Attorno ad Assassin's Creed Shadows si respira quell'atmosfera polverosa che accompagna l'immortale camminata di Sanjuro nel capolavoro di Akira Kurosawa, La sfida del samurai. Non sono solo l'epica del duello a colpi di katana e l'ambientazione giapponese del nuovo capitolo di una delle saghe più celebri del mondo dei videogiochi a combaciare, ma anche la gravitas del momento: il samurai interpretato da Toshiro Mifune è alla resa dei conti, nel momento decisivo che stabilirà se la sua fine sarà in una pozza di sangue in un posto dimenticato da Dio, oppure se, nell'estasi della battaglia, riuscirà ancora una volta a salvarsi da una situazione disperata. Assassin's Creed Shadows richiama un po' quell'ultima scena di un capolavoro del cinema: uno scontro importante, contro ogni pronostico. Con la katana. In Giappone.
Nella scena del film, Toshiro Mifune, con una finta e una furia senza pari, riesce a liberarsi dei suoi nemici e a ristabilire la pace nel villaggio. È il più classico degli showdown tra eroe e antagonisti e termina con un eccezionale sfoggio di tecnica da parte del samurai protagonista. Non è solo la sua spada a essere imbattibile, ma anche il suo cuore, la sua voglia di sopravvivere. È proprio augurandoci di trovare questa stessa forza che ci siamo approcciati ad Assassin's Creed Shadows, credendo nel suo cuore saldo e nella furia capace di ribaltare una situazione non facile.
Quattro ore più tardi, dopo aver esplorato le premesse di questa vicenda di vendetta ambientata in uno dei periodi più affascinanti della storia giapponese, ci siamo fatti un'idea piuttosto chiara di come tira il vento per le strade battute da Yasuke, ex schiavo e ora samurai (o ikkitousen, una questione ancora aperta), e Naoe, shinobi, erede degli assassini.
Due anime, due storie
Assassin's Creed Shadows è ambientato alla fine del periodo Sengoku, nel pieno dell'Azuchi-Momoyama, uno dei momenti di maggiore trasformazione per il Giappone, collocato grosso modo tra la fine del 1500 e i primi anni del 1600. Il nome di questo periodo deriva da due castelli appartenenti a due dei personaggi più importanti della storia giapponese: Toyotomi Hideyoshi e Oda Nobunaga. Nobunaga è uno degli elementi principali dell'incipit del gioco; l'altro sono i portoghesi e, più in particolare, i missionari cristiani che, dopo l'arrivo di Francesco Saverio, il primo prete a sbarcare in Giappone, iniziarono a diffondere la loro fede in tutto il paese. Molti nativi, specialmente tra i contadini e i più poveri, furono attratti dal cristianesimo, una dottrina che prometteva loro, nel regno dei cieli, una posizione persino superiore a quella dei daimyo, i signori feudali. I portoghesi, o meglio i cristiani, giocano un ruolo cruciale in questa storia, perché è con loro che arriva Diogo, che poi passerà alla storia come Yasuke.
Iniziamo la nostra prova proprio nei panni di questo schiavo al servizio del gesuita italiano Alessandro Valignano. Niente più che una guardia del corpo, segue in silenzio due padri che hanno chiesto udienza a Lord Nobunaga. Diogo è una figura decisamente insolita nel Giappone della fine del XVI secolo. Camminando nei suoi panni per le strade che conducono al palazzo, o anche più tardi, quando sarà ormai accettato come un membro fatto e finito della comunità, la gente comune lo osserva con curiosità - quando va bene - ma, per la maggior parte del tempo, con timore. Torreggia su chiunque abbia davanti a sé, più alto, più grosso, quasi minaccioso nelle sue movenze, che risultano sorprendentemente agili per un uomo della sua stazza. È inevitabile che sia lui ad attirare l'attenzione di Nobunaga San, che liquida rapidamente i due preti e, in cambio del permesso di professare liberamente il cristianesimo nei suoi territori, chiede la proprietà di Diogo.
Sei mesi più tardi, Diogo è diventato Yasuke, un samurai al servizio del suo signore Nobunaga. La sua forza e il suo ardore vengono impiegati dal daimyo per conquistare la provincia di Iga, e noi abbiamo per la prima volta la possibilità di utilizzare le sue abilità in battaglia. Yasuke è, come lo definisce Nobunaga stesso, un "one man army", ovvero un uomo che vale quanto un intero esercito. La sua possanza fisica gli conferisce un vantaggio incommensurabile nei confronti corpo a corpo con altri samurai, shinobi, banditi o chiunque si trovi davanti.
