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The Last of Us Parte 1: la recensione del remake più contestato di sempre

È stato un viaggio lungo e doloroso, ma siamo pronti per esprimere il nostro giudizio su The Last of Us Parte 1 in questa recensione del remake firmato Naughty Dog.

RECENSIONE di Pierpaolo Greco   —   31/08/2022

Ve lo diciamo fin dalle prime righe di questa complessissima recensione di The Last of Us Parte 1: chi scrive ha riflettuto a lungo prima di lanciarsi nella stesura dell'articolo che state leggendo, per tentare di coniugare i due pensieri diametralmente opposti che rimbalzavano nella sua testa dopo aver completato per la terza volta la seminale opera di Naughty Dog.

La valutazione deve essere rivolta a chi si approccia vergine al gioco dello sviluppatore californiano non avendo mai avuto a che fare con PlayStation fino a oggi? Oppure deve puntare a rispondere al cruciale interrogativo di chi si è già goduto a suo tempo l'opera originale su PS3 o la sua versione rimasterizzata su PS4: ovvero vale la pena comprare anche questo remake?

I due punti di vista convivono e combattono nel medesimo spazio vitale alla ricerca di predominare sull'altro e siamo certi che qualsiasi sia la nostra (e la vostra) considerazione in merito, non saremo mai in grado di mettere d'accordo tutto il potenziale pubblico di questa esclusiva prodotta da Sony: siamo sicuri che comunque faremo, sbaglieremo. E per questo motivo abbiamo deciso di lasciarci trasportare dalle sensazioni, dalle emozioni e dallo stato d'animo provato dopo aver rivisto, per l'ennesima volta, i titoli di coda.

Uno stato d'animo che, lo vogliamo ripetere ancora una volta, è combattuto perché è lampante come questo remake sia nato in qualche ufficio di marketing con il preciso obiettivo di spremere la serie per tramutarla in soldi sonanti, ma allo stesso tempo non si può non riconoscere come il risultato finale raggiunga vette di eccellenza che molto raramente si sono riuscite a toccare in altre riedizioni di opere videoludiche.

Quindi sì, siamo coscienti che portarsi a casa The Last of Us Parte 1 oggi vuol dire sborsare gli stessi 80€ che vengono richiesti per qualsiasi altro prodotto nuovo che arriva per la prima volta sugli scaffali virtuali e fisici, così come siamo convinti che per realizzare questo remake alcune risorse di Naughty Dog siano state dirottate da progetti più nobili, magari una nuova IP o un seguito ancora in fase di pre-produzione. E sappiamo bene che non sono passati neanche 10 anni da quando l'opera di Neil Druckmann e Bruce Straley è arrivata per la prima volta sul mercato PS3, ma d'altra parte c'è un tempo minimo per far sì che un remake diventi legittimo e accettabile? E con la visione odierna così intransigente, accetteremmo comunque di buon grado quello che successe a suo tempo con la remastered per PS4 uscita sì a prezzo ridotto, ma comunque distribuita ad appena un anno di distanza dalla versione originale?

Nel momento in cui questo remake costerà 60€ o addirittura 40€ per un qualsivoglia Black Friday, come potremmo considerare valevole una recensione polarizzata sul mero aspetto commerciale e sulla furbizia di Sony? Quindi, prima di lanciarci nei dettagli di The Last of Us Parte 1 ed entrare nel vivo della recensione, rispondiamo all'ultima manciata d'interrogativi che, sappiamo bene, terranno vivi i vostri commenti per chissà quanto tempo. C'era davvero bisogno di questo remake? Assolutamente no, potevamo tranquillamente farne a meno. Quanto rifatto da Naughty Dog modifica in qualche modo la visione originale di Straley o Druckman? Risposta negativa anche in questo caso: il titolo è esattamente il medesimo, con la stessa storia, gli stessi protagonisti, gli stessi nemici (o quasi), le stesse ambientazioni e gli stessi colpi di scena. La tecnologia odierna ha permesso al team di sviluppo di realizzare qualcosa che non era possibile fare 10 anni fa? In questo caso il "no" è meno deciso visto che le novità sono moltissime e non sono esclusivamente tecniche o grafiche, ma coinvolgono ogni singolo aspetto del gioco con la conseguenza di renderlo molto più godibile e piacevole da giocare rispetto a quanto lo sia stato su PS3 e anche su PS4. Se questo basta a giustificare l'acquisto, lo potete davvero sapere solo voi nel vostro intimo.

