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Il ritorno di dys4ia, uno dei videogiochi che hanno definito la rivoluzione indie

Accompagnato da una sentitissima lettera, torna dys4ia, gioco in cui la sviluppatrice racconta l'esperienza della terapia ormonale sostitutiva per persone trans.

SPECIALE di Giulia Martino   —   17/11/2023
Il ritorno di dys4ia, uno dei videogiochi che hanno definito la rivoluzione indie

"Credo di essere stata ingiusta verso questo gioco". Sono queste le parole con cui si apre la lettera con cui Anna Anthropy ha voluto accompagnare il ritorno di dys4ia su itch.io. Uscito nel 2012, dys4ia ha proiettato la sviluppatrice verso un'inaspettata notorietà e anche verso uno scomodo ruolo di punta nel mondo del videogioco "indie", concetto che, all'inizio degli anni '10, stava diventando noto e utilizzato anche da parte della stampa per definire produzioni distanti dal mondo istituzionalizzato degli studi e dei publisher videoludici.

Anthropy leader riottosa (e mai da sé stessa eletta tale) del movimento indie - anche perché autrice di un libro-manifesto, "Rise of the Videogame Zinesters. How Freaks, Normals, Amateurs, Artists, Dreamers, Dropouts, Queers, Housewives, and People Like You are Taking Back an Artform" (Seven Stories Press, 2012), che ancora oggi ha molto da dire - Anthropy bandiera dei diritti LGBTQ+ in quanto sviluppatrice transgender, Anthropy punto di riferimento per le tante persone la cui vita, dopo aver giocato dys4ia, è cambiata per sempre. E tutto questo (come scrive nella lettera che accompagna questo importante ritorno sulle scene della sua creatura) ha avuto un impatto sulla sua stessa percezione del gioco, da lei rimosso da ogni piattaforma anni fa. "Credo di essere stata ingiusta verso Anna Anthropy", afferma.

Una ascesa dal basso

dys4ia è composto da scene di vario tipo, ciascuna associata a una particolare meccanica, sul modello dei minigiochi della serie di WarioWare
dys4ia è composto da scene di vario tipo, ciascuna associata a una particolare meccanica, sul modello dei minigiochi della serie di WarioWare

Dys4ia e il libro Rise of the Videogame Zinesters uscirono nello stesso periodo: marzo 2012. "Ho un problema con i videogiochi" è la prima frase del piccolo volume, ancora oggi una lettura imprescindibile per comprendere come il mondo videoludico possa essere molto altro rispetto all'intrattenimento - intento nobilissimo, ma non esclusivo per la produzione e la fruizione di opere appartenenti a questo medium.

Il "problema" di cui scrive Anthropy è proprio questo: l'appiattimento tematico e di design che li affligge per gran parte. In quanto donna transgender, la sviluppatrice faticava a trovare videogiochi riguardanti la sua personale esperienza, e per questo caldeggiava l'applicazione, nel mondo videoludico, della filosofia delle zine, giornali autoprodotti al di fuori dei tradizionali circuiti commerciali, creati spesso da hobbisti, non da professionisti del settore di riferimento. Una trasmissione di idee orizzontale, non verticale.

In seguito all'uscita di dys4ia e del libro Rise of the Videogame Zinesters, Anna Anthropy ha partecipato a numerose convention del settore ed è diventata - seppur involontariamente - personaggio di spicco della cosiddetta 'rivoluzione indie' degli anni '10 del nostro secolo
In seguito all'uscita di dys4ia e del libro Rise of the Videogame Zinesters, Anna Anthropy ha partecipato a numerose convention del settore ed è diventata - seppur involontariamente - personaggio di spicco della cosiddetta "rivoluzione indie" degli anni '10 del nostro secolo

A questo punto, l'obiezione potrebbe essere che il mondo dello sviluppo cosiddetto "indie" (sul termine torneremo in seguito) è riuscito a coprire un'amplissima rete di temi ed esperienze umane. Questo è vero, ma Rise of the Videogame Zinesters va collocato in un periodo storico - quello degli anni '10 del nostro secolo - in cui la visibilità dei prodotti videoludici creati da singoli o da piccoli team era appena agli inizi. Senza contare la timidezza (se così vogliamo definirla) dei grandi publisher nel promuovere prodotti dedicati a temi purtroppo ancora oggi spesso bollati come "politici", quali omosessualità, transizione di genere o identità queer.

