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World of Warcraft: Wrath of the Lich King - Speciale

Tra critiche ed elogi, la prima espansione del fenomeno World of Warcraft giunge al termine: riflettiamo insieme su cosa è cambiato dopo il passaggio della Crociata Ardente.

SPECIALE di La Redazione   —   13/11/2008
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Il disastroso PvP di The Burning Crusade

L'obiettivo di Blizzard è stato trasformare l'Arena in un vero e proprio e-sport. E con tutto che è davvero molto giocata, per diletto o competizione, viene difficile ritenere sportiva l'Arena di World of Warcraft: non è un gioco in cui le classi sono bilanciate per scontrarsi tra loro, e questa precisamente è stata la crisi dell'idea di Blizzard. Per farla breve, gli stessi sviluppatori cominciarono ad ammettere che per quanto cercassero di equilibrare le sfide, i giocatori erano i primi a trovare un modo per aggirare le scelte di bilanciamento e ottenere i migliori risultati possibili. Così l'Arena divenne un ring in cui si giocava solo per vincere, cercando le combinazioni di classi migliori e particolarmente vantaggiose, isolandone altre meno utili a livello sinergico. Questo problema si è verificato specialmente nei bracket minori, che Blizzard quasi immediatamente si è arresa a bilanciare, nonostante fossero i più giocati in assoluto per questione di pura praticità. I cambiamenti apportati alle varie classi poco sono serviti a rendere l'Arena più variabile e imprevedibile. Quattro stagioni di Arena sono passate, e ognuna ha avuto le sue combo di classi predilette, che hanno dominato le classifiche e impedito a molti giocatori di goderne appieno. Già dalla seconda stagione la sinergia di alcune classi ha reso l'Arena più frustrante che divertente, inducendo molti giocatori a crescere un personaggio da zero e abbandonare quello giocato, pur di "vincere" nei colossei di Blizzard.

l'Arena System ha spaccato in due la comunità di World of Warcraft, inutile negarlo... un'idea intelligente che non è stata gestita a dovere

Il disastroso PvP di The Burning Crusade

L'Arena System ha spaccato in due la comunità di World of Warcraft, inutile negarlo, diventando peraltro il centro di attenzione della Blizzard stessa, che solo di recente si è resa conto che negli ultimi mesi questo contenuto ha limitato e frustrato la fruizione di numerosissimi giocatori per via dell'impegno richiesto e della fallacia di alcuni elementi: è oggettivo che classi come lo Shaman specializzato Enhancement sono state ridicolizzate dal punto di vista del PvP ai limiti dell'esaurimento nervoso, l'assurdo sistema di matchmaking oltre a essere penalizzante ha permesso sleali mercificazioni: le preliminari preparazioni dell'equipaggiamento richiedono ore e ore di farming. L'Arena è stata un'idea intelligente che non è stata gestita a dovere. Resta tutt'oggi un passatempo divertente per sfidare la propria abilità, limitato però dall'impossibilità di equilibrare tutte le classi sul piano del PvP senza modificarne alcuni aspetti cruciali e caratteristici. Non è certo una bolgia infernale riservata a pochi eletti, ma è una sfida molto pesante per chi non si accontenta o non ha scelto la via più facile. E anche lì è colpa più dei giocatori: forse tutto funzionerebbe meglio se si giocassero le classi che più piacciono, invece di quelle che più vincono?

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L'autunno 2008 passerà alla storia videoludica come una delle stagioni più intense di sempre. Numerosi prodotti di altissima qualità per tutte le console e PC hanno fatto capolino sugli scaffali dei negozi, tradizionali e virtuali, e sono certamente tra i più gettonati regali di Natale. Ma fra tutti, inutile dire che i riflettori sono puntati su Wrath of the Lich King, seconda e mai troppo attesa espansione di World of Warcraft. Del MMORPG Blizzard, sinceramente, ci sembra superfluo parlarne: chi non lo conosce ha abitato sotto i sassi negli ultimi cinque anni in cui ha rivoluzionato il genere, diventando il prodotto più imitato e chiacchierato nella storia dei videogiochi online. In molti hanno cercato di bissarne il successo: qualcuno ancora ci prova, gli altri hanno fallito miseramente, ritagliandosi piccole e meritate nicchie di mercato, o sparendo semplicemente dalla scena. Wrath of the Lich King è importante, importantissima, non soltanto perchè si traduce in innumerevoli ore di gioco addizionali e tante promesse di divertimento, ma anche perchè reintroduce nell'universo di Warcraft un personaggio di fondamentale importanza: Arthas Menethil, ex-principe di Lordaeron, ora Lich King.

