Fermateci se conoscete già questa storia: un gruppo di adolescenti si incontra in una calda estate nel nord degli Stati Uniti, stringendo un'amicizia profonda e trovandosi ad affrontare un orrore che, in qualche modo, le separa. Si rincontrano ventisette anni dopo, sempre lì, per onorare una promessa e combattere nuovamente quel male che (forse) hanno sconfitto una vita fa. Sì, probabilmente avrete pensato a IT, il capolavoro di Stephen King, ma no, questa volta anche il videogioco in questione condivide lo stesso soggetto. Parliamo di Lost Records: Bloom & Rage, l'ultimo titolo di Don't Nod, il primo affidato al nuovo studio di Montréal che annovera tra le sue file moltissimi veterani della serie Life is Strange.
In fin dei conti, l'ispirazione non è mai stata un mistero per la serie: Maxine, la protagonista del capostipite, era una liceale che veniva a patti con i suoi poteri paranormali, proprio come faceva Carrie nel primo romanzo di King. Anche Swann, Nora, Autumn e Kat, le protagoniste di Lost Records: Bloom & Rage, si rifanno a molti archetipi dei personaggi che abbiamo amato nei racconti dello scrittore del Maine, ma anche ad altri illustri epigoni che nel corso del tempo abbiamo visto e apprezzato in TV: i ragazzi di Stranger Things, per dirne una, o le sopravvissute di Yellowjackets. Con quest'ultimo, il videogioco di Don't Nod condivide anche la struttura: due linee temporali, un grande mistero al centro, una narrazione che procede per flashback.
È necessario, però, quando si parte da storie così affermate, prepararsi a fare i conti con un inevitabile confronto, specialmente quando le citazioni sono così volutamente esatte da inserire all'interno del videogioco continui rimandi alle opere di riferimento. Un obiettivo ambizioso e per niente facile, anche se gli scrittori e le scrittrici di casa Don't Nod ci hanno dimostrato nel corso del tempo di saper raccontare storie toccanti, attuali, profondamente politiche e, soprattutto, di riuscire a piazzare con astuzia colpi di scena mozzafiato. Ci saranno riusciti anche con il primo episodio di Lost Records: Bloom & Rage?
Stand by Me
Swann è una ragazza di sedici anni, parecchio timida, con una grande passione per il cinema, specialmente quello horror. Non ha molte amiche e non frequenta ragazzi della sua età, soprattutto perché spesso le capita di essere presa in giro per il suo fisico. Preferisce vivere nel suo mondo fatto di romanzi del mistero (quello sul comodino firmato Richie Balkmann è un richiamo allo pseudonimo Richard Bachman che Stephen King utilizzava per i suoi romanzi più violenti) e di serie televisive sul modello di X-Files. Camera sua è un vero e proprio museo degli anni '90: Walkman, Tamagotchi, videocassette in ogni dove. E poi la sua immancabile videocamera digitale, con la quale riprende ogni cosa nel suo tentativo di realizzare un documentario su Velvet Cove, la città in cui è cresciuta, prima di doversi trasferire in Canada con i genitori.
Un giorno, mentre è impegnata nelle riprese del suo film, finisce per incrociare la strada di Dylan e Corey, una coppia di fidanzati decisamente ostili che cominciano a prendersi gioco di lei. A difenderla intervengono Nora, Autumn e Kat. È il destino a portarle tutte lì, nello stesso momento, a fare squadra per salvare una di loro. Anche se non l'hanno mai vista prima. Non ci vuole molto per capire che hanno già formato un legame speciale e che, dopo quella volta, saranno inseparabili. Almeno fino a un avvenimento misterioso che finisce per allontanarle per ventisette lunghi anni quando, ormai adulte, decideranno di rincontrarsi proprio a Velvet Cove, per fare i conti con ciò che si sono lasciate alle spalle e rompere la promessa che si erano fatte: di non parlare mai più di ciò che è successo in quell'estate.
