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Dynasty Warriors: Origins, è rivoluzione per la saga di Koei Tecmo

Abbiamo provato Dynasty Warriors: Origins al Tokyo Game Show, un capitolo che punta a rivoluzionare la struttura del musou di Koei Tecmo e Omega Force.

PROVATO di Lorenzo Mancosu   —   28/09/2024
La cover art di Dynasty Warriors Origins
Dynasty Warriors: Origins
Dynasty Warriors: Origins
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Nel grande mare dei titoli d'azione si muovono due tipi di videogiocatori: da una parte ci sono quelli che hanno sempre percepito il sottogenere dei "musou" come un cosiddetto deal-breaker, ovvero una variazione sul tema capace di far scemare totalmente l'interesse verso tali produzioni, mentre dall'altra esiste il sottobosco di appassionati che ha permesso alla saga di Dynasty Warriors e alle serie derivate di prosperare per dozzine di capitoli, offrendo di volta in volta nuove prospettive su storie già raccontate e riraccontate. Ma quando arriva il momento in cui quella di rinnovarsi e innovare si trasforma da una semplice idea a un'assoluta necessità?

Secondo Tomohiko Sho, storico produttore della serie nel Romance of the Three Kingdoms e figura di spicco di Koei Tecmo, quel momento è arrivato proprio adesso: dopo l'infinita sequela di capitoli numerati ed episodi spin-off che hanno segnato gli ultimi vent'anni a tema Dynasty Warriors, la saga si appresta a ricevere uno scossone talmente violento da intaccarne le radici, mettendo da parte l'etichetta "musou" per abbracciare quella del "tactical action RPG", ovvero da gioco di ruolo tattico d'azione. Al Tokyo Game Show abbiamo provato Dynasty Warriors: Origins, il titolo che mira gettare nuove fondamenta destinate a durare per almeno dieci anni.

Un Dynasty Warriors diverso

Sono due le novità, strettamente connesse una all'altra, che accompagnano la rivoluzione portata da Dynasty Warriors Origins. La prima è l'introduzione di un singolo protagonista senza nome, un eroe - attualmente slegato da un sistema di creazione del personaggio - del quale i giocatori si troveranno a vestire i panni per l'interezza dell'avventura, assistendo agli eventi del Romance of the Three Kingdoms da una prospettiva totalmente diversa e scoprendo di riflesso un focus decisamente più elevato sulla componente narrativa nel suo insieme. L'avventura, infatti, offrirà diverse scelte destinate a ramificare il racconto e incidere pesantemente nel rapporto con i comprimari.

La vicenda di Origins sarà raccontata dalla prospettiva di un singolo protagonista
La vicenda di Origins sarà raccontata dalla prospettiva di un singolo protagonista

La seconda, diretta conseguenza della prima, è l'impossibilità di giocare liberamente tutti gli Ufficiali legati alle diverse dinastie, che saranno disponibili solamente come compagni di ventura del protagonista, apparentemente nove spalle in totale (Xiahou Dun, Guo Jia, Huang Gai, Sun Shangxiang, Zhou Yu, Guan Yu, Zhang Fei, e Zhao Yun) con cui stringere un rapporto più diretto - volto a svelarne retroscena inediti - e che si potranno controllare sul campo di battaglia solamente in situazioni ben specifiche. Quella di Omega Force e Koei Tecmo è una scelta estremamente coraggiosa che porta al sacrificio di elementi che numerosi appassionati reputano inviolabili - su tutti la vastità del roster di personaggi - al fine di inseguire una nuova visione creativa più vicina alle moderne dinamiche dei titoli d'azione e alle possibilità offerte da un approccio più flessibile.

Se queste modifiche sono di per sé sufficienti per stravolgere la spina dorsale dell'esperienza, è volontà di Tomohiko Sho e di Omega Force stringere l'obiettivo sulla formula "tactical action RPG", mettendo in un cassetto la confusionaria dicitura "musou" e rispolverando le radici stesse della saga di Dynasty Warriors, in passato eretta sulla strategia e la narrazione lentamente scemate dalle ispirazioni recenti, che secondo il team si sono fatte via via più caotiche e distanti da tale essenza.