È la prima occasione per provare un sistema di combattimento che richiama in maniera evidente quello degli altri Assassin's Creed, ma con alcune variazioni interessanti. È possibile parare i colpi degli avversari, segnalati da una scintilla azzurra sulla lama, per poi procedere con un contrattacco. A volte, gli attacchi fanno parte di una combo che va interamente bloccata prima di rispondere. Altre volte, il colpo è impossibile da parare (succede più spesso con Naoe che con Yasuke, a dire il vero, ma su questo torneremo) e va esclusivamente schivato. Con un'arma in mano, Yasuke è un portento: può caricare qualsiasi attacco di una combo per spezzare la guardia nemica o infliggere un colpo mortale. In questi casi, si esibisce in esecuzioni spettacolari, sollevando l'avversario di peso e sballottandolo come fosse una bambola di pezza. Inoltre, le sue abilità gli permettono di calciare via i nemici, facendoli volare per metri. Non è difficile capire perché Nobunaga l'abbia voluto al suo fianco.
Nella provincia di Iga, a cercare di resistere all'assalto di Nobunaga, ci sono anche Naoe e suo padre. Un po' come nel film Rashomon, sempre di Kurosawa, il nostro punto di vista cambia improvvisamente, e ci troviamo a osservare la situazione dalla parte degli oppressi. Naoe è una shinobi con una missione: impedire che Nobunaga metta le mani su uno scrigno che suo padre ha giurato di proteggere a costo della vita. I primi momenti nei panni di Naoe, dopo l'uragano di energia chiamato Yasuke, sono stranianti. Naoe deve evitare a tutti i costi lo scontro diretto: le sue armi non riescono a penetrare le armature avversarie, e il suo peso, la sua statura e la sua forza non le consentono di incassare più di pochi colpi prima di finire a terra, morta.
Per questo motivo Naoe si è addestrata a essere un'ombra. In lei ritroviamo tutte le abilità che caratterizzano gli assassini degli altri capitoli: l'occhio dell'aquila, la lama celata e le eccezionali capacità di arrampicata. A queste si aggiungono alcune abilità del tutto nuove: Naoe può lanciare un rampino per raggiungere i tetti più lontani o per aggrapparsi ai rami degli alberi. Oppure può stendersi a terra e appiattirsi contro il suolo, diventando quasi invisibile. In più, ha accesso a tutta una serie di strumenti tattici, come shuriken, kunai e bombe fumogene. Quello in cui pecca è l'esperienza, dovuta alla sua giovane età. E così, nonostante il suo coraggio, il prologo si conclude con un intenso colpo di scena che la vede protagonista e che getta le basi della sua vendetta.
Himeji e il Castello dell'Airone Bianco
Himeji è una splendida cittadina poco distante da Kyoto, famosa ancora oggi in tutto il mondo per due attrazioni: il Castello dell'Airone Bianco e i suoi giardini, i Koko-en. Il Castello dell'Airone Bianco, così chiamato per il suo colore brillante, domina l'intera cittadina ed è stato costruito sul monte Himeyama. È all'ombra di questa meravigliosa struttura, oggi dichiarata Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO, che prende il via la seconda parte della nostra prova. Una sessione avanzata, dal momento che abbiamo potuto scegliere se utilizzare Yasuke o Naoe ed entrambi erano dotati di un equipaggiamento di tutto rispetto e con accesso a numerose abilità. Prima di poterle mettere in pratica, però, assistiamo a un rengakai, ovvero un'occasione sociale di lettura collettiva di poesia orale tra Kuroda Kanbei san e Ukita Naoie san. È una situazione spinosa: Kanbei sta cercando di stipulare un'alleanza con Ukita e, per evitare un attacco da parte di quest'ultimo, tiene in ostaggio suo figlio, Hideie. Un'evenienza non così inusuale nel Giappone feudale, che potreste aver già visto nella serie TV Shogun.
Dopo la cerimonia, e l'inevitabile imprevisto che la interrompe, Assassin's Creed Shadows ci dà piena libertà di muoverci per le strade di Himeji e nella provincia di Harima, con l'obiettivo di trovare il responsabile dell'attacco avvenuto durante il rengakai e, ovviamente, di salvare il piccolo Ukita Hideie, rapito durante il caos del combattimento.
È la prima vera occasione che abbiamo per godere della ricostruzione dell'ambientazione, senza la pressione immediata della trama che ci spinge a proseguire. Il che ci permette, finalmente, di fare due passi e ammirare quello che, a conti fatti, è l'aspetto che ci ha colpito di più in questa prova di Assassin's Creed Shadows: la ricostruzione dell'ambientazione giapponese.