La transizione verso la distribuzione digitale dei videogiochi, significativamente promossa da piattaforme come Steam a partire dal 2003, insieme all'avvio di programmi come Steam Greenlight e Steam Direct, fu fondamentale in questo processo di espansione nella visione tematica del mondo videoludico. In ogni caso, il tema della "discoverability", della "visibilità" delle piccole produzioni, rimane ancora oggi molto vivo e sentito.

Regine ragno lesbiche e altre amenità

Lesbian Spider-Queens of Mars si ispira ai videogiochi arcade degli anni '80 e alla cinematografia degli anni '70 per costruire un immaginario fatto di dinamiche crudeli di potere e masochismo
Lesbian Spider-Queens of Mars si ispira ai videogiochi arcade degli anni '80 e alla cinematografia degli anni '70 per costruire un immaginario fatto di dinamiche crudeli di potere e masochismo

E fu Anna Anthropy stessa a sdoganare determinate tematiche, portandole al centro del dibattito sul videogioco, anche presso testate della stampa generalista. In Lesbian Spider-Queens of Mars (2011) guarda ai videogiochi arcade degli anni '80 non soltanto dal punto di vista grafico, ma ne prende in considerazione anche la difficoltà punitiva. I giocatori sono chiamati a vestire i panni della regina-ragno lesbica del pianeta Marte (i lettori più attenti si saranno accorti che il titolo del gioco parla di più regine: scoprirete il perché giocandolo). Peccato che sia in corso una rivolta in piena regola nel palazzo reale, e la regina dovrà acchiappare le sue schiave con il suo scettro di cristallo e divorarle per punizione. Cristallo - per inciso - estratto dalle miniere reali dalle stesse schiave.

Lesbian Spider-Queens of Mars guarda all'immaginario cinematografico degli anni '70 e al diffusissimo stereotipo della donna incatenata, umiliata e punita e ponendo il controllo nelle mani del giocatore, chiamato a divorare le schiave in rivolta, e - in particolare - a tormentare la loro carne. Il gioco risulta punitivo, però, soprattutto verso l'utente, a causa di un livello di difficoltà molto elevato.

Lesbians Spider Queens of Mars mette in scena una storia e delle dinamiche di potere nel contesto di un gioco decisamente punitivo verso i giocatori a livello di difficoltà
Lesbians Spider Queens of Mars mette in scena una storia e delle dinamiche di potere nel contesto di un gioco decisamente punitivo verso i giocatori a livello di difficoltà

È chiarissimo l'intento di Anthropy di riprendere generi ed esperienze videoludiche tradizionali per plasmarle in qualcosa di differente, di alieno. Era già accaduto con Calamity Annie (2008), sparatutto in pixel art ambientato nel Far West, ispirato a videogiochi come Wild Gunman (1984). Il giocatore deve svolgere venticinque duelli contro altrettanti pistoleri ricercati, sparando loro il più velocemente possibile e guadagnando ingenti somme grazie alle relative taglie. Nelle maglie di un tradizionale shooter si cela una storia d'amore lesbico tra la protagonista e una ragazza enigmatica.

