In questo articolo non intendiamo paragonare direttamente The Legend of Zelda: Breath of the Wild a The Witcher 3: Wild Hunt; nonostante questo, proprio per capire cosa possa effettivamente Nintendo "rubare" a CD Projekt RED, alcuni confronti andranno forzatamente proposti. Prima di tutto, parlare di questi giochi significa trattare i "giochi dell'anno" 2015 e 2017, eletti tali quasi all'unanimità; significa, allo stesso tempo, discutere di due titoli che hanno segnato l'evoluzione dell'ambientazione open world (non genere, ambientazione) che ha dominato lo scorso decennio. Entrambi sono finiti in quasi tutte le top 10 dei migliori giochi degli anni '10, con Breath of the Wild che si è spesso posizionato sopra The Witcher 3 (sia tra il pubblico che tra la critica di Metacritic, ma anche altrove); in particolare, sempre che si dia importanza a questo tipo di valutazioni, su CD Projekt RED pesa la "scarsa" considerazione della più importante rivista europea, Edge, che non lo ha inserito nella classifica, tra l'altro priva di posizioni, dei dodici titoli più belli e/o importanti del decennio.
D'altro canto, se Breath of the Wild è stato più apprezzato dai giornalisti (e nemmeno così drasticamente, tra l'altro), The Witcher 3 ha generato un infervorato proselitismo: e non di giocatori qualunque, ma di autentici appassionati, che reputano il paragone con Zelda addirittura ridicolo. Dal nostro punto di vista, seppur siano molto diversi, i due giochi sono assimilabili; e non ci interessa dirlo per prendere posizione, quanto per far capire che, in certi elementi, entrambe le saghe possano ispirarsi vicendevolmente per migliorare. In fondo sono entrambi open world e, per quanto agli antipodi, entrambi action RPG.
Non bisogna mai scordare inoltre, in questo genere di paragoni e valutazioni, che la qualità di un gioco è data più dalla grandezza delle sue eccellenze che dall'assenza di punti deboli. Per cui la vera domanda è: senza mutare la natura di Breath of the Wild, cosa può integrare Nintendo ispirandosi a The Witcher 3?
Narrazione
La "storia" è sicuramente una differenza dirimente tra Breath of the Wild e The Witcher 3; ritenuta da alcuni una carenza per Zelda, e da altri il principale punto di esaltazione dell'open world polacco. Be', non è così, e per un banale motivo: "storia" è un termine generico, che viene impropriamente usato da anni nel mondo dei videogiochi. Si tratta di una parola intuitiva, che però manca di specificità. Appigliandoci alla narratologia, la storia non è altro che l'insieme degli eventi che compongono un'opera; la narrazione, d'altro canto, è la modalità di enunciazione degli stessi. Non si può sensatamente dire che Breath of the Wild sia carente da nessuno di questi due punti di vista. È un gioco oggettivamente ricco di eventi; lo è, del resto, anche Super Mario.
Allo stesso tempo, la narrazione è un concetto piuttosto vago nei videogiochi, e strettamente dipendente, ben più di quanto si pensi, dal gameplay: le variabili ambientali, il sistema di controllo e le inquadrature contano quanto e più del motivo per cui un personaggio si trova in un determinato luogo, a fare una determinata cosa. Quelle sono componenti che hanno maggiormente a che fare con la profondità caratteriale e con la complessità dell'intreccio, che poi, alla fine, è ciò che la gente critica di Breath of the Wild - con sensatezza - quando dice "scarsa storia" (vale il discorso opposto, naturalmente, per The Witcher 3). Tuttavia, in quanto a narrazione in sé e per sé, entrambi i giochi sono notevoli: fosse letteratura, perdonateci il paragone ma è il più immediato, la qualità della narrazione dipenderebbe dal registro linguistico, dalle scelte lessicali, dal ritmo della prosa. E, traducendo tutto ciò in controlli, interazione ambientale e fisica, Breath of the Wild narra bene come pochi altri: trovarsi al freddo, mettere i vestiti per non gelarsi, essere colpiti dalla pioggia che fa scivolare (e genera pozzanghere!), essere attaccati da nemici che raccolgono e lanciano armi... l'estrema varietà del gameplay emergente che, nonostante le sue concatenazioni, non compromette mai la qualità dell'interazione. Sostenere che "la storia" di Witcher 3 sia migliore di quella di Breath of the Wild è inappropriato, pensare che lo sia la sua narrazione è sicuramente opinabile.
In ogni caso, la qualità di Witcher 3 in questo campo è nota. Basterebbe scrivere che a molti ha dato la sensazione di leggere un lungo fantasy, e non gli si potrebbe rivolgere miglior complimento. Non solo per la narrazione, ma per la quantità di personaggi, l'intersezione e la ramificazione degli intrighi. Nel dettaglio, ci ha fatto addirittura comprare degli abiti, attraversando Novigrad (e perdendo venti minuti), solamente per apparire bene agli occhi di una ragazza virtuale. Inoltre, come anticipavamo, il suo intreccio è decisamente più complesso, e da qui Nintendo può sicuramente "rubare" qualcosa.