Mentre camminiamo per le strade di Himeji, vediamo in lontananza uomini e donne piegati a piantare il riso, il vento che sferza i giunchi nei prati, le foglie che si muovono e i fiori di ciliegio che svirgolano nell'aria prima di posarsi a terra. Ponti e torii in legno rosso laccato brillano alla luce del sole; il bamboo troneggia, altissimo. Tutto è molto bello, ma anche decisamente autentico. La cura nel creare un'ambientazione che sia al tempo stesso poetica e terrena, con l'immondizia a terra, le pozzanghere che infangano il suolo, cani e gatti randagi e i chiari segni della miseria contadina è molto precisa. Siamo lontani, per esempio, dalla magnifica, ma decisamente più idealizzata, rappresentazione hollywoodiana del Giappone di Ghost of Tsushima.
Naoe, l’ombra; Yasuke, il guerriero
Ma chiaramente Naoe e Yasuke non sono lì per ammirare il vento che soffia tra gli alberi e quindi ci muoviamo in fretta per rintracciare il colpevole dell'assalto al rengakai. Prima di tutto prendiamo confidenza con le enormi differenze che separano i due protagonisti, che incarnano due modi opposti, ma complementari, di vivere Assassin's Creed Shadows. Naoe è centrale nell'esplorazione, dal momento che può utilizzare il rampino per raggiungere i punti più alti della mappa e avviare la più classica delle sincronizzazioni. Yasuke, al contrario, è pesante, impacciato, non pensate di poter correre sui tetti con lui. È un tipo che calca le strade, con la sua stazza imponente, godendo degli sguardi terrorizzati della gente che incrocia.
L'altra grande differenza tra i due non tarda a palesarsi. Dopo esserci arrampicati in un punto abbastanza alto, decidiamo di indagare su un magazzino sorvegliato da un tipo grande e grosso che, con il suo Kanabò, non aspetta altro che qualcuno abbastanza stupido gli si faccia sotto. In modo un po' imprudente lo facciamo noi, con Naoe, che gli piomba dall'alto, ma non riesce a farlo fuori con la lama celata, visto che l'eliminazione istantanea è ancora legata al livello di salute e di forza dell'avversario. Questa meccanica da GDR introdotta negli ultimi capitoli continua a non farci impazzire, ma non abbiamo molto tempo per pensarci, perché il tipo si rialza e in quattro e quattr'otto ci massacra.
Naoe non è pensata per affrontare questo tipo di battaglie: le sue armi, siano esse la spada, il tantō o perfino il kusarigama, sembrano inefficaci contro i nemici corazzati, capaci di resistere alla quasi totalità dei suoi colpi. Forse insistendo molto, e con un attacco aggressivo, sarebbe possibile farli fuori, ma questo significherebbe resistere ai loro colpi che risultano perlopiù imparabili per la povera shinobi. Dopo questa disfatta, decidiamo di affrontare lo stesso avversario con Yasuke e la situazione cambia notevolmente. Yasuke può sbriciolare le armature avversarie con un paio di colpi ben piazzati. Ha più energia, è in grado di sopportare molti più danni, e può perfino deflettere gli attacchi più potenti senza problemi. Se anche lui impugna un kanabō, i suoi fendenti diventano devastanti e ogni colpo rischia di lanciare i nemici da una parte all'altra dello schermo.
Ci è capitato un'altra volta di trovarci in una situazione simile, e di nuovo nei panni di Naoe. Ci siamo chiesti se davvero non esista un modo per lei di affrontare situazioni che richiedono una certa dose di forza bruta. Chiariamoci: questa differenziazione così netta ci piace, permette di adottare un approccio che sia molto puro e che non consente spazio alle ibridazioni. Naoe e Yasuke non solo hanno equipaggiamenti diversi e alberi di abilità completamente separati, ma anche missioni principali con sezioni esclusive, pensate appositamente per il loro stile di gioco. Quando le cose si fanno movimentate, però, anche Naoe ha le sue risorse per non alzare bandiera bianca. Per esempio, può chiamare degli alleati che attacchino un bersaglio designato, eliminandolo, o distraendolo al punto da rendere invisibile Naoe e quindi la lama che gli penetrerà tra le costole. Nella nostra prova ne abbiamo avuti a disposizione due: uno era uno shinobi abbastanza classico, l'altra applicava un effetto al nemico, probabilmente un avvelenamento, e poi comunque restava in campo per aiutarci a combattere.