La storia: sempre quella

L'inizio di The Last of Us Parte 1 con Joel giovane e sua figlia Sarah
L'inizio di The Last of Us Parte 1 con Joel giovane e sua figlia Sarah

The Last of Us Parte 1 racconta l'epopea di un lungo viaggio fisico e metaforico attraverso un'America devastata da una terrificante malattia che ha ridotto la popolazione a pochissimi sopravvissuti lasciando strade, abitazioni e agglomerati urbani brulicanti di infetti.

L'incipit narrativo non è assolutamente dei più originali e si innesta alla perfezione nel grande calderone delle opere di intrattenimento che raccontano un futuro prossimo post-apocalittico: che sia un'esplosione nucleare, una guerra devastante, un'invasione aliena o, per l'appunto, la zombificazione della popolazione, gli elementi cardine della trama ruotano sempre intorno agli stessi punti fissi.

In questo caso specifico, i due protagonisti che arriveranno a conoscersi per puro caso, Joel Miller ed Ellie Williams, dovranno letteralmente viaggiare da Boston fino a Salt Lake City per consegnare a una fazione militare nata in seguito al disastro, una possibile cura per l'epidemia. Anche se qui siamo di fronte a un videogioco, i legami con i topoi di un qualsiasi road movie che si rispetti sono particolarmente forti: la lunga peregrinazione attraverso gli Stati Uniti si tramuterà ben presto nell'esplorazione degli stati d'animo dei due comprimari e soprattutto nell'evoluzione psicologica del loro rapporto e di un legame che diventerà sempre più intimo e indissolubile. Un patrigno e una figlioccia che si ritroveranno a dover fare i conti con personaggi che attraverseranno la loro strada, talvolta lasciando segni indelebili, altre volte sparendo in un lampo in seguito a tragici incidenti.

Il viaggio di The Last of Us Parte 1 dura un anno, scandito da 4 stagioni che, ancora una volta, fungono da metafora, raccontano la parabola del maldestro incontro tra Joel ed Ellie e la loro crescita personale: dall'estate alla primavera, passando attraverso la disperazione e la tristezza autunnali, il rigido rigore invernale e quindi concludendosi nel periodo di rinascita primaverile quando il legame tra i due sopravvissuti sboccia e fiorisce in modo che non credevamo possibile, mettendo a nudo la reale personalità dei protagonisti, spesso con risvolti inaspettati.

Ellie e Riley da The Last of Us: Left Behind
Ellie e Riley da The Last of Us: Left Behind

La storia di The Last of Us Parte 1 è semplice e lineare, raccontata in modo magistrale grazie a scelte registiche che difficilmente è possibile trovare in altre opere videoludiche e che sfrutta alla perfezione il passaggio fluido tra gameplay e sequenze d'intermezzo che da sempre è un marchio distintivo dei progetti di Naughty Dog. La trama è probabilmente riassumibile in poche righe, ma ciò che conta e che rimane impresso non è tanto l'arco narrativo del gioco, ma le vicende personali dei personaggi che lo vivono. Figure complesse, credibili e messe di fronte all'orrore di una vita non più normale.

All'interno del pacchetto è compreso anche Left Behind, un DLC uscito 8 mesi dopo il gioco originale e che funge da prequel alla storia raccontata in The Last of Us Parte 1, focalizzandosi interamente su Ellie circa 3 settimane prima del suo incontro con Joel. Si tratta di una splendida aggiunta al pacchetto in grado di offrire un'altra piccola manciata di ore di gameplay, circa 3-4, alle 12 abbondanti richieste per finire Parte 1.

Il gameplay: revisionato ma inalterato

Una scena di gameplay di The Last of Us Parte 1 con Joel sotto copertura pronto a scoccare una freccia
Una scena di gameplay di The Last of Us Parte 1 con Joel sotto copertura pronto a scoccare una freccia

Come abbiamo appena detto, The Last of Us Parte 1 è un'avventura lineare, con una profondissima componente narrativa e un gameplay spiccatamente action che unisce una parte più esplorativa a numerosi combattimenti con svariate tipologie di nemici. Il tutto arricchito da una manciata di puzzle ambientali che prevedono, più che altro, spostamenti di barili dell'immondizia, di scale e assi, per raggiungere appigli e zone solo all'apparenza inaccessibili eventualmente interagendo con Ellie o altri comprimari presenti nell'area.