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Dove eravamo rimasti...

Con The Burning Crusade Blizzard Entertainment ha operato una svolta piuttosto cruciale nella mitologia della saga, pescando a piene mani nel lore elaborato per una decina di anni cercando, con la maggiore coerenza possibile, di introdurre nuovi elementi narrativi dall'impatto emotivo e ludico. La svolta fantascientifica non è stata apprezzata da tutti i giocatori, per la verità, ma Blizzard ha coraggiosamente percorso questa strada regalandoci uno scorcio della sua immaginazione artistica che difficilmente dimenticheremo. La svolta è stata naturalmente la riapertura del Portale Oscuro che aveva provocato tanti guai in passato: dunque, The Burning Crusade è ruotata tutta attorno a questa grande battaglia tra l'Alleanza, l'Orda e la Legione Ardente, che si è spostata in gran parte da Azeroth ai territori devastati di Outland.

la svolta fantascientifica non è stata apprezzata da tutti i giocatori ma Blizzard ha coraggiosamente percorso questa strada regalandoci uno scorcio della sua immaginazione artistica che difficilmente dimenticheremo

Dove eravamo rimasti...

Di patch in patch Blizzard ha esteso questo arco narrativo con nuove minacce e vecchie glorie. Abbiamo avuto modo di affrontare la Legione Ardente durante il suo attacco più ingenuo alle lande di Azeroth, quando il Principe Malchezaar si è insidiato nella Torre di Karazhan per carpire i segreti dello scomparso Medivh. I giocatori hanno avuto quindi la possibilità di affrontare in battaglia proprio alcuni tra i personaggi mitologici della saga: dopo aver distrutto il demone Magtheridon una volta per tutte, Lady Vashj è stata sconfitta nel suo regno sottomarino a Serpentshrine Cavern. Anche lo scontro con Kael'thas Sunstrider e i suoi consiglieri, nella fortezza cosmica Tempest Keep, è stato uno dei più memorabili - e complessi - nella storia dell'MMORPG. E' poi stato il momento di viaggiare nel tempo per prendere parte alla leggendaria battaglia del Monte Hyjal, teatro delle missioni conclusive di Warcraft III: Reign of Chaos, in un faccia a faccia con gli storici boss, Archimonde compreso. La successiva battaglia è stata quella contro Illidan Stormrage stesso, signore assoluto di Outland: un assalto epocale alla sua fortezza, il Tempio Nero, conclusosi con la sua disfatta a seguito di un titanico combattimento insieme ad alleati illustri come Maiev Shadowsong e Akama. Salvata Outland dalla morsa di Illidan, c'è stata una breve parentesi rappresentata dai troll di Zul'jin, signore di Zul'Aman, un altro personaggio della saga di Warcraft che è così uscito di scena, in una delle raid-instance più ispirate del gioco. E mentre le minacce di Outland venivano distrutte da manipoli di avventurieri, tutti si chiedevano: che fine ha fatto il Re Lich?

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Fury of the Sunwell: lo scontro finale con la Legione Ardente

Richard Knaak è l'autore di alcuni romanzi della saga Dragonlance e di svariati romanzi basati sull'universo di Diablo, e ha inoltre scritto una trilogia che racconta la Guerra degli Antichi nel mondo di Warcraft. Era dunque logico che Blizzard gli affidasse la stesura della Trilogia del Sunwell: tre volumi a fumetti disegnati dall'artista coreano Kim Jae-hwan che raccontano la storia del drago Kalecgos e della bella Anveena, alle prese con i tentativi dei malvagi di ripristinare il potere immenso del Sunwell. Questa trilogia a fumetti esisteva parallelamente a World of Warcraft... finchè Blizzard non ha rilasciato la patch Fury of the Sunwell, introducendo l'Isola di Quel'danas e portando a termine la storia di The Burning Crusade con un cataclismatico scontro finale tra i giocatori e Kil'jaeden, evocato nell'antico Sunwell Plateau, la raid-instance più proibitiva del gioco in cui i raider più epici (in tutti i sensi!) affrontavano un'orda di demoni nel tentativo di salvare Anveena prima che la Legione Ardente attingesse ai suoi poteri e a quelli del Pozzo. E così, mentre alcuni passavano serate intere a elaborare strategie e a metterle in atto, altri invece fronteggiavano il ritorno di Kael'thas Sunstrider, ridotto ormai all'ombra di se stesso ma sempre più affamato di potere, nella instance per cinque giocatori Magister's Terrace. E con la sconfitta di Kil'jaeden si conclude dunque la storia di The Burning Crusade, con la Legione Ardente indebolita al punto da non rappresentare più una minaccia immediata per Azeroth o Outland.

