È sempre strano immaginare un mondo privato di una delle sue voci più interessanti. A un certo punto, lungo la via, qualcuno rimane indietro. Quello è il giorno in cui si realizza che abbiamo visto l'ultimo film di Fellini, che abbiamo letto l'ultimo saggio di Eco, che abbiamo ascoltato l'ultima intervista a Bogdanovich. Oggi, purtroppo, ci rendiamo conto che l'arte poliedrica di David Lynch ha calato il sipario. Ci ha lasciato a 78 anni per un enfisema polmonare che lo costringeva in casa. Certo, in casi come questo non è raro trovare, una volta ancora, quella mente in opere postume, magari ripescate negli scatoloni di una soffitta polverosa (chissà cosa ne sarà della sceneggiatura di Antelope Don't Run No More e della serie che stava ideando per Netflix), ma non è la stessa cosa.
Sulla carriera di una vita si poggia un velo dolceamaro che solo coloro che hanno avuto modo di assistere alla sua visione nel pieno della sua attività potranno scorgere, mentre, a chi arriverà dopo, spetta la reincarnazione di quella figura, che aleggia come uno spettro tra i corridoi dell'impegno artistico umano; un idolo che pare immortale, perché immortalato nel tempo. David Lynch è stato moltitudini: un regista, un pittore, un cantautore, ma probabilmente, più di ogni altra cosa, è stato un ispiratore.
La sua visione alternativa del mondo che ci circonda ha spinto molti dei più grandi autori contemporanei a uscire allo scoperto e investire la propria vita nella ricerca di una voce personale, sorretta nelle fondamenta dall'immaginario che Lynch ha sviluppato in più di mezzo secolo di carriera. Non esiste un percorso di studi sul cinema e la serialità televisiva che non preveda un lungo approfondimento riguardante l'impatto che il regista americano ha avuto sull'industria. Sugli altari sacrificali del cinematografico si rende omaggio al Sommo Lynch, ma il suo culto travalica lo schermo argenteo, sfociando nell'immaginario collettivo in una maniera così subdurale da passare spesso inosservata. E il debito che il mondo videoludico ha con il compianto regista è immenso e molto più stratificato di quanto si possa immaginare.
L’eredità di Lynch
Il nome di David Lynch inizia a farsi strada nell'immaginario collettivo più o meno a cavallo degli anni '90, momento della transizione videoludica alla terza dimensione.
I segreti di Twin Peaks si rivela essere un fenomeno televisivo di culto, divenendo uno degli esempi più alti di quality television (ovvero la volontà di proporre contenuti stratificati anche a livello seriale, andando a creare una via alternativa tra l'immediatezza della televisione e lo spessore del cinema d'autore) e stregando il mondo con le sue proprietà immaginifiche.
Non risulta difficile, dunque, immaginare l'influenza che ha avuto su una nuova generazione di sviluppatori, alle prese con un modo inedito di raccontare attraverso immagini e suoni. Dalla serie di Silent Hill a Deadly Premonition, fino a raggiungere la lucente Nintendo con titoli come The Legend of Zelda: Link's Awakening, Lynch ha lasciato la sua impronta sull'industria videoludica in maniera decisa e immediata, pur non rendendosene probabilmente conto.
Non a caso, forse, per il lancio di PlayStation 2, Sony volle proprio il regista come firma audiovisiva della sua campagna pubblicitaria fuori dal comune, una vera e propria scommessa comunicativa (della quale abbiamo già parlato ampiamente non troppo tempo fa in un articolo).
Perché i videogiochi?
Con tutta probabilità, l'immaginario lynchiano ha avuto una presa così forte in ambito videoludico per via della sua traccia onirica. Perché sì, il cinema è un sogno a occhi aperti, ma il videogioco permette una libertà esplorativa che l'esperienza in sala non è in grado di restituire. I tempi dilatati, potenzialmente infiniti (tutto dipende dalla volontà o meno del giocatore di proseguire) contribuiscono a creare un'atmosfera inquieta, surreale, capace di stupire l'utente con elementi fuori da questo piano del reale.
Su tutto ciò si basa il lavoro di Hideo Kojima, che non ha mai nascosto l'amore per il regista e il suo cinema. Dai Metal Gear a Death Stranding, ogni sua opera è pregna di una follia concettuale molto in linea con il surrealismo di Lynch (che sia un caso il fatto che stesse lavorando al nuovo capitolo di Silent Hill prima di lasciare Konami?).
Alla ricerca del sogno americano
Ma non è di certo unicamente il Sol Levante a guardare all'autore di Velluto Blu, Strade perdute e Mulholland Drive (tra i tanti). Il progetto narrativo unificato di Remedy, che procede sotto l'attenta guida del tessitore di trame Sam Lake, deve probabilmente tutto a David Lynch.
Dall'atmosfera, alle tematiche, ai personaggi, l'universo di Alan Wake e Control (e Max Payne) vive del disagio sottocutaneo caro a Twin Peaks, sfociando in quell'ultimo colpo di genio che è stato Alan Wake 2, una delle esperienze videoludiche più interessanti degli ultimi anni (del cui rapporto con il regista abbiamo ampiamente parlato in un articolo dedicato).
Altro Sam che deve molto a Lynch è Sam Barlow, autore di piccoli, grandi capolavori videoludici come Her Story e Immortality. Proprio quest'ultimo ci mette faccia a faccia con un caso investigativo che ha il sapore viscerale di una discesa nei meandri della Loggia Nera. Ma di giochi "strani" ne abbiamo visti tanti, da Kentucky Route Zero a Disco Elysium, per arrivare al didascalico David Lynch Teaches Typing.
Risulta interessante, però, notare come ognuno di questi titoli abbia trovato la sua chiave, la sua specificità, in grado di non farli apparire come una mera copia senz'anima di un iconico stile del comunicare.
Nessuno vuole essere Lynch (forse Sam Lake un po' sì, ma lasciamo correre), però è impossibile non riconoscere l'influenza che questa singola mente geniale, aiutata da mastri artigiani dell'audiovisivo, ha avuto sulle nuove leve della narrazione per immagini. Tutti, chi più e chi meno, chi consciamente e chi inconsciamente, siamo in debito con David Lynch, uno dei pochi individui a non dimenticarsi mai che la domanda è più interessante delle risposta; che in una giace il sogno e, nell'altra, il reale.