La componente d'azione è chiaramente la parte fondante del gioco e, pur essendo fortemente legata all'interazione ambientale e allo sfruttamento degli spazi per tenere al sicuro Joel e aggirare gli avversari, non presenta una gestione attiva delle coperture che, al contrario, sono automatiche e contestuali senza un vero e proprio "aggancio". La visuale è in terza persona e chi è avvezzo al genere troverà nel gioco tutti i controlli tipici a eccezione del salto, che è automatico e dipendente da specifici contesti esplorativi, e di una schivata avanzata con capriole o altri vezzi acrobatici: Joel si limiterà a inclinarsi con il corpo per evitare prese e colpi melee, ma la fuga, in casi problematici, sarà la nostra unica amica.

La progressione del gameplay è scandita dalla raccolta di nuove armi e dallo sblocco di una sparuta manciata di abilità passive che potremo "acquistare" spendendo le pillole che avremo raccolto in giro per gli ambienti. Chiaramente tutto ciò serve a renderci più resistenti e abili per fronteggiare ondate di nemici che aumenteranno in quantità e qualità visto che durante il viaggio ci imbatteremo in svariate e nuove tipologie di avversari che poi cominceranno a mescolarsi tra loro per aumentare il tasso di sfida.

Ellie è pronta a coprirci le spalle in The Last of Us Parte 1
Ellie è pronta a coprirci le spalle in The Last of Us Parte 1

Concettualmente i nemici sono suddivisi in due grandi fazioni: gli umani sopravvissuti che a loro volta apparterranno a diversi gruppi sociali più o meno militarizzati e organizzati e che vorranno sbarazzarsi di noi in modo violento, e gli infetti che avranno l'unico obiettivo di addentare qualsiasi essere vivente ancora sano per ucciderlo o infettarlo. Chiaramente le modalità di attacco e i comportamenti terranno conto delle diverse propensioni ad assaltare Joel ed Ellie e noi dovremo essere bravi a sfruttare nel migliore dei modi l'ambiente circostante e l'armamentario.

The Last of Us Parte 1 può infatti essere giocato con grande soddisfazione adottando un approccio fortemente stealth, assaltando ogni singolo avversario alle spalle, creando trappole e sfruttando i rumori ambientali, le bottiglie e i mattoni per distrarre ronde e infetti vagabondi e non mancheranno persino aree dove ci verrà data la libertà di aggirare ogni singolo avversario per raggiungere l'uscita indisturbati lasciando dietro di noi una scia di sopravvissuti, ma perdendoci per strada anche una quantità enorme di risorse.

L'opera di Naughty Dog presenta, infatti, anche gli elementi tipici dei survival: le munizioni sono scarse e il più delle volte dovremo essere bravi a gestire gli avversari tentando di raggrupparli così da farli fuori sparando meno colpi possibile, o magari lanciando una singola molotov. Inoltre è presente una forma rudimentale di crafting visto che le suddette armi incendiarie, insieme a coltelli, medikit, trappole esplosive o granate fumogene, potranno essere create sul campo utilizzando una manciata di risorse che dovremo continuamente cercare e raccogliere in giro per lo scenario, rovistando anche in cassetti e armadietti, mentre siamo immersi nell'osservazione dei resti urbani di un'umanità che non c'è più.

Perché è un remake: il nocciolo della questione

Bill è uno dei personaggi meglio caratterizzati di The Last of Us Parte 1
Bill è uno dei personaggi meglio caratterizzati di The Last of Us Parte 1

Dopo aver passato in rassegna storia e gameplay, così da informare quello sparuto gruppo di persone che, fino ad oggi, non ha mai avuto la fortuna di giocare The Last of Us, è tempo di arrivare al vero nocciolo di tutta la questione: questa Parte 1 è davvero un remake? Cosa c'è di veramente nuovo o pesantemente rivisto che permette di smentire tutto quel mare di commenti atroci che continuano a chiederci a gran voce "che senso ha ri-recensire un semplice aumento di risoluzione delle texture?".

