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Hideo Kojima, una chiavetta USB e cosa ci resta di chi fa videogiochi

In questi giorni, Hideo Kojima ha detto di aver affidato al suo assistente una chiavetta USB con delle idee da lasciare alla prossima generazione. È l'ennesima trovata di un personaggio eccentrico o c'è dell'altro?

SPECIALE di Fabio Di Felice   —   18/05/2025
Hideo Kojima ha lasciato una chiavetta USB con il suo testamento artistico

L'ambulanza è lanciata a tutta velocità per le strade di Kawanishi, nella prefettura di Hyogo, a pochi chilometri da Osaka. È una calda serata estiva del 1977. Dentro ci sono Hideo e Kingo Kojima, padre e figlio. Il primo ha appena 13 anni; il secondo 45. Si tengono per mano e si guardano negli occhi, consapevoli dell'importanza di quel momento che finirà per separarli dolorosamente una volta per tutte. Una benedizione e una maledizione: il privilegio di avere accanto tuo figlio nel momento della morte, ma anche l'orrore di non riuscire a dirgli quelle ultime parole che vorresti. Che forse darebbero un significato conclusivo al vostro rapporto. I due Kojima continuano a guardarsi, finché non diventa chiaro che quel non detto resterà tale. Kingo muore per un aneurisma cerebrale nel tragitto verso l'ospedale di Kawanishi, e Hideo non saprà mai quello che suo padre avrebbe voluto dirgli alla fine del viaggio. Proverà a immaginarlo in tutte le sue storie, storie di padri e di figli che vorrebbero parlarsi, ma che non possono. Il tempo, lo spazio, la guerra e la morte li tengono lontani.

Ma Kingo Kojima è stato un padre in grado di trasmettere molto a suo figlio seppur in poco tempo. L'eredità genetica, ovviamente, ma soprattutto quella che viene definita memetica, quella legata ai valori, agli insegnamenti, alla cultura. Da Kingo, suo figlio ha ereditato l'amore per il cinema, la fascinazione per l'intrattenimento americano, lo spirito libero, la forza di credere ai propri sogni, anche quando hai tutto il mondo contro. Sarà coltivando questa libertà interiore che, qualche anno più tardi, Hideo Kojima si metterà di traverso con famiglia e amici per intraprendere una carriera come game designer, nonostante tutti lo scongiurino di non farlo. In quella decisione così controversa di entrare in un mondo che negli anni '80 è ancora abitato da perdigiorno e reietti, c'è l'insegnamento di Kingo Kojima. È la sua eredità più preziosa.

La genitorialità è uno dei temi portanti delle opere di Kojima, così come l'eredità che lasciamo ai nostri figli
La genitorialità è uno dei temi portanti delle opere di Kojima, così come l'eredità che lasciamo ai nostri figli

È importante parlare di eredità, soprattutto di eredità memetica, dopo aver letto nei giorni scorsi quella che sembra l'ennesima stranezza di un personaggio eccentrico come Hideo Kojima. Nel corso di un'intervista al mensile Edge, il game designer giapponese ha affermato di aver consegnato al suo assistente personale una chiavetta USB, una sorta di testamento, che contiene alcune idee per dei videogiochi futuri. "Per quando non ci sarò più" ha detto. La notizia può far sorridere quando si guarda alla figura di Kojima, ancora in forma con i suoi sessantuno anni magnificamente portati, l'aspetto da rockstar e una vitalità sui social da fare invidia a persone immensamente più giovani (a me, per esempio). Ma, ricordando la storia con cui inizia questo pezzo, ci fa anche riflettere: Hideo Kojima ha conosciuto la morte come un'entità improvvisa, silenziosa, che non ti dà la possibilità di comunicare la tua ultima grande verità. La tua eredità. Questa cosa del passaggio alle nuove generazioni è un'ossessione che Kojima ha avuto lungo tutta la sua carriera e nelle sue opere più famose.

Trova qualcosa in cui credere, e quando l’hai trovata, tramandala al futuro

Cosa ereditiamo, cosa decidiamo di portare avanti e cosa ci lasciamo invece alle spalle, non sono concetti che hanno interessato Kojima solo nella sua vita privata. Sono il tema fondamentale che percorre il corpus dei suoi lavori, delle sue opere sin dall'inizio della saga di Metal Gear Solid. Nel suo videogioco del 1998, che arriva come sequel e ripartenza dei Metal Gear su MSX, Kojima non si limita a raccontare una storia di spionaggio, ma recuperando suggestioni dal cinema di guerra che vedeva insieme a suo padre, la inserisce in un contesto più ampio che parla di persone. Di persone intrappolate all'interno delle aspettative di chi li ha precedute, di passaggi generazionali, della scelta cruciale di cosa tramandare a chi verrà dopo di noi.

