Star Wars Jedi: Survivor, ultimo titolo dei pluripremiati Respawn Entertainment, sarà ricordato per il trantran mediatico che ne ha accompagnato il lancio complicato e ha sollevato, ancora una volta, probabilmente non l'ultima, la spinosa questione sulle tempistiche nello sviluppo dei videogiochi. Ed è un peccato, perché dietro quei problemi - che cambiavano di peso e di entità da piattaforma a piattaforma - c'è un ottimo titolo di azione e di avventura, un "metroidvania" moderno che, soprattutto, rispetta l'immaginario di Guerre Stellari e riesce a conquistare anche chi non è necessariamente appassionato di Jedi, Sith e compagnia cantante.
È chiaro che ci sono dei margini di miglioramento da tenere in vista e che Respawn ha ancora un futuro brillante nella galassia lontana lontana di Disney e Lucasfilm, ma vale la pena riflettere su dove siamo arrivati e dove potremmo andare nel sequel di Star Wars Jedi: Survivor, che possiamo provare a immaginare nelle prossime righe.
Attenzione: se non avete ancora completato Survivor, state alla larga dal paragrafo dedicato alla trama, perché ci sono degli SPOILER giganti sul finale dell'ultima avventura di Cal Kestis.
Prestazioni migliori
Sì, indubbiamente bisogna cominciare dalle prestazioni: è importante che Respawn si prenda il suo tempo e che il suo prossimo Star Wars arrivi sugli scaffali nelle migliori condizioni possibili. Avendolo testato su PlayStation 5, siamo riusciti a giocarlo senza troppi problemi anche prima dell'aggiornamento del lancio, e a parte qualche crash e un frame rate incostante anche in modalità Performance abbiamo avuto la fortuna di non riscontrare bug che rompessero il gioco o altri guai.
Se è vero che il meraviglioso mondo di Internet ha ingigantito l'entità di questi problemi, come succede spesso col passaparola, è altrettanto vero che in tempi recenti si cominciano a contare troppi titoli che arrivano sul mercato in condizioni non proprio ottimali, vuoi perché gli sviluppatori lavorano in situazioni difficili, vuoi perché corrono contro il tempo, sperando di scavalcare la concorrenza e, forse, anche i loro stessi limiti.
Il nostro auspicio, quindi, è che Respawn si prenda tutto il tempo necessario a rifinire il prossimo capitolo della saga Jedi, sia perché sarebbe bello giocarlo senza problemi tecnici - specie se si considera che Survivor, nei suoi momenti migliori, è davvero uno spettacolo mozzafiato - sia perché queste polemiche tendono a mettere in cattiva luce un titolo che merita assolutamente di essere giocato e che purtroppo è arrivato anche in un anno davvero pieno di uscite eccezionali a stretto giro che lo hanno ulteriormente soffocato.
Il gameplay
Con Star Wars: Jedi Survivor, Respawn Entertainment ha lavorato soprattutto sul cosiddetto "loop" del gameplay, cioè sull'ossatura dell'esperienza che dà un'identità al gioco: in questo senso, lo sviluppatore californiano ha arricchito le meccaniche metroidvania costruite nel prequel, Fallen Order, e così facendo ha anche abbracciato una filosofia non proprio open world, ma quasi. Cal dispone fin dall'inizio di tutte la abilità e le attrezzature apprese nel titolo precedente, cui se ne aggiungono altre, come il cavo di risalita, che rendono l'esplorazione molto più dinamica. Intorno a questo, i ragazzi di Respawn hanno impostato una pletora di rompicapi platform e non solo; non si sta mai fermi, c'è sempre una nuova area da esplorare, un collezionabile da scoprire o una missione da risolvere. Il level design è maestoso e tutto funziona alla perfezione.
In un sequel ci aspettiamo un approccio ancora più elaborato, con l'aggiunta di nuove meccaniche e, soprattutto, di una maggiore varietà di pianeti esplorabili. In Star Wars: Jedi Survivor solo Koboh e Jedah sono pianeti aperti all'esplorazione, mentre le altre mappe sono molto più lineari. In generale si visitano pochi pianeti, sebbene sufficientemente diversificati a livello visivo, e un numero più ampio di mappe servirebbe anche a rinforzare l'idea che stiamo vivendo in una galassia lontana lontana, e non in qualche piccolo sistema solare. Se poi si potesse esplorare almeno una parte dello spazio, pilotando direttamente la Stinger Mantis, sarebbe la ciliegina sulla torta. In Star Wars: Jedi Survivor la progressione, insomma, funziona a meraviglia e dobbiamo solo sperare che Respawn s'inventi qualcosa di nuovo e sorprendente per stupirci un'altra volta.
Il sistema di combattimento
Pur essendo molto curato, il sistema di combattimento di Star Wars: Jedi è uno degli aspetti che Respawn dovrebbe certamente rifinire nel sequel di Survivor. L'idea che alle difficoltà più alte si basi tutto sulle schivate e sulle parate tempestive, come in una specie di soulslike o in un Sekiro più casual, è vincente e aiuta a rivivere i duelli più emozionanti di Star Wars, specie quando si combattono i Sith o altri avversari armati di spade laser o armi contundenti.