Lo diciamo quindi subito, a inizio paragrafo: sì, The Last of Us Parte 1 è un remake effettivo ed efficace, che non può essere ridotto a pura rimasterizzazione tecnica degli asset. Non ci sono sezioni nuove o arricchimenti della trama, tanto meno il gioco punta ad offrire un diverso epilogo, con magari un punto di vista differente, volendo ridurre il tutto a un confronto con Resident Evil 2 Remake o Final Fantasy VII Remake. Il gioco rimane sempre e comunque quello, ma l'arricchimento di quanto circonda la pura narrazione, è enorme ed è chiaramente figlio di 10 anni di progressi fatti in casa Naughty Dog e, in particolare, di tutto quello che è stato implementato in Parte 2.

Partiamo quindi da tutti quegli orpelli che soltanto i fanatici della serie potranno maggiormente notare. Ora è finalmente possibile impostare manualmente la granularità del livello di difficoltà, gestendo in modo separato le intelligenze artificiali di amici e nemici, l'elemento survival e il realismo della furtività. Non mancano persino opzioni avanzate dedicate alle speedrun, alla morte permanente e ad un paio di tipologie di New Game Plus per consentire una seconda partita del gioco mantenendo anche tutto l'equipaggiamento raccolto e potenziato.

Enorme è poi il lavoro compiuto sul fronte dell'accessibilità che, oltre a presentare una quantità sbalorditiva di opzioni in merito agli ausili visivi e uditivi, propone eccellenti alleggerimenti dei controlli e delle dinamiche di gameplay fino a implementare alcune innovazioni come ad esempio la possibilità di sfruttare la vibrazione aptica del DualSense per rafforzare il tono dei dialoghi così da renderli più intellegibili anche a chi sperimenta difficoltà nell'ascolto o la descrizione audio di tutto ciò che avviene su schermo, semplicemente perfetta per gli ipovedenti.

In alcuni casi gli ambienti di The Last of Us Parte 1 sono stati completamente ripensati da un punto di vista artistico
In alcuni casi gli ambienti di The Last of Us Parte 1 sono stati completamente ripensati da un punto di vista artistico

The Last of Us Parte 1 è poi arricchito con una serie di extra particolarmente interessanti: bozzetti dei personaggi, concept art degli ambienti sia della versione originale che di questo remake, la riproposizione delle puntate audio di un podcast dove doppiatori e creatori si sono incontrati per raccontare il making of del titolo e persino un vero e proprio commento di Neil Druckmann e Troy Baker e Ashley Johnson che vi accompagnerà durante le cutscene raccontando retroscena e dietro le quinte. A tutto questo si aggiunge anche la possibilità di cambiare il vestiario di Joel ed Ellie scegliendo tra vari capi d'abbigliamento mentre per ciò che concerne alcune armi è possibile anche modificare la skin scegliendo tra opzioni più o meno vistose. Peccato soltanto che quest'ultimo extra si sblocchi solo al completamento del gioco.

Chiaramente l'uscita su PS5 ha permesso al team di sfruttare a dovere anche il DualSense, il controller della nuova console Sony. Oltre alla vibrazione di nuova generazione che può essere gestita e declinata in ogni singolo aspetto del gameplay (colpi melee, spari, dialoghi, esplosioni, fenomeni atmosferici, azioni del giocatore), anche i grilletti adattivi sono implementati e gestibili con un minimo di personalizzazione: è possibile, infatti, focalizzare la loro resistenza solo sugli spari o anche sulla fase di mira e tensione dell'arco.

Un altro primo piano di Joel in The Last of Us Parte 1
Un altro primo piano di Joel in The Last of Us Parte 1

Una volta entrati in gioco, poi, l'eredità di The Last of Us Parte 2 diventa lampante, come se questa Parte 1 fosse il sequel e non il prequel. Tutte le interfacce di gioco, l'HUD, il menu del crafting sono direttamente mutuati dal capitolo più recente, generando una sorta di continuità tra i due capitoli che ora sono maggiormente collegati e molto più coerenti tra loro anche in tantissimi piccoli dettagli, come ad esempio i materiali utili a potenziare le armi o la simbologia utilizzata per rappresentare gli oggetti da lancio. E già che parliamo di creazione, come è stato mostrato anche nei numerosissimi filmati distribuiti da Sony in queste settimane, le interazioni con il banco di lavoro sono state completamente ripensate e ora ogni singolo upgrade delle bocche da fuoco, passa per animazioni dedicate ed estremamente curate, sulla falsariga di quanto visto in Parte 2.