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Fury of the Sunwell: lo scontro finale con la Legione Ardente

Possiamo dire tranquillamente che dal punto di vista narrativo The Burning Crusade è stata un'espansione evocativa e avvincente, con la quale Blizzard ha saputo strumentalizzare numerosi personaggi classici elaborando una storia, a tutto tondo, che coinvolgesse i giocatori, dai più hardcore a quelli con meno tempo da dedicare al gioco, in barba a chi vedeva negli alieni Draenei un elemento sci-fi di dubbia coerenza. Un piano tuttavia riuscito solo in parte. Quello che si può criticare a Blizzard nel corso degli ultimi due anni è l'aver reso estremamente proibitiva la fruizione dei contenuti più epici, anche narrativamente, del gioco. Già dai primi mesi successivi alla release dell'espansione, è stato un susseguirsi di raid-instance introdotte di patch in patch per allietare il palato dei giocatori più rapidi nel progredire tra i contenuti "endgame", per gruppi di venticinque giocatori, ridotti quindi rispetto ai titanici raid da quaranta precedenti all’espansione, ma non meno difficoltosi da gestire di sera in sera, tanto da diventare un secondo lavoro per tante Gilde, alle prese con gli scontri sempre più elaborati e complessi proposti da Blizzard. La realtà è però che i giocatori disposti a praticare questa parte del gioco sono meno di quanto si pensi. E' vero, ogni raid-instance rappresenta un potenziamento per i giocatori tramite equipaggiamenti ed esperienza in grado di facilitarne la scalata al successo, ma fin dai primi mesi la discrepanza tra i giocatori hardcore e quelli casual si è resa notevole: si stima che meno del 5% dei giocatori di World of Warcraft, in tutto il mondo, abbia visitato Sunwell Plateau. Inutile supplire al divario tramite le modalità Heroic delle instance per cinque giocatori: rigiocare le stesse zone, soltanto più difficili, viene a noia molto presto. Cosa restava dunque da fare a chi aveva portato a livello 70 il proprio personaggio e non poteva partecipare ai raid? La questione è rimasta in sospeso per mesi, e l'Arena sicuramente non si è dimostrata una soluzione ideale. Parliamone un po' di questa Arena, e di come ha stravolto l’MMORPG Blizzard.

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Uno sguardo ai casual-player