Tuttavia le collisioni non sono mai state proprio precisissime, e sebbene in Survivor la situazione sia migliorata rispetto a Fallen Order, restano delle spigolosità da mussare. Al tempo stesso, l'aggiunta di tre stili di combattimento - per un totale di cinque, ciascuno col suo albero di abilità da sbloccare - ha impreziosito le dinamiche di gioco in termini di varietà, e sebbene alcuni siano meno efficaci di altri, ce n'è davvero per tutti i gusti.
In questo senso, si potrebbero migliorare ulteriormente queste meccaniche consentendo al giocatore di impostare almeno tre stili invece di due, garantendo così una maggior varietà di scelta tra un punto di salvataggio e l'altro. Anche le tecniche di attacco e le combo andrebbero bilanciate, perché in verità non sono tantissime e si tende a usare più spesso certe abilità invece di altre. È difficile immaginare nuovi stili di combattimento - quelli canonici di Star Wars sono praticamente finiti - ma sarebbe carino se Respawn aggiungesse nuove armi all'arsenale di Cal, e non necessariamente spade laser: doppi blaster, armi da fuoco varie, vibro-lame e così via, per non parlare di armi Jedi meno conosciute come la frusta laser impugnata da Vernestra Rwoh ai tempi dell'Alta Repubblica.
Lo stesso si può dire per i poteri della Forza, che Survivor offre in buona quantità ma che sono tutti legati al lato luminoso. Certo, la telecinesi permette di spingere gli assaltatori imperiali nei burroni e verso morte certa, se non di stritolarli sotto macigni e altri pesi, ma non ci sono poteri marcatamente offensivi come i fulmini della Forza o il soffocamento tanto caro a Darth Vader. Ha senso perché Cal è un Jedi, ma è pur vero che in Survivor c'è un momento molto importante in cui cede temporaneamente al Lato Oscuro, facendo una vera e propria strage di Imperiali. Potrebbe essere il presupposto con cui Respawn potrebbe esplorare il Lato Oscuro della Forza nel sequel: come successo con Starkiller nei giochi della serie Il potere della Forza, potremmo scegliere l'inclinazione di Cal, imparare poteri completamente diversi e magari influenzare la narrativa e il finale della saga.
La storia
Attenzione agli spoiler nelle prossime righe!
Survivor si è concluso con una vittoria dolceamara. Alla fine Cal ha trovato veramente il pianeta nascosto di Tanalorr, ma la sua ricerca è costata la vita di Cere e quella di Bode. Insieme a Merrin, cui ora si è legato sentimentalmente in barba al codice Jedi, e alla bambina di Bode, e con l'aiuto del fidato Greez, Cal potrebbe rimettere in piedi una parvenza di Ordine dei Jedi in un nascondiglio che l'Impero non dovrebbe riuscire a trovare. Su queste premesse - e sulle ultime, ambigue parole sussurrate dallo spirito di Cere: "Guidala oltre l'oscurità", e siamo abbastanza sicuri che si riferisca a Kata, e non a Merrin! - Respawn dovrà costruire un sequel stando ben attento a non contraddire la mitologia di Star Wars per come la conosciamo.
Gli anni tra la nascita dell'Impero Galattico e l'incontro tra R2-D2 e Luke Skywalker su Tatooine sono stati a lungo un vuoto narrativo che Lucasfilm ha cominciato a colmare solo di recente con serie TV come Star Wars: Rebels, Obi-Wan Kenobi e Andor. Se fino a qualche anno fa sarebbe stato facile narrare una storia autonoma e circoscriverla in un angolo remoto della galassia, ora le trame si fanno sempre più intrecciate e rischiano di accavallarsi.
Star Wars Jedi: Survivor, in fondo, si svolge pressappoco contemporaneamente agli eventi di Obi-Wan Kenobi, tant'è che per qualche tempo credevamo che Cal avrebbe incontrato il Maestro Jedi nelle sue avventure. Invece, se escludiamo la solita comparsata di Darth Vader, il nostro giovane protagonista si è imbattuto soltanto in Boba Fett alla fine di una missione secondaria. Considerando quanto potrebbe essere difficile incrociare i personaggi iconici col cammino di Cal Kestis, la soluzione che ci sembra più adatta sia un altro time-skip, anche molto più incisivo, che sposti il sequel di almeno altri cinque anni, se non dieci.
Sarebbe interessante ritrovare Cal adulto, e magari padre, nel pieno della nascita della Ribellione. La sua storia si potrebbe incrociare con quella dei protagonisti di Star Wars: Rebels o di Rogue One, e potrebbe trovare persino una conclusione tragica, ma logica e naturale, nella battaglia contro l'Impero all'apice della sua potenza, e contro il Lato Oscuro che potrebbe aleggiare sulla figlia di Bode: Star Wars, alla fin fine, resta sempre e comunque una storia di genitori e figli, naturali o acquisiti, e il cerchio si chiuderebbe davvero alla perfezione anche per questa trilogia.