La disforia di genere in dys4ia

Il primo minigioco di dys4ia è impresso a fuoco nell'immaginario di chi ha giocato l'opera di Anthropy, e riprende Tetris in maniera assolutamente geniale
Il primo minigioco di dys4ia è impresso a fuoco nell'immaginario di chi ha giocato l'opera di Anthropy, e riprende Tetris in maniera assolutamente geniale

Come spiegato nello speciale dedicato alle motivazioni dietro il boicottaggio di parte del pubblico nei confronti di Hogwarts Legacy e con riguardo alle pratiche mediche nel contesto italiano, la condizione per cui una persona ha un'identità di genere diversa dal sesso biologico è definita dall'Istituto Superiore di Sanità come "incongruenza di genere". L'ISS precisa che l'incongruenza di genere non è una malattia, e non lo fa per caso: questa condizione è stata rimossa dall'elenco delle malattie mentali nell'ultima edizione della Classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari correlati, con suo contestuale inserimento in un nuovo capitolo, relativo alla salute sessuale.

Esistono però dei casi in cui il conflitto tra sesso biologico e identità di genere può condurre l'individuo a condizioni di sofferenza profonda: questa è la definizione data dall'ISS per la "disforia di genere", annoverata tra i disturbi mentali. Sono disponibili trattamenti ormonali e chirurgici (ma non è necessario che siano eseguiti entrambi), al fine di conseguire una femminilizzazione (da maschio a femmina, definita anche con la sigla "MtF") o una mascolinizzazione (da femmina a maschio, "FtM") del corpo del soggetto interessato.

I minigiochi di dys4ia cambiano e si evolvono di pari passo con l'esperienza di Anna Anthropy, che nel videogioco ha voluto rappresentare la propria esperienza di assunzione di ormoni femminilizzanti
I minigiochi di dys4ia cambiano e si evolvono di pari passo con l'esperienza di Anna Anthropy, che nel videogioco ha voluto rappresentare la propria esperienza di assunzione di ormoni femminilizzanti

Questa breve premessa è doverosa per comprendere come dys4ia nasce e quale è il suo argomento principale. Per giocarlo sono necessari circa sette minuti: vi invitiamo a farlo scaricandolo, in via del tutto gratuita, dalla pagina itch.io del gioco. In dys4ia, Anthropy utilizza il linguaggio videoludico - prendendo spunto, in particolare, dalla struttura a minigiochi della serie WarioWare - per raccontare la propria esperienza di disforia di genere e di assunzione di ormoni femminilizzanti, aventi lo scopo di modificare le caratteristiche sessuali secondarie del suo corpo e allinearle con la sua identità di genere (nel caso di Anthropy, femminile).

L'abilità di Anthropy di giocare con l'iconografia (e - per certi prodotti si può dirlo - la mitologia) del videogioco è visibile fin dal primissimo spezzone di dys4ia. Su uno sfondo rosa shocking compare un muro giallo con una crepa. Dobbiamo infilare un blocchetto verde acqua in quello spazio. Solo che crepa e blocchetto hanno due forme completamente diverse: è un rovesciamento clamoroso della perfezione di incastri che bisogna ricercare in Tetris. "Il mio corpo mi fa sentire a disagio", leggiamo sullo schermo. Non c'è modo di vincere e fare in modo che il blocco trovi il "suo" posto: altro capovolgimento degli stilemi classici del videogioco.

Il viaggio è troppo intenso e indimenticabile per illustrarlo per intero qui -ci sarebbe davvero tantissimo da dire, ma rovineremmo l'esperienza a coloro che non l'hanno ancora vissuta. Basti ricordare che il gioco ha una struttura quadripartita e segue il percorso individuale di Anthropy nella terapia ormonale, portando a un conseguente mutamento dei minigiochi stessi. Scoprirete il tutto giocando. "Questo è un gioco autobiografico sulla mia esperienza con la terapia ormonale sostitutiva", scrive Anthropy in apertura di dys4ia, "la mia esperienza non coincide con quella di altri e non vuole essere rappresentativa di quella di ogni persona trans".