Questo è l'incipit che ci viene raccontato nelle prime fasi del gioco. Swann, la nostra protagonista, è un'adorabile nerd con una madre oppressiva e tanto bisogno di trovare approvazione negli altri. Autumn e Nora sono quelle toste del gruppo: suonano in una band, fumano sigarette, non le mandano a dire a nessuno. E poi c'è Kat, piccola, ma con un carattere di fuoco, sempre pronta a schierarsi accanto alle sue amiche. Lost Records: Bloom & Rage è una storia dolce sulla nascita di un'amicizia, sull'amore crudo e sincero che si instaura quando trovi qualcuno sulla tua stessa lunghezza d'onda. "Non ho mai avuto amiche come voi" dice Swann, citando forse inconsapevolmente il protagonista di Stand by Me (tratto da Il Corpo, racconto sempre di Stephen King). Le loro giornate trascorrono officiando tutti quei riti che negli anni '90 sembravano non dovessero passare mai di moda: le lunghe chiacchierate al telefono, i pomeriggi trascorsi insieme a fare le smorfie davanti all'obiettivo della videocamera.
Ventisette anni dopo, nel 2022, le cose sono molto diverse: la Velvet Cove che le accoglie è oscura, sembra una vecchia fotografia che sta sbiadendo. Proprio come la loro memoria. Lo spettro della Pandemia del Covid-19 aleggia ancora nell'aria: ovunque sono attaccati cartelli che avvisano di lavarsi le mani, evitare il contatto diretto, indossare mascherine. Quando si siedono al tavolino dello stesso scalcinato locale che frequentavano da ragazze, Swann e le altre cercano di mettere in ordine i ricordi, si raccontano com'è andata la loro vita e si chiedono per quale motivo, dopo quasi trent'anni, siano sedute lì. Come se quell'estate di quando avevano sedici anni non fosse passata mai.
Motore, ciak, azione!
Ci sembra superfluo specificarlo, ma se conoscete Don't Nod e il loro modo di fare videogiochi potrete immaginare che Lost Records è un'avventura dal forte taglio cinematografico in cui, per la maggior parte del tempo, si ascoltano dialoghi e si prendono scelte situazionali. Il nostro punto di vista resta quello di Swann per tutto il tempo. È attraverso i suoi occhi - o attraverso l'obiettivo della sua videocamera - che vediamo la Velvet Cove del 1995 e quella del 2022. Tramite le scelte nei dialoghi forgeremo il suo carattere, ma soprattutto il rapporto che avremo con gli altri personaggi, in particolar modo con le altre protagoniste.
Come da tradizione, infatti, il sistema tiene traccia di tutte le nostre risposte assegnandoci un punteggio che può mutare la conoscenza con le altre in profonda amicizia o perfino in un amore adolescenziale. Inoltre, una meccanica che abbiamo trovato interessante, ci consente di sbloccare nuove opzioni di dialogo nel bel mezzo della conversazione, per esempio aspettando prima di dare la risposta, o guardandoci intorno alla ricerca di indizi. Anche scegliere di restare in silenzio è una possibilità concreta. A volte si rivela la scelta migliore di fronte a situazioni che è difficile commentare. Questo spazio interpretativo ci è piaciuto molto, e ci permette di direzionare con un certo grado di libertà le sfumature del carattere di Swann.
La peculiarità della nostra protagonista, però, è che non molla un attimo la sua videocamera e il suo proposito di filmare tutto ciò che rende Velvet Cove unica. In ogni momento in cui ci viene concesso di esplorare le aree del gioco nel 1995, con la pressione di un tasto potremo passare alla prima persona guardando attraverso l'obiettivo della camera e registrare clip per arricchire il documentario. In questi frangenti Lost Records ci segnalerà tutto ciò che Swann vorrebbe filmare: insegne, cartelloni, animali della foresta, oggetti importanti o persone. Ogni luogo contiene le sue meraviglie che possiamo catturare in filmati di qualche secondo che andranno inseriti in una vera e propria collezione, da poter poi montare per comporre una sorta di piccolo videoclip.