Piccole e puramente estetiche anche le ripercussioni sul combat system. Al di fuori della questione delle animazioni, di cui parleremo nel prossimo paragrafo, il lavoro di remake ha coinvolto le interazioni tra Joel, Ellie e l'ambiente circostante: ora quando uno dei protagonisti si appoggerà ad una macchina o salterà su qualche elemento dello scenario, ci saranno delle sollecitazioni e ogni singolo colpo sparato avrà conseguenze su eventuali suppellettili e vetri colpiti con, talvolta, un vero e proprio tripudio di schegge e frammenti. Chiaro che non ci ritroviamo ora davanti a coperture distruttibili e non è stata mutuata dalla Parte 2 la possibilità di strisciare a terra per nascondersi sotto arredi e veicoli, tantomeno è presente lo stealth avanzato con il campo visivo dei nemici interrotto dalla vegetazione alta, ma è ben chiara in ogni momento la volontà di Naughty Dog di mantenere il feeling del capitolo originale, arricchendolo però di piccoli dettagli capaci di renderlo più realistico e soprattutto al passo con i tempi.

L'intelligenza artificiale del remake

Infetti e umani hanno comportamenti e atteggiamenti nuovi di zecca in The Last of Us Parte 1
Infetti e umani hanno comportamenti e atteggiamenti nuovi di zecca in The Last of Us Parte 1

Crediamo poi sia fondamentale dedicare uno spazio apposito alla questione dell'intelligenza artificiale. Il discorso è, infatti, più complesso di quanto possa apparire a prima vista e in un paio di occasioni ha tratto in inganno anche noi. Innanzitutto parliamo dei nemici. L'opera di restauro messa in piedi da Naughty Dog ha toccato tutti gli sfidanti che ci troveremo a incontrare durante il nostro viaggio in America. Per quanto riguarda gli umani, è immediatamente visibile come questi siano estremamente più consapevoli della geometria degli scenari, si diano indicazioni tra loro, si attivino in modo credibile quando trovano un cadavere avvisando solo i compagni in prossimità e non generando una sorta di stato attivo di ricerca che coinvolge tutti i nemici presenti nell'area. Man mano che si avanza nel gioco e si entra in contatto con avversari meglio equipaggiati e soprattutto coordinati, come ad esempio le Luci, si può notare come i soldati cerchino di aggirarci e si coprano a vicenda, spesso muovendosi in gruppi di due per guardarsi le spalle. Il risultato è un combattimento molto più tattico che ci obbliga a studiare con grande attenzione l'ambiente, specie se siamo interessati ad avanzare con assalti stealth o addirittura aggirare le ronde per raggiungere l'uscita indisturbati. E nel momento in cui si comincia a sparare, diventa essenziale lanciarsi in tattiche mordi e fuggi per evitare assembramenti nemici che ci possano tenere sotto tiro con risultati spesso tragici.

Un discorso diverso, ma a tratti similare lo possiamo fare con gli infetti. Qui addirittura diventa sorprendente il lavoro svolto da Naughty Dog che ha di fatto sfruttato l'approfondimento delle varie specie "zombificate" di The Last of Us Parte 2 e le ha trasportate in questa prima parte così da rendere davvero coerenti i due giochi in termini di esperienza degli incontri con i famelici avversari. Ora i runner hanno la stessa casualità dei movimenti e, una volta individuati, tendono a correrci incontro a gruppi con una irruenza che non esisteva nel titolo originale. I clicker sono esattamente gli stessi clicker del secondo capitolo: si muovono sbracciando per "menare l'aria" e sono in grado di emettere l'onda sonora frontale che ci fa individuare anche se rimaniamo fermi ma all'interno del loro cono uditivo. I bloater hanno le medesime deformazioni e soprattutto la stazza del capitolo più recente e si esibiscono nella corsa caricata che abbiamo conosciuto nella Parte 2, invece di quella incerta, per quanto accelerata, del gioco originale PS3. E poi gli stalker: questi ultimi sono stati praticamente ripensati da zero e ora sono gli stessi identici visti nel sequel con le loro routine di movimento che li portano a rimanere nascosti nell'ombra, non individuabili neanche con la modalità ascolto e pronti ad assaltarci alle spalle alla prima occasione utile.

