Pier Paolo Pasolini diceva che non c'è niente di più anarchico del potere, perché il potere fa ciò che vuole. Non risponde a nessuna legge, se non alla propria. Quando si emancipa da ogni regola morale o civile, il potere diventa puro arbitrio, semplice desiderio di dominio sull'altro. Ci ho pensato e ripensato dopo aver provato la prima parte di Horses, il nuovo videogioco di Santa Ragione: un titolo sperimentale, in bianco e nero, nel quale vestiamo i panni di un lavoratore stagionale in una fattoria dove gli esseri umani vengono umiliati, torturati e trattati come cavalli.
Horses è un titolo dal gusto estremo. Lo si capisce subito, perché la classica schermata di avvertimento a proposito delle tematiche che si affronteranno è lunga una quaresima e dentro ha moltissime parole che ti fanno scattare sull'attenti in tempo zero: violenza fisica, abuso psicologico, mutilazioni, rappresentazioni di schiavitù, tortura fisica e psicologica, abuso domestico, violenza sessuale e suicidio. Leggi quelle cinque righe e ti prende il magone, perché una parte del tuo cervello cerca di prepararti allo spettacolo a cui stai per assistere.
La demo che abbiamo provato è molto breve: dura una mezz'ora e copre i primi quattro capitoli del videogioco. Horses è di certo un titolo di nicchia, che corteggia continuamente il cinema. Si parte con il rumore di un proiettore che "mangia" la pellicola e regala al videogioco un aspetto da vecchio film. Poi ci sono il bianco e nero, il rapporto d'aspetto dello schermo a 4:3, il montaggio netto che alterna sequenze di gioco a spezzoni live action, l'utilizzo di artifici cinematografici come il picture in picture e i cartelli con i dialoghi, come nel cinema muto. C'è però una grande differenza con il cinema degli eccessi: le discutibili azioni che subiranno i cavalli della fattoria, le faremo noi. Con le nostre mani.
Una lunga estate da bracciante
Il protagonista di Horses si chiama Anselmo, è un ragazzo qualunque che arriva in questa fattoria per "fare la stagione": lavorare all'aria aperta, imparare un mestiere, magari mettere da parte qualche soldo aiutando quest'uomo che pare essere un amico di suo padre. Lo scorgiamo da lontano, mentre a passo incerto ci avviciniamo al casolare. È un uomo massiccio, con una testa piccola e le manone che ciondolano lungo il corpo. Ha un sorriso inquietante: gli manca un pezzo di incisivo, ma continua a sfoderare quei denti come fossero zanne. L'uomo ci chiede se è per caso stato difficile arrivare alla fattoria e poi ci porta a fare un giro, mostrandoci la nostra stanza e la sua. È molto chiaro: non ficcare il naso dove non devi.
È autoritario ma amichevole. Ha quella giovialità un po' forzata che ti mette a disagio, tipica di chi ha poco a che fare con gli altri. Però non è sgradevole. Ci chiede se ci piacciono i cavalli e poi ci dice di seguirlo per vedere i suoi: il suo orgoglio. Ed è qui che l'idillio si spezza e Horses mette in campo tutto il suo amore per l'eccesso e il surreale. I cavalli sono in realtà un gruppo di persone, totalmente nude, magre, con in testa una maschera da equino. Uomini e donne se ne stanno vicini, senza emettere un suono, in un recinto di appena pochi metri. Mentre ci avviciniamo, uno di loro si orina addosso per la paura alla visione del contadino che apre il recinto. A questo punto una musica inquietante sottolinea ciò che sta succedendo, ma Anselmo è già vittima dello spietato incantesimo del potere: non può rifiutarsi di salire su uno di questi cavalli e di sfidare il contadino a una corsa, alla fine della quale gli viene concesso di premiare il suo destriero con una carota.
Come ogni cosa che si spezza, per l'appunto, non è possibile tornare a prima di quel momento, a quando il contadino sembrava solo un burbero eremita poco abituato agli altri. Nonostante Anselmo sembri non voler proferire parola sulla stranezza a cui ha appena assistito, tutti i momenti dentro la cascina si tingono di grottesco: i pasti consumati davanti al sorriso inquietante del fattore, le notti interrotte da deliranti incubi, perfino la routine abbraccia l'orrore della normalità davanti alla disumanizzazione, al controllo.
