armi a disposizione, molte delle quali improvvisate al momento come tubi di ferro, bastoni, molotov, ma anche trappole e conformità di terreni o edifici, oltre che tenere conto del loro numero e della tipologia. Chiaro che una cosa sarà affrontare un'orda composta da una manciata di infetti, un'altra vedersela con un centinaio o più di creature. Allo stesso modo, un conto sarà vedersela con qualche sprovveduto sopravvissuto, un altro avere a che fare con delinquenti o ex militari super addestrati. Perché in fondo in Days Gone, un altro giorno tolto alla morte, sarà un altro giorno guadagnato. Forse.