L'assalto al castello
La parte finale della nostra prova, prevede un assalto al castello di Himeji e, di fatto, rappresenta l'ultima tappa della serie di missioni intraprese fino a questo momento. Quest'ultima incursione è ben più strutturata e lunga delle precedenti. A differenza dell'esplorazione delle mappe e delle missioni affrontate fino a questo momento, dove era possibile passare liberamente da Yasuke a Naoe, qui la selezione è limitata a specifici punti, in cui il gioco ti chiede di scegliere un approccio più furtivo, con Naoe, o più diretto con Yasuke. Noi abbiamo scelto di alternare i due protagonisti.
Abbiamo quindi iniziato con Naoe, che ci è sembrata la scelta più adatta per una missione di infiltrazione. Il gioco ci ha chiesto di eliminare degli shinobi nascosti nel castello, travestiti da uomini e donne di corte. Questo ci ha permesso di sfruttare un'altra delle caratteristiche di questo Assassin's Creed Shadows utile all'indagine e all'individuazione dei bersagli. A differenza dei capitoli immediatamente precedenti, i nostri protagonisti non possono più contare sull'aiuto del falco, e il sistema è decisamente più parco di indicazioni precise, limitandosi a suggerimenti di massima sul posizionamento dei bersagli. A sopperire a questa mancanza, c'è un sistema di vedette che è possibile posizionare attraverso la mappa e che funzionano un po' come dei radar, offrendo indicazioni su dove indagare. È una trovata interessante, che lascia al giocatore la scelta di quanto impegnarsi personalmente nell'individuazione dei bersagli e quanto affidarsi invece al sistema. Noi abbiamo sfruttato le sentinelle per stanare gli avversari e poi, in una sezione stealth piuttosto soddisfacente, siamo riusciti a eliminarli uno dopo l'altro.
Abbiamo quindi deciso di continuare nei panni di Yasuke che, chiaramente, non è andato molto per il sottile, irrompendo nel bel mezzo del cortile del castello ed eliminando a colpi di mazza le ultime resistenze. Per l'ultima parte della missione, siamo tornati di nuovo a Naoe, anche per testare se il gioco mantenesse coerenza nonostante i frequenti cambi di personaggio.
In effetti le cose si sono fatte strane in fretta, raggiungendo l'apice nell'ultima parte, quando si sceglie con chi affrontare il boss del livello, per due motivi. Il primo è legato al gameplay: finché le sezioni mantengono una distinzione netta tra l'approccio stealth e quello diretto tutto funziona, ma quando si arriva al combattimento contro un boss è chiara la disparità tra Naoe e Yasuke. Il samurai è in grado di devastare l'avversario con estrema facilità, mentre Naoe fatica molto di più. L'altra cosa che ci ha lasciato perplessi è legata alla narrazione, con i due personaggi che si ricongiungono e si separano di continuo, anche di fronte a circostanze nelle quali dovrebbero essere uniti, generando dialoghi ambigui e poco sensati. Frasi come: "per farlo fuori basta solo uno di noi due", risultano fuori luogo, così come i momenti in cui uno dei due protagonisti abbandona l'altro in una situazione critica solo perché il gioco prevede che ci sia un solo personaggio in quella scena. In questi frangenti emerge l'anima "da videogioco" di Assassin's Creed Shadows e finisce per minare una coerenza narrativa che all'improvviso si fa troppo surreale.
Alla fine della nostra prova siamo ancora curiosi di sollevare alcune delle ombre che si posano su questo Assassin's Creed Shadows. In quattro ore abbiamo apprezzato la sua personalità a tratti contemplativa - che si sposa perfettamente con la splendida ambientazione giapponese -, ma abbiamo anche assistito ad alcuni momenti che risultano meno rifiniti, a volte perfino in aperta antitesi con la grazia e l'attenzione che emergono dalla ricostruzione storica e dalla scrittura del resto. Ci piace moltissimo la netta separazione dei due protagonisti, ma a volte risulta sbilanciata e dà vita a parentesi narrative poco efficaci. L'approccio stealth di Naoe, pur rinnovato da possibilità inedite, è ancora legato a meccaniche GDR che non amiamo del tutto, mentre quello più fisico di Yasuke è intrigante, ma ci chiediamo se il sistema di combattimento sia abbastanza profondo da sostenere il ritmo sul lungo termine. Il nostro giudizio definitivo deve ancora attendere, ma è vero che queste ore ci hanno regalato, senza ombra di dubbio, diversi momenti di bellezza.
CERTEZZE
- L'ambientazione giapponese è realizzata con cura e amore
- I due protagonisti offrono approcci totalmente differenti
- La storia è intrigante e tocca avvenimenti storici con precisione
DUBBI
- L'alternanza dei due protagonisti dà vita a dinamiche poco realistiche
- Il sistema di combattimento saprà evolversi?
- Il bilanciamento dei due personaggi è tutt'altro che perfetto