Dunque diventava per Blizzard un problema gestire quella enorme fetta di pubblico che paradossalmente diventava carne da macello per le armi scintillanti dei giocatori dell’Arena o dei Raid. Il divario tra i giocatori cresceva a livelli preoccupanti, non solo in termini di traguardi raggiunti, ma anche ovviamente di equipaggiamento indossato. Ai casual restavano sempre da "farmare" le instance minori o i punti Reputation per sbloccare qualche oggetto di poco conto. Blizzard così cominciò a elaborare già dalla patch The Black Temple (2.1.0) un sistema di quest giornaliere che impegnassero per settimane, al fine di sbloccare ricompense particolarmente appetitose. Il ciclo di quest dedicato alla fazione Netherwing è un esempio davvero calzante. Sempre di farming si trattava, anche se più soddisfacente dal punto di vista economico e perfino narrativo: l'idea era, per esempio, di permettere ai giocatori di interagire con Illidan Stormrage indirettamente. Il meccanismo delle Daily Quest è stato molto apprezzato, nonostante la ripetitività intrinseca ha però impegnato i giocatori con poco tempo a disposizione giorno dopo giorno, proponendo item sempre più elaborati e guadagni facili. Sempre nei riguardi dei casual-players Blizzard ha introdotto anche le Badge of Justice, gettoni raccolti dai boss delle instance Heroic e successivamente dai raid-boss, con i quali acquistare oggetti che in certi casi rivaleggiavano in qualità con quelli ottenibili solo nelle raid-instance più complesse: un parallelo che ha provocato un'enorme polemica, permettendo ai giocatori casual di equipaggiarsi facilmente anche in previsione, magari, di unirsi a qualche Gilda dedita all'endgame. Un passo indietro frettoloso appare quello di Blizzard, che dopo quasi due anni si ricordava finalmente della caratteristica principale di World of Warcraft, MMORPG user-friendly per eccellenza: e allora venivano rimossi gli Attunement (i cicli di quest, cioè, necessari per entrare fisicamente in alcune instance) e ridotta l'esperienza necessaria a raggiungere il 60, depotenziati alcuni boss tra i più ostici e introdotti finalmente contenuti endgame in scala minore nella veste di Zul'Aman, in grado di rappresentare una sfida notevole per le piccole Gilde che potevano permettersi solo Karazhan. All'alba di maggio 2007, The Burning Crusade aveva trovato un equilibrio soddisfacente per tutti: la spettacolare battaglia finale con le forze della Legione sull'isola di Quel'danas era un esempio della coesistenza di giocatori casual e hardcore e della possibilità di diventare competitivi senza eccessivi distacchi impiegando il proprio tempo nel modo preferito: certo, i giocatori hardcore continuavano ad avere dei vantaggi, ma non tali da sbilanciare l'ecosistema.

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L’inizio della fine della Crociata Ardente

All’alba della patch 2.4.0 le basi per il futuro erano ormai poste. Per alcune settimane i giocatori di ogni server hanno assistito alla conquista e ricostruzione dell’isola di Quel’danas, teatro dello scontro finale con Kil’jaeden. I giocatori casuali diventavano partecipi indirettamente delle attività dei giocatori hardcore, e contemporaneamente ottenevano l’accesso a oggetti molto potenti, ma non solo: una quest richiedeva di sorvolare il Plateau a cavallo di un Dragonhawk, durante il volo si poteva dunque vedere da vicino Brutallus, secondo boss della raid-instance, mentre all’interno di Magister’s Terrace è possibile attivare una cutscene (feature inedita in World of Warcraft) che offre una panoramica di quello che aspetta i giocatori dentro Sunwell Plateau. Comunque, non tutto va come sperato. L’Isola di Quel’danas diventa velocemente il teatro di scontri PvP aperti tra le due fazioni nel gioco, talvolta con una frequenza insopportabile. L’Isola stessa diventa più una zona di “farming” e profitto grazie alle sue semplici e remunerative Daily Quests.

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L’inizio della fine della Crociata Ardente

Sul versante hardcore, le cose vanno peggio. Sunwell Plateau si rivela di una difficoltà davvero esasperante, costringendo i giocatori ad azioni impensabili, come abbandonare una professione per praticarne un'altra e creare oggetti utili al successo del gruppo. Si comincia a guardare con troppo zelo alla composizione del raid, al fine di massimizzarne le prestazioni alcune classi vengono messe con troppa frequenza in panchina: diventano più importanti i “buff” dei giocatori. Il malcontento cresce quando le Raid-instance precedenti diventano accessibili a tutti grazie ai nuovi oggetti, le Gilde hardcore si spaccano letteralmente a causa della frustrazione provocata dalla difficoltà di una instance che, tutto sommato, propone item che saranno presto resi obsoleti dall’imminente Wrath of the Lich King. Insomma, il gioco sembra non valere più la candela, e perfino le Gilde più famose del mondo crollano di fronte a scontri talmente complessi da costare centinaia di riparazioni dell’equipaggiamento – e possibilmente delle tastiere. Sunwell Plateau diventa appalto dei giocatori più estremisti del mondo. Contemporaneamente, inizia la quarta stagione dell’Arena: anche qui qualcosa non funziona. Al fine di rendere più importanti i traguardi raggiunti dai giocatori, Blizzard introduce dei pesanti limiti di acquisizione per gli oggetti: i problemi di bilanciamento si acuiscono, solo pochissimi riescono a farsi avanti, gli altri si arrendono. Ormai è un business, non un e-sport. A Giugno ormai World of Warcraft è in stasi, e ci rimarrà per molto tempo: Blizzard annuncia che l’espansione uscirà in Inverno e che non saranno aggiunti contenuti rilevanti prima di Autunno. E’ il periodo più buio dell'MMORPG di Blizzard, una crisi di cinque mesi in cui non c'è niente di nuovo, solo Arena, Battleground e farming. Qualcosa deve cambiare, o Warhammer: Age of Reckoning potrebbe diventare una minaccia per lo strapotere di Blizzard.

