C'è stato un tempo lontano in cui l'apparizione del logo PlayStation al centro dello schermo del televisore preannunciava una festa di suoni e colori destinata ad animare lunghi pomeriggi spensierati: quando Naughty Dog era conosciuta in quanto casa produttrice di Crash Bandicoot e Jak & Daxter, quando il draghetto Spyro planava sorridente lungo fondali onirici, o ancora quando il giovane Kakeru/Spike si armava di retino per catturare un esercito di scimmie impazzite, la casa giapponese si concedeva di frequente delle scampagnate lontano da quella maturità e la vena drammatica che poi, strada facendo, si sono imposte come base della sua produzione di bandiera. Ancora oggi sono in tantissimi a provare nostalgia di quell'epoca, ma se la maggior parte del pubblico non può far altro che sperare d'imbattersi in un ritorno alle origini, Nicolas Doucet - il capo del Team Asobi - ha dedicato la sua intera vita professionale al recupero di quell'antica ispirazione.
Un po' per passione personale e un po' perché fa parte del DNA dello studio, la bottega di Tokyo ha trascorso gli ultimi dieci anni tentando di convincere Sony a scommettere forte sul piccolo Astro Bot, ben consapevole di quanto lo scorrere del tempo avesse impattato sui gusti di un pubblico ormai distante dall'idea di opere votate al "gioco" prima ancora che al "video". In questo caso, tuttavia, ci troviamo al cospetto di una rara fattispecie in cui il duro lavoro ha finalmente pagato: dopo la straordinaria accoglienza riservata a Rescue Mission e l'impatto di quel Playroom che ha dolcemente traghettato PlayStation 5 all'esordio, i tempi si sono dimostrati finalmente maturi per un debutto sul grande palcoscenico principale.
Ed è uno show in prima serata, quello del Team Asobi, come non se ne vedevano da anni nel teatro della nona generazione di console. Nella recensione di Astro Bot scopriamo il primo vero platform next-gen, un gioiello che, riportando indietro le lancette dell'orologio, riesce a dare una pista ai suoi contemporanei.
L'eroe di cui avevamo bisogno
Uno dei maggiori punti di forza dell'opera del Team Asobi è la sua straordinaria capacità di parlare e farsi comprendere senza utilizzare le parole, tanto per quello che riguarda il gameplay quanto per ciò che concerne la piccola storia che fa da contorno.
Mentre viaggia nella galassia a bordo della nave madre PlayStation 5 in compagnia della sua grande famiglia di bot, il protagonista s'imbatte in un alieno dispettoso che ha la brillante idea di ridurre in mille pezzi la console, sparpagliandone le componenti e l'equipaggio ai quattro angoli del cosmo per poi farne precipitare il telaio sulla superficie di un pianeta sconosciuto. Recuperato giusto il suo caccia stellare a forma di DualSense, Astro dovrà quindi partire alla ricerca dei suoi amici e dei pezzi mancanti nelle costellazioni adiacenti, al fine di imbastire un campo base in cui rimettere in sesto la macchina. Da quell'istante in avanti è il gameplay a impugnare le redini della comunicazione, a cominciare da un hub di gioco - il pianeta che ospita il relitto della console - che si trasforma in una sorta di luna park interattivo, custodendo sì i satelliti necessari per rintracciare le componenti perdute nello spazio, ma soprattutto svelando costantemente piccoli segreti e tonnellate di interazioni legate ai bot recuperati. Se Astro's Playroom costituiva una celebrazione del nuovo hardware, questo titolo è invece un inno all'intera eredità di PlayStation e ai videogiochi che ne hanno tratteggiato la storia, che prendono vita attraverso un piccolo esercito di creature tratte dal passato e dal presente della casa, animate con una cura straordinaria e pronte a mettersi al servizio del comandante per portare a compimento la missione di salvataggio.
Nel frattempo, sullo sfondo, va in scena una missione ancora più importante, ovvero quella del Team Asobi, una bottega che non è semplicemente riuscita a restituire spolvero alla tradizione trascurata dei platform, ma di fatto ne ha confezionato il primo esponente che si può consapevolmente definire next-gen.
Astro Bot è un tripudio di interazioni mai viste prima, una miscela quasi perfetta di citazioni a meccaniche del passato e interpretazioni del tutto originali, sfrutta al massimo gli strumenti che ha a disposizione - specialmente il DualSense - e infiocchetta il pacchetto con una realizzazione tecnica, artistica e sonora semplicemente impeccabili.
E fa tutto questo senza sprecare una singola parola: montati in sella al DualSense, non resta che fare rotta verso i sistemi stellari nei paraggi, imbarcandosi in un'avventura tanto semplice e immediata quanto stimolante e sorprendente, un viaggio intergalattico che si snoda per una quindicina di ore circa attraverso sei mondi in totale - di cui uno segreto - costellati di livelli interamente costruiti attorno alla più pura idea di "gioco".
