In una recente intervista con il Telegraph, Shawn Layden di Sony ha parlato del motivo per cui il produttore giapponese è così dedito alla produzione di titoli single player incentrati sul lato narrativo e con dei personaggi riconoscibili: "La mia filosofia è di concentrarci su quello che sappiamo fare meglio, e se guardate ai nostri team - Naughty Dog, Guerrilla, Santa Monica Studios, Japan Studios - è questo ciò in cui riusciamo meglio: creiamo delle storie e dei personaggi. Sono stato così gratificato dal vedere la risposta ad Aloy quando è stata mostrata la prima volta. Questo è il genere di giochi in cui riusciamo meglio e per cui siamo più noti. Dice molto del nostro DNA, vogliamo intrattenere, far felici gli utenti, vogliamo commuovere e stimolare un ampio raggio di emozioni che possono essere scatenate da una grande esperienza".
Un altro motivo lo aggiungiamo noi: la creazione di una mitologia videoludica legata a una certa macchina ne rafforza la riconoscibilità e la rende più familiare per l'utenza, che finisce per identificare il prodotto, di suo solo un oggetto, con i personaggi che lo popolano. In un certo senso quando si parla di "anima" di una console si fa riferimento proprio a loro, e non certo alla CPU o al chip video. Partendo da questo presupposto le esclusive non sono soltanto dei bei giochi acquistabili solo su una certa macchina, ma anche un modo per rafforzare l'immagine viva della stessa, ossia per garantirle un'identità forte, che comunichi costantemente con i videogiocatori. Così ad esempio le console di Nintendo finiscono per essere inevitabilmente associate ai vari Mario, Zelda e Metroid, mentre le ultime due console di Sony con Drake, Kratos e, più recentemente, Aloy.
Uno dei problemi di Microsoft all'ultimo E3 è stato, secondo chi scrive, anche quello di essersi dimenticato della sua identità. È vero che già c'è un Halo per Xbox One e che Gears of War 4 è uscito l'anno scorso, ma la loro assenza non è stata colmata da personaggi altrettanto forti e riconoscibili, capaci di guidare l'immaginario dei videogiocatori. Questo è stato in buona parte dovuto all'aver abbracciato modo massiccio la filosofia dei videogiochi come servizi e aver puntato su titoli essenzialmente multiplayer. Purtroppo Crackdown 3, su cui comunque non vogliamo mettere una lapide prima del tempo, non è stato in grado di galvanizzare come avrebbe dovuto e come si sperava dopo tutti questi anni di sviluppo.
Parliamo chiaro citando due titoli a caso: è probabile che chi acquisterà Playerunknown's Battlegrounds per Xbox One ci giocherà molte più ore di quelle che un utente PlayStation 4 passerà con il nuovo God of War. Il motivo risiede nella diversa natura dei titoli, ovviamente. La questione che stiamo affrontando è però è più complessa e riguarda il modo in cui entrambi vengono percepiti: il primo è fondamentalmente un giocattolo tecnologico sociale, non un'esperienza personale vera e propria, che intrattiene, e anche molto, ma non arricchisce la personalità in alcun modo; mentre il secondo assume già soltanto per i suoi valori caratterizzanti una funzione mitopoietica importante che, nel caso il gioco si dimostri valido, entrerà a far parte della cultura di chi lo ha fruito, oltre l'universo videogioco stesso. Insomma, è come se ci fosse una gerarchia percettiva implicita che ci porta a dare una diversa importanza ai due giochi.
Ecco, forse è questo l'aspetto più preoccupante della recente svolta dell'industria videoludica: la mancanza di nuovi personaggi e storie di valore che rimpiazzino quelle che ci hanno fatto sognare negli anni passati. Purtroppo per loro natura i videogiochi servizio devono puntare su trame incomplete (ciò che si conclude cessa anche di essere un mercato), spesso banali e insoddisfacenti e su personaggi inconsistenti, perché la personalizzazione estrema è un elemento chiave per la vendita di contenuti supplementari. È vero che in questo modo il giocatore ha l'illusione di aver creato un personaggio tutto suo, ma in realtà ha solo vestito un pupazzo che non incide minimamente sul suo gusto, anche perché nasce da esso.
Ovviamente i personaggi ben caratterizzati da soli non vendono le console e moltissimi giocatori riescono a vivere anche in una dimensione ludica fatta solo di titoli che puntano sull'aspetto più giocoso del medium. In generale viene da dire che il mercato sta andando in quella direzione... solo non consideriamolo un arricchimento o un segno di crescita del videogioco, perché proprio non lo è.