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Echoes of Doom: uno sguardo al futuro

Intanto in estate alcuni fortunelli possono provare la Beta di Wrath of the Lich King, e le notizie sono a dir poco esaltanti. Passato l’entusiasmo per Age of Conan, i server cominciano a ripopolarsi, e mentre finisce anzitempo la quarta stagione dell’Arena tutti aspettano trepidanti la mastodontica content-patch che preparerà World of Warcraft alla furia del Lich King. Si chiama Echoes of Doom (Patch 3.0.2) e pesa quasi 2 Gigabyte. Si fa attendere per settimane, quando arriva è come l’onda di un mare in tempesta: World of Warcraft ne è sconvolto. La patch rivela parte dei piani di Blizzard e il nuovo corso che l'MMORPG seguirà nei prossimi mesi. La prima constatazione la merita il lavoro svolto sulle classi, un vero revival di alcuni Talent Tree per anni ignorati dagli sviluppatori: la patch diventa praticamente una Beta a sua volta dell’espansione, e tra una polemica e l’altra vengono apportate modifiche continue. Il grande protagonista della patch è certamente il ramo Retribution del Paladin, che da specializzazione inetta diventa una delle più distruttive in assoluto: un cambiamento che non sarà apprezzato dalla comunità e che verrà limato ripetutamente, mettendo in discussione i developer stessi. L’introduzione di nuovi Talenti e Spell cambia le carte in tavola, intere strategie di gioco vengono stravolte, alcune classi sono trasformate radicalmente. Spiccano il Warlock, depotenziato enormemente tanto da essere irriconoscibile, pagando con una delle spell più “cool” del gioco (Metamorphosis) l’alta sopravvivenza che l’aveva caratterizzato in PvP, e l’Hunter vede rivoluzionata la gestione dei suoi Pet, adesso dotati di Talenti propri e decisamente più efficienti e utili che in passato.

la patch Echoes of Doom rivela parte dei piani di Blizzard e il nuovo corso che il MMORPG seguirà nei prossimi mesi

Il risultato, per la verità, è un po' una bolgia. Le nuove abilità e le rivoluzionarie scelte di Blizzard (per esempio, l’accorpamento del potere magico curativo e offensivo sotto un unico valore) sono tarate per il prossimo level-cap 80 raggiungibile con Wrath of the Lich King. Si tratta di una spiegazione un po' posticcia ma veritiera: il gioco a livello 80 è decisamente più bilanciato, in Beta alcune classi tuttora considerate eccessivamente forti sono molto ridimensionate (è il caso del Druid Balance o del Mage Arcane) dal cambiamento delle statistiche. Il sistema PvP diventa quindi appannaggio di chi si vuole divertire un po' senza mirare a grandi obiettivi: lo scompenso tra le classi porta a paradossali situazioni in cui il 90% dei team Arena è composto da Paladin e Mage o ci si ritrova in Battleground senza guaritori.

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Echoes of Doom: uno sguardo al futuro