Gameplay: Il circo delle meraviglie del Team Asobi
Avvicinandosi a un pianeta il caccia Dual Speeder del protagonista si lancia a tutta birra sulla superficie, senza soluzione di continuità, affidando i comandi al giroscopio integrato nel controller e aprendo a piccole sezioni introduttive che catapultano il robottino nel cuore dell'azione: una volta arrivati a terra, inizia lo spettacolo di magia del Team Asobi.
I livelli di Astro Bot sono una lezione di design, non ce n'è uno che sia uguale all'altro, ciascuno è caratterizzato da tematiche e meccaniche uniche, non esiste scenario che sia esente da momenti "wow"; ci sono architetture lineari e ce ne sono altri che adottano una struttura aperta, ci sono percorsi da completare a ritmo di musica e ci sono campi di battaglia in cui affrontare i boss a muso duro, s'incontrano piccole sfide volte a mettere alla prova i riflessi e varianti scenografiche votate esclusivamente alla meraviglia.
Al cuore la formula rimane estremamente asciutta: si tratta di un classico gioco a piattaforme nel quale l'obiettivo principale consiste sempre e comunque nella ricerca e nel recupero dei bot e dei pezzi di puzzle nascosti nei luoghi più assurdi, talvolta anche nell'individuazione delle uscite segrete che sono disseminate negli scenari, ma a fare davvero la differenza è il grado di cura artigianale che è stato riservato tanto alla progettazione su vasta scala delle ambientazioni quanto alla più minuta delle interazioni possibili, senza tralasciare neppure piccolezze come le animazioni legate all'inattività o ancora le differenze sonore e tattili in base ai materiali che si calpestano.
Gli sviluppatori hanno preferito schivare la difficile realizzazione di una profondità verticale del gameplay in favore di uno sviluppo orizzontale: in poche parole, a fronte delle meccaniche estremamente basilari e minimaliste che regolano i movimenti e le azioni di Astro, la grezza quantità di situazioni, di power-up e di strumenti finisce per delineare uno fra i platform più vari mai realizzati.
Questa è un'opera in cui capita di dover soffiare nell'altoparlante del controller per generare vento oltre lo schermo, in cui talvolta il movimento del giroscopio finisce per regolare l'inclinazione del livello intero, in cui un attimo prima ci si trova a ripulire spiagge tropicali inquinate spruzzando acqua attraverso il gamepad e un attimo dopo fra le mura di un castello stregato nel quale orientarsi grazie a una torcia magica.
Tutto accade con naturalezza, l'avventura proseguirebbe liscia come l'olio se non ci si fermasse ogni due per tre a scrutare l'orizzonte in cerca di oggetti da collezione, e persino i potenziamenti, per quanto assurdi, s'indossano fin dal primo istante come una seconda pelle. Tra polli da equipaggiare sulla schiena come fossero dei jetpack, pinguini che consentono di sfrecciare sott'acqua e persino un topolino magico che riduce in tempo reale le dimensioni di Astro - di fatto realizzando due varianti dello stesso livello, una grande e una piccola - a fare la differenza è ancora una volta la varietà, specialmente dal momento che capita molto di rado di utilizzare il medesimo power-up due volte nella stessa maniera.
Esplorando lo spazio, accanto ai livelli normali - anche se, a conti fatti, non esistono livelli normali - capita di imbattersi in meteore vaganti che una volta distrutte alzano il sipario su piccole sfide d'ogni genere, fra letali percorsi ispirati ai pulsanti del DualSense e arene di combattimento che spezzano con successo il ritmo dell'azione; in sostanza, il Team Asobi ha rispolverato l'intero arsenale classico dei videogiochi a piattaforme reinterpretando in chiave moderna, talvolta anche attraverso citazioni più che mai dirette, anni di tradizione del genere.
È ad esempio il caso della presenza delle uscite nascoste, una dinamica immortale che, sulla carta, avrebbe tutto il potenziale per aumentare notevolmente il fascino dell'esperienza per i giocatori alla ricerca della misteriosa Galassia Perduta. Si tratta, tuttavia, di una meccanica riuscita solamente a metà, perché la scelta degli sviluppatori di integrare un uccellino che, al costo di una modica somma in monete, rivela al giocatore qualsiasi segreto nascosto nei livelli, finisce sì per rendere notevolmente meno faticoso il completamento dell'opera, ma al tempo stesso appiana ulteriormente un livello di sfida già di per sé tarato verso il basso.
Eroi da collezione
Esiste, tuttavia, un'altra variante dei livelli che merita un'analisi a sé stante, ovvero quella dedicata agli eroi di casa PlayStation: inizialmente protette dagli scagnozzi del bullo alieno, alcune fra le più celebri icone nella storia di Sony portano sul palcoscenico pianeti tematici interamente dedicati alla propria fantasia.