Leader involontaria

Minecraft è uno dei tanti esempi di videogiochi nati come piccole produzioni di sviluppatori solitari e poi diventati veri e propri fenomeni di costume, oltre che successi a livello commerciale
Minecraft è uno dei tanti esempi di videogiochi nati come piccole produzioni di sviluppatori solitari e poi diventati veri e propri fenomeni di costume, oltre che successi a livello commerciale

Solo che Anthropy - come dicevamo, anche a causa, se non soprattutto, del fulminante Rise of the Videogame Zinesters - è diventata una vera e propria apripista, nonché (involontaria) leader del movimento videoludico indipendente, oltre che una personalità di riferimento quanto alla trattazione di tematiche inerenti alle identità LGBTQ+ e alle loro specificità all'interno dei videogiochi.

Riflettendo sul perché ha presto deciso di rimuovere dys4ia dalle piattaforme dove era stato pubblicato, Anthropy scrive: "Forse non ho mai odiato questo gioco, ma ho odiato la persona che ero quando l'ho creato: giovane, stupida, e in rapido esaurimento a causa della buona volontà di persone che sinceramente mi vedevano come un motore di cambiamento nel mondo dei giochi e della cultura, persone che, in ultima analisi, avrei deluso".

Journey è stato uno dei videogiochi a contribuire maggiormente alla diffusione del termine 'indie' nel contesto della stampa specializzata e, soprattutto, del marketing videoludico
Journey è stato uno dei videogiochi a contribuire maggiormente alla diffusione del termine "indie" nel contesto della stampa specializzata e, soprattutto, del marketing videoludico

Anna Anthropy non indugia ulteriormente su questo punto, ma è possibile intuire, quantomeno in parte, le ragioni della sua amarezza. La rivoluzione indie degli anni '10 ha portato non soltanto alla creazione di piccoli prodotti privi di finalità di lucro come dys4ia, attraverso strumenti semplici e flessibili come Game Maker e Twine, ma anche - e forse, soprattutto - a una prepotente entrata del termine "indie" nel discorso commerciale relativo ai videogiochi e, in particolare, nel marketing videoludico. Sono spesso bollati come "indie" anche prodotti creati da team formati da decine di persone e con publisher detentori di enorme potere economico: per citare due esempi illustri nel settore, Devolver Digital è una società quotata presso la Borsa di Londra, mentre Annapurna Interactive - pur non essendo quotata - è sorella di Annapurna Pictures, società produttrice di successi cinematografici come The Master (2012, regia di Paul Thomas Anderson) e Her (2013, regia di Spike Jonze).

E poi c'è la questione della sovraesposizione mediatica di Anthropy. In una intervista rilasciata a The Guardian nel 2013, la sviluppatrice si schermava dal ruolo, riconosciutole dall'intervistatrice, di responsabile del movimento di creazione di videogiochi dal basso che si stava generando in quegli anni. "Non voglio essere una leader", rispose, "Vorrei partecipare a un movimento in cui tutti sono leader. In qualche modo sono finita a essere una rappresentazione molto visibile di alcune categorie marginalizzate all'interno del mondo videoludico. Ma mi piacerebbe davvero, davvero tanto non essere la persona più visibile in questo gruppo".

Videogiochi di tutti, videogiochi che parlano di tutti

Il videogioco What's Up in a Kharkiv Bomb Shelter di Dariia Selishcheva probabilmente non esisterebbe se l'autrice non avesse letto Rise of the Videogame Zinesters, il libro più celebre di Anna Anthropy
Il videogioco What's Up in a Kharkiv Bomb Shelter di Dariia Selishcheva probabilmente non esisterebbe se l'autrice non avesse letto Rise of the Videogame Zinesters, il libro più celebre di Anna Anthropy

Considerando l'attività creativa come arte in sé e per sé, in Rise of the Videogame Zinesters Anthropy sostiene l'importanza di processi creativi diffusi e accessibili, in modo tale la possibilità di padroneggiare una forma d'arte non venga ristretta a poche persone privilegiate e orientate al profitto. In questo senso, strumenti gratuiti come Gamer Maker e Twine possono essere essenziali per garantire anche a chi non è programmatore di professione un canale espressivo efficace e di facile utilizzo. Segnaliamo che, nel 2019, la casa editrice No Starch Press ha pubblicato tre libri di Anna Anthropy dedicati a questo tema: "Make Your Own Twine Games!", "Make Your Own Scratch Games!" e "Make Your Own Puzzlescript Games!".

