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PS5, Naughty Dog e Activision, i videogiochi diventano politica, ma…

PS5, Naughty Dog e Activision, ovvero tre dei più influenti colossi dei videogiochi, prendono campo nella discussione politica odierna, ma lo fanno nel modo giusto?

NOTIZIA di Luca Forte   —   02/06/2020

PS5, Naughty Dog, EA, Xbox e Activision, ovvero alcuni dei più influenti colossi dei videogiochi americani e non, in queste ore stanno prendendo una posizione politica e molto forte nei confronti di quello che sta succedendo in queste ore negli USA. Un argomento molto delicato e complesso, per questo motivo ci chiediamo: lo fanno nel modo giusto?

L'America è in fiamme. La nazione più ricca e influente del pianeta si sta ribellando contro sé stessa, contro uno dei tanti squilibri che si sono acuiti al suo interno. L'evitabile e inutile morte di George Floyd, un uomo inerme, soffocato dal ginocchio di un poliziotto, ha riacceso i rancori della comunità afro-americana che, per l'ennesima volta, si è sollevata. Per combattere le disuguaglianze sociali, il razzismo latente e la violenza della società americana.

Solo che questa volta, assieme a centinaia di migliaia di persone che protestano fermamente, ma pacificamente e coloro che usano i disordini civili per compiere razzie e saccheggi, si sono sollevate anche centinaia di aziende, personalità dello spettacolo e della cultura. Tutte unite sotto lo slogan "Black Lives Matter", ovvero che le anche la vita dei Neri conta.

Tutti i principali brand e le aziende hanno dato il supporto alle proteste pacifiche e hanno fatto da megafono alle diverse attività. Uno dei gesti forse più eclatanti lo ha fatto Sony, che ha deciso di rinviare la presentazione di PS5, ovvero suo appuntamento più importante non solo del 2020, ma degli ultimi 5 anni, per non sovrapporsi con le proteste, ma soprattutto con i funerali di George Floyd.

Una presa di posizione forte, simbolica, che condividiamo completamente. Leviamo il campo da ogni dubbio: siamo d'accordo con le proteste pacifiche che migliaia di persone stanno portando avanti negli USA e, simbolicamente, in altre parti del mondo. Con la richiesta di una società più giusta, imparziale, pacifica. Soprattutto se questo avviene all'interno di quella che si autodefinisce la più grande democrazia del pianeta, la nazione più ricca e influente di tutte, il baluardo della civiltà occidentale.

Una nazione che frequentavamo spesso per lavoro (e che contiamo di frequentare ancora) che, agli occhi di un europeo, sembrava tutto fuorché un'utopia. È vero che ci sono le spiagge di Santa Monica o i grattacieli di New York, ma basta guardare meglio e si nota una povertà dilagante, la polizia in costante assetto da guerra e c'è sempre il pericolo che in ogni momento possa saltare fuori un'arma. È più che giusto lottare perché queste cose non avvengano più.

E per l'industria dei videogiochi è giusto prendere posizione. Si tratta di un'industria giovane, progressista, ricca, acculturata: è più che ovvio che si schieri contro il pensiero retrogrado, il razzismo, il bigottismo. È l'inevitabile conseguenza di diventare un media maturo, rilevante, globale.

Sony, da questo punto di vista, si era già esposta concedendo a Naughty Dog la libertà creativa di creare personaggi sfaccettati e moderni. Di parlare apertamente di omosessualità, di vendetta e di mostrare un mondo violento, senza filtri. Una visione che ha attirato le critiche di molti, ma che giustamente non ha cambiato di una virgola l'esperienza. Quindi non è solo un bene che Sony si sia schierata così a favore delle proteste, ma era quasi doveroso farlo per via delle sue posizioni progressiste.

C'è però un tarlo che ci rode. È lì, in fondo al cervello ed è lo stesso tarlo che ci infastidisce da quando in Cina o in Italia si stava chiusi in casa e si moriva per colpa del coronavirus, ma nessuna multinazionale ha fatto un gesto di solidarietà fino a quando il virus non è arrivato negli USA. Ovvero è possibile che questa ondata di indignazione sia dettata più da ragioni di immagine ed economiche che da un reale convinzione? Possibile che queste voci non si siano sollevate quando la Cina ha represso Hong Kong, quando la Russia o l'Ungheria hanno cominciato campagne contro gli omosessuali o in solidarietà dei venezuelani?

Il problema di quando si fa attivismo politico è che non lo si può fare a giorni alterni e solo se ci sono le telecamere puntate, sennò il rischio è di far sembrare i gesti, anche i migliori, se non poco opportuni, addirittura ipocriti. Quindi, per una completa maturazione, PlayStation dovrebbe schierarsi contro tutte le guerre, contro tutte le forme di razzismo e di violenza. Non solo quelle USA e non solo quelle che rischiano di toglierle visibilità. Perché Black Lives Matter anche se queste vite sono in Africa, in Sud America o Europa.

Da questo punto di vista ancora più incomprensibile il messaggio di Activision Blizzard. La società, infatti, qualche mese fa aveva suscitato diverse reazioni sdegnate per essersi schierata contro coloro che protestavano per la libertà ad Hong Kong, creando quello che è stato soprannominato Blitzchung. Adesso, invece, si schiera a favore delle proteste, affermandosi a favore di "tutti coloro che si ergono contro il razzismo e la diseguaglianza. Non c'è posto per queste cose nella nostra società - e in nessun'altra società."

Ecco, diciamo che i messaggi lanciati dall'azienda di Call of Duty sono perlomeno contrastanti.

Quindi è un bene che molte aziende prendano una posizione, ma per la completa maturazione dell'intera industria, a nostro modesto avviso, occorrerebbe un pizzico in più di coerenza, di coraggio e soprattutto di sensibilità internazionale. Perché è doveroso schierarsi a favore dei diritti umani, anche quando questo potrebbe avere ripercussioni sugli affari.

Cosa ne pensate? Parliamone.