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Blindness, la storia del primo gioco in FMV Italiano

La complessa storia dello sviluppo di Blindness, la prima avventura in FMV realizzata in Italia, tra mille ostacoli, il rischio della novità e il poco successo.

Blindness, la storia del primo gioco in FMV Italiano
SPECIALE di Damiano Gerli   —   14/12/2022

Qual è uno dei più grandi sogni di ogni videogiocatore che si rispetti? Beh, a quanto pare il fotorealismo. Perlomeno è quello che molte aziende hanno sempre sperato, altrimenti per quale motivo da quasi quattro decenni sentiamo ripetere incessantemente che il gioco X ha una "grafica così realistica da farvi cadere la mascella!"? Al di là di dubbi tentativi di marketing, cosa c'è di più realistico... della realtà? Così potremmo ipotizzare il successo degli attori digitalizzati e dei giochi in Full Motion Video o FMV, quelli realizzati con attori veri, piccoli elementi cinematografici che supplivano alle mancanze della tecnologia 3D dell'epoca.

Nonostante sia stato un "genere" dalle fortune decisamente altalenanti, esplodendo negli anni novanta ma andando, poi, a scomparire alla fine del decennio, anche il nostro paese è salito di sfuggita sul treno dei giochi FMV, prima d'essere impietosamente cancellato. Blindness, uscito nel 1996, può pacificamente essere definito come altamente sperimentale per l'epoca, presentando profili tuttora interessanti, anticipando di diversi anni alcune soluzioni al problema dell'accessibilità dei videogiochi.

Ripercorriamone la curiosa storia di Blidness, scoprendo il motivo di determinate scelte.

Tutto inizia con un'evocazione.

Un'immagine da Evocation La Sfida
Un'immagine da Evocation La Sfida

Blindness è stato realizzato dalla software house Dedalomedia, in precedenza nota per una serie di avventure, ispirate da Myst, uscite su Mac e, successivamente, PC: Evocation. Il successo della serie, per quanto oggi pressoché dimenticata, ha fatto guadagnare al piccolo studio un contratto con Mondadori.

A raccontarci la storia è Luigi Alberton, "avevo poco più di trent'anni quando ho iniziato con Dedalomedia, all'inizio mi occupai della sceneggiatura di Evocation nel 1993, mentre Alberto Cobre era il programmatore (in seguito c'è stato anche Gabriele Bordignon). Il team era inizialmente composto da quattro-cinque persone e, tra tutti, io non avevo molto a che vedere con l'ambiente dei videogiochi. Venivo da un background letterario e nella storia di Evocation ho voluto ripercorrere alcuni canoni di storia della filosofia nel rapporto tra maestro e allievo."

Il successo di Evocation, distribuito in allegato a una rivista Mac in shareware (il giocatore poteva comprare il gioco inviando un'apposita cartolina), fa capire a Dedalomedia di essere sulla strada giusta. "Da uno studio minuscolo crescemmo con gli investimenti e attraverso l'accordo con Mondadori che incontrammo a una fiera." Proprio con l'editore milanese, sotto l'etichetta dedicata ai prodotti multimediali "New Media", esce Evocation 2 - Il Sogno, per PC e Mac. Nonostante il titolo possa far pensare a un seguito, è in realtà una versione migliorata e corretta del titolo originale. Evocation: Oltre il Sogno, che vedrà la luce l'anno successivo, nel 1995, è invece un titolo completamente nuovo e arricchito da grafica 3D pre-renderizzata.

Un'avventura grafica... senza grafica?

Un'immagine di Dedalomedia all'epoca di Evocation
Un'immagine di Dedalomedia all'epoca di Evocation

Come mai Dedalomedia decide di fare il salto doppio, oltre la grafica pre-renderizzata, realizzando una complessa e costosa avventura punta e clicca cinematografica? Enrico Gramatica, grafico, ricorda che l'idea nasce durante il montaggio audio per Evocation, notando come anche l'audio da solo, senza supporto video, potesse rendere una location di gioco viva. "Si trattava sicuramente di un azzardo," ricorda Alberton "ma ci affascinava l'idea di realizzare un prodotto fruibile allo stesso modo da giocatori tradizionali e non vedenti. Collaborammo con alcune istituzioni per capire come una persona non vedente rappresentasse la realtà e quali schemi utilizzasse, così da poter scrivere un personaggio quanto più realistico possibile".

Il protagonista è Simon, un non vedente che si trova invischiato con uno spietato serial killer, le cui vittime sono tutti i suoi migliori amici. Prima che il suo passato venga cancellato definitivamente, Simon deve scoprire cosa si cela dietro ai vari omicidi, prima di finire lui stesso dietro le sbarre. Dopo aver scartato la poco commerciale idea di realizzare un'avventura senza grafica, ricorda Luigi, in Blindness si decide d'implementare un innovativo sistema audio che permette al giocatore di capire, in ogni momento, la posizione degli elementi su schermo: il cosiddetto olofonico in tre dimensioni. "Nel gioco, il puntatore del mouse è l'equivalente virtuale del bastone del non vedente, attraverso l'audio se ne può capire la posizione su schermo in ogni momento, immergendo così il giocatore in un ambiente di narrazione filmica."

