Death Stranding, che abbiamo rivisto in occasione del TGS 2019, è un titolo importante per varie ragioni: è il primo gioco di Hideo Kojima dall'abbandono di Konami, avvenuto nel 2015, ma è anche l'esclusiva PS4 più importante dell'anno e dovrà aiutare la console Sony durante l'intera stagione natalizia. A due anni dall'annuncio e a meno di due mesi dal lancio, previsto per il prossimo 8 novembre, quello che ci troviamo a discutere è un titolo che di certo ha tutta la carica visionaria del suo creatore ma, ancora adesso, una serie di punti interrogativi. E non ci riferiamo necessariamente a problemi o dubbi, ma proprio all'alone di mistero che avvolge sin dal primo trailer la nuova opera del designer nipponico. Ci sono alcune certezze, come il cast extra lusso capitanato da Norman Reedus e la visione artistica che vede nel character design un punto di forza indiscutibile, ma ancora siamo arrivati a Tokyo con tutta una serie di punti interrogativi in testa. Quasi cinquanta minuti di demo sullo showfloor del TGS 2019 hanno aiutato a far dissolvere alcune di quelle nuvole e regalato ai presenti, di persona oppure online, un assaggio più corposo di quello che ci aspetta da Death Strading. Nelle prossime ore torneremo con un'analisi più approfondita della demo mostrata, intanto facciamo qualche riflessione sul modo in cui la presentazione di Tokyo ha modificato la nostra percezione del prodotto.
Il personaggio dell'ambientazione
Dalla lunga demo del TGS 2019 usciamo di certo rassicurati da una cosa: se Death Stranding spaventava un po' perché sembrava fare leva su un numero limitato di seppur interessanti meccaniche, ora sappiamo che c'è molto che Sam può fare per interagire con il mondo di gioco. Addirittura potremmo dire che lui stesso lo rende interessante, lo plasma. In poco meno di un'ora la scala diventa uno strumento più versatile di quanto visto in precedenza, costituendo un appoggio orizzontale oltre che verticale, ma si presenta anche la valida alternativa della corda, mezzo utile per fare propri i ripidi dirupi della parte più verde e impervia della mappa del gioco. L'equipaggiamento rappresenta un'opzione strategica da pianificare con cura, sembrerebbe, tra le necessità delle lunghissime traversate a cui il gioco ci sottopone e gli inevitabili gusti personali nell'approccio alla sfida.
Ad un certo punto del filmato Sam torna sui suoi passi e, attivato lo scan, davanti ai nostri occhi vediamo le impronte e gli oggetti lasciati alle spalle, quanto in sostanza è stato utilizzato per modificare l'enorme mondo di gioco. Un po' come quando in montagna si apre una nuova via. Simile il discorso per le etichette che possono essere posizionate sul terreno per evidenziare luoghi di interesse, come le terme che abbiamo osservato in seguito allo scontro con l'avamposto di nemici. Il rischio, che indubbiamente resta, è quello che ad un certo punto il senso di novità venga a mancare: molto dipenderà dal numero di interazioni, dalla varietà di scoperte che ci accompagneranno fino alla fine dell'esperienza.
Il lavoro sul personaggio non si limita comunque alle interazioni con l'ambiente, passa da un inventario apparentemente ricco di opzioni e, forse ancora più importante, dalla capacità di mostrare con grande fisicità il carico che ci si porta appresso. Ogni nuovo pezzo aggiunto o tolto dal pesante fardello modifica la camminata, così come resta sempre coerente il processo di carico e scarico dai mezzi. Tutto sommato meccaniche come salire e scendere dalla moto, spostare dei pesi su un piccolo drone che alla bisogna funziona anche da hoverboard oppure sedersi a terra per riposare sono semplici, quasi banali, ma vengono valorizzate da ottime animazioni, sono realizzate in modo da renderle più significative, anche visivamente, del solito. L'attenzione per il dettaglio in Death Stranding non manca, così come non è mai mancata nelle opere di Kojima, che forse non cura tutta gli aspetti delle sue produzioni alla stessa maniera ma, quelle a cui tiene, le plasma con attenzione maniacale.
Si combatte
La fase di combattimento più interessante è stata forse quella contro i nemici umani, all'interno dell'enorme campo roccioso introdotto dalla seconda parte della demo. Un pezzo di mappa dall'aspetto lunare, senza protezioni o ripari che possano aiutare se non quelli offerti dalle tende dell'avamposto e dai mezzi dei nostri nemici. Di fatto Kojima in pochi minuti ci ha voluto mostrare una brevissima fase simil stealth, con il nemico strangolato da dietro con la corda, un po' di corpo a corpo e poi la possibilità di sottrarre dagli avversari i mezzi per farli propri. Nulla di rivoluzionario, ma è quell'azione frenetica che finora un po' era mancata e che ha dimostrato come in effetti Death Stranding non sia unicamente una sorta di survival con qualche spruzzata di adrenalina, ma un gioco capace di alternare diverse fasi.
E supponiamo anche di dare al giocatore la scelta di come affrontare ciascun problema. Lo scontro con il boss ci ha convinto di meno: non che fosse brutto e, volendo, la meccanica dell'inondazione chiede di accendere il cervello, ma se pensiamo alla qualità di alcuni scontri di Metal Gear Solid, con avversari a dir poco memorabili, quell'enorme creatura arenata che Sam ha dovuto sconfiggere nella demo del TGS non regge il confronto. Forse non si tratta di uno scontro così centrale ai fini dell'avventura, è possibile, ma ha lasciato tutto sommato freddini. Così come resta un altro dubbio legato ad uno stile narrativo forse un po' troppo slegato dal gameplay: la forte componente di viaggio e survival porta naturalmente a concentrare tutto il racconto in determinati punti di snodo, piuttosto che durante l'intera esperienza di gioco, ma è indubbio che se paragonato ad altri giochi AAA recenti sembra un sistema per raccontare una trama un po' vecchio. Ad ogni modo siamo arrivati in Giappone chiedendoci quanto gioco ci fosse in Death Strading e, aspettando il secondo spezzone di gameplay sabato prossimo, possiamo dire che ce n'è eccome. Resta da capire quanta concretezza si celi dietro gli infiniti dettagli su cui pone la sua attenzione Kojima e come si presenterà l'esperienza nel suo insieme, però di certo ci sono tante ragioni per guardare all'8 novembre con crescente curiosità.
Death Stranding è oggi un titolo un po' meno strano e misterioso di quanto non fosse ieri: un bene, perché quello che è successo nel mezzo è un'iniezione di concretezza che ci permetterà di meglio sedimentare tutte le nuove informazioni e di avere a che fare con un titolo non normale ma di certo normalizzato. Resta tanta voglia di provarlo con mano: la potremo soddisfare tra meno di due mesi.
CERTEZZE
- Grande attenzione ai dettagli
- Si è fatto più concreto
- Tutto quello che riguarda Sam
DUBBI
- La varietà a lungo andare resta un motivo di preoccupazione
- Narrazione e gameplay si parlano poco