Echoes of Doom ha un impatto enorme anche sul lato PvE. La difficoltà delle instance viene notevolmente ridotta e in combinazione al potenziamento ricevuto dalle classi la vita diventa facile un po’ per tutti. Perfino Sunwell Plateau diventa più accessibile alle Gilde che stavano sudando sette camice per completarlo e che in poche serate si trovano così a scattare foto del cadavere di Kil’jaeden. Una scelta molto chiacchierata che però ha permesso grandi soddisfazioni a una grossa fetta dell’utenza. Semplice o no, non importa quando tutti possono divertirsi. E’ un suggerimento di ciò che l'espansione sarà: più accessibile, più amichevole. Non sarà necessario formare gruppi ben precisi per affrontare le instance, perfino le classi specializzate nel danno saranno in grado di curare se necessario. In attesa della promessa “Double Spec” non può che far piacere questa strada intrapresa, che non lascia scontento quasi nessuno. Dalla Beta giungono voci di una semplicità forse eccessiva dei contenuti endgame, se rapportati a quanto visto in The Burning Crusade. Tanto meglio, diciamo noi: i contenuti finali devono essere per molti, non per tutti ma neanche per pochi. Il successo di Karazhan e Zul’Aman è esteso a tutte le nuove raid-instance, giocabili in dieci o venticinque giocatori: contribuisce al miglioramento esponenziale dell’esperienza anche il rivoluzionato sistema dei buff che arginerà moltissimo il fenomeno della panchina. L’efficacia delle nuove meccaniche si sente fin da subito, World of Warcraft è al momento più user-friendly di quanto sia mai stato. Sorvoliamo sul Barbiere, simpatica feature introdotta per cambiare pettinatura ai nostri personaggi: esso non è che una pubblicità dell'Achievement System, tutto sommato. Cuore della patch, esso ha una funzione del tutto simile a quello di Xbox 360 o dei Trofei di PlayStation 3. Pescate dieci pesci e conquisterete dei punti. Cadete da 65 yard senza morire e sono altri punti. Completate una instance. Esplorate un’intera regione. Collezionate venti cavalcature. Sconfiggete trenta nemici in un Battleground. Centinaia di possibilità sono contenute in una funzionale interfaccia che permette anche il confronto con gli altri giocatori. La festa dell’e-peen? No, una meccanica semplice e piacevolissima che permette a tutti di trovare sempre qualcosa di nuovo da fare, spesso ricompensata con feature estetiche come cavalcature o soprannomi. Impossibile a questo punto non citare anche la professione aggiunta con Echoes of Doom, Inscription. Ne abbiamo già parlato in precedenza, ma ora l’abbiamo toccata con mano: un geniale mestiere che permette di potenziare alcune abilità e personalizzare ulteriormente i propri personaggi.

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The Scourge strikes back!

Concludiamo la nostra disamina su The Burning Crusade e l’avvento del Lich King parlando dello stato attuale dell'MMORPG Blizzard. Mercoledì 5 Novembre è arrivata una patch finale che prepara definitivamente il gioco a Wrath of the Lich King. Problemi di server a parte, tutto funziona e nel bene e nel male non si può non essere eccitati per quando le navi, effettivamente, condurranno i giocatori a Northrend. Le ultime settimane sono state cariche di avvenimenti. Come ogni anno è stato attivato l’evento di Halloween, chiamato Hallow’s End, con il solito boss, il Cavaliere senza testa a Scarlet Monastery per sbloccare Achievement, ottenere la pregiata cavalcatura o simpatici oggetti di alto livello. Le capitali sono state caratterizzate da frenetici scambi di trasformazioni – che sono diventati anche un po’ commerciali – e corse su scope volanti. Contemporaneamente, è iniziato all’improvviso il “world-event” che introduce Wrath of the Lich King. Sul trono di Stormwind City adesso siede nuovamente il suo vero re, Varian Stormwind, e se volete sapere come è tornato in città dopo un’assenza di quattro anni dovrete leggervi un fumetto di discreta qualità – esattamente come successo con Sunwell Trilogy. Sulle capitali fluttuano però le imponenti fortezze del Flagello: il world-event è stato parzialmente riciclato da quello proposto per l’apertura della raid-instance Naxxramas nel 2006, con regioni di Azeroth sotto assedio da parte di zombie da uccidere per acquisire magari degli oggetti e respingere l’invasione delle armate del Lich King.

l'invasione è entrata nel vivo con colossali attacchi di viverne-zombie e abomini al porto di Stormwind e a Orgrimmar: per l'occasione si sono riuniti per difendere le capitali personaggi del calibro di Varian, Sylvanas e Thrall

The Scourge strikes back!

