Il 2017 è stato un anno ricco. Talmente ricco che per un appassionato di videogiochi poliedrico è stata davvero un'impresa riuscire a mantenere il passo delle uscite distribuite nel corso degli ultimi dodici mesi. Resident Evil 7 biohazard ha fatto la felicità degli appassionati di giochi horror, The Legend of Zelda: Breath of the Wild ha portato una ventata d'aria fresca nel settore un po' imballato delle esperienze open world, Horizon Zero Dawn ci ha messo tra le mani un mondo selvaggio e visivamente fantastico. E per gli appassionati di giochi di ruolo giapponesi? Beh è semplice: è uscito Persona 5.
Da molti considerato una pietra miliare del genere, il titolo di Atlus ha avuto il pregio di migliorare dove possibile il già ottimo quarto capitolo della saga. Persona 5 ha infatti affinato la formula collaudata di Persona 3 e Persona 4, senza comunque provare a stravolgere le carte in tavola o a spiazzare in qualche modo i fan; ha messo in scena nuovi personaggi e un contesto inedito, pur continuando a strizzare l'occhio a quella nicchia di appassionati ai quali sapeva di potersi (e doversi) rivolgere. Insomma, Persona 5 è un titolo imprescindibile per chiunque voglia immergersi in un'esperienza interattiva complessa, tattica, narrativamente articolata e per questo merita di essere inserito nel novero dei titoli più incisivi degli ultimi anni.
Eccellenza nel solco della tradizione
Il sedicenne protagonista delle vicende narrate in Persona 5 si trova suo malgrado in libertà vigilata dopo aver scelto di aiutare una ragazza all'uscita da scuola. Sulla carta niente di strano, se solo il responsabile dell'aggressione non fosse un individuo con le conoscenze giuste, in grado perciò di ribaltare a proprio favore l'esito degli eventi. Ne consegue che il ragazzo venga incriminato dalla polizia a causa delle ferite inflitte all'uomo, passando da eroe a delinquente. E così, in un batter di ciglia, si ritrova espulso dalla sua scuola e spedito a vivere da un amico di famiglia, proprietario di un bar in quel di Tokyo. Arrivato in un ambiente che non conosce, il giovane deve reggere il peso delle accuse a suo carico, dovendo convivere con la nomea di persona pericolosa e inaffidabile. Un bel giorno, proprio mentre si trova con il suo compagno di scuola Ryiuji Sakamoto, il ragazzo scopre sul proprio telefono una misteriosa app con la quale è possibile accedere al Metaverse, una sorta di dimensione parallela in cui albergano desideri e percezioni di altri individui. In questo luogo così particolare si imbatte in Morgana, un gatto parlante che lo accompagna istruendolo sulle dinamiche di funzionamento dei Palazzi, ovvero i dungeon che bisognerà affrontare nel corso del gioco.
Sfruttando questi particolari super poteri, il giocatore viene messo in condizione di modificare le propensioni degli individui malvagi, costringendoli a realizzare la gravità delle proprie azioni e a confessare i crimini commessi. Una volta diventato consapevole delle proprie potenzialità, il protagonista decide di dare vita all'agguerrita banda dei Phantom Thieves, un gruppo di ragazzi che si prefigge di lottare le ombre che albergano nel Metaverse, risolvendo enigmi e scoprendo segreti inquietanti. Ha così inizio un'avvincente e complessa avventura, che in buona sostanza sottende un'aspra critica verso gli aspetti negativi della società giapponese, rappresentando metaforicamente la necessità di un cambiamento a favore delle nuove generazioni. Persona 5 si caratterizza insomma soprattutto per la complessa rappresentazione della cultura nipponica, fronteggiando tematiche che potrebbero non risultare così limpide e cristalline per il fruitore occasionale o per chi non abbia mai approfondito determinati risvolti di carattere sociale. In tal senso uno dei lati più appaganti di Persona 5, sul piano strettamente narrativo, è dato dalla capacità di tratteggiare un determinato tipo di mentalità, destrutturando i temi chiave e discostandosi dagli stereotipi degli anime tradizionali. Viene inoltre mostrata una grande attenzione per le relazioni interpersonali tra protagonista, personaggi principali e secondari durante tutto l'arco narrativo. Pur rappresentando lo stato dell'arte di un certo modo di intendere il gioco di ruolo, il titolo non presenta bivi narrativi o scelte che in qualche modo possano andare a modificare la struttura del racconto per raggiungere esiti contrapposti. Ciò nondimeno si ha la libertà di decidere se completare unicamente la storia principale tralasciando le sottotrame, oppure addentrarsi a capofitto anche nelle vicende che coinvolgono i comprimari - denominati Confidant - con cui ci si può interfacciare durante l'avventura. Questi ultimi possono diventare membri del party gestito dal giocatore, oppure restare ancorati al ruolo di soggetti secondari, con ricche sottotrame che rendono il fruitore partecipe del loro carattere e della vita quotidiana.
Ma Persona 5 conserva un approccio classico anche per quanto riguarda la struttura dell'esplorazione: anziché accodarsi al costume sempre più consolidato di plasmare mondi aperti, Atlus ha preferito mantenersi ancorata alla tradizione, senza correre il rischio di snaturare un impianto già collaudatissimo. L'interazione è quindi limitata a piccole mappe, all'interno delle quali si può interagire con i personaggi e accedere ai locali presenti agli angoli delle strade. Ciò nondimeno, gli scenari della capitale giapponese sono stati riproposti curando ogni dettaglio, senza comunque dare priorità alla componente grafica in sè considerata. La scelta più saggia - che conferma la grande sicurezza mostrata da Atlus per la sua creatura - riguarda il sistema di combattimento: la gestione tattica dell'azione è stata esaltata dal ritmo compassato delle dinamiche a turni tipiche del genere, mentre la struttura del party viene scandita dalla scelta dei vari Confidant di cui servirsi, tenendo conto di fattori come l'utilizzo dei poteri elementali, lo sfruttamento dei punti deboli dei nemici, ma anche la contrapposizione tra incantesimi e armi da fuoco o da mischia. Che dire, chapeau.