La scorsa settimana abbiamo ripercorso lo sviluppo tormentato di Final Fantasy XV, dalla sua ideazione come spin-off di Final Fantasy XIII alla sua trasformazione nel quindicesimo capitolo: sappiamo che è stato un lavoro lungo e difficile che ha coinvolto centinaia di programmatori e due director che si sono susseguiti al timone del progetto, marchiandolo ciascuno in modo indelebile. Le due filosofie si sono scontrate e hanno generato una chimera che non ha convinto proprio tutti e che ha spaccato in due non tanto l'opinione della critica o del pubblico in generale, ma proprio quella dei fan che, per la prima volta, in certi casi hanno reagito anche in modo insospettabilmente veemente nei confronti di un gioco che attendevano da anni. Tutto questo, ormai, appartiene al passato. Final Fantasy XV è uscito più di un anno fa e nel frattempo Square Enix ha continuato ad aggiornarlo oppure a espanderlo, convertendolo finalmente anche per PC. Oggi è il momento di guardare al futuro e di cercare di capire che cosa ci ha lasciato questo Final Fantasy: ogni sbaglio è una lezione da imparare e Square Enix dovrà fare i conti con le scelte compiute, insistendo su quelle migliori nel tentativo di non ripetere gli errori che hanno impedito a Final Fantasy XV di mettere d'accordo tutti.
Lo sviluppo
Molti accusano Hajime Tabata di aver "rovinato" Final Fantasy XV, distorcendo le idee originali di Tetsuya Nomura. Altri se la prendono invece con Nomura stesso, accusandolo di essere l'incompetente che, dopo tanti anni, non era riuscito a realizzare nulla di concreto. Per come la vediamo noi, la verità sta nel mezzo e la colpa è di Square Enix, per la precisione delle alte sfere che dirigono l'azienda, Yoichi Wada in primis. Sarebbe un errore sottovalutare Tetsuya Nomura: si tratta di un personaggio eccentrico, certo, ma indubbiamente talentuoso, anche se probabilmente molto più a suo agio nei panni del character designer anziché in quelli di un director. Eppure è stato Nomura a concepire Kingdom Hearts, una saga monumentale cominciata con quello che si può tranquillamente definire un vero e proprio colpo di genio. Insomma, tanto stupido Nomura non può essere. Tabata, dal canto suo, è un tipo meno fantasioso e creativo, ma molto più pragmatico, ed è stata la sua determinazione a rimettere in piedi un progetto praticamente alla deriva nel giro di pochi mesi. Tabata è quel che si potrebbe definire un uomo di marketing, come ha dimostrato il suo approccio trasparente nei confronti del pubblico durante la ristrutturazione di Final Fantasy XV.
Forse Square Enix avrebbe dovuto dare meno spago all'estro artistico di Nomura, lasciato libero di fare e disfare il progetto per anni. Questo non significa che il director originale stesse facendo un pessimo lavoro, ma che si stava prendendo troppo tempo per definire l'identità di un gioco che forse non aveva ancora elaborato completamente. In una recente intervista, Tetsuya Nomura ha ammesso di non essere mai stato convinto fino in fondo del collegamento originale con Final Fantasy XIII: era come un'idea che gli ronzava nella testa e che non riusciva a mettere a fuoco. Forse è stata l'indecisione a farlo tentennare, ma più probabilmente ha sbagliato Square Enix a non imporgli quelle che potremmo chiamare "deadline", tempi di consegna da rispettare più o meno rigidamente. In un certo senso, lo sviluppo di Final Fantasy XV, finché non è subentrato Tabata, è sempre sembrato pigro e sonnacchioso, come un progetto a lunga scadenza pensato per un universo in cui il tempo non scorre e i videogiochi non cambiano generazioni. Nello sviluppo di Final Fantasy XVI, Square Enix dovrà assolutamente stabilire un regime più ferreo: a questo punto non può permettersi di uscire tra altri cinque o sei anni.
L'universo multimediale
Intorno a Final Fantasy XV, Square Enix ha costruito un universo multimediale sorprendente, annunciandolo in pompa magna all'evento Final Fantasy XV: Uncovered. Lo scopo era chiaramente quello di spingere l'acceleratore su un capitolo che stava diventando un brand a sé, ingigantendolo con una manovra pubblicitaria costosa e ambiziosa, composta da una serie animata, un lungometraggio cinematografico e vari giochi mobile di contorno. Si è trattato indubbiamente dell'investimento più coraggioso mai compiuto da una società che, anni fa, ha dovuto fondersi con la sua diretta concorrente dell'epoca, Enix, per non andare in bancarotta anche a causa di un altro film, Final Fantasy: The Spirits Within. In questo senso, il prologo cinematografico di Final Fantasy XV, sottotitolato Kingsglaive, ha rappresentato una sorta di rivalsa: è stato come se Square Enix volesse prendere a schiaffi il destino, facendogli notare che aveva tutto il diritto di riprovarci e trionfare clamorosamente.