A tutto ciò si è aggiunta subdolamente una serie di eventi a catena iniziata con delle “curiose casse” comparse in alcuni luoghi, che hanno diffuso un contagio. Lentamente, i giocatori hanno cominciato a trasformarsi in zombie, diventando ostili per tutti gli altri o per gli NPC delle città, acquisendo perfino un linguaggio comune e speciali attacchi e abilità, che in questo modo hanno fatto un po’ pubblicità alla classe Death Knight, che sarà disponibile con l’espansione. Col passare dei giorni il contagio si è fatto sempre più diffuso e rapido, in breve le città sono state invase da orde di zombie, da non contarsi i cadaveri. Un world-event spassosissimo i primi giorni, diventato poi un tantino esagerato e infine davvero fastidioso con l’aumentare dell’effetto, tanto da essere disattivato da Blizzard anzitempo. Martedì 11 Novembre invece l'invasione è entrata nel vivo con colossali attacchi di viverne-zombie e abomini al porto di Stormwind e a Orgrimmar: per l'occasione si sono riuniti per difendere le capitali personaggi del calibro di Varian e i suoi compagni d'avventura Broll e Valeera a Stormwind, mentre a Orgrimmar è possibile assistere a una spettacolare scenetta che vede Thrall duellare con Garrosh Hellscream prima di unirsi a Saurfang e Sylvanas Windrunner nello scontro con gli invasori del Flagello.

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Conclusioni

The Burning Crusade è stata un’esperienza di due anni che ha avuto i suoi alti e bassi. Sembra banale, forse lo è, ma si tratta della verità. La prima espansione di World of Warcraft è stata affascinante e divertente, ha introdotto innumerevoli variabili nell’ecosistema dell'MMORPG, aprendo porte e spianando sentieri a una sua naturale evoluzione. Forse è stata per due anni la Beta di Wrath of the Lich King: Blizzard ha sperimentato molte strade nuove, talvolta incontrando il consenso degli utenti e talvolta no. Indubbiamente gli ultimi mesi sono stati difficili, probabilmente per una progettazione fallace dei contenuti rilasciati e una gestione troppo incentrata sull'hardcore-playing (qualcuno ha detto Jeffry "Tigole" Kaplan?) e sul sistema dell'Arena. Ma nelle ultime settimane, con una patch stratosferica che continua a far discutere, Blizzard è riuscita a rigenerare il suo principale brand. Chi ha provato la Beta di Wrath of the Lich King sa che il gioco non andrà incontro a sostanziali rivoluzioni, ma a enormi perfezionamenti. Chi voleva il PvP all’aperto avrà da divertirsi con Lake Wintergrasp, le Gilde più piccole potranno cimentarsi ugualmente con le raid-instance, le Gilde più hardcore mireranno agli stessi contenuti ma a ricompense migliori e proporzionate. Tra veicoli da pilotare e zone geograficamente splendide, gli utenti avranno di fronte a loro altri dieci livelli da scalare tramite quest di vecchia e nuova concezione e tonnellate di oggetti da acquisire, vendere, scambiare. E la storia continua, con cicli di quest davvero epici intrecciati al nuovo sistema delle cutscene: la promessa di coinvolgere tutti i giocatori nelle trame di Arthas Menethil è stata mantenuta, e il lore di World of Warcraft non è mai stato così tenuto da conto, come dimostra la titanica catena di quest che introdurrà i giocatori a Icecrown Citadel. E c’è ancora chi si lamenta perché, invece di banali scene d’azione, l’artisticamente impeccabile filmato introduttivo mostra il Re Lich risvegliare un’armata di non-morti e un drago-zombie?

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Conclusioni

Rimanete sintonizzati su Multiplayer.it perchè entro la fine di novembre potrete leggere la nostra recensione di World of Warcraft: Wrath of the Lich King e guardare la videorecensione.

Il disastroso PvP di The Burning Crusade

L'opzione Player Vs Player di World of Warcraft non ha mai particolarmente convinto i giocatori più navigati. Eppure è stata un passatempo dal quale nessuno ha potuto astenersi nel corso degli anni, volente o nolente. Diciamolo chiaramente, World of Warcraft è un gioco che si basa sopratutto sul Player Vs Environment, come dimostrano le geniali idee che gli sviluppatori Blizzard hanno proposto di boss in boss, fin dai tempi di Onyxia's Lair. Quando uscì The Burning Crusade l'intera meccanica del PvP in World of Warcraft, denominata Honor System, fu stravolta. Da attività di puro "farming" divenne un passatempo che faceva da preludio alla grande introduzione dell'espansione, il circuito dell'Arena. I giocatori hanno continuato a ripetere a oltranza i quattro Battleground di base per racimolare i punti necessari ad acquistare armature e armi dotate di quel nuovo valore, Resilience, che permetteva di sopravvivere più a lungo in uno scontro PvP mitigando i danni inflitti dai colpi critici o dal Damage-Over-Time e che divenne la ragione di vita dei giocatori in PvP, la base dell'Arena.