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To a T, la recensione del nuovo folle videogioco dell’autore di Katamari Damacy

Keita Takahashi, più visionario che mai, torna con un To a T, un videogioco che ci parla di disabilità, di bullismo e di giraffe che fanno panini.

RECENSIONE di Fabio Di Felice   —   28/05/2025
Il cast di personaggi di to a T, nuovo videogioco di Keita Takahashi
To a T
To a T
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Mettendo in pausa To a T, il nuovo videogioco di Keita Takahashi, la prima opzione che spunta a schermo è quella dell'accessibilità. Non è una scelta casuale, perché questa colorata avventura immaginata dal folle creatore di Katamari Damacy è a tutti gli effetti una storia che parla di disabilità e di discriminazione, tant'è che è stata realizzata in collaborazione con AbleGamers, associazione americana che si dedica proprio al miglioramento dell'accessibilità nei videogiochi.

To a T, che a prima vista può sembrare un titolo piuttosto bizzarro, si rivela invece perfetto per diversi motivi. Il primo è che racconta la storia di un bambino (in realtà privo di genere, ma per comodità ci riferiremo a lui al maschile) bloccato nella classica T-pose, la posizione predefinita dei modelli tridimensionali prima che vengano animati. Il secondo motivo è che l'espressione inglese "to a T" equivale al nostro "calzare a pennello", e nel videogioco viene spesso ribadito che il suo corpo ha una forma perfetta, senza alcun difetto. To a T, appunto: calza a pennello.

Giovane, mamma e il cane sono i tre protagonisti indiscussi di To a T
Giovane, mamma e il cane sono i tre protagonisti indiscussi di To a T

Anche la natura ibrida di To a T, a metà tra videogioco d'avventura e opera pensata per sensibilizzare contro il bullismo e la discriminazione, "calza a pennello" con il tipo di produzione che Takahashi insegue ormai da anni, da quando ha deciso di lasciare Namco nei primi anni Duemila. Nel corso delle ultime due decadi ha lavorato come designer di aree giochi (dichiarando che, secondo lui, i bambini dovrebbero passare meno tempo negli spazi virtuali e più all'aperto), ha curato mostre e installazioni, e ha fondato insieme alla moglie Asuka Sakai, anch'essa artista, compositrice e attrice, l'azienda uvula, che ha realizzato To a T, pubblicato poi da Annapurna. Il risultato è un potpourri di idee, a metà tra un'installazione artistica e un'area giochi, con tante attività sperimentali e una manifesta volontà di creare consapevolezza verso un argomento sensibile. Un obiettivo che gli fa onore, ambizioso, ma in linea con un game designer dalla cifra stilistica inconfondibile, che negli anni ha dimostrato di avere un gusto tutto suo. A volte perfino difficile da digerire.

Tu hai la forma perfetta!

Quando si inizia To a T, conviene alzare subito - e di molto - l'asticella della sospensione dell'incredulità. Nel corso delle ore necessarie a portare a termine l'avventura, bisogna essere disposti a mandare giù senza troppe domande tutto ciò che accade sullo schermo, comprese le assurde rotture della quarta parete, la coesistenza di animali in versione antropomorfizzata e non, le folli sigle d'apertura e chiusura dei capitoli. E tutto questo non è nulla in confronto a ciò che arriva nelle fasi avanzate del videogioco, ma ci rendiamo conto che è già molto.

Il nostro Giovane (in maiuscolo perché si tratta del nome proprio, in inglese è Teen, a richiamare di nuovo la lettera T) protagonista è un ragazzo di tredici anni che vive con la mamma in una colorata cittadina costiera. Come accennato in precedenza, fin dalla nascita Giovane è afflitto da una condizione fisica che lo costringe a mantenere costantemente una postura a forma di T. Con le braccia sempre aperte, ha difficoltà ad assolvere ai compiti più semplici come lavarsi il viso, fare colazione, pulirsi i denti o anche solo usare il bagno. Fortunatamente per lui, il suo fido cagnolino è sempre pronto ad aiutarlo quando deve cambiarsi d'abito o interagire con alcuni degli oggetti di casa. Inoltre, una mamma molto consapevole della condizione del figlio ha realizzato degli utensili fatti appositamente per lui, che gli permettono di vivere una quotidianità difficile, sì, ma ormai consolidata. Nei primi momenti di To a T, assistiamo ai buffi scambi di battute con la mamma in una lingua inventata che sembra il simlish preso in prestito da The Sims.

