Nonostante manga e anime si siano conclusi ormai da un pezzo, Fairy Tail continua a fare proseliti e a conquistare nuovi fan in giro per il mondo: coloro che hanno il palato più raffinato non lo amano, ma l'opera di Hiro Mashima è il perfetto comfort food di chi ama i fumetti d'azione e avventura a tinte fantasy. Forse è per questo che Gust e Koei Tecmo nel 2020 hanno tentato di trasformare l'anime in un videogioco con risultati piuttosto deludenti, adattando sotto forma di JRPG gli archi narrativi dal Gran Palio della Magia a quello di Tartaros. Sembrava fosse finita lì, senza un vero perché, quando quattro anni dopo ci ritroviamo tra le mani questo Fairy Tail 2, che riprende la storia pressappoco da dove l'avevamo lasciata e arriva fino alla fine dell'opera originale con alcuni cambiamenti alla formula precedente. Avranno funzionato?
Fino alla fine e un pochino dopo
Quello che Gust non ha imparato dalla precedente esperienza con Fairy Tail è come si racconta una storia. Chiaramente è difficile trasformare in videogioco un manga o un anime senza dilungarsi troppo o annoiare a morte il giocatore che è già fan: soprattutto in casi come questo, bisogna trovare un compromesso sottile tenendo conto allo stesso tempo di principalmente due tipi di utenti, quelli che la storia la conoscono già perché hanno letto il manga o guardato l'anime e quelli che invece si avvicinano a Fairy Tail per la prima volta e bisogna raccontargli tutto da capo. Cosa chiaramente improponibile quando ti appresti a narrare le fasi conclusive di una storia lunghissima, contraddistinta da un numero esorbitante di personaggi principali e secondari.
Succede quindi che Gust riassume maldestramente la storia, cercando di adeguarla alla struttura del gioco, ma così facendo salta completamente alcuni passaggi e menziona appena personaggi di una certa rilevanza nei dialoghi o nelle scene d'intermezzo, che impiegano il motore 3D di gioco oppure le canoniche illustrazioni a tutto schermo. È una soluzione controversa che da una parte omaggia le fonti, soprattutto nei dialoghi facoltativi che approfondiscono le relazioni tra i vari protagonisti e ci illuminano su alcune sottotrame lasciate in disparte, ma dall'altra manca di rispetto a una moltitudine di personaggi e situazioni.
I fan riusciranno più o meno a raccapezzarsi, lamentando probabilmente l'assenza di questo o quel personaggio o evento, mentre i neofiti si gratteranno il capo a più riprese, arrendendosi al nonsense di un gioco che li catapulta intorno al cinquantesimo volume di un'opera che ne conta sessantatré e che ben presto diventa un susseguirsi di scontri epici contro l'Impero di Alvarez capitanato dallo stregone Zeref, in cui ogni sacrificio o colpo di scena perde sensibilmente valore rispetto all'idea originale di Mashima.
Fortunatamente i fan e i neofiti sono accomunati nella chiosa dell'avventura, un breve arco narrativo completamente inedito, e intitolato "The Key to the Unknown", che vede Natsu e i suoi amici affrontare una goliardica avventura che si svolge tra la conclusione originale di Fairy Tail e il sequel Fairy Tail: 100 Years Quest, ancora incompiuto e probabilmente soggetto di un altro videogioco che speriamo prenda ciò che di buono Gust è riuscita a tirare fuori da questo. Il problema, però, è che anche Fairy Tail 2 non è in italiano - i sottotitoli sono in inglese, mentre il doppiaggio è unicamente in giapponese - e questo probabilmente limiterà tantissimo il pubblico di riferimento.
Combattimenti soprattutto
Il sistema di combattimento di Fairy Tail 2, infatti, non è per niente male e potrebbe essere anche un valido motivo per giocare la produzione Gust fino alla fine. Abbandonata l'impostazione a turni del capitolo precedente, che verteva tutto sull'utilizzo di abilità ad area che consumavano Punti Magia come nel più classico dei JRPG, il nuovo Fairy Tail 2 trae ispirazione dai più recenti titoli della serie Atelier con un'impostazione ibrida che a noi ha ricordato soprattutto giochi di ruoli nipponici d'altri tempi come Legend of Legaia o Xenogears.