Non si tratta più d un musou da affrontare a cervello spento: si mietono orde di nemici, ma con criterio
Non si tratta più d un musou da affrontare a cervello spento: si mietono orde di nemici, ma con criterio

Questo significa che, una volta sul campo di battaglia, l'impressione sarà effettivamente quella di trovarsi nel pieno di una guerra, comandando le truppe in prima persona e sviluppando la componente strategica in tempo reale, deriva più che determinante per arrivare alla vittoria. Ed è proprio la sensazione principale che abbiamo tratto dalla prova di Dynasty Warriors Origins: questo non è più un musou da affrontare a mente spenta, sterminando orde di nemici senza una reale necessità di concentrarsi, ma una produzione che mira a elevare l'asticella dell'esperienza.

Nel campo di battaglia

Sono diversi i dettagli emersi dalle presentazioni del Tokyo Game Show: dopo che è trapelata la mappa del mondo e il produttore Sho ha presentato al pubblico la nuova struttura delle battaglie, abbiamo avuto l'occasione di toccare con mano l'assalto allo Shisui Gate, missione inedita pensata per introdurre la maggior parte delle nuove dinamiche. Alla base, il sistema di combattimento di Origins pesca poche ispirazioni dall'ottavo capitolo della serie, mantenendo invece invariata la natura più riflessiva che aveva fatto discutere nel nono episodio.

Anche se lo stile è lo stesso di sempre, la coordinazione sul campo è più importante che mai
Anche se lo stile è lo stesso di sempre, la coordinazione sul campo è più importante che mai

Come brevemente accennato, non è possibile caricare a testa bassa e a mente spenta: bisogna combattere assieme ai propri compagni, specialmente al fianco dei soldati semplici, che possono essere coordinati attraverso una visuale tattica aerea al fine di indebolire le difese nemiche, magari scagliando piogge di frecce o formando una testuggine attorno al protagonista. Certo, questo non significa assolutamente che l'essenza stessa della saga sia andata perduta: è sempre possibile sfruttare combo, attacchi musou e una pletora di colpi speciali per mietere anche duecento nemici in pochi secondi, con la differenza che bisogna prestare maggiore attenzione a ciò che accade nei paraggi.

Basta davvero poco perché la battaglia giri nel verso sbagliato, magari perché il "morale" di un distaccamento nemico ha raggiunto le stelle, forse perché si perde un duello - sì, sono tornati gli splendidi duelli diretti al centro del terreno di scontro - o ancora perché un alleato è stato lasciato indifeso. Il medesimo discorso vale per i confronti con ufficiali e generali, che se bersagliati in maniera troppo avventata rischiano di abbattere il protagonista in pochi istanti, costringendolo ad adottare un approccio più ragionato sfruttando parate, contrattacchi, schivate e combo per avere la meglio.

Indubbiamente Omega Force è riuscita a migliorare molto il feeling delle battaglie su vasta scala
Indubbiamente Omega Force è riuscita a migliorare molto il feeling delle battaglie su vasta scala

La volontà di spingere sull'acceleratore della componente tattica e strategica, aumentando parecchio l'importanza della lettura della mappa e la complessità degli eventi che vi si verificano, c'è, si sente e influenza l'intero ciclo di gameplay; è, tuttavia, ancora molto presto per capire l'effettivo impatto delle modifiche alla luce di una campagna di oltre venti ore che, fra le altre cose, dovrà confrontarsi con il pubblico orfano di Dynasty Warriors 8, storicamente volenteroso di annientare indiscriminatamente orde di nemici senza preoccuparsi troppo di tutto il resto.

