Il 2018 è ormai andato in archivio ma, diversamente da quanto è accaduto in altre annate, il dibattito sul titolo che merita più di tutti di ricevere il GOTY continua ad essere argomento di discussione tra la community dei giocatori. Da un lato della barricata Red Dead Redemption 2, dall'altro God of War. A riaccendere il confronto è stato Bruce Straley, game director di The Last of Us, con alcune brevi considerazioni condivise recentemente via Twitter.
Come avrete già avuto modo di leggere nella giornata di ieri, l'ormai ex sviluppatore di Naughty Dog ha preso spunto da un commento del collega Matthew Gallant per affermare di aver trovato limitante che Red Dead Redemption 2 impedisca di adottare più approcci nel completamento delle missioni legate alla storia. Più nello specifico, Straley osserva che l'assenza di varianti, in un titolo che parte dal presupposto di lasciare libertà d'azione al giocatore, possa rivelarsi frustrante. Prevedibilmente c'è stata una levata di scudi soprattutto da parte di chi gli ha contestato che, in definitiva, anche titoli come Uncharted o The Last of Us lasciano un limitato margine di discrezionalità al fruitore. Argomentazioni che lasciano un po' il tempo che trovano, dunque andiamo oltre.
L'opinione di Straley trova effettivamente corrispondenza nella realtà dell'esperienza ludica offerta da Red Dead Redemption 2. Il giocatore si trova ad interagire con un mondo vasto, articolato e incredibilmente coeso, ma quando si tratta di seguire la storia non può uscire dal seminato come invece accade in altre opere caratterizzate da un sistema di esplorazione free roaming. È pur vero, peraltro, che il gioco (come del resto tutti quelli realizzati finora da Rockstar) non è stato pensato alla maniera di un action RPG, nonostante ormai il concetto di mondo aperto abbia finito per rimescolare un po' le carte e assottigliare differenze che in passato apparivano più lampanti e immediate.
In buona sostanza, Red Dead Redemption 2 è un titolo che riesce a coniugare contrapposte esigenze. Per un verso l'attenzione maniacale per dettagli come la regia, la caratterizzazione dei personaggi e le loro interazioni, come pure l'opportunità di raccontare una storia molto efficace in un ambito - quello open world - che troppo spesso finisce per annacquare il percorso principale in nome di una longevità fallace.
Red Dead Redemption 2 non si limita a fare il compitino ma si muove in una direzione più ambiziosa e a nostro giudizio senz'altro apprezzabile, ovvero l'approfondimento del contesto narrativo pur lasciando un gran contorno accessibile in qualsiasi momento al fruitore. Ci si trova di fronte la banda di fuggiaschi capeggiata da Dutch van der Linde e si è spronati a seguire un tracciato ben delineato. Potenzialmente è possibile non uscire mai dal seminato, facendosi trasportare dagli accadimenti senza prendersi una pausa per approfondire le pur ottime battute di caccia e di pesca, distrarsi con i mini giochi o gli incarichi secondari come le rapine, la riscossione dei debiti e via discorrendo.
Insomma, diversamente da altre soluzioni open world, in Red Dead Redemption 2 il giocatore è libero di decidere se dedicarsi anche a tutto questo contorno, oppure limitarsi a proseguire per la sua strada senza scendere a compromessi. E in questo, diciamocelo, il titolo di Rockstar risulta davvero eccezionale. A qualcuno potrà non piacere, ma bisogna entrare nell'ottica che si tratta di una specifica scelta stilistica dettata dagli sviluppatori, ed è di fatto un nuovo passo in avanti per la categoria. Lo stesso Straley, non appena la questione è sfuggita di mano, ha asserito che comunque debba essere dato atto a Rockstar del gran lavoro svolto.
Checché se ne dica, l'autorialità rimane un fattore necessario per permettere a un'opera basata sulla narrazione di fare il salto di qualità e porsi come punto di riferimento del settore. A pensarci bene vale lo stesso principio anche ragionando sul tanto dibattuto tema della lentezza intrinseca che contraddistingue Red Dead Redemption 2. Una scelta che sembra essere stata presa proprio per far percepire al giocatore che i ritmi e la mentalità di fine '800 non fossero certamente paragonabili a quelli frenetici e ossessivi della società contemporanea, plasmata dall'ascesa di internet e dei social media.
Curiosamente la dimostrazione più lampante di quanto le scelte autoriali abbiano un peso e possano fare la differenza tra un buon gioco e un capolavoro ce l'ha data proprio il nuovo capitolo di God of War, ovvero il principale rivale di Red Dead Redemption 2 nella corsa al gioco dell'anno 2018. Consapevole di non poter rivaleggiare con aziende come Rockstar o Ubisoft nell'ostico territorio dei videogiochi a mondo aperto, Santa Monica Studio ha preferito erigere un mondo di dimensioni più contenute, che peraltro si sposa a meraviglia con la struttura del gioco stesso. Se tanto ci dà tanto, qualcuno potrebbe asserire che God of War sia un gioco sopravvalutato perché non dà ampia libertà d'azione al giocatore, in un mercato dover ormai se non realizzi action RPG con mondo aperto non sei nessuno. Ma avrebbe poi tutto questo senso? Abbiamo i nostri dubbi.
Voi che opinione vi siete fatti? Red Dead Redemption 2 avrebbe dovuto dare più libertà di scelta al giocatore? Oppure le scelte registiche e di gameplay vanno bene così come sono? Fatecelo sapere nei commenti!