Il giocatore forma, infatti, un party composto da massimo tre personaggi - ma può sostituirli in qualsiasi momento con quelli in panchina - e ne controlla direttamente soltanto uno, con le sue tecniche di combattimento più famose associate ai tasti del controller, che consumano un certo numero di SP. L'idea è quella di aumentare il cosiddetto Fairy Rank impiegando attacchi minori per incrementare il numero di SP necessari a lanciare le tecniche più potenti: in apparenza action, il combattimento è scandito da una sorta di invisibile tempo di ricarica che consente un minimo di pianificazione. Anche perché, inanellando nel modo opportuno le tecniche e sfruttando le debolezze elementali dei nemici, è possibile "rompere" le difese del bersaglio e accedere a colpi finali ancora più potenti come i Link Attack o gli Unison Raid, che combinano le forze dei personaggi sul campo di battaglia in un tripudio di fanservice.
Intervengono poi una serie di funzionalità aggiuntive come i personaggi di supporto, che non sono giocabili ma che possono attaccare o prestare aiuto ai maghi soddisfacendo determinati requisiti. Il roster è infatti diminuito rispetto al precedente Fairy Tail e conta solo una decina di personaggi rispetto alla ventina che potevamo controllare nel primo capitolo: una scelta francamente inspiegabile, sebbene la varietà non manchi in termini di abilità quantomeno dal punto di vista visivo. Le tecniche più potenti sono infatti rappresentate da brevi cinematiche che ci ricordano le origini shonen della serie.
Sulla carta il sistema di combattimento è effettivamente intuitivo e appagante ma ben presto dimostra i suoi limiti, non tanto per la ripetitività intrinseca delle meccaniche - che a un certo punto si riducono alla scelta della tecnica migliore, specie se potenziata spendendo i punti guadagnati a ogni nuovo livello - quanto per la banalità della struttura di gioco, che ci vede affrontare nemici minori nelle varie mappe del regno di Fiore, almeno finché non diventiamo così forti da poterli aggirare o spazzare via in un colpo senza doverli neppure combattere, mentre ci rechiamo all'obiettivo di turno, quasi sempre un boss che dovremo sconfiggere minimo due volte e che richiede strategie un pelo più complesse, specie durante la preparazione della sua tecnica definitiva.
I boss sono fondamentalmente spugne con una vagonata di punti vita che mettono alla prova più la nostra pazienza che la conoscenza del sistema di combattimento e che mortificano il senso di progressione, sempre per aderire a una narrativa che comunque spesso si discosta da quella originale proprio per accomodare il gameplay, per esempio mettendo contro certi nemici anche personaggi che nel manga/anime erano assenti. Nelle mappe, invece, l'esplorazione in terza persona è solo apparentemente scandita dall'apprendimento di abilità specifiche in stile metroidvania, quando in realtà è la regia a determinare quando e come possiamo addentrarci in nuove zone e scenari a combattere nemici e aprire forzieri.
Purtroppo Fairy Tail 2 dimostra tutti i suoi limiti proprio al di fuori dei combattimenti, tra un'esplorazione poco ispirata, una progressione fortemente prevedibile e una risma di missioni secondarie dalle ricompense trascurabili se paragonate agli sforzi richiesti. In questo senso, il titolo Gust si rivela antiquato sotto ogni punto di vista, soprattutto quello tecnico: benché piacevole, grazie a un cel shading che riprende efficacemente lo stile tagliente e cartoonesco di Mashima e dell'anime, il gioco ha fatto pochissimi passi avanti rispetto all'uscita del 2020, soprattutto per quanto riguarda la modellazione 3D dei nemici e dei personaggi minori che appare spesso poco curata.
Le musiche, invece, riescono a essere gradevoli ma spesso fuori contesto, accompagnando certi momenti della storia con toni completamente sbagliati ma riuscendo a incalzare il giocatore nei combattimenti più iconici grazie a una buona varietà strumentale. Un po' poco per chi Fairy Tail non lo conosce proprio e non abbastanza per incontrare il gradimento dei fan più sfegatati: un limbo, insomma, da cui la serie non riesce proprio a uscire.
Conclusioni
Fairy Tail 2 è un'altra occasione mancata di rappresentare l'opera più famosa di Hiro Mashima sotto forma di videogioco di ruolo: rispetto al primo titolo del 2020 si è fatto un sensibile passo avanti con un sistema di combattimento coinvolgente e adatto ai toni esasperati dell'anime, ma a parte questo c'è poco che possa accattivare chiunque non conosca già molto bene l'universo di Fairy Tail. Se già la narrativa lascia parecchio a desiderare come impostazione, il contorno è assai deludente sotto diversi aspetti e il comparto tecnico antiquato non aiuta a rovesciare le sorti di un titolo pensato soprattutto per i fan sfegatati.
PRO
- Sistema di combattimento divertente e coinvolgente
- Una storia inedita a fine gioco per i fan della serie
CONTRO
- Riassume in modo inadeguato l'arco narrativo finale
- Antiquato sotto molti punti di vista