È il modo che ha Lost Records di inserire la sua meccanica di collezionismo che titilla la voglia compulsiva del videogiocatore di raccogliere e completare una serie numerata di immagini. Un espediente che ci è sembrato a volte troppo forzato e stridente con la narrativa. Infatti, capita spesso che le ragazze si fermino per concedere a Swann il tempo necessario a riprendere tutto ciò che ritiene interessante, a volte facendo a cazzotti con la gravitas del momento. Sono quei frangenti in cui l'anima da videogioco di Lost Records si impone sulla coerenza narrativa. Avremmo preferito che questa meccanica delle riprese, che comunque è in linea con il personaggio, venisse sfruttata esclusivamente a favore della storia, come succede in alcuni frangenti ben precisi, e non come bieca scusa per allungare il tempo di permanenza all'interno delle mappe e darti un obiettivo ludico a tutti i costi.
Una storia che fatica a decollare
Questo espediente delle clip collezionabili esacerba quello che a conti fatti è, secondo noi, il più grande peccato di Lost Records, o perlomeno di questo primo episodio, ovvero il ritmo della narrazione. Tutti gli esempi di opere che abbiamo citato prima hanno una gestione del tempo ben precisa, in grado di mescolare le parentesi dolci dell'amicizia adolescenziale a quelle più inquietanti e feroci della componente horror o thriller. Qui a Velvet Cove, invece, il tremendo segreto che le ragazze si portano dentro e che hanno giurato di tacere per sempre, è costantemente sullo sfondo. Tutto ciò che accade è secondario di fronte alla storia d'amicizia. Gli incontri con Corey, il bullo che occasionalmente fronteggia Swann e le sue amiche, sono all'acqua di rose, al massimo vola qualche parola poco carina, ma non si va mai oltre gli improperi, non si arriva alla violenza fisica. Non c'è pathos nello scontro.
Nella seconda parte dell'episodio (che dura circa 5-6 ore) c'è una vena soprannaturale che viene svelata, in maniera molto misurata, ma anche in questo caso non riesce a spezzare l'atmosfera romantica del gruppo. Questo unico momento horror non ha la forza di imporsi come il grande mistero, il grande orrore capace di mettere fine a un'amicizia. Peggio ancora: l'espediente che porta le ragazze a rincontrarsi dopo ventisette anni è terribilmente debole. In assenza di conflitto, fuori e dentro i ricordi delle giovani, la storia di Lost Records: Bloom & Rage scivola via senza salire mai d'intensità. Ce ne stiamo buoni ad aspettare che questa placida estate diventi la catastrofe che ci hanno promesso un po' troppo a lungo.
L'impressione è quasi che la struttura episodica di Life is Strange gli avrebbe giovato. Non fraintendete: siamo contenti che la storia, nella sua interezza, arrivi in due soli episodi, tra l'altro a poca distanza l'uno dall'altro visto che il secondo è previsto per il 15 aprile. Eppure è proprio la sceneggiatura a seguire le regole della scrittura seriale pur non avendone i tempi, con una parte centrale davvero troppo dilatata e un mistero che ci viene dispensato con il contagocce.
Conclusioni
Lost Records: Bloom & Rage ha una premessa che è troppo più interessante del suo svolgimento. Pesca a piene mani dai classici del genere, e in particolare dal romanzo IT di Stephen King, per raccontarci una storia d'amicizia divisa in due linee temporali: il 1995 e il 2022, con un grande mistero sullo sfondo che ha separato le protagoniste tenendole lontane da Velvet Cove. L'equilibrio tra il racconto di formazione e la parte horror, però, è totalmente sbilanciato in favore del primo, e la scrittura seriale non è aiutata dai tempi dilatati della sceneggiatura, con una parte centrale troppo poco incisiva. Scopriremo solo il 15 aprile se il grande mistero è nascosto nel secondo episodio, ma per ora siamo amareggiati dal potenziale sprecato di questa storia.
PRO
- Le premesse narrative sono intriganti
- Una miriade di citazioni dai classici del genere
- C'è sempre buon gusto nella scelta dei brani della colonna sonora
- Il modo in cui è stata riprodotta la provincia americana
CONTRO
- Lo svolgimento della storia è debole
- La collezione di clip video ci è sembrato un espediente
- Qualche bug grafico, con texture in ritardo e animazioni non perfette