Il processo antitrust contro Google entra nelle fasi finali, mentre il colosso di Mountain View si prepara a ricorrere in appello contro la decisione del Dipartimento di Giustizia. L'azienda è infatti accusata di monopolio digitale e il governo statunitense ha proposto tre soluzioni per riequilibrare il mercato: separare Chrome da Google, concedere a terzi l'accesso all'indice di ricerca di Google in licenza e impedire all'azienda di stipulare accordi di esclusiva per quanto concerne l'impostazione predefinita del motore di ricerca. Facciamo il punto della situazione.
Google ricorre in appello: le soluzioni proposte sono sbagliate e pericolose, secondo l’azienda
Partiamo dal principio: il colosso statunitense è accusato di monopolio illegale del mercato dei motori di ricerca. Amit Mehta, giudice federale, ha parlato di un vantaggio sleale per aumentare il traffico e quindi generare maggiori entrate, andando quindi a discapito delle altre aziende. Successivamente, nel corso della lunga battaglia legale, sono state proposte le soluzioni menzionate sopra. Google ha sempre reputato queste opzioni esagerate e dannose e non ha intenzione di arretrare.
Attraverso un post su X ha infatti scritto: "Aspetteremo il parere della Corte. Continuiamo a credere fermamente che la decisione originale fosse sbagliata e attendiamo con ansia il nostro eventuale appello". L'azienda è fermamente convinta che le soluzioni proposte dal Dipartimento di Giustizia siano estreme, ma anche potenzialmente dannose, con conseguenti problemi di privacy per i consumatori, in quanto lascerebbero il controllo dei dati al governo, aiutando quindi "concorrenti ben finanziati", secondo quanto dichiarato.
Il monopolio di Google e la possibile vendita di Chrome
A peggiorare la situazione è stato un documento interno stilato da Chetna Bindra, dirigente di Google Search, dal quale emerge che gli editori non hanno alcuna scelta sul controllo dei contenuti, di conseguenza non hanno possibilità di opt-out dalla ricerca AI (l'unica alternativa pare sia quella di rinunciare all'indicizzazione, una condanna certa per i siti web).
Nel frattempo, Nick Turley (dirigente di OpenAI) è interessato ad acquistare Chrome, se Google fosse costretta a venderlo. Non resta che attendere il risultato finale di questo processo.