Sotto copertura, siamo pronti a far fuoco su un nemico in The Last of Us Parte 1
Sotto copertura, siamo pronti a far fuoco su un nemico in The Last of Us Parte 1

Il risultato di tutto questo lavoro di ripensamento dell'intelligenza artificiale, quasi una sorta di "retcon" degli avversari se ci passate il termine, è un combattimento profondamente ripensato, estremamente più aderente a quello di Parte 2 e che si allontana con forza da quello più statico e, indubbiamente più semplice, del titolo originale. Giocare un paio di ore alla remastered per PS4 e poi passare a questo remake vi farà capire in un attimo quello che intendiamo. Molto più di tutte le parole riversate in questa lunga recensione.

Infine c'è la questione relativa all'intelligenza artificiale dei comprimari, unico e gigantesco tallone d'Achille del The Last of Us originale. Lo diciamo da subito: quel malus lì non è stato corretto. Tuttavia è stato fortemente mitigato al punto da non risultare quasi più visibile se non in forti condizioni di "stress". Naughty Dog è stata estremamente furba a rendere coscienti Ellie, Tess, Bill, Henry e tutti gli altri che ci accompagneranno nella travagliata peregrinazione, dei movimenti delle ronde avversarie, che siano umane o infette. Così facendo è possibile notare come i compagni tendano ad allontanarsi dalla scena o da coperture critiche non appena un avversario comincia ad essere pericolosamente vicino e, nel momento in cui rimarremo fermi dietro una copertura, loro cercheranno di fare lo stesso, quasi sempre fuori dal nostro campo visivo e adeguatamente lontani.

Chiaro è che nel momento in cui si da il là alle sparatorie, diventeranno estremamente più reattivi, audaci e soprattutto bisognosi della nostra attenzione. Così come è chiaro che "stressando" le situazioni, soprattutto in quelle fasi di gioco in cui avremo più comprimari al nostro fianco, sarà possibile scovare il difetto atavico del gioco con i nemici che non si accorgeranno di una Ellie accucciata subito davanti al loro naso o mentre si sposta da un riparo al successivo entrando nel pieno del cono visivo e magari anche calpestando qualche vetro rotto. Tuttavia, vogliamo ripeterlo ancora una volta, in situazioni di gioco normali non assisteremo più ai vecchi trenini isterici di personaggi che corrono all'impazzata avanti e indietro mentre noi cerchiamo di rimanere accucciati in un angolo per non essere visti con la conseguente rottura della sospensione dell'incredulità.

Il comparto tecnico: sbalorditivo e stupefacente

Uno splendido primo piano di Joel in The Last of Us Parte 1
Uno splendido primo piano di Joel in The Last of Us Parte 1

The Last of Us Parte 1 offre due diverse modalità di rendering. Una denominata fedeltà che punta alla massima risoluzione possibile, ovvero 4K nativi, con un frame rate ancorato sui 30 FPS con l'obiettivo di raggiungere in situazioni più leggere i 40 frame al secondo. L'altra modalità è quella prestazioni dove i 4K diventano dinamici scendendo fino al 1440p per dare massima priorità alla stabilità dei fotogrammi che diventano 60 al secondo. Abbiamo affrontato l'intero titolo con quest'ultima opzione grafica, facendo talvolta delle puntate su quella dedicata alla massima resa qualitativa e siamo rimasti estremamente soddisfatti dalla stabilità del frame rate. Chiaro che si tratta di un gioco di due passate generazioni, ma vi garantiamo che il potenziamento grafico realizzato è spesso sbalorditivo e vederlo muoversi con cotanta e costante fluidità, lascia spesso stupefatti.

C'è anche la possibilità di sbloccare completamente il frame rate e, così facendo, il gioco può salire teoricamente fino ai 120 FPS, richiedendo però un TV in grado di supportare il VRR per evitare qualsiasi fenomeno di stuttering e tearing che potrebbe rendere davvero fastidiosa l'esperienza di gioco nonostante il boost del frame rate.

Passando al comparto tecnico vero e proprio è difficile descrivere a parole qualcosa di così maestoso e tra l'altro così abbondantemente mostrato direttamente da Sony nel battage comunicativo incessante di queste settimane. The Last of Us Parte 1 è indiscutibile sul fronte grafico. Il lavoro effettuato sui personaggi, sulle animazioni facciali, sulla qualità estrema di dettagli come il viso, le vene, l'arrossamento delle guance o le orbite oculari che si riempiono di lacrime, davvero non ha eguali nella concorrenza e l'aumento esponenziale della conta poligonale degli scenari che, in determinati contesti, sono stati completamente ricreati anche da un punto di vista artistico, è stato in grado di lasciarci senza parole in molteplici occasioni, nonostante conoscessimo a menadito il gioco originale. Su questo fronte aiuta moltissimo anche l'implementazione di una gestione molto più avanzata delle fonti d'illuminazione che ora arricchiscono gli scenari donando maggiore profondità, ricreando zone d'ombra più realistiche, e aggiungendo al tutto pulviscolo e raggi di luce che filtrano da crepe, alberi e vetri.