Horses sembra imboccare una strada surreale, dove reale e fantasia si mescolano: la mente di Anselmo, d'altronde, comincia ad andare in frantumi non appena è costretta ad assistere a questa barbarie e ne diventa complice silenzioso e testimone impotente. Tra simbologie spietate e momenti di umanità improvvisi, Horses ha la fumosa apparenza di un sogno lucido. Anzi, di un incubo, come quelli che Anselmo comincia ad avere durante la notte e che hanno sempre lo stesso soggetto: i cavalli.
Schiavi della routine
Horses è un videogioco dalle meccaniche molto semplici. Nella demo che abbiamo avuto modo di provare non c'è granché da fare se non camminare - spesso alle calcagna del fattore, la massima autorità della cascina - e adempiere a piccole mansioni: raccogliere gli ortaggi, annaffiarli, dare da mangiare a Fido (che per fortuna è un cane vero) e affrontare qualche altra piccola, spiacevole evenienza che non vogliamo anticiparvi.
All'inizio è complesso orientarsi nella fattoria: un pezzetto di terra circondato dai campi, dove l'unico punto di riferimento è il casolare. Ben presto, però, troviamo sul capannone degli attrezzi una mappa stilizzata che ci indica le zone d'interesse: l'orto, lo sgabuzzino, il cimitero, incredibilmente affollato di croci. E dal momento che il fattore vive da solo, non ci vuole molto per capire a chi appartengano tutte quelle tombe. Infine, il recinto dei cavalli: se ne stanno stretti stretti, gli uni agli altri, nudi e magri, senza spiccicare una parola. Nell'ora che abbiamo avuto a disposizione siamo stati solo introdotti alle meccaniche, specialmente a quelle di controllo della "mandria" umana. La demo termina infatti con una nuova regola da parte del fattore: i cavalli non devono fornicare tra loro. Bisogna controllare che non lo facciano e a tal scopo ci dà una lista di nomi di cavalli maschi da tenere d'occhio.
Nonostante sia una piccola demo, è chiaro il meccanismo di potere e controllo che si instaura non solo tra il fattore e i cavalli, ma anche con Anselmo. Il nostro protagonista comincia a vivere una routine fatta di obbedienza, di ritmi rigidi e di regole assurde. La poca libertà di scelta che ci viene data all'inizio (il poter rispondere sì o no alle domande dell'uomo) ci viene requisita in fretta. La fattoria diventa un microcosmo chiuso, dove Anselmo esiste solo come funzione e gli altri esseri umani sono semplici bestie da produzione.
C'è Pasolini, qua dentro, o almeno quello che diceva a proposito del potere, e anche quell'estetica surreale del primo David Lynch, quello di Eraserhead. Abbiamo provato ancora troppo poco del videogioco per farci un'idea di dove andrà a parare e di quali crudeli allegorie utilizzerà. Per ora abbiamo assistito a una messa in scena elegante e sperimentale, interessante e decisamente cruda. Quella schermata di avvertimento che si legge all'inizio sembra una macabra promessa ancora non del tutto mantenuta. Alla luce di alcune scene a cui abbiamo già assistito, però, non abbiamo dubbi che Horses colpirà nel forte nel segno.
Horses è un videogioco particolare, dal gusto estremo. Il suo spirito sperimentale è evidente sin dalla prima inquadratura, anzi, ancora prima: dall'idea di utilizzare il bianco e nero, le sovrapposizioni e di realizzare un videogioco essenzialmente muto. Ma non è solo l'estetica a colpire, quanto piuttosto le tematiche che mette in campo. La schermata di avvertimento sui temi sensibili è lunga e spietata, e ci vuole poco per fare la conoscenza dei "cavalli" e capire che non mancheranno momenti forti e sgradevoli. Ci ha ricordato l'incompiuta Trilogia della morte di Pier Paolo Pasolini e il surrealismo del primo David Lynch, e quindi lo aspettiamo con curiosità.
CERTEZZE
- Un videogioco dal gusto estremo
- Le tecniche cinematografiche raffinate che utilizza
- Potrebbe diventare un piccolo cult
DUBBI
- Nella demo si fa fatica a capire come sarà gestita la routine di Anselmo
- Alcune imprecisioni nell'interfaccia
- I momenti shock saranno davvero tali?