Missioni secondarie
Premettiamo che scelte morali, scene erotiche o esplicitamente orrorifiche, che sono tre cardini di The Witcher 3, abitano totalmente fuori dal registro zeldiano; quindi, quando leggerete in questo paragrafo ciò che può migliorare Breath of the Wild, declinatelo sempre, o almeno provateci, nella cifra stilistica del gioco. L'opera CD Projekt RED ha dei momenti semplicemente eccezionali. Tutti voi conoscerete la qualità delle sue missioni secondarie: è stata universalmente lodata, e non abbiamo niente da aggiungere sulla questione. Vorremo tuttavia inoltrarci in un dettaglio che le riguarda: traslando la strutturazione grammaticale, nei videogiochi abbiamo abitualmente delle missioni "principali" e "subordinate". In Witcher 3 alcune sono talmente eccezionali che definiremmo "coordinate", ovvero delle quest strettamente connesse alla main che, di fatto, la continuano senza che sia necessario affrontarle. E non sono momenti di poco conto, ma eventi fondanti del mondo di Wild Hunt.
Un esempio su tutti è legato al Barone Sanguinario, attorno ai cui problemi ruota la missione più lunga del gioco, ambientata a Velen; bene, a un certo punto Geralt, lo strigo protagonista dell'avventura (fosse necessario specificarlo), ottiene dal Barone le desiderate informazioni sulla fenomenale figlioccia, Ciri. Il giocatore potrebbe andarsene, e continuare la sua ricerca cambiando territorio e regione; tuttavia, vi sfidiamo a compiere un'azione del genere. Nonostante sia ormai - dal gioco stesso - etichettato come quest secondaria, perché non riguarda più Ciri, il dramma del Barone non è qualcosa che si possa abbandonare così facilmente. Costituisce, di fatto, una diramazione della missione principale; una sua "coordinata", appunto. Che, come profondità, complessità e ricchezza di eventi, non ha niente - davvero niente - da invidiare alla main quest.
Questo non solo rende il gioco più ricco, ma anche più vivo: un problema di Breath of the Wild è che, liberata una determinata area dalle molestie del relativo Colosso Sacro, non c'è più niente da fare (o quasi) coi personaggi a cui vi siete legati. Sidon e Riju, ad esempio. Tanti giocatori avrebbero voluto passare più tempo con loro, svolgere qualche missione assieme, e invece niente: salvato il Colosso, il tempo si ferma. In Witcher 3 non solo è possibile, ma proprio in queste circostanze si celano delle missioni articolate quanto quelle principali e, aspetto non secondario, altrettanto invitanti.
Città
Quando all'inizio dicevamo che sono action RPG agli antipodi, ci riferiamo al fatto che ci sono tante caratteristiche di Witcher 3 che, in The Legend of Zelda, sarebbero semplicemente inappropriate (e viceversa). Il che non significa che siano di per sé negative: sono semplicemente diverse. Ci riferiamo ai punti esperienza, alla personalizzazione delle abilità del personaggio, alle meccaniche alchemiche: tutte qualità notevoli di The Witcher che sono "troppo" RPG e troppo poco immediate per stare bene in Zelda. Oltre alle missioni secondarie tuttavia c'è un altro aspetto che Nintendo dovrebbe analizzare, filtrare e riprodurre nella sua saga; se non nel sequel di Breath of the Wild, di cui non conosciamo l'impostazione, quantomeno nei suoi successori. Ci riferiamo alle città o, ancora meglio, alla città: Witcher 3 ha tanti paesi e villaggi, ma Novigrad è una realtà a parte, di fatto una fase stessa del gioco. Raggiungerla ed entrarci dentro è impressionante, la sua vitalità è straordinaria: è abitata da tante persone e composta da moltissimi edifici, da un porto, da un "casinò", da ville e abitazioni popolane. È fisiologico che, approfondendo maggiormente la componente RPG, The Witcher 3 si esalti in questo contesto; tuttavia, ci sono almeno due caratteristiche che Nintendo potrebbe prelevare ed inserire in Zelda.
Innanzitutto, in Breath of the Wild c'è una grande disparità tra la Cittadella Gerudo e gli altri centri abitativi; già portarli tutti a quel livello sarebbe un traguardo ottimale. Secondariamente, nell'ultimo The Legend of Zelda manca una grande città: Hyrule è stata distrutta un secolo prima, Finterra è bella ma non è così grande da poter costituire una potenziale capitale. Nintendo non deve ricreare Novigrad, che è maestosa, ma nei prossimi capitoli deve tentare di rendere la componente civile più vitale (del resto, la carta post-apocalittica non si può giocare ogni volta) e una grande città è fondamentale per raggiungere questo obbiettivo. Sia come dimensione in sé e per sé, sia come stacco, a livello astratto, tra quel centro e gli altri visitabili in Hyrule. E non sarebbe male nemmeno rubare a Witcher alcune missioni secondarie cittadine, soprattutto quelle che potremmo definire "eventi": un bardo che suona in locanda, una festa messa in piedi da un nobile. Naturalmente, come dicevamo all'inizio, la cosa più difficile sarà integrare queste meccaniche senza ledere, o limitare, tutto ciò in cui Breath of the Wild è eccezionale.
Nintendo non deve assecondare acriticamente l'andamento degli open world occidentali (non che sia un rischio concreto); allo stesso tempo, soprattutto per quanto concerne The Legend of Zelda, non può far finta che non esistano. È la sua serie - probabilmente - più prestigiosa, ma è anche l'unica, almeno fino al ritorno di Metroid, ad avere un dialogo diretto, a livello d'impostazione, con le più grandi opere occidentali. L'ultima significativa tangenza tra Nintendo e le produzioni che attualmente dominano dell'industria. Studiare ciò che fanno gli altri non significa copiare, bensì aggiornarsi e comprendere, così da emulare - ove servisse - e, eventualmente, migliorare. Perfino Raffaello riproduceva i dipinti di Signorelli per capirne, e carpirne, i segreti: non è svilente studiare l'eccellenza altrui, piuttosto è arrogante ignorarla.