Tante luci e tante ombre

Uno degli elementi più impattanti di Dynasty Warriors: Origins risiede nella rinnovata cura riservata all'apparato tecnico e grafico, storicamente uno dei punti deboli di Omega Force nonché terreno fertile per le critiche più feroci subite dalla compagnia. In questo caso, il team sembra riuscito a bilanciare a volontà di aumentare la complessità delle battaglie - incrementando molto il numero di peoni presenti sul campo - e fare quel piccolo passetto in più lato grafica che per lungo tempo sembrava fuori portata; ci sono, tuttavia, piccole sbavature relativa alla responsività dei controlli che richiederanno ulteriore analisi in sede di recensione.

Finalmente Omega Force ha alzato un pizzico l'asticella tecnica
Finalmente Omega Force ha alzato un pizzico l'asticella tecnica

Merita una menzione speciale il design del suono, che sfrutta una nuova tecnologia interna per riprodurre in maniera accurata e immersiva quel che accade attorno al protagonista a trecentosessanta gradi, il che si traduce nella sensazione di trovarsi praticamente all'interno di uno stadio gremito di persone nell'istante in cui ci si getta all'assedio di una base. Ovviamente, trattando questo genere di titoli, il lato tecnico finisce sempre per passare il secondo piano rispetto a gameplay e narrazione, ma è evidente che Omega Force abbia fatto tesoro delle esperienze più recenti.

La maggior parte dei dubbi riscontrati sono di natura prettamente filosofica: la scelta di impiegare un singolo protagonista originale, la possibilità di controllare direttamente giusto una manciata di Ufficiali, nonché l'assenza della classica narrazione frammentata fra diversi punti di vista, costituiscono decisioni coraggiose e impattanti che rischiano tuttavia di minare elementi centrali della serie, come per esempio la sua elevata rigiocabilità, per non parlare della volontà dei giocatori più affezionati di sbloccare e metter mano a orde di protagonisti del Romanzo dei Tre Regni.

Certo, è possibile che le modifiche finiranno per intaccare esclusivamente la modalità principale trovando dei correttivi nell'offerta secondaria e nei contenuti post-gioco, senza contare che di fatto il singolo protagonista apre alla possibilità d'erigere un sistema di progressione più strutturato rispetto al passato. Ciò detto, Dynasty Warriors: Origins si presenta come una grande, grandissima scommessa, un capitolo di forte rottura che mira dichiaratamente a recuperare le radici della serie, ma sceglie al tempo stesso di ridimensionarne alcuni elementi estremamente amati. La speranza è che Omega Force sia riuscita a trovare la quadra con il fine ulteriore di agguantare una nuova nicchia di pubblico, perché i musou non sono certamente i videogiochi più amati in assoluto, ma chi vi stringe un rapporto, tendenzialmente, non li lascia più andare.

Dynasty Warriors: Origins è il capitolo scelto da Tomohiko Sho e Omega Force per rinnovare pesantemente e definitivamente la formula "musou" alla base della saga, rispolverandone le vere radici ma apportando al tempo stesso delle modifiche che faranno storcere il naso a molti appassionati. La scelta di optare per un singolo protagonista, per esempio, apre diverse opzioni interessanti sul fronte della narrativa, ma rischia al tempo stesso di limitare la varietà di un'opera che ne aveva fatto il proprio cavallo di battaglia; le novità più interessanti s'incontrano sul fronte del gameplay, che abbraccia una ricetta da "tactical action RPG" in cui le battaglie consistono sì nella devastazione di orde di nemici, ma in maniera più ragionata del solito. Tenendo conto dei miglioramenti nel comparto tecnico e grafico, questo progetto risulta ancora una grande incognita: getterà le fondamenta per il futuro della saga o finirà per allontanare gli utenti più affezionati?

CERTEZZE

  • Gameplay soddisfacente e più strategico del solito
  • Maggiore focus sulla narrazione e sulle battaglie
  • Graficamente molto meglio dei predecessori

DUBBI

  • Il singolo protagonista è una scelta ardita
  • Nove compagni potrebbero essere pochi