Una ex-dipendente di Niantic ha accusato la compagnia di sistematica discriminazione sessuale, portando la causa in tribunale in seguito anche al proprio licenziamento dal team che ha creato Pokémon GO.
L'impiegata è rimasta anonima ma viene identificata come una donna di origine asiatica che ha lavorato in Niantic da febbraio 2020 fino a qualche giorno fa, quando ha lasciato la compagnia in seguito ai licenziamenti di massa che sono avvenuti in questo periodo e hanno coinvolto circa 230 dipendenti.
La discriminazione in Niantic, secondo l'accusa
La donna in questione ha iniziato il lavoro con uno stipendio di 70.000 dollari annui, passati poi a 84.000 dollari in seguito a un aumento sempre nel 2020. Nonostante questo, l'accusatrice sostiene che i colleghi maschi hanno sempre ricevuto uno stipendio maggiore, oltre a ruoli superiori, all'interno di un'organizzazione che sistematicamente predilige i maschi alle femmine.
Come esempio, ha riferito che un collega maschio prendeva 127.000 dollari nel 2022 mentre lei aveva uno stipendio di 105.000 dollari, nonostante si trovasse in una posizione lavorativa ufficialmente superiore. In seguito a un'operazione di trasparenza sugli stipendi in Niantic, avrebbe avuto la conferma del fatto di ricevere uno stipendio comunque inferiore rispetto ai colleghi maschi sia di pari livello che di livello più basso.
La donna ha creato una sorta di gruppo di controllo indipendente su questo problema, insieme ad altre dipendenti, ma quando hanno poi presentato il report all'ufficio preposto all'interno di Niantic, ha saputo che i manager erano fortemente contrari a tali operazioni di controllo interno e alle rimostranze effettuate dalla dipendente e dalle sue colleghe sulla presunta discriminazione sessuale all'interno della compagnia.
Il gruppo interno di controllo e protesta era denominato "Wolfpack", e secondo i manager era proprio l'affiliazione a questo ad aver trattenuto la donna dal ricevere aumenti e upgrade della propria posizione, ma sembra che anche dopo aver abbandonato tale gruppo la situazione non sia cambiata. A questo punto, la questione passa in tribunale, in attesa di vederne gli sviluppi legali.