Peccato che non abbia trionfato affatto. Anche se Kingsglaive non è andato poi così male, si è trattato di un film abbastanza insulso, per quanto tecnicamente ineccepibile. Sfortunatamente, i giocatori hanno dovuto guardarlo per comprendere meglio alcuni aspetti della storia del gioco, ma da questo punto di vista è stato fatto un lavoro decisamente migliore - e meno costoso! - con le brevi puntate della miniserie Brotherhood che serviva a definire meglio i comprimari del protagonista e il mondo in cui vivono. Sui minigiochi mobile, meglio calare un velo pietoso. Alla fin fine, l'operazione commerciale è costata un patrimonio a Square Enix, anche se non sappiamo se l'esperimento sia servito. Sappiamo però che l'idea di un universo multimediale che espanda la storia di un gioco non è nuova - Blizzard, per esempio, lo fa da anni con i romanzi e i fumetti ispirati a World of Warcraft, StarCraft e Overwatch - e a noi piace un sacco, se gestita nel modo opportuno e senza troppi fronzoli. L'idea della webseries animata, per esempio, funziona benissimo: costa poco, le puntate sono brevi e non è indispensabile guardarla. I giochi mobile possono servire allo stesso modo, se ben realizzati, ma forse Final Fantasy XVI potrebbe fare tranquillamente a meno di un film che sprechi tempo e risorse.
Il supporto post lancio
Ecco un argomento che surriscalda gli animi, specie perché entriamo nel delicato campo dei DLC. Hajime Tabata affermò, inizialmente, che la storia di Final Fantasy XV si svolge dal punto di vista Noctis e che la decisione di non mostrare quello che succede in sua assenza era una precisa tecnica narrativa: in questo senso, i DLC dedicati ai suoi compagni dovevano servire a colmare queste lacune nella trama, informandoci su dettagli che non sarebbero stati fondamentali a comprenderla. Le cose non sono andate esattamente come aveva detto Tabata: a parte che nel gioco ci sono dei momenti in cui Noctis non è presente, i DLC - e specialmente Episode Prompto e Episode Ignis - rivelano alcuni particolari davvero importantissimi. Questo fatto, unito ai numerosi aggiornamenti che hanno cambiato alcuni parametri importanti del gameplay nel corso dell'anno, ha condotto il pubblico a diffidare dell'onestà del director giapponese.
Se è vero che i DLC sono effettivamente complementari, e si può giocare e finire Final Fantasy XV senza mai scaricarli, comprendendo comunque la storia e il messaggio che vuole trasmettere, è inevitabile inarcare un sopracciglio di fronte ai contenuti del costosissimo DLC chiamato Royal Pack che, essenzialmente, aggiunge un'intera zona proprio alla fine del gioco con tanto di boss e cinematiche di discreta importanza narrativa. Fermo restando che Final Fantasy XV, nel novembre del 2016, si giocava e terminava tranquillamente e non dava idea di essere un titolo "incompleto" - sviluppato maldestramente in certi punti, sì, ma incompleto nel vero senso della parola proprio no - è chiaro che Square Enix si è dato la zappa sui piedi pubblicando aggiornamenti discutibili se non sospetti. Non abbiamo nessuna riserva nei confronti dei tre Episode già pubblicati (Gladiolus non è granché, ma gli altri due sono molto validi) e secondo noi il sistema dei DLC potrebbe essere un buon modo di sostenere i prossimi Final Fantasy dopo il lancio, restando però fedeli alle intenzioni iniziali, e cioè quelle di approfondire la storia o le sottotrame di alcuni personaggi senza intaccare la narrativa centrale.
Ovviamente ci auspichiamo che il prossimo Final Fantasy esca in condizioni perfette, senza costringere lo sviluppatore nipponico a integrarlo più o meno furtivamente nell'arco dei mesi a seguire, ma se c'è una cosa su cui è difficile soprassedere sono gli aggiornamenti estemporanei che hanno implementato il crossover con Assassin's Creed, i costumi ispirati ai Power Rangers o il festival dei Chocobo. Se quest'ultimo tutto sommato era anche carino, gli altri aggiornamenti ci sono apparsi un po' beceri nel loro tentativo di fare pubblicità a terze parti, sminuendo l'importanza di un franchise che è stato, per molti anni, un esempio di stoicismo videoludico. Contemporaneamente, Square Enix dovrebbe rendersi conto che non tutti i Final Fantasy sono Final Fantasy XIV: non tutti sono MMORPG che possono essere aggiornati in divenire quando lo sviluppatore cambia idea su qualcosa. In questo senso, il prossimo Final Fantasy dovrebbe essere sostenuto, dopo il lancio, da una campagna chiara e precisa, fatta di eventuali DLC ben strutturati e semplici aggiornamenti mirati a correggere bug e problemi. Ma tutto questo dipenderà dallo sviluppo del gioco e la domanda, a questo punto, è una soltanto: chi sarà il prossimo director?