Trovati gli attori, via al primo ciak

Una rara versione scatolata dell'originale Evocation
Una rara versione scatolata dell'originale Evocation

Dopo aver scritturato attori (oggi sicuramente più noti che all'epoca) come Cesare Bocci, volto familiare per i fan del Commissario Montalbano, e Anita Caprioli (Si Può Fare, Santa Maradona), le riprese iniziano a Roma e dintorni. L'inizio non è certo dei più promettenti, visto che i problemi non tardano a farsi sentire, ricorda Luigi. "Utilizzavamo una delle primissime camere digitali della Sony, dopo i primi giorni di produzione, nella foga, non abbiamo controllato il girato del controcampo. A causa di un problema tecnico, tutto il girato della seconda camera era nero, completamente inutilizzabile. Siamo stati costretti a rigirare diverse scene, finendo col ritardare tutta la programmazione della produzione! Il primo di una lunga serie d'incidenti..."

Anche per gli attori, l'esperienza di recitare per un videogioco era nuova, spiega il produttore esecutivo. "Cesare e Anita dovevano ripetere le stesse azioni decine e decine di volte, per far fronte a ogni possibile combinazione di oggetti e conseguenze. Oggi che si gira anche in green screen lo troveremmo normale, ma per loro all'epoca era assurdo, proprio non si capacitavano." Anche la troupe, nonostante si trattasse di operatori di Cinecittà, restò abbastanza spiazzata, ricorda Luigi. "Credo sia stata una delle primissime produzioni italiane realizzata interamente in digitale. D'altronde, era il 1996 e la tecnologia era ancora giovane. Ricordo come il macchinista fosse preoccupato, perché pensava di essere ormai una figura superata, data la semplicità di girare in digitale rispetto all'analogico!".

Un traguardo miracoloso

Una copia di Blindness
Una copia di Blindness

Con quattro settimane previste di lavoro, i problemi delle riprese non si esauriscono, continuando praticamente per l'intera produzione. Luigi ricorda, tra le varie cose, che a Ostia la moto di ripresa si è danneggiata: "Non partiva più. Siamo stati costretti a fare un annuncio in spiaggia per cercare qualcuno con lo stesso modello di motocicletta...". Non mancarono anche problemi familiari di Cesare Bocci a ritardare ulteriormente la produzione. "L'accordo con Mondadori era di consegnare il gioco ai primi di novembre ed eravamo in un ritardo assurdo. Alla fine abbiamo dovuto ripensare l'intero girato, tagliando qui e lì per cercare di rientrare coi tempi."

Per quanto Blindness riesca miracolosamente a uscire nei tempi previsti, non viene accolto con particolare favore dalle riviste e dal pubblico. The Games Machine e Z sembrano apprezzarne l'idea, nonché sicuramente il coraggio e la novità per il mercato italiano, ma notano parecchie falle nel gameplay e nella sceneggiatura. "Avevamo speso un patrimonio per realizzare, comunque, un girato piuttosto semplice," ammette Luigi. "Se il giocatore si aspettava delle scene d'azione o qualcosa di spettacolare che giustificasse l'uso del girato in digitale, sarebbe rimasto deluso. Avevamo affrontato tutta la complessità del cinema, nonché l'alto budget, senza portarne a casa l'emozione. La prima parte del gioco poi era molto statica, e lì credo abbiamo sbagliato visto che, dopo una mezz'ora, Blindness diventa molto più dinamico."

Blindness non convince

Un momento da Vitae
Un momento da Vitae

Luigi Alberton lascia l'azienda non molto tempo dopo l'uscita di Blindness. Dedalomedia, di lì a poco, lascia anch'essa il mercato del videogioco, scegliendo di dedicarsi a prodotti corporate, nonché anche a titoli educativi come Il Gioco del Mondo del 1998. Nel 2001, infine, Dedalomedia acquisisce Allos, azienda specializzata nella formazione a distanza, prendendone il nome. Dopo il 1996, l'unico vero videogioco realizzato da Dedalomedia, sviluppato quasi in contemporanea con Blindness, è Vitae. Si tratta di un'altra avventura in prima persona dallo stile decisamente più simile ad Evocation, Gramatica ne parla come un titolo dallo sviluppo travagliato e che non ha ricevuto l'attenzione necessaria.

Il poco successo di Blindness e l'uscita di Mondadori dal mercato dei prodotti multimediali fanno capire che il settore è praticamente finito lì. "Abbiamo deciso di lasciar perdere l'idea perché gli FMV erano davvero troppo costosi per il mercato del videogioco dell'epoca, non c'era modo di avere un budget necessario per realizzare un film interattivo in stile Hollywoodiano" conclude Alberton. Alla domanda se penserebbe mai di ritornare allo sviluppo di un'avventura grafica, mi risponde ridendo "credo di essere troppo vecchio ormai!".

Per quanto oggi sostanzialmente dimenticato, nonché difficile da reperire, Blindness è ancora un titolo importante e coraggioso. Non solo è stata un'avventura con un budget importante e la prima realizzazione in FMV in Italia (seguirà, a stretto giro, anche Nirvana), ma ha portato al pubblico idee di accessibilità oggi entrate a far parte del linguaggio basilare dell'industria videoludica. La storia del primo FMV realizzato in Italia ci racconta di uno studio giovane e coraggioso, penalizzato da diversi incidenti sfortunati e dalla ridotta dimensione del mercato italiano. Oggi che le avventure in FMV sembrano godere di maggior favore di critica e realizzarne una sarebbe decisamente molto più semplice, nonché economico, avremo modo di rivedere un prodotto italiano simile? Possiamo solo sperare e attendere...

Grazie a Luigi Alberton per la gentile disponibilità e il materiale messo a disposizione per l'articolo.