Nel primo Metal Gear Solid, il protagonista Solid Snake è un clone del leggendario Big Boss. È l'eredità vivente che un uomo nato, cresciuto (e presumibilmente morto) sul campo di battaglia ha lasciato al mondo. Solo che il modo di intendere la vita di Big Boss e di Solid Snake è quasi agli antipodi: il primo era un soldato convinto che la guerra fosse la risposta a un mondo senza più regole; Snake invece è più uno strumento rassegnato, a metà tra un guerriero e un filosofo impegnato in una battaglia più contro sé stesso che contro gli altri. Tutta la sua vita è segnata da una lotta con la genetica, con il DNA che si porta dentro, ma anche dal tentativo di spezzare l'eredità che gli è stata consegnata. Lo stesso dramma morale interessa suo fratello Liquid Snake. I due serpenti, les enfants terribles, sono solo copie del padre oppure hanno la facoltà di scegliere cos'è importante per loro tramandare alle generazioni future?

Kojima si è reso conto che Death Stranding 2: On the Beach è simile a Metal Gear Solid 5 Kojima si è reso conto che Death Stranding 2: On the Beach è simile a Metal Gear Solid 5

La questione torna in maniera ancora più affilata in Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty. I Patriots, i burattinai che muovono i fili di Raiden per tutto il videogioco, vogliono capire come manipolare le informazioni, i comportamenti e l'identità umana, e in ultima analisi indagare i meccanismi secondo cui la cultura viene tramandata. Kojima ci chiede qual è il nostro ruolo in questa catena che lega le generazioni: siamo liberi di curare una selezione di cos'è davvero importante, o facciamo semplicemente parte di una staffetta di significati che viaggia attraverso il tempo? La risposta per Solid Snake è che la nostra natura di esseri umani si esplica proprio nel mettere in discussione quello che intendiamo tramandare. Decidere personalmente ciò in cui credere e quali parti della nostra cultura, delle nostre convinzioni e dei nostri valori far arrivare ai nostri figli.

Trova qualcosa in cui credere, e fallo da te. E quando l'avrai trovata, tramandala al futuro
Trova qualcosa in cui credere, e fallo da te. E quando l'avrai trovata, tramandala al futuro

Anche gli altri capitoli della saga ci raccontano sfumature simili nel processo che riguarda la nostra eredità memetica. Metal Gear Solid 3: Snake Eater mostra il sacrificio, il tributo di dolore che a volte è necessario pagare per trasmettere ideali come libertà e amore. Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots ci racconta la responsabilità che abbiamo verso le generazioni future. Solid Snake è ormai anziano e la sua crociata contro i Patriots nasce dall'esigenza di lasciare a chi verrà dopo di lui un mondo migliore. Finalmente Solid Snake ha trovato la risposta alla domanda che animava il primo capitolo della saga: l'eredità non è legata solamente alla memoria di ciò che eravamo, ma anche alla responsabilità di ciò che saremo. Metal Gear Solid V: The Phantom Pain è un po' la summa di tutti i capitoli precedenti: l'eredità genetica, memetica, ideologica vengono messe in crisi dalla grande bugia di cui Kojima ci rende inconsapevoli vittime.

Il futuro è nelle tue mani

Dopo la separazione con Konami, Hideo Kojima si imbarcò in un progetto che a prima vista poteva sembrare semplice per uno dei game designer più famosi e amati al mondo: mettere su una piccola azienda personale e realizzare solo i videogiochi che desiderava. Nel 2015, Kojima aveva già più di cinquant'anni e una carriera di successi alle spalle, ma nonostante questo nessuna banca sembrava disposta a concedergli il finanziamento necessario per far rinascere Kojima Productions come studio indipendente. Ci riuscì solamente perché il direttore della banca che decise di concedergli il prestito era un fan dei suoi videogiochi. Questo filo simbolico che legava Kojima e quell'uomo che non aveva mai visto prima e che ora gli stringeva tutto emozionato la mano, era l'eredità artistica di ciò che aveva fatto in Konami in quasi trent'anni di carriera.

Il tema di ciò che lasciamo a chi verrà dopo di noi è centrale in Death Stranding
Il tema di ciò che lasciamo a chi verrà dopo di noi è centrale in Death Stranding

È un aneddoto che ci è utile a capire come Kojima abbia ripensato all'idea di connessione tra le persone e tra le generazioni in Death Stranding. Il mondo che ha ideato, questi Stati Uniti irriconoscibili che non sono intrappolati nelle rigide gerarchie militari o nei sistemi di controllo digitale di Metal Gear, è spezzato, isolato, eppure non privo di speranza. Sam Porter Bridges ha la missione di riconnettere le persone un passo alla volta e, in questa variazione tematica, il concetto di eredità non è più legato all'immagine di un uomo in guerra con il suo ingombrante passato genetico, ma al futuro della collettività. All'idea di qualcosa che deve essere costruito insieme.