Un accesso facile al videogioco può portare alla creazione di storie prive delle limitazioni imposte dalle esigenze commerciali tanto sentite dalle grandi case di produzione e dai publisher. La parte più straordinaria di Rise of the Videogame Zinester è forse il paragrafo "What to Make a Game About?": è una sorta di flusso di coscienze joyciano che include qualsiasi tipo di situazione, quotidiana o meno, da cui potrebbero essere tratti dei videogiochi. "Saltare in un fosso, tuffarsi in una piscina, gettarsi in cielo e non tornare mai giù. Qualsiasi cosa. Ogni cosa", conclude.

Dalla realtà al videogioco: le esperienze ludiche interattive possono essere uno strumento potentissimo per raccontare situazioni ed esperienze. In foto, una casa di Kharkiv dopo i bombardamenti da cui Selishcheva si riparava in un bunker, e di cui ha parlato in What's Up in a Kharkiv Bomb Shelter
Dalla realtà al videogioco: le esperienze ludiche interattive possono essere uno strumento potentissimo per raccontare situazioni ed esperienze. In foto, una casa di Kharkiv dopo i bombardamenti da cui Selishcheva si riparava in un bunker, e di cui ha parlato in What's Up in a Kharkiv Bomb Shelter

Un esempio pratico. Grazie a un programma di semplicissimo utilizzo, chiamato Bitsy, la sviluppatrice ucraina Dariia Selishcheva ha creato What's Up in a Kharkiv Bomb Shelter, disponibile gratuitamente su itch.io, mentre si trovava in un rifugio antiaereo nel corso dei bombardamenti delle forze russe sulla città. Intervistata nell'ambito del più ampio reportage sullo sviluppo di videogiochi nel corso della guerra in Ucraina, Selishcheva ha raccontato che il libro di Anna Anthropy, Rise of the Videogame Zinesters, è stato la chiave per convincerla a intendere i videogiochi come possibile mezzo di espressione delle proprie esperienze personali. In questo caso - nelle parole di Selishcheva - "il tentativo di pronunciare l'impronunciabile", ossia di condensare in un breve videogioco il terrore provato nel rifugio.

Insomma: accanto alla creazione di videogiochi per finalità commerciali, il videogioco può essere anche un prodotto piccolo, personale, non toccato da esigenze aziendali, da manager, da ritmi di lavoro insostenibili. Può essere un hobby, proprio come fare un disegno. "L'autrice vuole che tu smetta di leggere questo libro e vada a creare un videogioco": sono queste le parole finali di Rise of the Videogame Zinesters.

Strumenti di facile utilizzo come Bitsy consentono l'accesso allo sviluppo di videogiochi anche da parte di chi non ha competenze di programmazione
Strumenti di facile utilizzo come Bitsy consentono l'accesso allo sviluppo di videogiochi anche da parte di chi non ha competenze di programmazione

Sono riflessioni attuali ancora oggi, e per tutte queste ragioni - e tante altre in più - il ritorno di dys4ia è degno di essere ricordato, celebrato, e anche analizzato. Nella sua lettera, Anthropy riflette con amarezza e delicatezza al contempo sull'oblio a cui aveva voluto condannare la sua creatura. "Non penso che questo gioco se lo meriti. E - questo è ancora più difficile da ammettere - forse non me lo merito neanch'io. Penso di essere stata ingiusta verso Anna Anthropy". E se per alcuni la rivoluzione indie degli anni '10 è stata un'occasione mancata, per altri - e sono tanti - il lavoro di una delle sue pioniere (se non leader, pioniera la potremo certamente definire) è stato d'ispirazione per seguire la strada di quello che considerano l'hobby, e in alcuni casi, il lavoro più bello del mondo. Anche a causa di quei sette minuti visionari.