Fuori casa, però, le cose vanno diversamente: Giovane è generalmente benvoluto dai cittadini e dai negozianti che hanno chioschetti sparsi lungo tutto il borgo, come la giraffa che ogni giorno gli prepara la merenda, ma a scuola è preso di mira da tre bulli che lo prendono in giro per la sua condizione fisica.

Inizialmente la storia affronta in maniera cruda il problema del bullismo subito da Giovane
Inizialmente la storia affronta in maniera cruda il problema del bullismo subito da Giovane

E così, Giovane sembra sempre meno entusiasta di frequentare le lezioni. Nemmeno il bizzarro coro itinerante che lo segue ovunque giorno e notte (non chiedete...) riesce più a rallegrarlo. Gli cantano che il suo corpo è "to a T", ovvero della forma perfetta, ma Giovane non ci crede più. Fino a quando non succede qualcosa di straordinario e il protagonista della storia capisce che la sua condizione è la chiave per un'abilità che solo lui possiede.

Un videogioco che vive di espedienti

A questo punto, verrebbe naturale chiedersi: che tipo di videogioco è To a T? Si tratta di un'esperienza molto stramba, e personalmente ho trascorso gran parte delle ore necessarie per arrivare alla fine dell'avventura chiedendomelo in prima persona, e aspettando che arrivasse quel click che permettesse a tutto di trovare un senso. Magari abbracciando in toto la natura giocosa che è sempre latente nel prosieguo della storia. Purtroppo, questo momento non arriva mai.

Spesso ci si muove in bicicletta (o in monociclo) lungo le strade della città
Spesso ci si muove in bicicletta (o in monociclo) lungo le strade della città

Giovane vive in questa deliziosa cittadina costiera, coloratissima e abitata da bambini come lui, giovani adulti che passeggiano nel parco e ogni tanto si siedono per leggere in pace il giornale, e da una comunità di animali antropomorfi, come l'altissima giraffa che prepara dell'ottimo cibo da asporto. La città è liberamente esplorabile e, durante gli spostamenti (a piedi o su un monociclo) è possibile raccogliere delle monetine che incrementano i soldi nel borsellino. Questa valuta può essere spesa all'interno dei negozi per arricchire i look a disposizione di Giovane. C'è una boutique di vestiti, una di scarpe, un barbiere, e qualche altro posto dove investire i propri risparmi. Diverse giraffe gestiscono chioschi alimentari di panini, gelati, pop corn e pannocchie arrosto, e spesso ci propongono di scommettere qualche soldo in piccoli minigiochi con in palio un premio.

Ecco, To a T è un videogioco fatto di espedienti ludici: la mattina Giovane si sveglia e in bagno possiamo muovere gli stick analogici per afferrare l'asciugamano o lo spazzolino; mentre facciamo colazione, con i dorsali diamo istruzioni alle mani che afferrano e versano il latte nella tazza e quindi aggiungono i cereali. A scuola, l'insegnante di educazione fisica ci coinvolge in attività di riscaldamento che prevedono di premere i tasti al momento giusto. Piccole, brevi esperienze nella vita di Giovane.

In città ci sono diversi negozi che permettono di modificare il look del personaggio
In città ci sono diversi negozi che permettono di modificare il look del personaggio

I capitoli della storia, contrassegnati da palloncini numerati sparsi per la città, sono generalmente narrativi, intervallati da minigiochi o da brevi spostamenti. Nei momenti in cui ci viene concessa maggiore libertà, possiamo approfittarne per prendere confidenza con la città, per ammirare le sue geometrie fanciullesche che sembrano uscite dai quadretti naif di Katamari Damacy, oppure per conversare con i personaggi che la abitano. C'è una talpa DJ che se ne sta al parco ad ascoltare la musica, o una rana che lavora come giornalista per il corriere locale (e che nella traduzione italiana si chiama GiovanniRana, chapeau). Per la maggior parte del tempo si vivono brevi episodi, spesso privi di scopo. Ci si perde in un insensato girotondo esteticamente piacevole, prima di tornare alla vicenda principale. E purtroppo, anche lì, non è che le cose vadano meglio.