Considerato l'impatto dell'effetto sorpresa non avrebbe senso snocciolare di quali icone si tratta - ovviamente alcuni sono stati protagonisti dei trailer, come per esempio Kratos - ma ciascuno di questi mondi speciali racchiude tutte le meccaniche distintive del videogioco a cui è ispirato, trasformando Astro nel protagonista di piccole avventure caratterizzate da colonne sonore familiari, dinamiche di gameplay uniche, tonnellate di citazioni e un'esperienza che si discosta fortemente dal resto della produzione.
Non si tratta semplicemente di un inno estemporaneo all'eredità di PlayStation: la stessa base si trasforma rapidamente in un enorme parco giochi nel quale radunare alcune fra le personalità più leggendarie del medium intero, ciascuna dotata di gadget, equipaggiamenti e animazioni estremamente curate che strizzano l'occhio agli appassionati spianando la strada a una corposa componente di puro collezionismo.
Oltre a rinvigorire l'esercito di robottini e, di conseguenza, riuscire a esplorare a fondo il pianeta desertico che li ospita in cerca di segreti, è possibile sbloccare e far indossare al protagonista gli abiti di alcuni fra i personaggi più amati, ma anche modificare l'estetica dell'astronave e persino partecipare a piccoli safari fotografici in mezzo alle creature originali ideate dagli autori.
Un platform next-gen a un passo dal capolavoro
Il DNA giapponese del Team Asobi - i cui studi si trovano a Tokyo, a un passo dalla casa madre - traspare in particolar modo dall'integrità dell'intero comparto tecnologico di Astro Bot: probabilmente si tratta di uno fra i videogiochi più puliti dell'intera generazione, impeccabile sotto il profilo della realizzazione tecnica, estremamente fluido, molto spinto sul fronte grafico nonché capace di sostenere tonnellate di elementi sullo schermo senza lasciarsi scappare neppure un singhiozzo.
La direzione artistica, la colonna sonora, lo stesso design dei suoni e la cura artigianale che è stata riservata anche alla più minuta delle animazioni, sono testimonianze concrete del lavoro di un collettivo che punta senza troppi complimenti all'inseguimento della perfezione, pur riuscendo a non dimenticarsi dell'importanza della ricerca. Ormai non è un segreto che lo studio sappia sfruttare il DualSense come nessun altro, ma nel caso specifico le meccaniche sorprendenti si spingono ben oltre la dimensione del controller, muovendosi sempre nella direzione della sperimentazione e dell'innovazione. L'unica cosa che manca davvero a quest'opera è una reale profondità nelle fondamenta delle meccaniche di gameplay, quella scintilla magica esclusiva dei capolavori del genere che nel corso degli anni li ha portati a divenire immortali, rendendoli immuni ai processi d'invecchiamento: Astro Bot è una gioia per gli occhi, una specie di circo delle meraviglie, ma per raggiungere tale scopo ha parzialmente sacrificato la capacità di agire del giocatore, appianando la curva di stratificazione della sfida al fine di far assistere tutti gli appassionati, nello stessa identica maniera spensierata, a quello che rimane pur sempre il "cinema" del Team Asobi.
Del resto, l'obiettivo dello studio era quello di realizzare un grande platform di nuova generazione, un titolo che fosse intrinsecamente adatto a tutti e ricamato attorno alla pura e semplice voglia di divertirsi di fronte ai videogiochi. Il fatto che ci sia ancora margine di miglioramento non può che far ben sperare per il futuro del robottino Astro, un piccolo outsider che, partendo timidamente dalle retrovie, ha infine scalato le vette della piattaforma fino a diventare il portabandiera di una fra le migliori esclusive PlayStation 5 in assoluto.
Conclusioni
Astro Bot del Team Asobi è un inno ai videogiochi e all'atto stesso di giocare: il robottino di PlayStation 5 si trova al centro del primo platform che si può davvero definire di nuova generazione, un'opera realizzata con una cura maniacale allo scopo di rendere un grande omaggio all'intera storia del genere. Poggiando le fondamenta su una progettazione dei livelli impeccabile e una realizzazione tecnica semplicemente perfetta, srotola un tappeto di idee, di meccaniche e di momenti meravigliosi che non cessano mai di stupire e scioccare, dall'istante del primo avvio fino allo scorrere dei titoli di coda. La consacrazione della squadra di Nicolas Doucet, che ha ancora un ragionevole margine di miglioramento, porta di fatto alla nascita di una nuova stella sul fronte di PlayStation, regalando finalmente a ogni genere di appassionato un'esperienza a dir poco imperdibile.
PRO
- Il primo vero platform next-gen, spreme le caratteristiche di PS5
- Nuove meccaniche, idee geniali e momenti "wow" in ogni livello
- Design, sonoro, musiche, animazioni e cura per i dettagli fuori scala
- Un grande tributo ai videogiochi attraverso interazioni e citazioni
CONTRO
- L'unica cosa che gli manca davvero è più profondità nella base del gameplay
- A parte poche eccezioni si trattiene un po' troppo nel livello di sfida