A differenza di quella forza invisibile che attraversa la saga di Solid Snake, e che lega i personaggi e le generazioni tramite il DNA, in Death Stranding ciò che ci unisce è la cura e la scelta di cosa costruiamo, del modo in cui plasmiamo il mondo affinché chi verrà dopo di noi possa raccogliere i frutti.

Death Stranding ci suggerisce che facciamo parte di un percorso che non si interrompe, di generazione in generazione
Death Stranding ci suggerisce che facciamo parte di un percorso che non si interrompe, di generazione in generazione

Il primo videogioco della rinascita di Kojima Production incorpora il concetto di eredità all'interno del suo gameplay: il percorso è costellato di testimonianze del passaggio di chi c'è stato prima e anche noi partecipiamo a quest'opera collettiva in maniera attiva lasciando ai posteri scale, corde o ponti, o magari semplicemente un incoraggiamento virtuale che possa rinfrancare lo spirito. L'idea è che non si affronta mai un percorso da soli, e che si è sempre parte di una lunga catena di eventi e di persone che ci hanno preceduti e che ci seguiranno. È un presupposto totalmente differente rispetto al concetto, a volte brutale, dell'eredità come gabbia culturale in cui veniamo imprigionati. In Death Stranding, l'eredità non è una prigione, è un dono.

L'eredità dei maestri

Bisogna ora tornare a quella famigerata chiavetta USB di Hideo Kojima per capire che dovremmo intenderla allo stesso modo: non come una presenza schiacciante e autoritaria per la prossima generazione, ma come un ponte. Un po' come i pacchi perduti di Sam, che restano a terra fino a trovare qualcuno disposto a raccoglierli e a portarli con sé, magari da tutt'altra parte. Non a caso Death Stranding è un videogioco in cui scegliamo cosa caricare sulle nostre spalle a ogni viaggio. Come Metal Gear Solid 2 prima di lui, ci insegna che il futuro non è solo preservare il passato, ma scegliere con cura cosa vale la pena portare con noi.

Sarà mai possibile raccogliere l'eredità di Metal Gear Solid?
Sarà mai possibile raccogliere l'eredità di Metal Gear Solid?

Dal momento che questo tema dell'eredità ricorre nelle sue opere da più di quarant'anni, il gesto di Hideo Kojima di lasciare le sue idee ai posteri, non suona molto come una delle sue tante trovate goliardiche che abbiamo ormai imparato ad accettare col sorriso. Piuttosto somiglia a un altro capitolo di quella storia che ci sta raccontando dall'inizio della sua carriera.

Kojima cercò di passare il testimone della saga di Metal Gear già nel 2001, dopo Sons of Liberty. Nel finale del videogioco fu estremamente esplicito richiamando a gran voce un ricambio generazionale in piena regola in quella che doveva essere l'ultima iterazione del brand firmata dal suo creatore. Nel tempo, questo mancato tentativo è diventato uno scherzo tra Kojima e i fan. Il teaser trailer di Metal Gear Solid 4 recitava: No Place for Hideo, salvo poi riconfermare la sua presenza subito dopo. Forse il mondo dei videogiochi non era ancora pronto, e forse nemmeno Kojima lo era ed è tornato alla saga ancora e ancora, cercando di lasciarsela alle spalle senza successo fino a quando non è stato troppo tardi. Il risultato è che oggi non abbiamo nessuno che abbia raccolto quell'eredità. Metal Gear è un fantasma che vive di rimasterizzazioni e remake.

'Ogni essere vivente di questo pianeta esiste solo per trasmettere il proprio DNA'
"Ogni essere vivente di questo pianeta esiste solo per trasmettere il proprio DNA"

Eppure questo dell'eredità è un punto che è importante affrontare e Hideo Kojima che lascia un testamento artistico è lo spunto perfetto per farlo. Per questioni anagrafiche, avremo a che fare con la scomparsa di questi maestri che hanno plasmato il videogioco come lo conosciamo oggi. Sarà probabilmente la prima volta che questo medium, ancora molto giovane, vedrà un'intera generazione di artisti che deve lasciare spazio alla successiva.

Nel cinema, che ha almeno una settantina d'anni di vantaggio, abbiamo visto autori raccogliere l'eredità di Kurosawa, Hitchcock e Welles, portando avanti la loro poetica e la loro forza espressiva. Chiaramente con un tocco personale. Nei videogiochi assisteremo all'arrivo di una nuova generazione di talenti che potranno continuare a modo loro il discorso iniziato da Miyamoto, Romero, Carmack, Hennig, Williams e Kojima stesso, solo per citarne alcuni. E questo rende l'importanza di trovare eredi urgente, non astratta. Il gesto di Hideo Kojima gli permette in un certo senso di scongiurare il pericolo che le sue idee muoiano con lui. Perché, come ci ha raccontato in tutti i suoi videogiochi, scegliere cos'è che vogliamo tramandare in questa lunga catena che è l'esistenza umana è l'unico modo in cui possiamo sopravvivere.