Tra ninja, punk e ratti palestrati

Chiaramente non intendiamo fare spoiler sulla narrativa del videogioco, ma diciamo che se le premesse iniziali sono surreali, ben presto la storia vira proprio verso l'assurdo e il nonsense più totale, tanto che è difficile starle dietro. Anche volendo stirare al massimo la sospensione dell'incredulità. Da un certo punto di vista questa deriva sempre più demenziale verso una narrazione che esce da qualsiasi confine è una sorpresa che ti strappa qualche risata; dall'altro sembra però perdere quelle caratteristiche così umane e ben inserite all'inizio dell'avventura, e anche quella delicatezza e attenzione che riserva a temi importanti come la disabilità. All'inizio del videogioco, quando ci vengono mostrate le difficoltà che il protagonista deve affrontare, tra un mondo che non sembra fatto a misura della sua condizione e il bullismo che lo colpisce in maniera spietata anche in una cittadina apparentemente idilliaca, non potevamo immaginare i voli pindarici della seconda parte. Una deriva che abbiamo accolto un po' a malincuore.

Semplicemente il miglior momento di To a T, un grazie a chi ha curato la traduzione italiana
Semplicemente il miglior momento di To a T, un grazie a chi ha curato la traduzione italiana

Tutti i capitoli principali della storia sono introdotti e conclusi da una sigla di apertura e una di chiusura, che cambiano in maniera diegetica durante gli avvenimenti e che sono semplicemente strepitose. Scritte, tra l'altro, dallo stesso Takahashi. Nelle sei ore necessarie a portarlo a termine, To a T attraversa molte fasi, diversi generi, senza però riuscire a essere mai convincente, senza approfondire davvero nessuna meccanica o presentare un'idea ludica originale. A emergere, più che altro, è la simpatia dei personaggi, il bel messaggio di inclusività e la realizzazione deliziosa di un mondo che si colloca a metà strada tra i prodotti per ragazzi molto giovani e l'estro inimitabile di Takahashi. C'è però da chiedersi a chi sia davvero rivolto To a T: a un pubblico di giovanissimi, per i quali però il loop di gioco rischia di risultare poco stimolante, oppure a un pubblico più adulto, ormai distante da questo tipo di umorismo e di narrazione?

Conclusioni

Versione testata PC Windows
Digital Delivery Steam, PlayStation Store, Xbox Store
Prezzo 19,99 €
Multiplayer.it
6.0
Lettori
ND
Il tuo voto

To a T è un videogioco narrativo con una premessa bizzarra che, nel corso delle ore necessarie a portarlo a termine, diventa sempre più sfuggente. Vuole essere un'avventura colorata e allo stesso tempo una storia pensata per sensibilizzare sulla disabilità del protagonista, attraverso tanti piccoli minigiochi che cercano di farci vivere in prima persona la sua condizione. Tuttavia, nel progredire della narrazione prende una piega surreale e si allontana molto dalla sua umanità. Anche sul piano ludico, il gioco vive di espedienti, di piccole attività mai davvero approfondite. Quel che resta, una volta portato a termine, è sicuramente il suo stile unico, l'umorismo di grana grossa e le fantastiche canzoni che Takahashi ha scritto per le sigle di ogni episodio.

PRO

  • Esteticamente delizioso
  • Un bel messaggio di inclusività e sensibilizzazione
  • Le sigle di apertura e chiusura sono fantastiche

CONTRO

  • Gameplay poco profondo che vive di espedienti
  • La storia perde di coerenza e umanità
  • Sembra dover esplodere da un momento all'altro, ma non lo fa mai