La nuova gestione dell'illuminazione di The Last of Us Parte 1 è in grado di creare scorci sbalorditivi
La nuova gestione dell'illuminazione di The Last of Us Parte 1 è in grado di creare scorci sbalorditivi

A risaltare sono soprattutto le zone più all'aperto, dove la natura è tornata a riprendere il sopravvento sulle zone urbane o è protagonista solitaria della scena. Il remake carica, infatti, di dettagli e colori la vegetazione restituendo un clima bucolico alla narrazione che genera un incredibile contrasto con le vicende narrate e la bruttura della violenza umana. E poi c'è quel passaggio senza soluzione di continuità tra sequenze d'intermezzo e gameplay vero e proprio che da sempre è stato un cavallo di battaglia delle opere di Naughty Dog e che soltanto di recente è stato superato da God of War, ma che in questa Parte 1 ritorna nuovamente ad avere il primato: nessun caricamento, nessuna transizione in nero se non quelle con uno specifico significato registico.

Poi c'è la questione delle animazioni che, seppure non toccate nei loro frame chiave, godono ora dello stesso motion matching visto in The Last of Us Parte 2 e questo restituisce un colpo d'occhio più moderno e un feeling, pad alla mano, molto più piacevole. Niente più stacchi brutali se veniamo visti da un avversario mentre stiamo soffocando un suo compagno, insieme a un passaggio perfetto da un'arma a un'altra mentre si corre o si sta brutalizzando un avversario con un tubo di ferro. Tutto è più fluido, credibile e pulito.

Praticamente inalterato il comparto audio e musicale che d'altra parte, godeva già di un livello d'eccellenza difficilmente riscontrabile in altre produzioni Tripla A con un doppiaggio in italiano che rimane ottimo e molto ben recitato (e ancora comprensivo di un paio di errorini di traduzione presenti anche nell'opera originale). L'audio 3D simulato dal Tempest Engine di PS5 svolge alla perfezione il suo lavoro restituendo un suono posizionale d'effetto e capace d'immergerci ancora di più nelle tragiche vicende di Joel ed Ellie.

Conclusioni

Multiplayer.it
9.0
Lettori (122)
7.5
Il tuo voto

Qualcuno, magari, si sarà lanciato in questo commento senza affrontare la lunghissima recensione che abbiamo scritto con fatica e difficoltà, nella speranza di trovare subito la risposta ai due grandi interrogativi che hanno accompagnato questa Parte 1 fin dal suo annuncio: ma quindi è un vero remake? E vale il prezzo richiesto per portarselo a casa? Alla prima domanda abbiamo risposto con un sonoro sì mentre alla seconda potete rispondere soltanto voi in funzione del valore che attribuite alle opere ludiche e al loro carico d'innovazione e novità.
Quello che noi possiamo aggiungere è che questo gioco è ancora oggi un capolavoro indiscutibile, un titolo senza rivali che continua a spingere in avanti la componente narrativa del nostro medium preferito. E il lavoro compiuto da Naughty Dog per modernizzare l'opera originale non è soltanto eccellente da un punto di vista tecnico e artistico, ma riesce addirittura a dare una nuova coerenza alla storia in due parti di Ellie, a rendere più credibile e coeso l'universo che fa da sfondo a questa serie. E per questo, e per tutto quello che vi abbiamo raccontato nel pezzo, non possiamo fare a meno che premiare con un voto estremamente positivo The Last of Us Parte 1.

PRO

  • Ancora oggi rimane un capolavoro di narrazione, regia e messa in scena
  • La nuova intelligenza artificiale di umani e infetti
  • Tecnicamente si raggiungono nuove vette d'eccellenza
  • C'è un mare di extra per tutti i fan della serie

CONTRO

  • Sotto stress il gioco ha ancora problemi nella gestione dei compagni
  • Il prezzo elevato